TFR Trattamento di fine rapporto

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Questione 1

In quali casi è possibile ottenere l’anticipo del TFR?

Alla fine del rapporto di lavoro il lavoratore ha diritto ad una somma di denaro, detta trattamento di fine rapporto (TFR) e comunemente nota come liquidazione. Tuttavia, in alcuni casi, il lavoratore che abbia almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro può ottenere, una sola volta nel corso del rapporto, un anticipo, non superiore al 70%, del TFR maturato. Le richieste di anticipo vengono soddisfatte annualmente dal datore di lavoro nel limite del 10% degli aventi diritto, e del 4% dei dipendenti.

I casi in cui è possibile ottenere l'anticipo del TFR sono due: spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; acquisto della prima casa di abitazione per sè o per i figli, documentato con atto notarile. I contratti collettivi possono stabilire condizioni di miglior favore, per esempio prevedendo altri casi legittimanti l'anticipo, nonchè stabilire graduatorie per l'accoglimento delle richieste di anticipo.

Quanto all'acquisto della prima casa, la giurisprudenza era originariamente orientata nel senso di imporre al lavoratore l'esibizione dell'atto notarile attestante l'avvenuta compravendita. Questo orientamento comportava dunque il problema, per il lavoratore, di chiedere l'anticipo solo dopo aver stipulato il rogito, dunque dopo aver corrisposto il prezzo dell'acquisto. Sulla questione è però intervenuta la Corte costituzionale con una sentenza di illegittimità costituzionale. A seguito di tale sentenza, si deve ritenere che, per ottenere l'anticipo, non sia necessario aver già perfezionato l'acquisto mediante il rogito; al contrario, è sufficiente che l'acquisto sia in fase di perfezionamento, da dimostrarsi con mezzi idonei a comprovarne l'effettività.

Quanto alle spese mediche, queste devono essere necessarie e straordinarie. In altre parole, la struttura sanitaria pubblica deve riconoscere che la terapia o l'intervento siano necessari, nonchè accertarne l'importanza e la delicatezza, da un punto di vista sanitario ed economico. E' invece indifferente che il trattamento sanitario possa, o non possa, essere praticato anche nelle strutture pubbliche. Neppure è necessario che il lavoratore abbia preventivamente provveduto al pagamento delle cure.

Questione 2

L'indennità estero incide sul trattamento di fine rapporto?

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore alla cessazione del rapporto. L'istituto esiste dall'1/6/82; in precedenza, e tuttora per il lavoro prestato fino al 31/5/82, il lavoratore aveva ed ha diritto, alla cessazione del rapporto, alla indennità di anzianità. I due istituti si differenziano per i criteri di quantificazione (il TFR corrisponde all'insieme delle retribuzioni erogate nel corso dell'anno, diviso 13,5, accantonate e rivalutate anno per anno sulla base di indici Istat; l'indennità di anzianità è pari all'ultima retribuzione moltiplicata per un coefficiente variabile a seconda dell'anzianità aziendale). Tuttavia, ai fini che qui interessano, i due istituti sono sostanzialmente simili, poiché in entrambi i casi l'indennità estero dovrà esservi computata, sia pure con i limiti che si diranno.

Infatti, l'art. 2120 c. 2 c.c. dispone che, salva diversa previsione contrattuale, la retribuzione annua utile per il computo del TFR comprende tutti gli emolumenti corrisposti non occasionalmente in dipendenza del rapporto di lavoro, eccezion fatta per i rimborsi spese. Analogamente, il vecchio testo dell'art. 2121 (modificato dalla L. 297/1982, istitutiva del TFR) prevedeva, al comma 2, che l'indennità di anzianità dovesse essere calcolata considerando ogni emolumento corrisposto con carattere continuativo. Come si vede, per il calcolo di entrambi gli istituti bisogna tener conto delle retribuzioni che siano state continuativamente corrisposte; l'unica differenza è che per il TFR è ammessa una deroga ad opera della contrattazione collettiva.

La giurisprudenza è pacificamente orientata a ritenere che l'indennità estero incida sia sul TFR che sulla indennità di anzianità. Piuttosto, il problema riguarda la misura di questa incidenza, dal momento che tale emolumento ha, o può avere, una doppia finalità: retributiva da un lato, di rimborso spese dall'altro e, naturalmente, l'incidenza può prospettarsi solo con riguardo alla quota avente natura retributiva.

La determinazione della quota retributiva spetta al giudice, che eventualmente deciderà secondo equità. In ogni caso, la giurisprudenza ha fornito alcuni criteri per individuare la quota retributiva della indennità: è stato per esempio affermato che l'indennità estero ha carattere esclusivamente retributivo se il lavoratore, oltre a tale indennità, percepiva anche un rimborso spese o un'indennità vitto e/o alloggio; analogamente è a dirsi qualora il datore di lavoro avesse sottoposto per intero l'indennità estero alle trattenute fiscali e previdenziali.

Questione 3

Se il lavoratore ha la disponibilità, anche per uso personale, dell'auto aziendale, il valore di tale auto incide sul trattamento di fine rapporto?

La Corte di Cassazione ha da tempo risolto questo problema nel senso di riconoscere l'incidenza del valore dell'autovettura ai fini delle spettanze di fine rapporto (Cass. 7431/90, Cass. 8538/91, Cass. 8831/92), affermando esplicitamente che "il valore dell'uso personale di autovettura, concesso dal datore di lavoro al dipendente, in rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa, rientrano nella base di calcolo sia dell'indennità di anzianità di cui all'articolo 2120 (testo originario) del Codice Civile, sia del trattamento di Fine Rapporto previsto da detta norma, novellata dalla legge 297 del 1982".

Qualche problema si presenta tuttavia in quei casi in cui al dipendente venga richiesto di versare mensilmente una somma come corrispettivo dell'utilizzo personale che viene in tal modo consentito.

In questi casi, in genere, la giurisprudenza tende a confrontare il valore effettivo dell'uso con la somma richiesta e se la cifra trattenuta a tale titolo in busta paga risulti sensibilmente inferiore a quello che può essere ritenuto il valore dell'uso (parametrato sul tipo di vettura) viene riconosciuto il contenuto retributivo dell'suo dell'auto.

Recentemente il Tribunale di Milano, in una controversia tra un dirigente e un'impresa industriale, ha stabilito che l'utilizzo per fini prevalentemente personali dell'automobile aziendale, pur in presenza di un modesto contributo mensile da parte del dirigente (per una vettura Alfa 155 era pari a L. 130.000 mensili), avesse carattere retributivo. Conseguentemente il Tribunale ha ritenuto che il valore di tale uso dell'auto dovesse incidere sul Trattamento di Fine Rapporto e sull'indennità sostitutiva del preavviso.

Questione 4

Nel calcolo del Tfr incidono tutti gli importi percepiti nel corso del rapporto, compreso il compenso per lavoro straordinario?

 L’individuazione della retribuzione annua utile ai fini di calcolo del TFR deve operarsi facendo riferimento sia alla normativa legale, che al CCNL vigente al momento della maturazione dell’accantonamento, e non quella in vigore alla cessazione del rapporto.

La legge ricomprende nella nozione di retribuzione tutti gli emolumenti che trovano la loro causa tipica e normale nel rapporto di lavoro mentre ne esclude solo le somme percepite dal lavoratore in modo occasionale e sporadico. Ciò significa che dal computo del TFR devono essere escluse, oltre ai rimborsi spese, tutte le somme percepite appunto occasionalmente, mentre rilevano ai fini del calcolo del TFR le somme corrisposte con frequenza, sebbene non necessariamente con periodicità assoluta, sempre che il pagamento sia relativo a un’attività lavorativa connessa alla normale organizzazione del lavoro nell’impresa.

Come si vede, il concetto legale di retribuzione è piuttosto ampio, in quanto include tutte le somme, compresi i compensi in natura (quali, ad esempio, il valore dell’alloggio e dell’autovettura aziendale concessi dal datore a titolo di fringe benefits), dovute al lavoratore, purché rispondenti alle seguenti caratteristiche: la somma deve essere stata versata in dipendenza del rapporto di lavoro, la sua corresponsione deve essere a titolo non occasionale, non deve essere stata corrisposta a titolo di rimborso spese. Tale regola generale è tuttavia limitata dalle previsioni dei contratti collettivi, che possono derogare in senso migliorativo o peggiorativo i suddetti criteri, e che possono quindi escludere o includere i singoli elementi nella determinazione della retribuzione annua.

Pertanto, per verificare se il compenso per lavoro straordinario debba essere incluso, oppure no, nella base di calcolo per il TFR, bisogna preliminarmente capire se la prestazione effettuata fuori dall’orario normale di lavoro sia occasionale oppure no. Sotto tale profilo, la giurisprudenza considera occasionali non solo le prestazioni saltuarie, ma anche quelle rese con carattere di continuità, ma in misura differente a pari passo con il verificarsi di esigenze aziendali imprevedibili che di volta in volta si prospettano; al contrario, la giurisprudenza non considera occasionali, e pertanto include nella retribuzione annua utile ai fini di computo del TFR, i compensi percepiti dal lavoratore a titolo di straordinario reso in misura fissa e continuativa e che, solitamente, dà luogo ad un compenso fisso mensile.

In altre parole, eventuali compensi saltuari e del tutto eccezionali rispetto alle esigenze dell’impresa, percepiti a titolo di straordinario, non incidono sul TFR, in quanto non vengono considerati parte integrante della retribuzione; viceversa, i compensi per straordinario corrisposti in modo forfettizzato o a cadenza fissa rilevano e devono essere computati nel TFR.

Ciò detto, la giurisprudenza ha confermato che i contratti collettivi possano escludere dal computo del TFR anche il forfait fisso per prestazioni straordinarie, per cui, di volta in volta, sarà necessario considerare le eventuali deroghe apportate dagli stessi ai principi generali espressi dalla legge.