Decadenza dal trattamento di mobilità

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  • La norma di cui all'art. 7, comma 4, L. n. 223 del 1991 - che stabilisce che l'indennità di mobilità non può essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato la procedura di cui all'art. 4 della stessa legge - è finalizzata a evitare il rischio di programmate precostituzioni di anzianità lavorative volte al godimento di una maggiore indennità di mobilità e trova applicazione anche nei confronti di lavoratore che, a seguito di trasferimento di azienda, sia transitato alle dipendenze della cessionaria, la quale abbia poi attivato la procedura di mobilità. (Cass. 16/5/2008 n. 12406, Pres. Mattone Rel. Vidiri, in Lav. nella giur. 2008, 1058)
  • La permanenza della iscrizione nelle liste di mobilità di cui all'art. 6 della legge 23 luglio 1991, n. 223 non comporta, al di fuori delle ipotesi previste dalla stessa legge, la compatibilità della indennità di mobilità con lo svolgimento di attività lavorativa subordinata o autonoma; vige infatti, al di fuori delle speciali ipotesi di cumulo, il regime dell'incompatibilità previsto dalla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva correttamente escluso che l'inizio di un'attività autonoma, non accompagnata dalla percezione della indennità in unica soluzione, comportasse la cancellazione dalla lista di mobilità, ma non aveva considerato la tassatività delle ipotesi di cumulabilità della indennità di mobilità con un reddito di lavoro subordinato o autonomo). (Cass. 1/9/2003 n. 12757, Pres. Sciarelli Rel. Celentano, in Dir. e prat. lav. 2004, 154)
  • Ove il lavoratore subordinato assunto "part-time", che svolga contestualmente attività di lavoro autonomo, sia posto in mobilità ai sensi della l. n. 223/91, non è di ostacolo al godimento dell'indennità di mobilità prevista dall'art. 7 di tale legge il protrarsi dell'attività autonoma da parte dello stesso prestatore, non essendo contemplata una previsione di incompatibilità analoga a quella riguardante l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato ed anzi essendo consentita la elargizione anticipata di tale indennità, in un'unica soluzione, ai lavoratori che intendano "intraprendere" un'attività di lavoro autonomo (art. 7, quinto comma, della legge citata), alla quale possibilità devono intendersi ammessi - per coerenza con la finalità della legge di favorire l'occupazione - non solo i lavoratori che vogliano dare inizio, per la prima volta, ad una attività autonoma dopo il licenziamento, ma anche coloro che tale attività proseguano per averla già svolta, non a tempo pieno, durante il cessato rapporto di lavoro subordinato. (Cass. 21/4/01, n. 5951, pres. Amirante, est. Prestipino, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 399)
  • Lo svolgimento da parte del lavoratore in mobilità di lavoro autonomo (nella specie attività di associazione in partecipazione), senza la richiesta della corresponsione anticipata dell'indennità di mobilità (ex art. 7, comma 5, l. n. 223/91), non determina la cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità, né la decadenza del relativo trattamento economico (Cass. S.U. 27/2/01, n. 2854, pres. De Musis, est. Stile, in Lavoro giur. 2001, pag. 743, con nota di Paci, Lavoro autonomo e diritto all'indennità di mobilità)
  • Il diritto alla corresponsione dell’indennità di mobilità ex art. 7 L. 23/7/91 n. 223 sussiste anche nel caso in cui i lavoratori in mobilità diano vita a una società di capitali, obbligandosi a effettuare prestazioni accessorie di lavoro ex art. 2345 c.c., non configurandosi per questa via la nascita di un rapporto di lavoro subordinato (Trib. Parma 28/7/99 (ord.), est. Brusati, in D&L 1999, 951)
  • Il lavoratore, beneficiario del trattamento di mobilità previsto dall’art. 7, 1° comma, L. 23/7/91 n. 223, che intraprende attività di lavoro autonomo senza aver preventivamente richiesto l’anticipazione dell’intera indennità ai sensi dell’art. 7, 5° comma, stessa legge, non decade da tale trattamento; una simile decadenza, infatti, non essendo espressamente contemplata tra le ipotesi disciplinate dalla L. 23/7/91 n. 223, non può derivare dall’art. 52 RD 2270/24 in materia di decadenza dal trattamento di disoccupazione involontaria, essendo tale normativa inapplicabile alle fattispecie già compiutamente disciplinate dalla L. 23/7/91 n. 223 (Pret. Milano 13/1/98, est. Cecconi, in D&L 1998, 448, n. MARINO, Indennità di mobilità e attività di lavoro autonomo)
  • La lavoratrice che, a seguito di licenziamento collettivo, sia posta in mobilità può, ex 2° comma art. 9, L.23/7/91 n.223, giustificatamente dimettersi dal nuovo impiego offertole senza decadere dal diritto all’indennità di mobilità, qualora il tempo per raggiungere con i mezzi pubblici il luogo di lavoro dalla residenza della lavoratrice sia superiore all’arco di un’ora (Trib. Milano 15/3//97, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1997, 541, nota Summa)
  • Il lavoratore in mobilità, che rifiuta l’offerta di lavoro a termine, non incorre nell’ipotesi prevista dall’art. 9, 1° comma, L.23/7/91 n.233, che sanziona con la cancellazione dalla lista di mobilità e dalla percezione della relativa indennità esclusivamente il lavoratore che rifiuta un contratto a tempo pieno e indeterminato (Pret. Milano 5/11/96, est. Ianniello, in D&L 1997, 296, n. Quadrio, Cancellazione dalla lista di mobilità e diritto al reimpiego professionalmente equivalente)