Lavoro a tempo parziale

Questione 1

Che cos’è il lavoro part-time?

Il part-time (chiamato anche lavoro a tempo parziale) è un rapporto di lavoro subordinato che prevede un orario di lavoro giornaliero o settimanale inferiore rispetto a quello giornaliero stabilito dalla legge o dal contratto collettivo.

Da giugno 2015, la disciplina del lavoro a tempo parziale è contenuta nel decreto legislativo n. 81/2015, attuativo della legge delega n. 183 del 2014 (c.d. Jobs Act), che ha abrogato e sostituito la previgente disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 61/2000.

La legge prevede che il contratto di lavoro a tempo parziale deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Se il contratto manca di precisare la durata della prestazione, il lavoratore può agire giudizialmente per ottenere una sentenza che dichiari la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Se il contratto omette di precisare la sola collocazione temporale dell’orario, invece, il lavoratore può chiedere esclusivamente che il giudice determini le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale.

Le parti che stipulano un contratto part-time possono concordare delle clausole accessorie che garantiscono al datore di lavoro una maggiore flessibilità nella definizione dell’orario di lavoro, consentendogli, in particolare, sia di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa, sia di aumentarne la durata (c.d. clausole elastiche). A pena di nullità, dette clausole devono specificare condizioni e modalità con le quali il datore di lavoro può modificare collocazione e durata della prestazione, e devono altresì fissare la misura massima dell’aumento (che in ogni caso non può superare il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale).

Allorché il datore di lavoro decida di procedere alla modifica dell’orario di lavoro, il lavoratore ha diritto a un preavviso di almeno due giorni lavorativi e a una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto.

Una volta prestato il consenso alle clausole elastiche, il lavoratore può revocarlo solo se versa in una delle seguenti ipotesi: (i) se è un lavoratore studente, (ii) se è affetto da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative, (iii) se assiste persone con patologie oncologiche, gravi patologie cronico-degenerative o gravi disabilità, (iv) se convive con figlio di età non superiore a 13 anni o portatore di handicap.

Il datore di lavoro può richiedere prestazioni di lavoro supplementare, vale a dire aggiuntive rispetto all’orario concordato, purché dette prestazioni non superino il 25% delle ore di lavoro settimanali concordate; in questo caso, il lavoratore ha diritto a una maggiorazione della retribuzione pari al 15%, ferma restando la possibilità di rifiutare lo svolgimento di lavoro supplementare in presenza di comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.    

La legge prevede che il rapporto di lavoro possa essere trasformato da tempo pieno a tempo parziale, e viceversa; la trasformazione può avvenire solo su accordo delle parti, e l’eventuale rifiuto del lavoratore a trasformare il rapporto di lavoro non può costituire valido motivo di licenziamento.

La trasformazione da tempo pieno a tempo parziale deve risultare da atto scritto e il lavoratore acquisisce il diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per lo svolgimento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quello oggetto del rapporto a tempo parziale.

In caso di assunzione di lavoratori a tempo parziale, il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva comunicazione ai dipendenti già in servizio a tempo pieno e a prendere in considerazione eventuali domande di trasformazione del rapporto a tempo parziale da parte di questi ultimi.

Infine, il lavoratore ha la facoltà di richiedere, una sola volta, in luogo del congedo parentale previsto dal decreto legislativo n. 151/2001, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, per un periodo corrispondente a quello dell’aspettativa spettante; la riduzione d’orario, in questo caso, non può superare il limite del 50%.

 

Questione 2

Quali modifiche sono state apportate dal d. Lgs. 81/2015 alla disciplina del contratto di lavoro part-time?

Il d.lgs 81/2015, nell’abrogare il d.lgs. 61/2000, ha introdotto alcune rilevanti novità in materia di lavoro a tempo parziale.

In primo luogo, la riforma del 2015 ha eliminato la distinzione tra lavoro a tempo parziale orizzontale (nozione che identificava le ipotesi in cui la riduzione di orario era distribuita su ciascun giorno della settimana), verticale (definizione che si applicava ai contratti che stabilivano che la prestazione era resa solo in determinati periodi dell’anno, del mese o della settimana) e misto, contemplata dalla disciplina previgente. L’attuale normativa si limita a precisare che ogni assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale (art. 4, D.Lgs. 81/2015). 

È stata altresì modificata la disciplina delle clausole che attribuiscono al datore di lavoro il potere di modificare unilateralmente la durata e la collocazione della prestazione lavorativa.  

Prima della riforma del 2015, la legge distingueva tra clausole flessibili e clausole elastiche: le prime consentivano al datore di lavoro di modificare la collocazione temporale dell’orario di lavoro (ossia di decidere in quali giorni e/o orari la prestazione a tempo parziale debba essere resa); le seconde, invece, prevedevano il diritto del datore di lavoro di aumentare la durata della prestazione lavorativa a tempo parziale (verticale). La legge stabiliva altresì che queste clausole si potevano applicare al contratto individuale solo entro i limiti e alle condizioni stabilite dalla contrattazione collettiva.

Il d.lgs. 81/2015 ha in primo luogo abbandonato la distinzione tra clausole elastiche e clausole flessibili: il quarto comma dell’art. 6 del d.lgs. 81/2015, infatti, parla soltanto di clausole elastiche, con le quali le parti possono ora pattuire sia la variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, sia la variazione in aumento della sua durata. 

La riforma del 2015 ha poi fortemente ridimensionato il ruolo della contrattazione collettiva. In base alla nuova disciplina, infatti, le parti sono ora libere di inserire clausole elastiche nel contratto di lavoro anche se ciò non è espressamente previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto, purché la pattuizione avvenga per iscritto avanti alle commissioni di certificazione.

Un ridimensionamento della contrattazione collettiva si registra anche in materia di lavoro supplementare. Prima del 2015, la legge demandava ai contratti collettivi il compito di definire sia il numero massimo di ore supplementari effettuabili, sia le ipotesi nelle quali al datore di lavoro era data la facoltà di richiedere al lavoratore lo svolgimento di ore extra rispetto a quelle concordate. 

A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81/2015, invece, il datore di lavoro può fare ricorso al lavoro supplementare anche in assenza di previsioni in tal senso da parte dei contratti collettivi, con il solo limite che le ore extra non devono superare il 25% delle ore di lavoro settimanali concordate.

La riforma del 2015 ha infine riconosciuto al lavoratore la facoltà di richiedere, una sola volta, in luogo del congedo parentale previsto dal decreto legislativo n. 151/2001, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, per un periodo corrispondente a quello dell’aspettativa spettante; la riduzione d’orario, in questo caso, non può superare il limite del 50%.

 

Questione 3

Cosa succede se nella lettera di assunzione a tempo parziale non è specificata la collocazione dell’orario di lavoro?

Nel contratto di assunzione part time deve essere specificata sia la durata dell’orario di lavoro (ovvero il numero di ore e/o di giorni in cui il lavoratore è chiamato a rendere la prestazione), sia la collocazione temporale dell’orario (ovvero l’indicazione di quando, in concreto, il lavoratore deve presentarsi in servizio). Se tali indicazioni mancano, il contratto è comunque valido ma: I) se manca l’indicazione della durata della prestazione lavorativa, il lavoratore può chiedere la conversione del rapporto a tempo pieno; in buona sostanza, se nella lettera di assunzione non è specificato il numero di ore e/o di giornate in cui si è chiamati a lavorare, ci si può rivolgere al Giudice del lavoro per chiedere che venga accertato il diritto di operare a tempo pieno; II) se manca l’indicazione della distribuzione dell’orario, ovvero se nella lettera di assunzione è indicato il numero di ore settimanali, ma non la specifica collocazione delle stesse nell’ambito dei diversi giorni e delle diverse fasce orarie, il lavoratore può chiedere al Giudice di determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione, in base a quanto previsto dal CCNL o, in mancanza in base alle sue esigenze familiari o lavorative. Secondo la prevalente giurisprudenza, tale possibilità è ammessa anche nel caso in cui, nella lettera di assunzione, siano indicate una pluralità di possibili collocazioni del turno di lavoro, talmente ampia da non consentire al lavoratore di organizzare in modo proficuo il proprio tempo libero, non sapendo per tempo quando in concretò sarà chiamato a rendere la propria prestazione lavorativa.