*** Il nuovo collocamento obbligatorio (di Filippo Capurro)

1. Introduzione – 2. I soggetti della nuova disciplina: a) I lavoratori; b) I datori di lavoro; (segue) Sospensione degli obblighi, esclusioni, esoneri parziali e compensazioni territoriali; c) Organi pubblici coinvolti nella gestione della nuova disciplina, Fondo per il diritto al lavoro dei disabili e Fondo regionale per l’occupazione dei disabili – 3. La costituzione e la disciplina del rapporto di lavoro: 3.1 Assunzione dei disabili, obblighi relativi e collocamento mirato; 3.2 La disciplina del rapporto di lavoro con i disabili; 3.3 Gli accertamenti sanitari - 4. Le sanzioni – 5. Entrata in vigore, norme transitorie ed abrogazioni.

 

1. Introduzione

La Legge 12 marzo 1999, n. 68 [1] , contiene la nuova disciplina in materia di collocamento obbligatorio dei disabili ed abroga, sostituendola, la precedente normativa di cui alla Legge 2 aprile 1968, n. 482.

La nuova normativa che è entrata sostanzialmente in vigore dal 18 gennaio 2000, ristruttura il collocamento obbligatorio cercando di sottrarlo dalla logica del c.d. “imponibile di manodopera” verso un’idea di più efficace ed utile inserimento del disabile nel contesto lavorativo.

Interessante a questo proposito è lo strumento del c.d. collocamento mirato che consiste in un insieme di strumenti quali, tra l’altro, la previsione di sistemi liberalizzatori, di incentivi sotto forma di sgravi contributivi e di rimborsi spese, di sperimentazioni attraverso riqualificazioni e tirocini, nonché di convenzioni, che rendono di fatto la nuova disciplina più adatta a perseguire la reale armonizzazione tra le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori disabili, nell’ottica di una maggiore effettività del diritto al lavoro di tali soggetti.

La nuova disciplina non si è presentata priva di incertezze interpretative e di lacune che, in parte, si è tentato di sanare attraverso un’intensa attività interpretativa concretizzatasi in numerose circolari del Ministero del Lavoro, nonché con il Regolamento di attuazione della legge che ha visto la luce con la pubblicazione del D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333 [2] . Gli interventi di cui sopra, tuttavia, non appaiono in grado di eliminare integralmente le incertezze, le contraddizioni e le lacune contenute nella legge di riforma.

Inoltre, i compiti di cui sono investiti gli organi preposti all’applicazione della legge, specie con riferimento al collocamento mirato, sono considerevoli e probabilmente di difficile assolvimento, almeno nel breve periodo e con riguardo ad un sistema di servizi pubblici per l’impiego non aduso al dinamismo richiesto dalla nuova disciplina.

2. I soggetti della nuova disciplina

a) I lavoratori

La nuova disciplina ha come soggetti della propria tutela solamente i disabili, con esclusione pertanto di quelle categorie che, pur non essendo caratterizzate da minorazioni fisiche o psichiche, erano comunque tutelate, nella vigenza della precedente normativa, (vedove ed orfani di soggetti deceduti per cause di lavoro, guerra e servizio, etc.) e che continuano a godere di una tutela in via transitoria, seppur residuale. Si è ritenuto infatti che tali categorie debbano fruire di strumenti di tutela diversi da quelli operanti per i disabili.

In particolare i soggetti direttamente interessati dalla riforma sono:

a)      persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap intellettivo che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%;

b)      persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%;

c)      persone non vedenti o sordomute di cui alle leggi 381 e 382/1970;

d)      persone invalide di guerra, invalide civili di guerra ed invalide per servizio, con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra [3] .

La nuova normativa fa espresso riferimento anche ai c.d. invalidi psichici, ponendosi in linea con quanto già precisato dalla sentenza Cort. Cost. 2 febbraio 1990, n. 50 [4] , nonché con la L. 5 febbraio 1992, n. 104, che inseriva espressamente tale categoria tra i soggetti beneficiari del collocamento obbligatorio e che, tuttavia, rivestiva carattere transitorio in attesa della nuova disciplina della materia. In particolare la L. 68/1999 utilizza tre differenti formulazioni. All’art. 1, comma 1, lett. a) fa riferimento a soggetti affetti da minorazioni psichiche o sensoriali ed ai portatori di handicap intellettivo; all’art. 9, comma 4, fa riferimento ai disabili psichici precisando che gli stessi possono essere avviati al lavoro solo con il mezzo delle convenzioni di cui all’art. 11 (si veda infra).

In sostanza la legge considera quali soggetti destinatari della tutela sia coloro che hanno una minorazione psichica, sia coloro che hanno una disabilità psichica [5] , mentre con riferimento alle modalità di avviamento, impone lo strumento della convenzione solo per questa seconda categoria. In sostanza sarebbero irragionevolmente ridotti gli strumenti del collocamento dei disabili psichici a vantaggio di coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali ultimi potrebbero essere avviati sia per le vie ordinarie che a mezzo di convenzione e ciò con seri dubbi di costituzionalità. E’ più probabile ritenere quindi che si tratti di un refuso del legislatore nell’art. 9 della legge e che, in tale norma, il termine disabili psichici sia utilizzato in senso atecnico.

L’accertamento delle condizioni di disabilità previste dalla nuova legge viene effettuato dalle Commissioni Mediche presso le ASL di cui all’art. 4, L. 5 febbraio 1992, n. 104 [6] , secondo i criteri che sono stati fissati con il c.d. “atto di indirizzo e coordinamento” di cui al D.P.C.M. 13 gennaio 2000 [7] . Con riferimento all’inabilità relativa agli invalidi del lavoro, l’accertamento è effettuato direttamente dall’INAIL [8] , mentre l’accertamento sanitario relativo agli invalidi di guerra, agli invalidi civili di guerra ed agli invalidi per servizio, continuerà ad essere effettuato ai sensi della normativa contenuta nel T.U. in materia di pensioni di guerra [9] .

Con riferimento al menzionato atto di indirizzo e coordinamento è utile ricordare che lo stesso prevede che l’attività della commissione medica è finalizzata a formulare una diagnosi funzionale della persona disabile, volta ad individuare la capacità globale per il collocamento lavorativo. La diagnosi funzionale unitamente agli ulteriori accertamenti effettuati secondo i criteri del D.P.C.M. portano alla redazione di una relazione conclusiva nella quale sono formulati suggerimenti in ordine ad eventuali forme di sostegno e strumenti tecnici necessari per l’inserimento o il mantenimento al lavoro della persona disabile. Le commissioni mediche operano in raccordo con il comitato tecnico di cui all’art. 6, comma 2, lett. b), L. 68/1999 (vd. infra)

b) I datori di lavoro

Sono destinatari della normativa in commento i datori di lavoro pubblici e privati, anche non imprenditori, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione.

In particolare le quote di riserva sono previste nel modo che segue.

a)      per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, vi è l’obbligo di assumere un lavoratore disabile in caso di nuove assunzioni;

b)      per i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti vi è l’obbligo di avere alle proprie dipendenze due lavoratori disabili;

c)      per i datori di lavoro che occupano oltre 50 dipendenti vi è l’obbligo di avere alle proprie dipendenze disabili in misura del 7% dei lavoratori occupati, oltre ad una ulteriore quota dell’1%, con riferimento a soggetti non più tutelati dalla nuova normativa [10] , aliquota prevista in via transitoria in attesa di una specifica disciplina organica relativa all’avviamento di tali soggetti. Complessivamente pertanto l’aliquota di riserva è pari all’8%. Si noti che per i datori di lavoro che occupano da 51 a 150 dipendenti, la menzionata aliquota dell’1% e ridotta ad una unità.

Da rilevare è la circostanza per la quale il limite minimo dal quale si applica la nuova normativa riguarda anche datori di lavoro che occupano quindici dipendenti e non invece i fatidici sedici dipendenti ai quali in molte occasioni la normativa giuslavoristica fa riferimento.

Con riguardo ai partiti politici, alle organizzazioni sindacali, nonché alle organizzazioni che senza scopo di lucro operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva è computata esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e solo in caso di nuove assunzioni. Dopo una prima attività interpretativa effettuata dal Ministero del Lavoro con proprie circolari, l’art. 2, comma 5 e 6, D.P.R. 333/2000, ha dato alcuni chiarimenti in merito alla norma in parola. Più precisamente è stato chiarito che il personale tecnico esecutivo e svolgente funzioni amministrative di cui sopra è individuato in base alle norme contrattuali e regolamentari applicate agli organismi di cui sopra. Tale prima precisazione non avvalla naturalmente pratiche elusive e tentativi di scorporare dall’area tecnico-amministrativa figure che svolgano quanto meno un’attività mista, evenienza già paventata dalla dottrina [11] . Il successivo comma 6 amplia il campo di applicazione dell’art. 3, comma 3, L. 68/1999 (peraltro ponendo in essere un’operazione normativa di dubbia legittimità) e ricomprende nelle organizzazioni parzialmente sgravate dagli oneri del collocamento obbligatorio, anche gli enti e le associazioni di arte e cultura nonché  gli istituti scolastici religiosi, che operano senza scopo di lucro. Per tali ultimi soggetti, tuttavia, gli obblighi del collocamento operano ulteriormente filtrati da una previa verifica della possibilità del collocamento mirato [12] .Va infine rilevato che l’interpretazione amministrativa ha chiarito che vi è una differenza tra funzioni tecnico-esecutive e personale svolgente funzioni amministrative [13] . Infine deve osservarsi come, dal tenore letterale del combinato disposto dell’art. 9, comma 6, L. 68/1999 e 2, comma 4, D.P.R. 333/2000, sembrerebbe che le menzionate organizzazioni di tendenza debbano comunque inviare il prospetto informativo, a prescindere dall’insorgere dell’obbligo assuntivo.

Con riguardo alle “nuove assunzioni”, requisito al quale è subordinata l’insorgenza dell’obbligo all’assunzione per i datori di lavoro che occupano da quindici a trentacinque dipendenti nonché per le organizzazioni di tendenza sopra menzionate, l’art. 2, comma 3, D.P.R. 333/2000, stabilisce che non sono considerate nuove assunzioni quelle effettuate per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, per la durata dell’assenza, e quelle dei lavoratori che sono cessati dal servizio qualora siano sostituiti entro 60 giorni dalla predetta cessazione (ad avviso di parte della dottrina anche in posizioni diverse [14] ), nonché le assunzioni effettuate ai sensi della stessa L. 68/1999. Le Circolari del Ministero del Lavoro 4/2000 e 41/2000 escludono dal novero nelle nuove assunzioni, fino alla loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato, i contratti di formazione e lavoro e di apprendistato. Tale esclusione va estesa secondo parte della dottrina [15] anche agli assunti con contratto di reinserimento ed ai lavoratori già utilizzati in lavori socialmente utili, assunti a tempo indeterminato dai datori di lavoro pubblici e privati. Inoltre secondo l’interpretazione ministeriale non si considerano nuove assunzioni le conversioni dei CFL e dei contratti di apprendistato conclusi prima dell’entrata in vigore della L. 68/1999.

Per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, effettuata la nuova assunzione, gli stessi saranno tenuti ad assumere un disabile entro 12 mesi successivi. Dal punto di vista operativo, entro i dodici mesi insorge l’obbligo e quindi entro i successivi 60 giorni (12 mesi + 60 giorni) il datore di lavoro dovrà inviare il prospetto informativo con la richiesta di avviamento. Ma se nel frattempo effettuasse una seconda nuova assunzione, l’obbligo di invio del prospetto con la richiesta di avviamento dovrebbe essere adempiuto entro i 60 giorni successivi (combinato disposto dei commi 2 e 4 dell’art. 2, D.P.R. 333/2000).

Con riferimento ai datori di lavoro di tendenza (di cui al menzionato art. 3, comma 3, L. 68/19999) pare che gli obblighi relativi al collocamento obbligatorio debbano essere adempiuti entro 60 giorni dalla prima nuova assunzione, non operando a favore di detti soggetti il disposto dell’art. 2, comma 2, D.P.R. 333/2000). Inoltre, come sopra si è detto, gli stessi sembrerebbero obbligati all’invio del prospetto informativo a prescindere dall’insorgere dell’obbligo assuntivo.

Infine con riguardo ai datori di lavoro che occupano da 15  a 35 dipendenti, operando, come si avrà modo di precisare, il meccanismo della chiamata nominativa, potrebbero sorgere dubbi interpretativi circa la possibilità che, in caso di inadempimento dell’obbligo di assumere il disabile, possa essere effettuato a cura degli organi del collocamento un avviamento numerico. Il problema riveste una doppia implicazione: non solo riguarda la modalità con la quale gli uffici competenti potranno avviare al lavoro i disabili, ma attiene altresì al profilo delle sanzioni. Infatti, se si ammette la soluzione della possibilità di avviamento numerico, il datore di lavoro che ha provveduto compiutamente a denunciare la nuova assunzione, non potrà essere soggetto a sanzioni ove gli uffici omettano di procedere all’avviamento. Su tale delicata questione ci si intratterrà in modo più approfondito tra breve.

Ai fini della determinazione del numero dei disabili da assumere non sono computabili tra i dipendenti:

-         i disabili assunti in forza della legge in commento;

-         i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi (disposizione che probabilmente disincentiverà l’utilizzo di contratti a termine di lunga durata);

-         i soci di cooperative di produzione e lavoro;

-         i dirigenti.

-         Con riguardo ai lavoratori assunti a tempo parziale il riferimento è alla disciplina di cui all’art. 18, comma 2, l. 20 maggio 1970, n. 300 [16] in forza del quale i part-timers sono considerati in proporzione alla durata della prestazione lavorativa oggetto del contratto di lavoro a tempo parziale.

Con l’art. 3, comma 1, D.P.R. 333/2000 sono stati altresì esclusi i lavoratori assunti:

-         con CFL;

-         con  contratto di apprendistato;

-         con  contratto di reinserimento;

-         con  contratto di lavoro temporaneo;

-         con  contratto di lavoro a domicilio;

-         per attività di lavoro da svolgersi esclusivamente all’estero, per la durata di tale attività;

-         i soggetti di cui all’art. 18, comma 2, L. 68/1999 (vedove ed orfani di soggetti deceduti per cause di lavoro, guerra e servizio, etc.).

Sono invece computati ai fini della copertura i lavoratori disabili occupati a domicilio, ovvero con modalità di telelavoro, ai quali l’imprenditore affidi quantità di lavoro tali da procurare una prestazione lavorativa corrispondente al normale orario di lavoro [17] . E’ palesata implicitamente da tale norma la scelta di ammettere l’occupazione di disabili anche a domicilio, ovvero con modalità di telelavoro, scelta che, nella misura in cui non pregiudichi l’effettiva integrazione sociale di tali soggetti, appare funzionale ad una migliore qualità della vita e del lavoro degli stessi. Ai sensi dell’art. 3, comma 5, D.P.R. 333/2000 si considera, per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, come copertura di una unità, l’assunzione a tempo parziale di un disabile con invalidità superiore al 50%.

Con riguardo ai lavoratori divenuti inabili in conseguenza di infortunio o malattia, è previsto che essi potranno essere computati nella quota di riserva solamente se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 60%. In ogni caso tali soggetti non potranno essere computati nella quota di riserva se siano divenuti inabili a causa dell’inadempimento del datore di lavoro della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, accertato in sede giurisdizionale.

Va rilevato che l’art. 3, D.P.R. 333/2000 distingue rispettivamente ai commi 2 e 4, la posizione dei soggetti divenuti inabili in conseguenza di infortunio o malattia (invalidi civili) da quelli divenuti inabili a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale (invalidi del lavoro). Per tali ultima categoria di lavoratori, è previsto che il loro computo nella quota di riserva potrà avvenire se il grado di invalidità è superiore al 33%. Tale norma potrebbe essere fondata sia su una valutazione di maggior favore per gli invalidi del lavoro, sia dalla circostanza che i due gradi di invalidità (civile e del lavoro) sono calcolate con criteri parzialmente diversi.

La previsione di una percentuale superiore di riduzione della capacità lavorativa per i lavoratori divenuti invalidi civili (ma non per gli invalidi del lavoro) quale condizione per il loro computo nell’aliquota di riserva, potrebbe comportare, di fatto, pratiche elusive da parte dei datori di lavoro, consistenti nella risoluzione consensuale del rapporto con il soggetto divenuto disabile a seguito di infortunio o malattia, con successiva riassunzione presso l’azienda quale disabile “ordinario”, con applicazione delle più modeste e favorevoli percentuali di riduzione della capacità lavorativa previste in via generale (45% e 33%).

In relazione ai lavoratori divenuti inabili a seguito di infortunio ovvero malattia è comunque interessante la precisazione contenuta nell’art. 4, comma 4, della nuova legge, per la quale l’infortunio sul lavoro o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento, prevedendosi l’obbligo del datore di lavoro di reperire per gli stessi mansioni equivalenti compatibili con la loro capacità lavorativa ovvero, in mancanza, mansioni inferiori con conservazione tuttavia del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. In caso ciò non sia possibile il lavoratori saranno nuovamente avviati senza tuttavia essere inseriti in graduatoria e quindi con un indubbio vantaggio per i medesimi. Tale previsione peraltro è apparsa ad alcuni di dubbia legittimità costituzionale [18] .

La norma in parola ha una portata assai rilevante poiché, essendo di estensione generalizzata, nel senso che si riferisce ai “predetti lavoratori”, ossia lavoratori divenuti inabili a seguito di infortunio ovvero malattia, si pone nell’alveo scavato dalla nota sentenza delle Sezioni Unite, Cass. S.U. 30 aprile - 7 agosto 1998, n. 7755 [19] che ha definitivamente affermato la sussistenza dell’obbligo in parola in riferimento a tutte le ipotesi di inidoneità sopravvenuta.

Infine deve osservarsi come la norma in argomento sembra non armonizzarsi con il disposto dell’art. 1, comma 7, L. 68/1999 che prevede l’obbligo di conservazione del posto di lavoro a quei soggetti che, non essendo disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquistato per infortunio sul lavoro o malattia professionale eventuali disabilità. Tale norma presenta una doppia peculiarità. Da un lato essa non prevede che l’obbligo di conservazione del posto di lavoro sia subordinato ad una residua capacità lavorativa, particolare che autorizzerebbe dubbi sulla sua legittimità costituzionale; in secondo luogo essa, come si diceva, contrasta con il successivo l’art. 4, comma 4 che, di fatto, prevede la conservazione del posto di lavoro, indipendentemente dalla causa della sopravvenuta disabilità. Sembra che ancora una volta ci si trovi di fonte ad un refuso del legislatore.

(segue) Sospensione degli obblighi, esclusioni, esoneri parziali e compensazioni territoriali

Gli obblighi di assunzione previsti dalla legge in commento sono sospesi, a norma dell’art. 3, comma 5, L. 68/1999, nei confronti delle imprese che fruiscono della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, nonché di quelle interessate da contratti di solidarietà difensivi. In questi casi la sospensione si protrae solamente per la durata dei programmi relativi alle dette procedure, in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. La sospensione si ha altresì in caso di procedura di mobilità e, nel caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all’assunzione in capo ai lavoratori licenziati. Specifiche modalità applicative dell’istituto sono state previste dall’art. 4, D.P.R. 333/2000.

Ai sensi dell’art. 5, L. 68/1999 sono espressamente esclusi, dagli obblighi relativi alla nuova disciplina:

a)   le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici non economici con riferimento a quelle mansioni, determinate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non consentano l’occupazione dei lavoratori disabili o la consentano in misura ridotta;

b)   i datori di lavoro pubblici e privati (in concessione) che operano nel campo del trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre con riferimento al personale viaggiante o navigante (art. 5, comma 2, L. 68/1999). Va rilevato che con D.L. 484/1999, convertito in L. 27/2000, è stata prevista l’esclusione anche del personale viaggiante alle dipendenze di imprese operanti nel settore dell’autotrasporto pubblico e privato. Infine, l’art. 78, L. 388/2000, sopprimendo il termine “pubblico” nell’art. 5, comma 2, L. 68/1999, ha esteso la non commutabilità a tutto il settore dei trasporti.

c)   i datori di lavoro pubblici e privati del settore degli impianti a fune con riguardo al personale direttamente adibito alle aree operative;

L’art. 2, comma 1, D.P.R. 333/2000 ha inoltre precisato che per i datori di lavoro di cui alle precedenti lett. b) e c), il computo della quota di riserva si effettua dopo aver provveduto all’esclusione del personale per il quale i predetti obblighi di assunzione non sono operanti, incidendo ciò sia sull’an che sul quantum del gravame di legge.

Si ricorda inoltre che:

-         per le già menzionate organizzazioni di tendenza la quota di riserva è computata esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e solo in caso di nuove assunzioni (art. 3, comma 3, L. 68/1999;

-         per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi (art 3, comma 4, L. 68/1999). Si noti che tale norma non opera per i datori di lavoro privati che esercitano, in virtù di decreto Prefettizio, l’attività di vigilanza. Gli stessi potranno solo richiedere l’esonero parziale ai sensi anche delle disposizioni di cui al D.M. 357/2000 (Vd. Infra).

E’ altresì prevista la possibilità di esoneri parziali per i datori di lavoro privati e per gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l’intera percentuale dei disabili. Tali soggetti, una volta ottenuto l’esonero, dovranno versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili un contributo di Lire 25.000 per ogni giorno lavorativo per ciascun disabile non occupato. I procedimenti, i criteri e le modalità per la concessione degli esoneri sono stati disciplinati con DM 7 luglio 2000, N. 357.

La nuova normativa all’art. 5, comma 4, in linea con quella precedente, dispone altresì lo strumento delle compensazioni territoriali consistente nella possibilità per i datori di lavoro pubblici e privati di ottenere l’autorizzazione, previa motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio, superiore a quello prescritto, portando le eccedenze in compensazione al minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione. Il limite all’area della medesima regione non è tuttavia previsto per i datori di lavoro privati.

Si noti che la legge di riforma non precisa quale sia la modalità ordinaria di distribuzione del personale tra le diverse unità produttive, lasciando probabilmente intendere che il criterio da seguire sia quello della proporzionalità.

L’art. 5, D.P.R. 333/2000 ha stabilito le procedure relative all’istituto della compensazione territoriale, chiarendo, tra l’altro, che la domanda di compensazione per unità produttive situate nella stessa regione deve essere presentata al servizio provinciale competente per il territorio in cui il datore di lavoro ha la sede legale [20] ; se invece la domanda interessa unità produttive collocate in diverse regioni, essa deve essere presentata al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale – Direzione generale per l’impiego. La norma in parola ha altresì introdotto il principio del silenzio assenso seppur in versione mitigata.

Da rilevare è che con Circolare del Ministero del Lavoro 6 giugno 2000, n. 36 è stato chiarito che per i datori di lavoro che occupano fino a 50 dipendenti (numero sempre risultante dopo il preventivo scorporo dei lavoratori che non concorrono alla determinazione della base di computo), la valutazione circa l’opportunità di non assumere in talune sedi  e di assumere corrispondentemente in eccedenza in altre, è rimessa al datore di lavoro. In tal caso il datore di lavoro comunica le modalità con cui intenderà assumere al servizio territorialmente competente nonché a quello della sede legale.

c) Organi pubblici coinvolti nella gestione della nuova disciplina, Fondo per il diritto al lavoro dei disabili e Fondo regionale per l’occupazione dei disabili

La nuova disciplina in materia di avviamento obbligatorio è principalmente gestita dagli organismi individuati dalle Regioni ai sensi dell’art. 4, D. Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, che la legge denomina “uffici competenti”. Si tratta dei c.d. Centri Provinciali per l’Impiego che provvederanno alla tenuta delle liste, all’avviamento al lavoro, al rilascio delle autorizzazioni degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni ed all’attuazione del collocamento mirato. Tali organismi sono supportati, oltre che dai servizi sociali, sanitari ed educativi e formativi del territorio, anche dal comitato tecnico inserito nell’Organismo collegiale di concertazione provinciale, previsto dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469. Tale comitato concorrerà a valutare le residue capacità lavorative del disabile e definirà gli strumenti necessari per il suo inserimento e per il controllo periodico dell’inabilità.

Come si è precedentemente evidenziato, l’accertamento delle condizioni di inabilità previste dalla nuova legge viene effettuato dalle competenti Commissioni Mediche presso le ASL, secondo i criteri definiti dal menzionato “atto di indirizzo e coordinamento” di cui al D.P.C.M. 13 gennaio 2000. L’inabilità relativa agli invalidi del lavoro sarà accertata direttamente dall’INAIL, mentre l’accertamento sanitario relativo agli invalidi di guerra, invalidi civili di guerra ed agli invalidi per servizio continuerà ad essere effettuato ai sensi della normativa contenuta nel T.U. in materia di pensioni di guerra.

I compiti relativi all’irrogazione delle sanzioni (e, quindi, alle ispezioni) previste dalla nuova normativa fanno invece capo alla Direzione Provinciale del Lavoro. Tale disposizione appare senz’altro peculiare, ove si osservi che tale organo rimane di fatto estraneo alla gestione della nuova disciplina in materia di avviamento obbligatorio.

Al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, e quindi avente carattere nazionale, fanno carico gli oneri economici relativi alle agevolazioni per le assunzioni di cui all’art. 13, L. 68/1999 delle quali si tratterà infra. Con D.M. 13 gennaio 2000, n. 91 [21] ha stabilito termini e criteri per ottenere da parte dei datori di lavoro le agevolazioni ed altresì le modalità di ripartizione delle risorse tra le regioni.

Infine, va evidenziato che è istituito il Fondo regionale per l’occupazione dei disabili (art. 14, L. 68/1999) in relazione al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo. A tale fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla nuova disciplina, nonché i contributi versati dal datore di lavoro in forza della stessa legge.

Il fondo erogherà contributi agli enti indicati nella legge che svolgono attività rivolta al sostegno ed alla integrazione lavorativa dei disabili, contributi aggiuntivi rispetto al rimborso forfetario parziale previsto in caso di assunzione di disabili con grado di riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, nonché ogni altra previdenza in attuazione delle finalità della legge in commento.

3. La costituzione e la disciplina del rapporto di lavoro

3.1 Assunzione dei disabili, obblighi relativi e collocamento mirato

I soggetti disabili che intendono avvalersi della normativa sul collocamento obbligatorio devono iscriversi in un apposito elenco tenuto dagli “uffici competenti”. Gli elenchi, istituiti presso ciascun ufficio e con unica graduatoria, sono pubblici e formati nel rispetto della vigente normativa in materia di privacy [22] . In sostanza non è più presente la ripartizione percentuale tra le varie categorie, con eliminazione pertanto dell’annosa problematica relativa al c.d. scorrimento che in passato aveva creato notevole contenzioso amministrativo circa la legittimità delle relative delibere emanate dall’allora Commissione provinciale per il collocamento obbligatorio.

I datori di lavoro pubblici e privati soggetti alla nuova disciplina sono tenuti ad inviare agli “uffici competenti” un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili. Con D.M. 22 novembre 1999 [23] è stata stabilita la periodicità per l’invio del prospetto che, per ciascun anno, dovrà essere inviato entro il 31 gennaio. Il decreto in parola, avvalendosi della delega contenuta nell’art. 9, comma 6, L. 68/1999, ha altresì integrato le informazioni da indicare nel prospetto. I datori di lavoro che hanno sedi in province diverse dovranno inviare i prospetti separatamente per ciascuna provincia al servizio territorialmente competente e complessivamente al servizio competente per territorio dove si trova la sede legale. I prospetti così inviati dai datori di lavoro saranno liberamente consultabili in appositi spazi aperti al pubblico. Da rilevare è che il prospetto in parola deve intendersi come richiesta di avviamento di disabili da parte del datore di lavoro. La norma è innovativa poiché, nella vigenza della L. 482/1968, era prevista la necessità di una richiesta di avviamento specifica da inserirsi in detto prospetto, il cui invio era imposto periodicamente al datore di lavoro; in assenza di tale specifica richiesta, infatti, non potevano essere effettuati gli avviamenti obbligatori, ma potevano essere solamente irrogate le sanzioni previste dalla legge.

Si noti inoltre come il prospetto/richiesta, dovendo contenere le informazioni sopra indicate, tra le quali le mansioni disponibili per il disabile, potrebbe rendere meno pregnanti le considerazioni che fino ad oggi erano state mosse quali ostacolo all’utilizzabilità dello strumento di cui all’art. 2932 c.c., consistente nella sentenza costitutiva del rapporto di lavoro tra datore di lavoro inadempiente ed avviato obbligatoriamente. Infatti, alla stregua delle informazioni contenute nel prospetto, diverrebbe senz’altro meno indeterminato l’oggetto del contratto di lavoro, indeterminatezza che costituiva il tradizionale ostacolo all’applicazione della menzionata tecnica di tutela del diritto in forma specifica.

In realtà, la norma che prevede che l’invio del prospetto debba intendersi quale richiesta di avviamento dovrà coordinarsi con la disposizione che prevede il diritto del datore di lavoro di effettuare in tutto o in parte l’assunzione dei disabili mediante chiamata nominativa. E’ dubbio infatti se l’invio del prospetto/richiesta di cui sopra, possa, in assenza di una specifica richiesta nominativa di avviamento per la quota scoperta per la quale è utilizzabile tale strumento, consentire agli uffici competenti di effettuare un avviamento numerico tout court. Tale circostanza, peraltro, come già si è detto, incide anche sul piano delle sanzioni, in quanto, ove si ritenesse che il prospetto non costituisse richiesta anche per la quota nominativa non coperta, le sanzioni per l’inadempimento all’obbligo di assunzione decorrerebbero a far data dalla scopertura e non dall’eventuale mancata assunzione successiva all’avviamento effettuato dal servizio competente.

Da un punto di vista pratico, l’assunzione dei disabili potrà avvenire attraverso vari strumenti. Sono previste infatti la richiesta di avviamento nonché la stipula di convenzioni.

La richiesta di avviamento potrà essere nominativa o numerica. E’ prevista la possibilità di richiesta nominativa con riferimento alle assunzioni effettuate da datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché dalle organizzazioni di tendenza delle quali si è detto. Per i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti la richiesta nominativa sarà possibile nei limiti del 50% delle assunzioni dei disabili, limite che aumenta al 60% per i datori di lavoro che occupano oltre 50 dipendenti.

Con riferimento all’assunzione numerica si rileva come, a differenza di quanto avveniva nella vigenza della precedente normativa, sia previsto che il datore di lavoro nella richiesta di avviamento debba indicare una precisa qualifica (da intendersi verosimilmente come caratteristiche professionali del disabile). In mancanza di lavoratori in possesso di tale qualifica, l’art. 7, comma 6, D.P.R. 333/2000 prevede che il servizio debba convocare il datore di lavoro al fine della individuazione di possibili soluzioni alternative di avviamento, valutando la disponibilità di lavoratori disabili con qualifiche simili. In caso di esito negativo, il datore di lavoro stipula con il servizio un’apposita convenzione di inserimento lavorativo, che preveda lo svolgimento di tirocinio con finalità formative per i soggetti a tal fine individuati. In ogni caso, ove non sia possibile dar luogo alla stipula della convenzione, il servizio competente procede comunque all’avviamento tenuto conto delle informazioni contenute nelle schede professionali, nel prospetto informativo e nella richiesta di avviamento. Tale ultima soluzione appare in verità in contrasto con l’idea di collocamento mirato che sembra cadere di fronte agli ostacoli alla primaria e tradizionale funzione del collocamento obbligatorio legata all’idea dell’imponibile di manodopera. Va detto tuttavia che il comma 8 dell’art. 7, D.P.R. 333/2000 prevede che, nell’ipotesi appena esaminata di impossibilità di effettuare l’avviamento, il datore di lavoro possa presentare domanda di esonero parziale, ferma restando l’autonoma attivazione della relativa procedura “al di fuori dei casi previsti dal presente articolo”. In tal modo sembrerebbe che la norma in parola preveda una fattispecie aggiuntiva di esonero parziale che si andrebbe ad aggiungere a quella generale prevista dall’art. 5, comma 3, L. 68/1999, e che farebbe riferimento all’impossibilità di coprire interamente la quota di riserva a causa delle speciali condizioni dell’attività aziendale.

L’art. 6, comma 1, D.P.R. 333/2000, stabilisce che se il personale assunto nella quota di riserva (sotto la L. 482/1968) ha già raggiunto o superato la percentuale da soddisfare con avviamenti numerici, la quota residua può essere assorbita con richiesta nominativa.

Deve ritenersi ammesso, per quanto non previsto espressamente dalla legge di riforma, l’istituto del passaggio diretto. In tal caso sarebbe opportuno effettuare la conferma dello stato invalidante, poiché nella vigenza della L. 482/1968, le percentuali di invalidità erano inferiori.

L’avviamento al lavoro potrà avvenire anche attraverso lo strumento delle convenzioni. Si tratta di un istituto ideato per favorire l’inserimento lavorativo dei disabili e rientrante nell’ambito del già menzionato collocamento mirato. Le convenzioni vengono stipulate tra gli uffici competenti ed il datore di lavoro, sentito il comitato tecnico inserito nell’Organismo collegiale di concertazione provinciale di cui si è detto, e contengono un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla legge.

Nelle convenzioni vengono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. Lo strumento è interessante perché tra le modalità di assunzione che possono essere concordate vi sono la facoltà della scelta nominativa (deve ritenersi anche al di fuori dei limiti previsti dalla legge), lo svolgimento di tirocini, l’assunzione con contratto di lavoro a termine e lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il disabile, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto. Quest’ultima disposizione, in effetti, non è chiarissima potendo far sorgere dubbi sull’effettivo ambito del patto di prova. E’ assai probabile che la norma debba essere interpretata alla luce del prevalente orientamento giurisprudenziale che, nella vigenza della precedente normativa, non ammetteva che l’esito negativo della prova potesse dipendere dalla menomazione del disabile, potendo essere riferito esclusivamente alle residue capacità lavorative dello stesso.

Interessante è altresì la possibilità per il datore di lavoro di assumere in tirocinio finalizzato all’assunzione i soggetti disabili protetti, per un periodo fino ad un massimo di dodici mesi, rinnovabili per una sola volta, assolvendo in tal modo per tale periodo agli obblighi previsti dalla legge.

La deroga alle regole generali in materia di avviamento obbligatorio previste dalla legge in commento, purché avvenga nel puntuale rispetto delle convenzioni, non determina naturalmente l’applicazione di alcun tipo di sanzione in capo al datore di lavoro.

Lo strumento della convenzione non costituisce un’assoluta novità nel nostro ordinamento poiché già l’art. 17 L. 56/1987 lo prevedeva, sebbene con contenuto e soggetti stipulanti diversi. Tale tipologia di convenzione è stata conservata, sia pure con valenza residuale, anche nell’ambito della riforma (art. 9, comma 7, L. 68/1999).

Con riferimento ai soggetti portatori di handicap psichico lo strumento della chiamata nominativa mediante convenzione è l’unico sistema utilizzabile per l’assunzione, e per tali soggetti è prevista una specifica fiscalizzazione degli oneri sociali.

E altresì previsto che il menzionato comitato tecnico inserito nell’Organismo collegiale di concertazione provinciale, di cui si è detto, possa proporre deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di apprendistato, giustificate da specifici progetti di inserimento mirato.

E’ introdotto altresì lo strumento della convenzione di integrazione lavorativa per l’avviamento di disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario. Per tale tipo di convenzione sono previste forme di verifica periodica sull’andamento del percorso formativo.

E’ inoltre previsto il coinvolgimento delle cooperative sociali [24] , di consorzi [25] , nonché di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali [26] al fine del miglior raggiungimento degli obiettivi di collocamento mirato previsti dalla legge.

Ulteriore strumento del collocamento mirato consiste nella possibilità che gli uffici competenti stipulino con i datori di lavoro privati, con le cooperative sociali e con i disabili liberi professionisti, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili presso le cooperative sociali stesse, ovvero presso i menzionati liberi professionisti, ai quali i datori di lavoro si impegnino ad affidare adeguate commesse di lavoro che consentano ai medesimi di applicare al disabile la parte economica e normativa dei contratti collettivi.

In sostanza il meccanismo consiste nell’assunzione a tempo indeterminato del disabile direttamente da parte del datore di lavoro obbligato, con contestuale sospensione del rapporto di lavoro ed instaurazione di un rapporto di lavoro a termine tra disabile e la cooperativa sociale ovvero il libero professionista disabile. Non si tratta pertanto di mera dissociazione tra datore di lavoro che assume e reale utilizzatore della prestazione, come avviene invece nel caso del distacco.

L’obiettivo del menzionato strumento è quello di consentire che il lavoratore disabile possa, prima di iniziare l’attività lavorativa presso il datore di lavoro che lo ha assunto, svolgere attività lavorativa in un ambiente di lavoro più vicino alle proprie problematiche ed esigenze e più incline a comprenderle ed a farvi fronte; tale ambiente sarebbe appunto costituito dalla cooperativa sociale ovvero dal libero professionista disabile.

Gli oneri retributivi, previdenziali ed assistenziali saranno a carico della cooperativa sociale ovvero del libero professionista disabile per tutta la durata della convenzione che non potrà eccedere i dodici mesi, prorogabili di altri dodici mesi da parte degli uffici competenti.

Le menzionate convenzioni, in genere non ripetibili per lo stesso soggetto, possono coinvolgere non più di un lavoratore se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti ovvero non più del 30% dei disabili da assumere se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.

Le convenzioni in parola hanno durata non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici masi dai servizi competenti; oltre tale termie il datore di lavoro potrà stipulare una ulteriore convenzione anche per il medesimo lavoratore ed avente ad oggetto un ulteriore percorso formativo. Infine, in caso di recesso ante tempus da parte di uno dei soggetti contraenti, il disabile  sarà immesso in servizio presso il datore di lavoro che lo ha assunto (art. 10, D.P.R. 333/2000).

Affinché tale istituto possa essere utilizzato da parte dei datori di lavoro è inoltre necessario che essi, attraverso tale strumento, coprano l’aliquota prevista dalla legge in rel