Le recenti modifiche alle disposizioni del Codice Civile in materia di contratto di agenzia (di Renato Scorcelli)

Il Decreto Legislativo 15 febbraio 1999 n. 65 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 1999), la Legge 21 dicembre 1999, n. 526 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 18 gennaio 2000) e la Legge 29 dicembre 2000, n. 422 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 16 del 20 gennaio 2001) hanno modificato alcune disposizioni del Codice Civile sul contratto di agenzia.

In tal modo, il nostro legislatore ha portato a termine quell’opera di revisione della disciplina codicistica su questa materia iniziata con l’emanazione del Decreto Legislativo 10 settembre 1991 n. 303 con cui era stata data attuazione alla direttiva 86/653 CEE del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.

Le principali modifiche apportate dal Decreto Legislativo 65/99 (emanato a seguito della procedura di infrazione avviata nei confronti dello Stato Italiano dalla Commissione Europea per l’incompleta attuazione della direttiva ad opera del legislatore del 1991) riguardano gli artt. 1742, 1746, 1748, 1749 e 1751 c.c..

La Legge 526/99 ha ulteriormente modificato l’art. 1746 c.c., vietando la previsione dello star del credere a carico dell’agente.

Infine, la legge 422/00 ha introdotto un secondo comma all’art. 1751 bis, nel quale è previsto l’obbligo del preponente di corrispondere all’agente un’indennità per il patto di non concorrenza. Tale disposizione avrà effetto a far tempo dal 1° giugno 2001.



Vecchio Testo

Articolo 1742 (Nozione)

1.   Col contratto di agenzia una parte assume  stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

2.   Ciascuna parte ha il diritto di ottenere dall’altra una copia del contratto dalla stessa sottoscritto.

Nuovo Testo

Articolo 1742 (Nozione)

1.   Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

2.   Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile.

 

Articolo 1742

La norma in esame è rimasta immutata nel primo comma, laddove il contratto di agenzia continua ad essere definito come quel contratto con cui una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

Le modifiche apportate dal legislatore nel 1999 riguardano il secondo comma dell’art. 1742 c.c. relativo alla forma del contratto di agenzia ed al diritto di ottenere una copia del documento firmato riproducente il contenuto del contratto stesso.

La direttiva stabilisce che ciascuna parte ha il diritto “di chiedere ed ottenere dall’altra parte un documento firmato, riproducente il contenuto del contratto di agenzia” (art. 13, paragrafo primo), lasciando agli Stati membri la facoltà di prescrivere la forma scritta ai fini della validità del contratto di agenzia (art. 13, paragrafo secondo).

Com’è stato osservato in dottrina [1] , il disposto dell’art. 13, paragrafo primo, della direttiva mira a tutelare l’interesse delle parti (tanto nell’ipotesi di contratto stipulato oralmente quanto nel caso di modifiche orali apportate ad un contratto scritto) a che i termini dell’accordo vengano formalizzati per iscritto, così da evitare incertezze circa i rispettivi diritti ed obblighi.

Il vecchio art. 1742 c.c., prevedendo il diritto di ciascuna parte “di ottenere dall’altra una copia del contratto dalla stessa sottoscritto”, non aveva dato corretta attuazione alla direttiva, in quanto il diritto di ottenere un documento riproducente il contenuto del contratto poteva essere esercitato soltanto qualora le parti avessero stipulato un contratto scritto.

Il nuovo art. 1742, secondo comma, c.c., invece, parafrasando l’art. 13, paragrafo primo, della direttiva, stabilisce che ciascuna parte ha l’“irrinunciabile” diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. La norma trova dunque ora applicazione anche nell’ipotesi in cui il contratto di agenzia non sia stato stipulato per iscritto.

L’art. 1742, secondo comma, c.c. stabilisce inoltre che il contratto deve essere provato per iscritto, con ciò sollevando problemi di coordinamento con la previsione riguardante il diritto di ciascuna parte di ottenere dall’altra un documento contenente gli accordi intercorsi.

Com’è stato giustamente osservato dalla dottrina più autorevole [2] , infatti, imporre la forma scritta ad probationem anche nell’ipotesi in cui una parte sia costretta ad agire giudizialmente nei confronti della parte inadempiente per ottenere un documento contrattuale dalla stessa sottoscritto significherebbe di fatto impedire l’esercizio del diritto contemplato dall’art. 1742, primo comma, c.c., considerato che chi agisce in giudizio potrebbe provare soltanto per testimoni i termini del contratto ovvero le modifiche apportate oralmente al contratto concluso per iscritto. Si è quindi sostenuto che, per non vanificare la tutela accordata alle parti dalla norma in esame, nell’ipotesi sopra illustrata, non opererebbe la regola della forma scritta ad probationem prevista dal secondo comma dell’art. 1742 c.c..

Nel caso di contratto di agenzia concluso oralmente (ovvero di modifiche verbali apportate ad un contratto scritto) ciascuna parte potrebbe dunque agire giudizialmente nei confronti dell’altra per ottenere un documento scritto che riproduca gli accordi orali, fornendo anche per testimoni la prova di tali accordi. Una volta ottenuto il documento, la parte in questione potrebbe utilizzare lo stesso per far valere in giudizio i diritti derivanti dal contratto di agenzia il cui contenuto non potrebbe essere provato per testimoni, considerata la previsione dell’adozione della forma scritta ad probationem. [3]



Articolo 1746 c.c.

 

Vecchio Testo

1.   L’agente deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari.

2.   Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia.

Nuovo Testo

1.   Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. E’ nullo ogni patto contrario.

2.   Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario, ad eccezione di quelli di cui all’art. 1736 c.c., in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia.

3.   E’ vietato il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo. E’ però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di un’apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo.

 

Articolo 1746 c.c.

Il D.Lgs. 65/99 aveva integrato il vecchio testo del primo comma dell’articolo 1746 c.c. con la previsione iniziale, secondo cui “nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede (...)” e con il disposto finale per cui “è nullo ogni patto contrario”.

Con tali modifiche, peraltro non sollecitate dalla Commissione Europea, il legislatore italiano aveva dato una più completa attuazione all’art. 3 della direttiva in materia di obblighi dell’agente. A tale riguardo, si é comunque osservato [4] che in realtà l’intervento del legislatore del 1999 nulla ha aggiunto rispetto alla previgente disciplina in quanto l’obbligo di eseguire il contratto secondo buona fede è comunque imposto, in via generale, dagli artt. 1175 e 1375 c.c..

Con l’introduzione del terzo comma dell’art. 1746 c.c. ad opera della L. 526/99, é stato espressamente disciplinato a livello legislativo l’istituto dello star del credere in materia di contratto di agenzia.

Infatti, tale istituto - tipico del contratto di commissione (artt. 1731 e ss. c.c.) - era in precedenza regolato esclusivamente dagli A.E.C. di settore che, per il caso di pattuizione dello star del credere, disciplinavano l’ammontare di quanto dovuto a tale titolo dall’agente al preponente in caso di insolvenza totale o parziale del cliente.

Al riguardo, si era rilevato che, mentre nel contratto di commissione la previsione dello star del credere risponde ad un’esigenza di garanzia per l’adempimento del terzo, sconosciuto al committente, lo star del credere nel contratto di agenzia aveva la funzione di cautelare il preponente di fronte alla scarsa diligenza dell’agente nello svolgimento della sua attività di promozione e conclusione di contratti [5] .

Il nuovo art. 1746 c.c. vieta ora la stipulazione di accordi che prevedono, in via generale, la responsabilità a carico dell’agente per l’inadempimento del terzo, essendo consentito soltanto eccezionalmente concordare di volta in volta, in relazione a singoli affari, un obbligo di garanzia a carico dell’agente di ammontare non superiore alla provvigione dovuta all’agente in relazione a tale affare e sempre che sia previsto un apposito corrispettivo a favore dell’agente.

E’ appena il caso di sottolineare che, per effetto di tali modifiche legislative, deve a dir poco dubitarsi della legittimità della normativa sullo star del credere attualmente prevista dagli A.E.C. di settore, in quanto in contrasto con la norma di legge.

 

Vecchio Testo

Articolo 1748 (Diritti dell’Agente ed obblighi del Preponente)

1. L’agente ha diritto alla provvigione solo per gli affari che hanno avuto regolare esecuzione. Se l’affare ha avuto ese­cuzione parziale, la provvigione spetta all’agente in pro­porzione della parte eseguita.

2. La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi direttamente dal preponente, che devono avere esecuzione nella zona riservata all’agente, salvo che sia diversamen­te pattuito.

3L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi anche dopo lo scioglimento del contratto se la conclusione è effetto soprattutto dell’attività da lui svolta.

4. L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agen­zia.

5. Il preponente deve porre a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trat­tati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto; in particolare avvertire l’agente, entro un termine ragionevole, non appena pre­veda che il volume delle operazioni commerciali sarà no­tevolmente inferiore a quello che l’agente avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre in­formare l’agente, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.

6. Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimi giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sono state ac­quisite. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devo­no essere effettivamente liquidate all’agente.

7. L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni, in particolare un estratto dei libri contabi­li, necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate.

Nuovo Testo

Articolo 1748 (Diritti dell’Agente)

1    Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.

2.   La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o ap­partenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente,salvo che sia diversamente pattuito.

3.   L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antece­dente o gli affari sono conclusi entro un termine ragio­nevole dalla data di scioglimento del contratto e la con­clusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circo­stanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agen­ti intervenuti.

4    Salvo che diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente nel momento e nella misura in cui il prepo­nente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la presta­zione in base al contratto concluso con il terzo. La prov­vigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il prepo­nente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

5.   Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ri­dotta nella misura determinata dagli usi o, in man­canza, dal giudice secondo equità.

6    L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nell’ipotesi e nella misura in cui sia certo che il con­tratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. E’ nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.

7.   L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agen­zia.

 

Articolo 1748

In precedenza, l’art. 1748 c.c. disciplinava sia i diritti dell’agente che gli obblighi del preponente. Inoltre, la materia delle provvigioni dovute all’agente era regolamentata anche dall’art. 1749 c.c. sulle provvigioni spettanti in caso di mancata esecuzione di contratto.

L’articolo 1748 c.c. disciplina ora esclusivamente il diritto dell’agente alla provvigione, distinguendo tra:

(a) i presupposti del diritto alla provvigione (commi primo e secondo);

(b) il diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo lo scioglimento del contratto (comma terzo);

(c) il momento in cui la provvigione diventa esigibile (art. 1748, comma quarto);

(d) il diritto alla provvigione sugli affari conclusi ma non eseguiti (commi quinto e sesto).

a) Art. 1748 c.c., commi primo e secondo: i presupposti del diritto alla provvigione

La norma in esame contempla tre situazioni diverse, prevedendo il diritto alla provvigione sugli (i) affari conclusi dal preponente “per effetto” dell’intervento dell’agente; (ii) sugli affari conclusi dal preponente “con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo” nonché (iii) sugli affari conclusi dal preponente con clienti “appartenenti alla zona o alla categoria o al gruppo di clienti riservati all’agente”.

Quanto alla prima situazione, si è correttamente rilevato che la stessa si riferisce all’ipotesi in cui manchi un’esclusiva a favore dell’agente [6] . In caso di esclusiva, infatti, la provvigione spetta comunque all’agente su tutti i contratti conclusi nella zona a prescindere dal contributo fornito dall’agente alla conclusione dell’affare.

Anche la seconda ipotesi riguarderebbe l’agente non esclusivo. In particolare, si è sostenuto [7] che con la previsione del diritto alla provvigione sui cd. “affari successivi” il legislatore avrebbe inteso tutelare l’agente non esclusivo per il caso di affari conclusi direttamente dal preponente (e, quindi, senza il contributo dell’agente) con clienti in precedenza procurati dall’agente medesimo, affari in relazione ai quali l’agente - proprio perché privo di esclusiva - non potrebbe altrimenti pretendere il pagamento di una provvigione. La norma avrebbe, cioè, lo scopo di evitare che il preponente possa indebitamente avvantaggiarsi dell’opera dell’agente non esclusivo contattando direttamente i clienti da questi acquisiti e sottraendosi in tal modo all’obbligo di pagamento delle provvigioni sugli “affari dello stesso tipo” conclusi con tali clienti senza il tramite dell’agente.

La terza ipotesi, infine, contempla il diritto dell’agente (questa volta esclusivo) di ottenere la provvigione sugli affari conclusi direttamente dal preponente con i clienti riservati (per zona, categoria o gruppo) all’agente.

b) Art. 1748, comma terzo: il diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo lo scioglimento del contratto

Il vecchio art. 1748 c.c. aveva disciplinato in modo insufficiente e, comunque, difforme rispetto alla direttiva la fattispecie relativa alle provvigioni dovute all’agente in relazione agli affari conclusi dal preponente dopo la cessazione del rapporto di agenzia.

L’art. 1748, comma terzo, contiene ora una disciplina più dettagliata, prevedendo che l’agente ha il diritto di ottenere le provvigioni sugli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto:

- se la proposta del cliente perviene al preponente (o all’agente medesimo) prima della cessazione del rapporto (restando in tal caso irrilevante il momento della conclusione del contratto e, per l’agente in esclusiva, il contributo da questi fornito alla conclusione dello stesso) nonché

- se l’affare viene concluso entro un termine ragionevole dalla data di cessazione del rapporto e la conclusione é da ricondursi prevalentemente all’attività svolta dall’agente cessato.

In questi casi, nessuna provvigione spetta al nuovo agente salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire le provvigioni tra i due agenti, caso, questo, ipotizzabile quando anche il nuovo agente abbia dato un contributo alla conclusione dell’affare [8] .

Al fine di ridurre il rischio di controversie circa l’interpretazione della norma, laddove la stessa condiziona il diritto alle provvigioni postume alla intervenuta conclusione dell’affare entro un termine ragionevole, è stata prospettata [9] l’opportunità di concordare tale termine in sede di contratto di agenzia.

Art. 1748 c.c., comma quarto: il momento in cui matura il diritto alla provvigione

Ai sensi del vecchio art. 1748 c.c., il diritto alla provvigione maturava con la regolare esecuzione dell’affare. Nel dare corretta attuazione alla direttiva, il legislatore del 1999 ha modificato radicalmente la disciplina della materia in esame prevedendo:

- che, salvo diversa pattuizione, la provvigione spetta all’agente nel momento in cui il preponente “ha eseguito” o “avrebbe dovuto eseguire” la prestazione prevista dal contratto concluso con il terzo, e

- che la provvigione è, in ogni caso, inderogabilmente dovuta dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito la sua prestazione o avrebbe dovuto eseguire la stessa qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Indubbiamente, si tratta di una innovazione di grande importanza, sol che si consideri che la regola generale sancita dal vecchio art. 1748, primo comma, c.c. era che, in mancanza di diverse pattuizioni, il diritto alla provvigione maturata con il buon fine dell’affare (e, cioé, con il pagamento del corrispettivo da parte del terzo). Attualmente, invece, se le parti nulla dispongono, la provvigione spetta all’agente nel momento e nella misura in cui il preponente ha o avrebbe dovuto eseguire la prestazione a suo carico, giusta quanto previsto dal nuovo art. 1749, quarto comma, c.c..

Iniziando ad esaminare in dettaglio proprio la disciplina di legge applicabile in mancanza di deroghe contrattuali, occorre distinguere a seconda che il preponente abbia eseguito le sua prestazione, oppure no.

Nel primo caso, come si é detto, il diritto dell’agente alla provvigione matura con l’esecuzione della prestazione del preponente.

Nella seconda ipotesi, invece, l’agente avrebbe diritto alla provvigione alla scadenza del termine (previsto nel contratto concluso tra il preponente ed il terzo) per l’esecuzione della prestazione a carico del preponente. Alla luce del disposto dell’art. 1748, ultimo comma, c.c. (secondo cui l’agente è tenuto a restituire le provvigioni relative ad affari non eseguiti per cause “non imputabili” al preponente) e del tenore letterale dell’art. 1748, terzo comma, c.c. (laddove si stabilisce che la provvigione spetta all’agente nel momento e nella misura in cui preponente “avrebbe dovuto” eseguire la sua prestazione), si è tuttavia affermato [10] che questa regola troverebbe applicazione qualora la mancata esecuzione della prestazione del preponente configuri un inadempimento nei confronti del terzo. Pertanto, l’agente non potrebbe legittimamente pretendere il pagamento delle provvigioni nel termine sopra indicato tutte le volte in cui la mancata esecuzione della prestazione del preponente sia legittima, essendo, ad esempio, giustificata da una causa di forza maggiore ovvero da eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.).

Come si è detto, quello appena descritto rappresenta un regime che le parti possono legittimamente derogare, prevedendo, ad esempio, la maturazione della provvigione al buon fine dell’affare.

L’autonomia contrattuale non può tuttavia spingersi sino al punto di differire il pagamento della provvigione ad un momento successivo a quello in cui l’affare è andato a buon fine, in quanto, ai sensi dell’art. 1748, terzo comma, c.c. “la provvigione è inderogabilmente dovuta dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito la sua prestazione”. Inoltre, a prescindere dalle pattuizioni contrattuali, la mancata esecuzione dell’affare non può assumere alcuna rilevanza ai fini della maturazione del diritto alle provvigioni quando il rifiuto del terzo di eseguire la sua prestazione é giustificato dall’inadempimento del preponente. Secondo la dottrina prevalente [11] , è infatti questo il senso da attribuire al disposto dell’art. 1748, terzo comma, c.c. laddove si prevede che, in ogni caso, la provvigione spetta all’agente “dal momento e nella misura in cui il terzo (...) avrebbe dovuto eseguire” la sua prestazione “qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico”.

(d) art. 1748 c.c., commi quinto e sesto: il diritto alla provvigione sugli affari conclusi ma non eseguiti

In precedenza, la materia era regolata dall’art. 1749 c.c. che contemplava il diritto dell’agente di ottenere la provvigione anche per gli affari non eseguiti per causa imputabile al preponente.

L’art. 1748 c.c. contiene ora una disciplina più articolata che comunque riflette sostanzialmente quanto previsto dalla precedente normativa.

Come si è visto, infatti, il nuovo art 1748 c.c., dopo aver previsto che il diritto alla provvigione matura in ogni caso con l’esecuzione da parte del terzo della sua prestazione, stabilisce che l’agente ha in ogni caso diritto alla provvigione qualora l’affare non abbia avuto esecuzione per una causa imputabile al preponente. Inoltre, sempre ai sensi della norma in esame, non sussiste il diritto dell’agente alla provvigione qualora la mancata esecuzione della prestazione del preponente sia legittima.

In applicazione di tali principi, l’art. 1748, sesto comma, c.c. prevede che l’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse se e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo ed il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. La disposizione in esame, inoltre, sancisce la nullità di ogni eventuale patto più sfavorevole all’agente.

L’art. 1748, quinto comma, c.c. disciplina anche l’ipotesi in cui il preponente ed il terzo si accordino per non dare esecuzione in tutto o in parte al contratto, stabilendo che in tal caso, all’agente spetta una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.

Tale fattispecie è configurabile solo quando la mancata esecuzione è dovuta ad un accordo tra le parti intervenuto successivamente alla conclusione del contratto e, pertanto, la stessa non ricorre qualora il contratto stesso consenta ad una delle parti di non eseguire la sua prestazione ovvero la mancata esecuzione sia dovuta a causa non imputabile al preponente. [12]

Anche in tal caso, è consigliabile prevedere nel contratto di agenzia l’entità della provvigione ridotta spettante all’agente ai sensi della norma in esame.

Infine, l’ultimo comma dell’art. 1748 c.c. riproducendo il contenuto del vecchio articolo 1748, quarto comma, c.c. stabilisce che l’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

 

Vecchio Testo

Articolo 1749 (Mancata esecuzione del contratto)

1.      La provvigione spetta all’agente anche per gli affari che non hanno avuto esecuzione per causa imputabile al preponente.

2.      Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dalle norme corporative, dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.

 

Nuovo Testo

Articolo 1749 (Obblighi del Preponente)

1.   Il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede. Egli deve mettere a di­sposizione dell’agente la documentazione ne­cessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto: in particolare avvertire l’agente, entro un termine ragio­nevole, non appena preveda che il volume delle operazioni commerciali sarà notevol­mente inferiore a quello che l’agente avreb­be potuto normalmente attendersi. Il prepo­nente deve inoltre informare l’agente, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.

2.   Il preponente consegna all’agente un estrat­to conto delle provvigioni dovute al più tar­di l’ultimo giorno del mese successivo al tri­mestre nel corso del quale esse sono matura­te. L’estratto conto indica gli elementi es­senziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono es­sere effettivamente pagate all’agente.

3.   L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liqui­date ed in particolare un estratto dei libri contabili.

4.   E’ nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo.

 

Articolo 1749

Il nuovo art. 1749 c.c. tratta degli obblighi del preponente (in precedenza disciplinati dall’art. 1748, commi quinto sesto e settimo), stabilendo, tra l’altro, che il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede e sancendo la nullità di ogni patto contrario.

 

Vecchio Testo

Articolo 1751 (Indennità in caso di cessazione del rapporto)

1. All’atto della cessazione del rapporto il preponente è te­nuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

     l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o ab­bia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esi­stenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

     il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto si tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvi­gioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

2. L’indennità non è dovuta:

     quando il preponente risolve il contratto per un’inadem­pienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rap­porto;

     quando l’agente recede dal contratto, a meno che il reces­so sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essere ra­gionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

     quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.

3.L’importo dell’indennità non può comunque superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

4. La concessione dell’indennità non priva comunque l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.

5. L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente.

 

Nuovo Testo

Articolo 1751 (Indennità in caso di cessazione del rapporto)

1. All’atto della cessazione del rapporto il preponente è te­nuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorro­no le seguenti condizioni:

     l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o ab­bia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esi­stenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

     il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto si tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvi­gioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

2. L’indennità non è dovuta:

     quando il preponente risolve il contratto per un’inadem­pienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rap­porto;

     quando l’agente recede dal contratto, a meno che il reces­so sia giustificato da circostanze attribuibili al prepo­nente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essere ra­gionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

     quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.

3.L’importo dell’indennità non può comunque superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscos­se dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

4. La concessione dell’indennità non priva comunque l’agen­te del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.

5. L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scio­glimento del rapporto, omette di comunicare al prepo­nente l’intenzione di far valere i propri diritti.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderoga­bili a svantaggio dell’agente.

7. L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente

 

Articolo 1751

Con riferimento all’indennità per il caso di cessazione del contratto di agenzia, il primo paragrafo dell’art. 17 della direttiva prevede che “gli Stati membri prendono misure necessarie per garantire all’agente commerciale, dopo l’estinzione del contratto, un’indennità in applicazione del paragrafo 2 o la riparazione del danno subito in applicazione del paragrafo 3.

Il secondo paragrafo dell’art. 17 stabilisce che “l’agente commerciale ha diritto ad un’indennità se e nella misura in cui:

- abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente abbia ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente commerciale perde e che risultano dagli affari con tali clienti (...).

La direttiva lascia dunque agli Stati membri la possibilità di scegliere tra due alternative e, cioè, tra la previsione di un’indennità non superiore alla media annua delle provvigioni (art. 17, paragrafo secondo), ovvero di una “riparazione del pregiudizio” nel caso in cui la risoluzione del rapporto privi l’agente delle “provvigioni che avrebbe ottenuto con la normale esecuzione del contratto” e/o non gli consenta di “ammortizzare gli oneri e le spese sostenute” per l’esecuzione dello stesso “dietro raccomandazione del preponente” (art. 17, paragrafo terzo).

Il legislatore del 1991, nel dare attuazione alla direttiva, aveva scelto la prima delle due alternative, prevedendo nell’art. 1751 c.c. che:

all’atto della cessazione del rapporto il preponente é tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

- l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti ed il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde che risultano dagli affari con tali clienti.”

Così facendo, peraltro, il legislatore italiano non aveva dato corretta attuazione della direttiva. Infatti, mentre ai sensi del secondo paragrafo dell’art. 17 della direttiva, debbono ricorrere entrambe le condizioni ivi previste affinché sorga il diritto dell’agente all’indennità, il vecchio art. 1751, comma primo, c.c., contemplava tali condizioni in alternativa. Inoltre, il secondo paragrafo dell’art. 17 della direttiva, prevedendo che l’indennità é dovuta “se e nella misura in cui” ricorrono i presupposti ivi contemplati, fornisce alcune linee guida per la determinazione del quantum della indennità nell’ambito del tetto massimo espressamente previsto. [13] Il vecchio art. 1751 c.c., invece, nulla prevedeva sul punto, con la conseguenza che la norma del codice non forniva alcun criterio per il calcolo dell’indennità entro il limite massimo previsto dal terzo comma dell’art. 1751 c.c

Con la riforma del 1999, il legislatore ha dato corretta attuazione alla direttiva laddove, modificando l’art. 1751, primo comma, c.c., ha stabilito che le due condizioni devono ricorrere entrambe affinché l’agente abbia diritto al pagamento dell’indennità di cessazione del rapporto. Nemmeno il legislatore del 1999 ha tuttavia previsto che l’indennità é dovuta “nella misura in cui” ricorrono queste condizioni, in tal modo astenendosi dal dettare un criterio di calcolo dell’indennità nel senso indicato dalla direttiva [14] .

Infine, l’art. 1751, ultimo comma, c.c., stabilisce espressamente che l’indennità in esame spetta (naturalmente, ove ne ricorrano i presupposti) anche in caso di cessazione del rapporto per morte dell’agente.

Com’è noto, anche le parti collettive , preso atto delle modifiche apportate all'art. 1751 Cod. Civ., sono intervenute per disciplinare la materia in esame, stipulando gli A.E.C. del 30 ottobre 1992 e del 27 novembre 1992 rispettivamente per il settore industria e commercio.

Con tali accordi, sono state abrogate le disposizioni in materia di indennità di risoluzione del rapporto e suppletiva di clientela, contemplate dalla precedente disciplina collettiva, ed è stata prevista a favore dell’agente di un’indennità di cessazione del rapporto, quantificata in una certa misura percentuale sulle provvigioni percepite dall’agente nel corso del rapporto.

Considerato che l’applicazione del metodo di calcolo contenuto negli A.E.C. del 1992 può comportare la determinazione dell’indennità di cessazione del rapporto in misura inferiore rispetto a quella massima (pari alla media annuale delle provvigioni) prevista dal settimo comma dell’art. 1751 Cod. Civ. si è posta la questione della validità di tali accordi collettivi.

Parte della dottrina - facendo leva sul principio che la disciplina collettiva non può derogare alla normativa di legge a svantaggio dell’agente - ha infatti sostenuto che gli A.E.C. del 1992 dovrebbero considerarsi illegittimi per aver previsto, sotto il profilo del quantum dell'indennità, un trattamento più sfavorevole rispetto a quello riservato all'agente dal settimo comma dell'art. 1751 Cod. Civ.. [15]

Si è inoltre rilevato che la disciplina delineata dagli A.E.C. del 1992, contemplando il pagamento dell’indennità in tutti i casi di cessazione del rapporto, sarebbe in contrasto con lo spirito della direttiva comunitaria, che, condizionando il diritto all’indennità all’esistenza di determinati parametri, avrebbe invece inteso premiare soltanto gli agenti più meritevoli. [16]

Secondo altri autori, invece, la disciplina collettiva deve ritenersi senz’altro valida ed efficace, in quanto riserva all'agente un trattamento che, nel suo complesso, é più favorevole rispetto a quello previsto dall'art. 1751 Cod. Civ.: se é vero infatti che gli A.E.C. del 1992 prevedono un'indennità in misura inferiore