Le rappresentanze sindacali unitarie nell'elaborazione giurisprudenziale (di Stefano Chiusolo)

1.    Gli obiettivi dell'AI 20/12/93.

Sono trascorsi ormai quattro anni da quando, il 20/12/93, veniva stipulato l'Accordo Interconfederale «per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie», al fine di dare una «disciplina generale in materia di rappresentanze sindacali unitarie, contenuta nel Protocollo stipulato tra governo e parti sociali il 23/7/93».  Si tratta di un lasso di tempo certamente congruo per verificare - sulla scorta di un'analisi empirica, dunque condotta sulla giurisprudenza elaborata in materia - quali problemi interpretativi siano sorti in ordine alla normativa che disciplina questa figura di rappresentanza dei lavoratori, nonché per individuare eventuali problemi di funzionamento dell'organismo.

Il citato AI del 1993 presentava certamente il difetto della riserva di un terzo dei seggi alle associazioni stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell'unità produttiva: si trattava, per così dire, di un peccato originale, dal momento che la riserva era già prevista nel Protocollo del luglio 1993, «al fine di assicurare il necessario raccordo tra le organizzazioni stipulanti i contratti nazionali e le Rappresentanze aziendali titolari delle deleghe assegnate dai contratti medesimi».  Pertanto, un accordo che, come quello del dicembre 1993, avesse l'obiettivo primario di dare disciplina a quanto concordato nel Protocollo di luglio, non poteva disporre diversamente.

Tuttavia, nonostante questo difetto di fondo (che comunque ha portato alcune organizzazioni sindacali a non accettare la Rsu, altre ad accettarla con riserva), la linea ispiratrice del nuovo organismo di rappresentanza sindacale aziendale è sicuramente positiva: l'obiettivo, infatti, è quello di superare l'organismo disciplinato dall'art. 19 SL, che presuppone la consistenza, presso ciascuna unità produttiva, di una pluralità di rappresentanze, una per ogni sindacato che possegga i requisiti previsti dalla norma citata.

Del resto, che la struttura della Rsa sia, come si è detto, articolata e composita, è confermato dall'insistente uso del plurale nelle norme che compongono il Titolo III dello Statuto: le riunioni dei lavoratori ex art. 20 SL sono indette, congiuntamente o disgiuntamente, dalle «rappresentanze sindacali aziendali»; i referendum di cui all'art. 21 sono indetti «da tutte le rappresentanze sindacali aziendali»; l'art. 22 SL contempla il trasferimento dei dirigenti «delle rappresentanze sindacali aziendali»; analogamente dispongono gli artt. 23 (permessi retribuiti), 24 (permessi non retribuiti), 25 (diritto di affissione), 27 (locali delle rappresentanze sindacali aziendali).  Il richiamo così ricorrente alle rappresentanze sindacali aziendali, in luogo della rappresentanza sindacale aziendale, è sicuro indice del fatto che l'organismo di rappresentanza non è unitario: ogni sindacato che ne abbia la facoltà può costituire la Rsa e ogni Rsa è titolare, separatamente dalle altre, dei diritti previsti dal Titolo III.  Del resto, la riprova di quanto si è detto fin qui sta nell'art. 29 SL, che contempla la fusione delle rappresentanze sindacali aziendali.

Una simile impostazione presuppone l'autonomia, se non l'antagonismo, di ogni rappresentanza dei lavoratori.  Tutto ciò comporta un duplice difetto: da un lato, la frammentazione della rappresentanza, che non ha mai giovato al movimento dei lavoratori; dall'altro lato, una mancanza di chiarezza, che preclude al datore di lavoro la possibilità di individuare con esattezza il proprio interlocutore e che porta a risultati aberranti come la sottoscrizione di accordi separati, o con alcune soltanto delle organizzazioni sindacali presenti in azienda e che probabilmente sono quelle più disponibili nei confronti delle richieste aziendali.  Bisogna tener presente che accordi separati costituiscano un altro grave pericolo per i lavoratori che, soprattutto nell'ambito dei cosiddetti accordi gestionali, rischiano di veder disciplinati fondamentali aspetti del rapporto di lavoro da sindacati che non li rappresentano.

Come si diceva, il citato AI cerca di superare il carattere frammentario dell'organismo rappresentativo disciplinato dalla legge.  Per giungere a tale conclusione, non tanto può soccorrere il criterio (già utilizzato, come si è visto, in relazione alla Rsa) della scelta del singolare al posto del plurale, o viceversa, dal momento che i sottoscrittori dell'accordo, forse meno attenti del legislatore, hanno fatto ricorso ora all'uno ora all'altro, benché l'uso della dizione «Rappresentanza sindacale unitaria» sia nettamente maggioritaria rispetto alla corrispondente dizione al plurale.

Tuttavia, non si può trascurare il nome che le parti collettive hanno assegnato alla rappresentanza, non a caso definita unitaria.  Inoltre, nonostante il già segnalato uso promiscuo del plurale e del singolare, i contraenti collettivi hanno significativamente utilizzato il singolare allorché hanno attribuito alla Rsu il compito di gestire la contrattazione aziendale [1] : in altre parole, la contrattazione aziendale è gestita, da parte dei lavoratori di ciascuna unità produttiva, dalla rappresentanza sindacale aziendale, non dalle rappresentanze sindacali aziendali, dal che si deve inequivocabilmente desumere che presso ciascuna unità produttiva l'organismo rappresentativo di cui all'AI in questione è unico.

Del resto, anche dalla composizione dell'organismo si giunge alla medesima conclusione: poiché la Rsu è costituita, per un terzo, dalle associazioni firmatarie del contratto collettivo nazionale applicato presso l'unità produttiva e, per irestanti due terzi, dai candidati risultati eletti dai lavoratori tra le liste concorrenti [2] . Si capisce che gli esponenti dei diversi sindacati confluiscono in un organismo rappresentativo unico.

In buona sostanza, l'intento dell'AI è quello di superare il sistema articolato della Rsa, per giungere, tramite le Rsu, a un sistema unitario.  Infatti, l'accordo prevede un vero e proprio passaggio di poteri dall'organismo rappresentativo disciplinato dalla legge a quello contemplato dall'accordo: del potere di gestire la contrattazione collettiva si è già detto; a ciò si aggiunga che i componenti della Rsu subentreranno ai dirigenti delle Rsa «nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacali e tutele» previsti dallo Statuto [3] ; che alle parti collettive è demandato il compito di armonizzare i singoli istituti contrattuali [4] ; che le organizzazioni sindacali firmatarie dell'AI, o che vi aderiscano, siimpegnano a rinunciare «formalmente ed espressamente» a costituire Rsa ex art.'19 SL [5] .

All'esito di questo processo, almeno secondo le intenzioni dei sottoscrittori dell'accordo, presso ogni unità produttiva dovrebbe esistere un'unica rappresentanza dei lavoratori, con l'importante conseguenza che ogni diritto sindacale contemplato dalla legge spetterebbe non più a una pluralità di rappresentanze, ma a un'unica rappresentanza unitaria.

Tuttavia, a distanza di quattro anni, si deve riconoscere che l'Al non sempre ha funzionato e, soprattutto, non ha funzionato nel suo aspetto più importante e qualificante, ovvero quello del processo che avrebbe dovuto portare all'unificazione della rappresentanza aziendale.  Va detto subito che non tutta la responsabilità di questo insuccesso può essere attribuita a limiti intrinseci dell'accordo.  Infatti, in parte ha giocato anche la frammentazione sindacale, benché questa sia stata acuita proprio dal già segnalato limite dell'accordo che, con la riserva dei componenti ai sindacati maggiori, ha portato alcuni sindacati - come già sidiceva - a rifiutare l'adesione all'accordo stesso.

In ogni caso, a prescindere dalle responsabilità, la giurisprudenza che in questi anni si è formata sulle Rsu costituisce la migliore riprova di quanto si è affermato, dal momento che la quasi totalità delle pronunce verte su due questioni: la consistenza, accanto alle Rsu, delle Rsa; la suddivisione delle prerogative, appartenenti alla Rsu, tra le diverse componenti sindacali della stessa.  Il semplice fatto che tali due questioni siano sorte mostra come l'intento unitario dell'Al non sia stato realizzato.  Infatti, se accanto a Rsu coesistono Rsa, evidentemente non in tutte le realtà aziendali si è riusciti a ricondurre a unità la rappresentanza dei lavoratori.  Inoltre, se la singola componente sindacale della Rsu rivendica la gestione in proprio delle prerogative che spettano indistintamente all'organismo unitario, significa che la rappresentanza sindacale scaturita dall'Al non è del tutto unitaria.

A ciò si aggiunga (tanto per anticipare alcune questioni che saranno successivamente sviluppate) che, al di là dell'aspetto teorico dei problemi sopra segnalati, la giurisprudenza ha, nel concreto, fornito soluzioni che aggravano la frammentazione.  Da un lato, infatti, si è ritenuto che lecitamente la Rsa può convivere con la Rsu; dall'altro, che ogni componente sindacale della Rsu può gestire i diritti e le prerogative sindacali che spettano alla Rsu nel suo complesso.  Ciò non significa che la giurisprudenza abbia tradito lo spirito della normativa che disciplina la Rsu; al contrario, questo dimostra che la normativa in questione non è in grado di realizzare il proprio fondamentale obiettivo.

2.    I rapporti tra Rsa e Rsu.

Come si diceva, uno dei problemi che la giurisprudenza ha dovuto affrontare a seguito dell'introduzione, nel nostro ordinamento, della Rsu, è quello della consistenza, accanto al nuovo modello di rappresentanza sindacale, del precedente modello disciplinato dall'art. 19 SL. Per la verità, si tratta di un problema sorto allorquando la norma statutaria non era ancora stata modificata dal referendum, quindi quando la costituzione di Rsa era attribuita anche a sindacati maggiormente rappresentativi. In questo contesto normativa, non essendoci necessaria coincidenza tra sindacato maggiormente rappresentativo e sindacato sottoscrittore del contratto collettivo applicato in azienda, poteva accadere che un'organizzazione sindacale possedesse i requisiti ex art. 19 SL e non avesse sottoscritto l'AI.

La situazione è peraltro cambiata a seguito del noto referendum che ha parzialmente abrogato la norma statutaria.  Poiché attualmente, ai fini della costituzione della Rsa, è necessaria non più la maggiore rappresentatività, ma la sottoscrizione di un contratto collettivo di lavoro applicato nell'unità produttiva, l'ipotesi di cui si sta parlando potrebbe essere diventata meno frequente.  Infatti, se si pensa che il sindacato che ha sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro ha contemporaneamente la facoltà di cui all'art. 19 SL e la riserva di un terzo dei componenti la Rsu, si capisce che, almeno normalmente, i sindacati titolati ex art. 19 SL coincidono con i sindacati che hanno sottoscritto l'Al.

Si vede peraltro che se il problema si è attenuato, ciò non dipende da meriti dell'accordo, ma dalla richiamata riforma legislativa.  In ogni caso, giova sottolineare che il problema - appunto - può essersi solo attenuato, ma non è completamente scomparso: soprattutto in considerazione della giurisprudenza che riconosce il potere di costituire la Rsa ex art. 19 riformato anche al sindacato che abbia sottoscritto un conti-atto aziendale, la coincidenza tra sindacato titolato ex art. 19 SL e sindacato sottoscrittore dell'Al non è necessaria [6] .

La questione di cui si parla è stata affrontata da Pret. La Spezia 21/11/94 e da Pret.  Monza 11/4/95 [7] .  Entrambe le sentenze si fondano sul presupposto che l'AI istitutivo delle Rsu non ha alcuna influenza sull'art. 19 SL: i sindacati sottoscrittori di quell'accordo si sono certamente autolimitati, impegnandosi a non ricorrere alla facoltà concessa dalla norma statutaria, ma questo impegno - ovviamente - non può essere esteso ai sindacati che non abbiano aderito a quell'accordo.  Nei confronti di questi ultimi, dunque, la norma statutaria continua a spiegare i suoi effetti e, conseguentemente, può darsi il caso in cui alla Rsu si affianchi una, o più, Rsa.

Per completezza, bisogna segnalare che si è verificato anche il caso simmetrico, del datore di lavoro che non riconosceva al sindacato privo dei requisiti ex art. 19 SL il potere di partecipare alla costituzione della Rsu.  A tale riguardo, è stato ritenuto [8] che all'elezione della Rsu possano partecipare, oltre ai sindacati che hanno sottoscritto l'AI, anche i sindacati che vi aderiscano e che, giusto il disposto dell'art. 8 Parte 1, l'adesione può avvenire anche mediante la semplice partecipazione alle elezioni della Rsu.  Per questa via, alla costituzione della Rsu può partecipare anche un sindacato che non abbia i requisiti ex art. 19 SL: in questo caso, il componente di tale sindacato che risultasse eletto, fruirebbe, ex art. 4, l' comma, Parte 1, di tutte le prerogative che la legge attribuisce alle rappresentanze costituite ex art. 19 SL.

3.    La gestione dei diritti della Rsu.

Più articolati e numerosi sono i casi rientranti nel secondo tra i problemi sopra enunciati ed esaminati dalla giurisprudenza.  Infatti, è sorta questione intorno all'autonoma gestione, da parte della singola componente sindacale della rappresentanza unitaria, del diritto di assemblea, del diritto di informazione, del diritto ai permessi sindacali, del diritto al locale ex art. 27 SL.

Sebbene numerosi, questi casi presentano alcuni elementi in comune.  In primo luogo, tutti questi problemi sorgono per il fatto che l'Al non precisa le modalità di funzionamento della Rsu, né la soluzione di eventuali conflitti sorti al suo interno [9] .  Stante questa lacuna normativa, era inevitabile che sorgesse questione sulla gestione dei diritti sindacali trasferiti dalle Rsa alla Rsu: si tratta cioè di capire se questi diritti, formalmente appartenenti a un organismo unitario, possano essere esercitati congiuntamente da tutti i suoi componenti, a prescindere dal fatto che essi promanano da sindacati diversi e di fatto spesso concorrenti, ovvero se ogni componente sindacale resta autonoma nella gestione di questi diritti.

La gestione unitaria dei diritti sembra a prima vista essere la risposta esatta al problema di cui si parla, considerato che la Rsu è, istituzionalmente, un organismo unitario di rappresentanza sindacale.  Invece, nonostante le apparenze, questa è la risposta sbagliata.  In primo luogo, perché, così argomentando, il problema resterebbe in realtà irrisolto.  Si pensi, per esempio, alle assemblee: stabilito che la convocazione delle assemblee spetta unitariamente alla Rsu complessivamente considerata, resta da decidere come l'organo collegiale possa adottare la decisione di convocare l'assemblea.  A tale riguardo, l'Al non fornisce alcun aiuto, poiché non viene precisato come si formi il consenso, se - per esempio - all'unanimità o per maggioranza qualificata o semplice, all'interno dell'organismo [10] .  Pertanto, per questa via, se si risolve un problema, se ne introduce un altro, senza fornirne una convincente e univoca soluzione.

Piuttosto, dal fatto che manchi una disciplina della formazione del consenso, si deve dedurre che, almeno allo stato, la Rsu non costituisce un organismo collegiale in senso stretto, capace di formare una propria inequivoca volontà; ne consegue che ogni componente resta libera nell'esercizio delle prerogative sindacali.  Anzi, dalla normativa contrattuale si può desumere un ulteriore argomento a favore della autonomia di ogni componente la Rsu: infatti, l'accordo 23/7/93 (che, come si ricorderà, è espressamente richiamato nell'Al 20/12/93) prevede che, in caso di insolubili contrasti, ogni organizzazione sindacale «esercita liberamente e autonomamente i propri diritti negoziali e di gestione delle vertenze, dei contratti e delle lotte».

In secondo luogo, quella argomentazione non è condivisibile perché - come è stato giustamente osservato - il concetto di sindacato unitario non può essere confuso con quello di sindacato unico [11] .  In altre parole, il fatto che l'azione sindacale debba essere unitaria non significa che tale azione debba essere condotta da un unico sindacato; anzi, l'unità della condotta presuppone la molteplicità delle idee e delle istanze, che trovano una sintesi, attraverso procedimenti dialettici, nel momento in cui viene stabilita un'azione di condotta comune.  Del resto, il nostro ordinamento è fondato sul pluralismo sindacale, dal momento che l'art. 39 Cost., in ciò contrapponendosi al preesistente sistema corporativo, presuppone - appunto - la pluralità delle organizzazioni rappresentative e, dunque, anche degli interessi rappresentati.

Ebbene, se i diritti sindacali fossero necessariamente esercitati congiuntamente, si verificherebbe uno schiacciamento del sindacato, soprattutto delle organizzazioni più deboli, che resterebbero di fatto prive di tali prerogative, a tutto vantaggio dei sindacati più forti che, a colpi di maggioranza, potrebbero imporre la loro volontà e monopolizzare l'esercizio della libertà sindacale.  Questo, naturalmente, costituisce l'antitesi del pluralismo sindacale, che presuppone la possibilità di svolgere un'efficacia azione di proselitismo: tale azione verrebbe fortemente compromessa se diritti qualificanti come le assemblee o i permessi sindacali fossero monopolizzati dai sindacati maggiori.

4.    (segue) I casi pratici

Considerazioni come queste hanno consentito di risolvere il caso del diritto di informazione, che il datore di lavoro pretendeva di soddisfare dando una comunicazione genericamente rivolta alla Rsu, senza accertarsi se ogni componente sindacale della stessa ne fosse effettivamente venuta a conoscenza.  In particolare, in un caso, il datore di lavoro aveva provveduto a effettuare telefonicamente, presso il locale Rsu, la comunicazione delle trattative di competenza della rappresentanza dei lavoratori.  Tale comportamento è stato ritenuto antisindacale, in quanto inidoneo a rendere l'informazione a tutta la Rsu: anzi, la circostanza che la comunicazione sia diretta a un organismo apparentemente unitario rafforza la convinzione che, in assenza di un referente comune, il datore di lavoro debba accertarsi di aver informato ogni componente la Rsu [12] .

A parte queste considerazioni di ordine generale, la gestione differenziata dei diritti sindacali è stata di regola riconosciuta dalla giurisprudenza anche sulla scorta di considerazioni specifiche per ogni istituto. Per esempio, si è verificato un caso in cui due diverse componenti sindacali della Rsu avessero convocato altrettante assemblee di lavoratori, in due giornate diverse benché vicine.  Per di più, la componente maggioritaria tra le due in questione aveva esplicitamente invitato il datore di lavoro a non riconoscere l'assemblea convocata dalla componente minoritaria.  Il datore di lavoro, cui evidentemente non pareva vero di poter approfittare di questa lotta intestina tra sindacati solo apparentemente unitari, negava dunque l'autorizzazione allo svolgimento dell'assemblea convocata dalla componente minoritaria della Rsu.

Il Pretore [13] a tale riguardo, ha giustamente osservato che l'art. 20 SL ha carattere inderogabile, poiché l'assemblea realizza un importante momento di proselitismo ed è quindi espressione della libertà sindacale ex art. 39 Cost.  Conseguentemente, l'u.c. di tale norma, che demanda alla contrattazione collettiva la facoltà di stabilire ulteriori modalità per l'esercizio del diritto in questione, va intesa nel senso che le parti collettive possono introdurre norme di dettaglio per lo svolgimento dell'assemblea, ma non possono comprimere in alcun modo tale diritto [14] .  Pertanto, poiché ai sensi della citata norma statutaria l'indizione delle assemblee spetta alle Rsa congiuntamente o disgiuntamente, quand'anche l'Al prevedesse l'indizione congiunta della assemblea da parte della Rsu complessivamente considerata, si verificherebbe un'ipotesi di nullità, in quanto verrebbe compresso il diritto dei lavoratori di riunirsi in assemblea [15] .

Sempre in tema di assemblea, la giurisprudenza ha esteso alla Rsu il principio, pacifico per le Rsa (anche perché espressamente contemplato dall'art. 20, 3' comma SL), per cui è ammessa la partecipazione di rappresentanti sindacali esterni alle assemblee dei lavoratori [16] .

Con riguardo ai permessi sindacali, il contenzioso si è in particolare incentrato sul diritto alla redistribuzione del monte ore, previsto dalla contrattazione collettiva, tra tutte le componenti sindacali della Rsu, ivi comprese quelle che non avevano sottoscritto il contratto che aveva previsto una quantità di permessi sindacali superiore a quella indicata dalla legge.  Anche in questo caso, la risposta fornita dalla giurisprudenza ha tenuto conto, oltre che della lettera dell'AI 20112193, dell'autonomia di ogni componente sindacale della Rsu: è evidente che se la Rsu fosse una sintesi veramente unitaria delle sue diverse componenti, ogni prerogativa andrebbe uniformemente e indistintamente suddivisa tra tutte le componenti.  Al contrario, per i motivi che si illustreranno, la giurisprudenza ha negato la ripartizione dei permessi sindacali previsti dal contratto collettivo in aggiunta a quelli disposti dall'art. 23 SL, con ciò confermando l'autonomia di ogni componente della Rsu.

Sulla questione si sono pronunciati i già citati Pret. Milano 10/1/95, Pret. Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 19/4/95, Pret.  Cassino 11/12/95.  Il ragionamento che ha portato le pronunce ora indicate a escludere la ripartizione del monte ore contrattuale, relativo ai permessi sindacali, è sostanzialmente simile.  In buona sostanza, si ritiene che il Protocollo 23/7/93, là dove ha disposto che il passaggio dalla disciplina delle Rsa a quella delle Rsu debba avvenire a parità di trattamento legislativo e contrattuale [17] abbia semplicemente enunciato un principio che non può spingersi al punto da attribuire, pro quota, diritti contrattuali a sindacati che non hanno sottoscritto il contratto che ha istituito quei diritti.

Piuttosto, la questione trova disciplina specifica nell'AI 20/12/93 e, in particolare, all'art. 4 Parte I. La norma ora citata, infatti, dopo aver enunciato al l' comma che i componenti della Rsu subentrano ai dirigenti Rsa nella titolarità dei diritti spettanti ai sensi del titolo III SL, al 2' comma fa salve «le condizioni di miglior favore eventualmente già previste nei confronti delle associazioni sindacali dai contratti collettivi nazionali di lavoro o accordi collettivi di diverso livello, in materia di numero dei dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale, diritti, permessi e libertà sindacali».  La disposizione di cui al 2' comma della norma ora citata non può essere letta nel senso che l'Al prevedeva comunque la distribuzione dei diritti contrattuali a tutte le componenti della Rsu; altrimenti, non avrebbe senso la previsione del successivo 3' comma, dove è demandata alla contrattazione l'armonizzazione, nell'ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della Rsu.

Come si vede, l'AI prevede solo il trasferimento dei diritti legali; in ordine ai diritti contrattuali l'accordo demanda la questione alla contrattazione collettiva, con la conseguenza che, in mancanza di questa, la componente della Rsu non può avanzare pretese in ordine a diritti derivanti da contratti che non abbia sottoscritto [18] .  Questa situazione certamente comporta una disparità di trattamento tra le diverse componenti le Rsu, e contrasta con lo spirito unitario delle nuove Rsu.  Tuttavia, nel nostro ordinamento non esiste un principio di parità di trattamento tra le diverse organizzazioni sindacali, che imponga il riconoscimento di diritti contrattuali a sindacati che non abbiano sottoscritto quel contratto; conseguentemente, non può dirsi antisindacale la denunciata condotta del datore di lavoro [19] .

Per completare il quadro della giurisprudenza formatasi in tema di permessi sindacali fruiti dai componenti delle Rsu, si vuole anche ricordare che è stata esclusa la natura antisindacale della pretesa del datore di lavoro di costringere la Rsu a fruire, nell'arco di ciascun mese, della quota mensile del proprio monte ore di permessi sindacali [20] .  Sempre in tema di permessi, è stato esteso alle Rsu il principio, pacifico per le Rsa, per cui il datore di lavoro non può controllare i tempi e le modalità di fruizione dei permessi ex art. 23 SL [21] .

Invece, non altrettanto univoca è stata la giurisprudenza in tema di concessione di un locale ex art. 27 SL a ciascuna componente la Rsu.  A tale riguardo, bisogna preliminarmente osservare come una simile questione possa porsi solo laddove il datore di lavoro avesse già assegnato uno specifico locale a ogni Rsa, dal momento che dall'art. 27 SL discende il diritto a un unico locale per tutte le Rsa [22] .  Pertanto, solo nel caso in cui si sia determinata, almeno in linea di mero fatto, una condizione più favorevole, è possibile prospettare, almeno in linea teorica, il diritto a un locale esclusivo.

Sulla questione si sono pronunciate Pret. Cassino 11/12/95 e Pret. Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 28/3/96, citate.  Entrambe hanno concluso nel senso dell'antisindacalità del rifiuto di concedere il locale al sindacato ricorrente; diverso invece - come si accennava - è stato l'orientamento relativo al diritto della singola componente la Rsu all'uso esclusivo del locale.  In particolare, Pret.  Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 28/3/96 ha ritenuto che, in una situazione in cui il datore di lavoro aveva già concesso a ogni Rsa un locale ex art. 27 SL in via esclusiva, non era sufficiente consegnare la chiave di detti locali alla componente Rsu che, in precedenza, non aveva costituito la Rsa.  Infatti, per questa via, le componenti sindacali che avevano già costituito la Rsa, avevano acquisito il diritto a un locale in via esclusiva e continuavano a fruire di questo diritto anche dopo aver costituito la Rsu; pertanto, legittimamente queste componenti sindacali escludevano le altre dal proprio locale.  Conseguentemente, il datore di lavoro avrebbe dovuto assegnare un nuovo, diverso locale per le Rsu, dove avrebbero avuto accesso tutte le componenti sindacali del nuovo organismo di rappresentanza: in primo luogo, la componente che non aveva costituito la Rsa; in secondo luogo, eventualmente, anche le altre che pur possedevano locali propri ed esclusivi.

Si vede quindi che il provvedimento di cui si è appena parlato ha escluso il diritto della componente di Rsu, che non avesse costituito la Rsa, all'uso esclusivo del locale, e ciò sulla scorta della considerazione che il diritto all'uso esclusivo del locale si era formato con riguardo ad alcuni sindacati e, conseguentemente, tale diritto non poteva essere esteso nei confronti di altri sindacati.  A conclusioni diverse è invece giunta Pret. Cassino 11/12/95 citata: poiché nel caso di specie si era formata una prassi più favorevole alle disposizioni di legge, in forza della quale ogni componente sindacale aveva diritto a uno specifico locale ex art. 27 SL, negare il locale esclusivo alla nuova componente la Rsu, che non aveva costituito la Rsa, avrebbe determinato un'ingiustificata disparità di trattamento. Considerazioni simili hanno ispirato-un altro provvedimento, che ha dichiarato antisindacale il rifiuto, da parte del datore di lavoro, di consentire a esponenti sindacali esterni di partecipare alle riunioni della Rsu [23] . il presupposto di tale decisione è che, nel nostro ordinamento, non esiste il diritto di far partecipare esponenti sindacali esterni a riunioni della Rsa o della Rsu.  Tuttavia, nel caso di specie, il datore di lavoro aveva sempre consentito, ai sindacati che avevano costituito la Rsa, di partecipare alle riunioni dei rispettivi organismi rappresentativi.  Pertanto, il fatto di escludere tale partecipazione nei confronti di sindacati che facevano parte della Rsu, pur non avendo in precedenza costituito la Rsa, è stata considerata un'ingiustificata disparità di trattamento.

Con riguardo alle due ultime pronunce citate, bisogna sottolineare che le stesse non sembrano contrastare con il già richiamato orientamento che esclude il principio della parità di trattamento tra sindacati: in effetti, questo orientamento riguarda l'ipotesi in cui il trattamento, di cui si invoca la disparità, abbia origine contrattuale: in un caso come questo, il sindacato che ne beneficio ha ottenuto il diritto a seguito di un'azione di lotta e in considerazione della sua rappresentatività. Al contrario, quando il trattamento di cui si discute discende da un comportamento unilaterale del datore di lavoro, elementari principi di giustizia impongono che lo stesso comportamento sia tenuto nei confronti di tutti i sindacati, o almeno di tutti i sindacati che si trovino nelle medesime condizioni.

5.    Altre qtíestioni.

Prima di concludere questa breve rassegna di giurisprudenza formatasi sulle Rsu, bisogna ricordare altre vicende che hanno interessato la giurisprudenza. In primo luogo, si è riproposta, con riguardo alla Rsu, una questione che già aveva interessato la Rsa, e che riguarda le conseguenze della disdetta dell'iscrizione sindacale da parte del lavoratore che è stato eletto membro della rappresentanza sindacale.  Una parte della giurisprudenza, in particolare pretorile, aveva già ritenuto con riferimento alla Rsa che la sopravvenuta disdetta dell'iscrizione al sindacato non produce alcun effetto in ordine alla permanenza della carica di componente la rappresentanza sindacale [24] .  Questo orientamento è stato ribadito da Pret. Milano 7/4/97 [25] con riferimento alla Rsu: infatti, le ragioni che avevano indotto a concludere nel senso della inefficacia della disdetta al sindacato di appartenenza sulla permanenza della carica di dirigente di Rsa sembrano rafforzate nel caso del componente la Rsu.

In particolare, premesso che il lavoratore che sia membro di un organismo sindacale rappresentativo aziendale non deve necessariamente essere iscritto a un sindacato [26] , l'iniziativa dei lavoratori, e la conseguente separazione tra organismo rappresentativo e sindacati, trova maggiore enfasi negli accordi che disciplinano la Rsu piuttosto che nell'art. 19 SL [27] : conseguentemente, benché le organizzazioni sindacali partecipino al momento formativo di entrambi gli organismi rappresentativi aziendali, la vita di questi organismi prescinde (e tanto più prescinde nel caso di Rsu) dal collegamento con i sindacati, e ogni vicenda tra membro dell'organismo e sindacato è estranea al funzionamento della rappresentanza aziendale.

In secondo luogo, bisogna ricordare la vicenda relativa al rifiuto del datore di lavoro di presentare gli elenchi dei dipendenti per l'elezione della Rsu [28] .  Nel caso di specie, era stata contestata la legittima presenza, nel comitato elettorale e nella elezione della Rsu, di una componente sindacale che non aveva sottoscritto l'AI 20/12/93 e che, anzi, l'aveva successivamente accettato con la riserva di impegnarsi per superare le norme restrittive e antidemocratiche ivi contenute.  Le obiezioni sono state superate considerando che alla Rsu possono partecipare non solo le componenti sindacali che avevano sottoscritto l'AI, ma anche quei sindacati che hanno successivamente aderito a tale accordo.  Anzi, come già si diceva, dall'art. 8 Parte I AI 20/12/93 si ricava che l'adesione all'accordo può tacitamente avvenire anche mediante la semplice partecipazione all'elezione della Rsu.  Quanto al rilievo sollevato in ordine all'accettazione con riserva, è stato giustamente osservato che questo fa parte delle normali regole del gioco, per cui ogni contraente può impegnarsi a far sì che alcune clausole dell'accordo vengano migliorate, a patto ovviamente che ciò avvenga con i normali strumenti della dialettica. Sempre in tema di elezioni, è stato dichiarato antisindacale il disconoscimento della Rsu sul presupposto che non era stato raggiunto il quorum minimo per la validità delle elezioni: infatti, al datore di lavoro è precluso qualsiasi controllo sul procedimento elettorale e di formazione della rappresentanza sindacale [29] .

Come si vede, i problemi sorti sull'interpretazione della normativa in tema di Rsu sono molteplici [30] . E' auspicabile che il legislatore, quando finalmente vorrà mettere mano alla complessiva riforma della materia, tenga conto dei limiti intrinseci e interpretativi derivanti dalle norme contrattuali [31] .

STEFANO CHIUSOLO

 

[1] V. l'art. 5, 2° comma parte I del citato AI.

[2] V. l'art. 2, 2° comma parte I del citato AI.

[3] V. l'art. 4, 1° comma parte I del citato AI.

[4] V. l'art. 4, 3° comma parte I del citato AI.

[5] V. l'art. 8 parte I del citato AI.

[6] V. da ultimo Pret.  Milano 11/1/97, in D&L1997, 259, con nota di Franceschinis, "Accordiaziendali e costituzione di Rsa ex art. 19 SL".

[7] Entrambe le sentenze possono leggersi in D&L1995, rispettivamente p. 307, con nota di Franceschinis, e p. 557.

[8] Pret. Cassino 11/12/95, in Foro it. 1996,1, 721; Pret. Varese 14/2/97, in D&L 1997, 507, con nota di Capurro,«Rsu ed esercizio dei diritti sindacali».

[9] Pret. Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 19/4/95, in D&L1995, 847 e in Foro it. 1996,1, 723.

[10] A tale riguardol'art. 7 Parte I dell'Al citato, demanda a future intese la definizione dei criteri per l'adozione delle decisioni da parte della Rsu.

[11] Pret.  Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 19/4/95, cit.

[12] Pret. Milano 10/1/95, in D&L1995, 549, con nota di Franceschinis.  Analogamente, v. Pret.  Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, 28/3/96, in Riv. it. dir. lav. 1996, li, 671, con nota di Bolognesi, «Le rappresentanze sindacali unitarie, tra afflati di effettiva unitarietà e rivendicazioni di autonomia delle singole componenti».  In tema, v. anche Pret.  Milano 5/8/95, in D&L 1995, 865, che ha dichiarato antisindacale il rifiuto reiterato di trattare con le Rsu.

[13] Pret.  Nola, sez.  Pomigliano d'Arco, cit. Sulla questione si è più recentemente espresso Pret.  Busto Arsizio 11/9/97, in D&L1998, 74, con nota di Franceschinis, «Sui poteri e i diritti di ogni singola componente della Rsu», che è, giunto alle medesime conclusioni dei Pretore di Noia.

[14] Sul punto, la giurisprudenza è pacifica.  V. tra le altre: Cass. 3/1/86 n. 31, in Mass.  Giur. lav. 1985, 180; Pret. Ferrara 20/6/88, in Not. Giur. Lav. 1988, 465; Pret. Roma 12/1/90, in Orientamenti 1990, 35.

[15] La giurisprudenza aveva peraltro già dichiarato nulle le clausole di accordi che prevedevamo, per lo svolgimento delle assemblee, l'indizione congiunta di tutte le Rsa: v. Pret.  Paola 10/2/93, inDir.Pratica lav. 1993, 2292; Pret. Palermo 10/11/88, in Orientamenti 1989,103.

[16] Pret. Varese 30/11/95, in Mass.Giur. lav. 1995, 689.

[17] V. la lett. b della parte dedicata alle Rappresentanze sindacali.

[18] Per la verità, nei casi trattati dalle citate pronunce, il rinvio di cui all'art. 4, 3' comma, Parte I AI 20/12/93 aveva trovato attuazione negli artt. 4 e 5 dell'accordo 2/2/94 sottoscritto, per il settore metalmeccanico, da Federmeccanica, Assistal, Fim - Cisl, Fiom - Cgil e Uilm - Uil.  Tuttavia, è stato ritenuto che, nei casi di specie, tale normativa fosse inapplicabile, in quanto destinata a disciplinare il monte ore presso le unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti (le cause si riferivano invece a unità produttive con un numero di dipendenti superiore) e comunque relativa al monte ore previsto dal contratto nazionale di categoria (nei casi di specie, si trattava invece dei monte ore disciplinato da un accordo aziendale).

[19] In ordine all'esclusione dei generale principio di parità di trattamento tra OO.SS., salvo naturalmente i casi di uso distorto dei poteri del datore di lavoro idonei a provocare un'oggettiva coartazione della libertà di azione della parte sindacale, v. tra le altre Cass. 26/9/96 n. 8512, in Mass. Giur. lav. 1996, 720 con nota di Figurati; Cass. 10/2/92, n. 1504, in Foro it. 1992,1, 2727.

[20] V. Pret.  Milano 10/1/95 cit.

[21] V. Pret.  Cassino 11/12/95 cit.

[22] CASS. 1/3/1986 n. 1321, in Foro it. 1986,1, 647; Pret.  Roma 5/6/91, ivi 1991,1, 3252.

[23] Pret. Varese 14/2/97 cit.

[24] Pret.  Milano 11/5/92, in Orientamenti 1992, 523; Pret.  Milano 21/4/92, ivi 1992, 520; Pret.  Milano 31/3/92, in Rep. Foro il, 1992, voce «Sindacati» n. 73; Pret.  Milano 16/1/92, in D&L, 1992, 623; Pret.  Milano 14/8/91, in Orientamenti 1991, 554.  In senso contrario v. Trib. Milano 29/10/94, ivi 1994,495; Trib.  Milano 22/1219-3, in Foro it. 1994, I, 1592; Pret.  Milano 29/6/93, in Orientamenti 1993, 594; Pret.  Milano 231-5193, ivi 1993, 591; Pret.  Milano 19/1/92, ivi 1992,14.

[25] In D&L 1997, 747, con nota di Capurro, «Membri della Rsu e raccordo con il sindacato esterno: il caso della disdetta dall'iscrizione al sindacato di appartenenza».

[26] Pret. Monza 25/1/94, in D&L 1994, 76; Pret. Milano 21/4/1992, ivi 1992, 520; in senso contrario, v. Pret. Napoli, sez.  Casoria, 23/12/92, in Riv. it. dir. lav. 1993, II, 411.

[27] L'argomentazione è sviluppata in Capurro, «Membri della Rsu e raccordo con il sindacato esterno: il caso della disdetta dall'iscrizione al sindacato di appartenenza», cit., cui si rinvia.

[28] V. Pret. Milano 7/2/94, in D&L 1994, 506, con nota di Franceschinis e in Dir. lav. 1994, II, 75, con nota di Di Stasi; Pret.  Milano 5/8/94, in D&L1995, 816.

[29] Pret.  Macerata 10/2/95, in Foro it. 1996, 1, 724.  Sulla questione dei sindacato da parte dei datore di lavoro in ordine al rispetto delle regole, legali o contrattuali, che disciplinano la costituzione della Rsa, la giurisprudenza è divisa.  Infatti, alcuni ritengono che legittimamente il datore di lavoro possa esercitare questo controllo: Cass. 28/4/92 n. 5092, in Not. Giur.  Lav. 1992, 605 e Pret.  Molfetta 29/9/93, ivi 1994, 143.  Altri affermano invece che il datore di lavoro debba limitarsi a prendere atto della costituzione della Rsa senza sindacarne le procedure, dal momento che il datore di lavoro non è depositario della tutela delle facoltà democratiche riconosciute ai lavoratori all'interno del sindacato: Pret. Legnano 31/1/94, in D&L, 1994, 98 e Pret.  L'Aquila 16/12/93, ivi 1994, 274.

[30] Naturalmente, nel dibattito è intervenuta anche la dottrina.  Oltre alle note a sentenza già citate, v. Carrieri, Lav. e dir. 1996, 153; Beilardi, «Assetti contrattuali e rappresentanze sindacali unitarie: il protocollo dei 23/7/93 e la sua applicazione nei Ccnl dell'industria,» in Riv. Giur. lav. 1995, 1, 323; Di Nicola, «Le elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie, in Lav. e dir. 1995, 115; Mariucci, «Poteri dell'imprenditore, rappresentanze sindacali unitarie e contratti collettivi», in Giornale dir. lav. e rel. ind. 1995, 203; Di Stasi, «La rappresentanza sindacale unitaria tra accordi sindacali e proposte di legge», in Dir. lav. 1994,1, 54.

[31] Sul disegno di legge relativo alla modifica della rappresentanza sindacale aziendale, v. Chiusolo, in nuovo art. 19 SL e le prospettive di riforma», in D&L1996, 299.