In genere

  • La Dir. n. 2006/54/CE, dedicata all’attuazione dei principi di pari opportunità e di parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, non osta a un contratto collettivo nazionale che riservi alle lavoratrici, che si prendono cura in prima persona del proprio figlio, il diritto a un congedo da godersi successivamente a quello ordinario di maternità, a condizione che tale astensione supplementare sia volta a tutelare le medesime con riguardo tanto alle conseguenze della gravidanza quanto alla loro condizione di maternità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare in concreto prendendo in considerazione: le condizioni di concessione, la modalità e la durata, nonché il livello di protezione giuridica connessa (massima non ufficiale). (Corte di Giustizia UE, 18/11/2020, causa n. C-463/19, Pres. Bonichot Rel. Safjan, in Lav. nella giur. 2021, con nota di R. Zucaro, L’indirizzo europeo sul congedo di maternità supplementare, 369)
  • L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che una donna che abbia cessato di esercitare un’attività autonoma a causa delle limitazioni fisiche connesse alle ultime fasi della gravidanza e al periodo successivo al parto conserva la qualità di persona che esercita un’attività autonoma, purché riprenda tale attività o trovi un’altra attività autonoma o un impiego entro un periodo di tempo ragionevole dopo la nascita del figlio. (Corte di Giustizia, sez. IV, 19/9/2019, C-544/18, Est. Vilaras, in Riv. It. Dir. Lav. 2020, con nota di D. Diverio, “L’assenza dal mercato del lavoro a motivo della gravidanza non pregiudica lo status di lavoratore (neppure) per la lavoratrice autonoma”, 168)
  • L’inserimento in graduatoria attribuisce un diritto soggettivo all’assunzione, con la conseguenza che la lavoratrice ha diritto al risarcimento del danno per non essere stata avviata al lavoro a causa dello stato di gravidanza. (Trib. Foggia 9/11/2018 n. 6168, Est. De Salvia, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di E. Raimondi, “È discriminazione la mancata assunzione obbligatoria di una lavoratrice in gravidanza”, 213)
  • Ove la contrattazione collettiva ricolleghi la progressione in carriera all’anzianità di servizio, il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità è equiparato al periodo di effettivo servizio, salvo che la stessa contrattazione collettiva subordini la promozione ad altri particolari requisiti, come la valutazione circa la quantità e la qualità del servizio prestato, non correlati alla sola virtuale prestazione lavorativa. (Cass. 20/6/2014 n. 14110, Pres. Stile Est. Napoletano, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Claudia Carchio, 59)
  • Ai sensi dell’art. 56 D.Lgs. 26/3/01 n. 151, la lavoratrice madre, al termine del periodo di congedo per maternità, ha diritto di rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all’inizio del periodo di gravidanza. La chiusura e il trasferimento in altra città dell’unità cui la lavoratrice è adibita non ne giustifica la sospensione della retribuzione in applicazione analogica dell’art. 54, 4° comma, D.Lgs. 26/3/01 n. 151, quando risulti che l’attività è continuata in altra città. (Corte app. Milano 6/8/2012, Est. Castellini, in D&L 2012, con nota di Alessandro Corrado, “La chiusura e lo spostamento per ragioni organizzative di un’unità produttiva in altra città non legittimano il trasferimento nella nuova sede della lavoratrice madre al rientro della gravidanza”, 735)
  • Le procedure selettive di accesso ai pubblici uffici devono uniformarsi al principio costituzionale della parità di trattamento. La condizione di maternità impone alle pubbliche amministrazioni di adottare ogni misura necessaria per garantire la tutela della donna e della maternità e assicurarle la partecipazione al concorso in condizioni di parità effettiva con gli altri candidati. (TAR Calabria, Sez. II, 10/6/2010, Pres. Fiorentino Est. Lopilato, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Maura Ranieri, "Tutela della maternità e concorso pubblico: un caso evidente di discriminazione", 138)
  • In caso di licenziamento della lavoratrice madre, si (n.d.r.) ritengono applicabili le regole proprie della nullità di diritto comune, ragion per cui "nel caso si verifichi un simile licenziamento il rapporto deve ritenersi come mai interrotto e la lavoratrice ha diritto al risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 1223 c.c. (Trib. Trapani 9/6/2010, Giud. Antonelli, in Lav. nella giur. 2010, 953) 
  • L'art. 53, 1° e 2° comma, D.Lgs. 26/03/01 n. 151, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che stabilisce che non è obbligata a prestare il lavoro notturno la lavoratrice madre di un figlio in età inferiore a tre anni si applica anche al personale di volo dell'aviazione civile, considerato che il D.Lgs. 8/4/03 n. 66, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro, non ha abrogato le disposizioni in materia di orario di lavoro contenute nella previgente normativa di legge a tutela della maternità e della paternità e che il D.Lgs. 19/8/05 n. 185, di attuazione della Direttiva 2000/79/Ce relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile non ha inteso derogare alle disposizioni sull'orario di lavoro a tutela della maternità e della paternità contenute nel D.Lgs. 26/03/01 n. 151. (Trib. Busto Arsizio 16/9/2009, ord., Est. La Russa, in D&L 2009, 994) 
  • L’art. 53, 1° e 2° comma, D.Lgs. 26/3/01 n. 151, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che stabilisce che non è obbligata a prestare lavoro notturno la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni è applicabile, a prescindere dal settore di appartenenza, alla generalità dei lavoratori e quindi anche al personale di volo dell’aviazione civile, senza che al riguardo possa assumere rilevanza alcuna né la normativa contenuta nel D.Lgs. 8/4/03 n. 66m, che ha modificato la previgente disciplina soltanto in materia di orario di lavoro e non anche di tutela della maternità e paternità, né la disciplina speciale del D.Lgs. 19/8/05 n. 185, sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile che nulla ha disposto in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità. (Trib. Busto Arsizio 18/5/2009, ord., Est. Molinari, in D&L 2009, con nota di Renato Scorcelli, “Tutela della maternità e della paternità ed esonero dal lavoro notturno per il personale di volo dell’aviazione civile”, 994)
  • L'art. 14 del D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026 (regolamento di esecuzione della L. n. 1204 del 1971 sulla tutela delle lavoratrici madri), pur prescrivendo determinate formalità quanto alla redazione e alla produzione del certificato di gravidanza, non collega alcuna sanzione all'inosservanza di tali requisiti formali, sicché la lavoratrice (illegittimamente licenziata) può presentare tale certificato anche in allegato al ricorso con il quale impugna il licenziamento. (Cass. 3/3/2008 n. 5749, Pres. Sciarelli Est. Stile, in Lav. nella giur. 2008, 730)
  • In tema di lavoro part time post maternità, i contraenti collettivi, pur prendendo in considerazione anche le esigenze produttive e organizzative potenzialmente confliggenti con quelle del dipendente, hanno però tracciato precisi e insuperabili confini al pieno esercizio della discrezionalità e del potere organizzativo del datore di lavoro, circoscrivendolo, in via generale, ai casi di infungibilità delle mansioni e, in presenza di mansioni fungibili, a soglie numeriche esclusivamente riferite alla quantità delle domande proposte in relazione all'entità (comunque superiore a 20) della forza lavoro occupata presso l'unità produttiva cui è addetto il dipendente interessato a ottenere, al fine di poter prestare assistenza a un figlio di età inferiore ai tre anni, una riduzione dell'orario di lavoro. (Trib. Milano 24/12/2007, Pres. Mascarello, in Lav. nella giur. 2008, 532)
  • L'espressione anzianità di servizio di cui agli artt. 6 e 7 L. 30/12/71 n. 1204 (ora artt. 22 e 32 D.Lgs. 26/3/01 n. 151 TU in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità) è indicativa di una nozione unitaria e conseguentemente vieta al datore di lavoro di interpretare una clausola collettiva, che sclue dal computo dell'anzianità di servizio utile per progressioni automatiche di carriera le assenze volontarie (nella specie l'art6. 18 Ccnl Casse di risparmio), come rifertita anche alle assenze dal lavoro per fruizione dell'ex astensione facoltativa; questa equiparazione infatti viola l'art 15 SL, in quanto costituisce patto volto a discriminare nell'assegnazione delle qualifiche o a recare altrimenti pregiudizio a un lavoratore in ragione del suo sesso e costituisce discriminazione indiretta ai sensi dell'art. 4, comma 2°, L. 10/4/91 n. 125 (ora art. 25, 2° comma, D.Lgs. 11/4/06 n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna). (Trib. Prato 21/11/2007, Est. Rizzo, in D&L 2008, con nota di Fabrizio Amato e Irene Romoli, "Assenza per maternità e anzianità di servizio: profili individuali e collettivi della discriminazione di genere; una concreta ipotesi di definizione di un piano di rimozione delle discriminazioni". 574) 
  • Ai sensi dell'art. 57 bis Ccnl per i dipendenti da aziende del terziario, la lavoratrice madre ha diritto, in presenza dei presupposti e delle condizioni ivi previsti, a ottenere la trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale sino al compimento del terzo anno di età del figlio. (Trib. Genova 11/5/2007, ord., Est. Basilico, in D&L 2007, con nota di Alvise Moro, "Brevi note in materia di part-time e tutela della maternità", 806)
  • Nel caso di illegittimo diniego del datore di lavoro alla richiesta della lavoratrice madre di trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ai sensi dell'art. 57 bis del Ccnl per i dipendenti da aziende del terziario, l'impossibilità di assistere il figlio minore integra il pericolo d'un pregiudizio grave, imminente e irreparabile ex art. 700 c.p.c. (Trib. Genova 11/5/2007, ord., Est. Basilico, in D&L 2007, con nota di Alvise Moro, "Brevi note in materia di part-time e tutela della maternità", 806)
  • Il giorno del parto è sicuramente compreso nella tutela previdenziale apprestata dall’art. 4, della legge 1204 del 1971 (oggi art. 16 del d.lgs. 151 del 2001), non essendo nemmeno ipotizzabile che il legislatore, nell’attuare la norma di cui all’art. 37 della Costituzione, abbia inteso lasciar fuori proprio tale giorno, ma non deve essere computato ai fini del decorso del periodo di cui alla lettera c), vale a dire i tre mesi dopo il parto. (Cass. 8/11/2005, Pres. Mileo Est. Mazzarella, in Orient. Giur. Lav. 2005, 977)
  • È costituzionalmente illegittimo, per la disparità di trattamento rispetto alle lavoratrici non coniugate, ma con figli a carico, l’art. 219, comma quarto, del decreto del Presidente della Repubblica, 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede che le dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non coniugate ma con prole a carico, possano usufruire di un periodo massimo di cinque anni ai fini del compimento dell’anzianità necessaria a maturare il diritto a pensione, così limitando detto beneficio, diversamente da quanto disposto per le altre dipendenti civili dello Stato dall’art. 42 del medesimo D.P.R. n. 1092 del 1973 e per le dipendenti degli enti locali dall’art. 18 della legge 26 luglio 1965, n. 965, alle sole lavoratrici che abbiano contratto matrimonio. (Cost. 7/7/2005 n. 281 Pres. Capotosti Red. Marini, in Dir. e prat. lav. 2005, 2104)
  • È costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 3 Cost l'art. 45, 1° comma, D. Lgs. 151/01 nella parte in cui, in ipotesi di adozione ed affidamento, prevede che i riposi di cui agli artt. 39, 40 e 41 D. Lgs. 151/01 si applichino "entro il primo anno di vita del bambino" anziché "entro il primo anno dall'ingresso del minore in famiglia". (Corte Cost. 1/4/2003 n. 104, Pres. Chieppa Rel. Amirante, in D&L 2003, 269)
  • Non è fondata, in riferimento agli artt. 3 e 31 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, l. n. 546/87 che, nel disciplinare l'indennità di maternità per le coltivatrici dirette, non prevedeva espressamente una disciplina del parto prematuro, in quanto, per necessità di interpretazione adeguatrice all'evoluzione del sistema, ormai si applica in generale l'art. 68, d.lgs. n. 151/01 (Testo unico della maternità e paternità), per cui, in caso di parto prematuro, l'indennità è comunque corrisposta per complessivi cinque mesi, indipendentemente dalla durata della gestazione (Corte Cost. 16/5/02, n. 197, pres. Ruperto, est. Contri, in Lavoro giur. 2002, pag. 634)
  • È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, l. 30/12/71, n. 1204, in relazione all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedeva che la lavoratrice madre non potesse essere trasferita per un periodo non inferiore a quello del divieto di licenziamento, non essendo utilizzabile l'analogia juris, in quanto si tratta di situazioni che giustificano un diverso grado di tutela. Né può ritenersi in contrasto con gli artt. 31 e 37 Cost. , poiché il trasferimento e altri atti come la modifica di mansioni, il comando etc., sono assistiti dalla tutela antidiscriminatoria e contro gli illeciti (Corte Appello Milano 20/12/00, pres. Mannacio, est. De Angelis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1011)
  • E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, 2° comma, L. 30/12/71, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), nella parte in cui non prevede l’applicabilità alle lavoratrici a domicilio dell’art. 5 della medesima legge (Corte Cost. 26/7/00, n. 360, pres. Mirabelli, rel. Contri, in Lavoro giur. 2000, pag.1027, con nota di Mannaccio, Tutela della maternità e lavoratrici a domicilio e in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2058; in D&L 2000, 895; in Orient. giur. lav.2000, pag.720)
  • Sono incostituzionali gli artt. 1 e 3 l. 29/12/87, n. 546, nella parte in cui non prevedono la corresponsione dell'indennità di maternità a favore delle imprenditrici agricole a titolo principale (Corte cost. 26/7/00, n. 361, pres. Mirabelli, est. Contri, in Foro it. 2000, pag. 3413, con nota di Bellantuono, La Corte costituzionale e l'indennità di maternità delle imprenditrici agricole a titolo principale)