Questioni di legittimità costituzionale

  • È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 1, lett. a) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nell’art. 1, comma 1, l. 15 luglio 2011, n. 111, il quale stabilisce che i giudizi di primo grado per il ricalcolo delle indennità di disoccupazione di valore fino a 500 euro si estinguono ope legis con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente. (Corte Cost. 4/6/2014 n. 158, Pres. Silvestri Rel. Napolitano, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di A. De Felice, “Contenzioso previdenziale e tecniche di deflazione”, 263)
  • È illegittimo costituzionalmente l’art. 38, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni dall’art. 1 comma 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1, lett. c e d si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto. (Corte Cost. 26/3/2014 n. 69, Pres. Silvestri Est. Morelli, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di S. Buoso, “Le regole deflattive del contenzioso previdenziale possono spingersi fino alla retroattività?”, 256)
  • E' manifestamente inammissibile, per il carattere vago e apodittico della motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 12, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), e ell'art. 48 (ora 51), lettera f-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del Testo Unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 314, 21 novembre 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e 467, in materia di redditi da capitale, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di redditi di lavoro dipendente), sollevata, in riferimento agli articoli 4 e 31 Costituzione, nella parte in cui prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, per la frequenza di asili nido da parte dei familiari indicati dall'art. 12 del medesimo D.P.R. n. 917 del 1986 e successive modificazioni, e non ancora le somme che il datore di lavoro eroga alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, per la frequenza delle scuole dell'infanzia. E' manifestamente infondata la medesima questione, in riferimento all'art. 3 Cost., per la natura di eccezionale beneficio, propria dell'esenzione dall'imponibile in argomento, nonché in ragione dell'ontologica differenza tra le esignze alle quali sopperiscono, rispettivamente, gli asili nido e le scuole per l'infanzia. (Corte Cost. 20/10/2008 n. 344, Pres. Flick Red. Mazzella, in Dir. e prat. lav. 2008, 2597)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 777, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge finanziaria 2007), che ha previsto il riferimento all'importo dei contributi versati per la determinazione del trattamento previdenziale spettante al lavoratore italiano che ha trasferito all'Inps i contributi versati in Svizzera in suo favore, in antitesi alla consolidata giurisprudenza che faveca riferimento alla retribuzione del lavoratore medesimo percepita in Svizzera, a nulla rilevando che i contributi accreditati in quel Paese e trasferiti in Italia fossero stati calcolati sulla base dell'aliquota prevista dalla legislazione elvetica (di gran lunga inferiore a quella prevista dalla legislazione italiana). La norma assegna alla disposizione interpretata un senso già da essa desumibile, garantendo altresì la razionalità complessiva del sistema previdenziale, in quanto evita che, a fronte di una esigua contribuzione versata nel Paese estero, si possano ottenere le stesse utilità che chi ha prestato attività lavorativa esclusivamente in Italia può conseguire solo grazie a una contribuzione molto più gravosa. (Corte Cost. 19/5/2008 n. 172, Pres. Bile Rel. Mazzella, in Dir. e prat. lav. 2008, 1945, e in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di C.A. Nicolini, "Esigenze di bilancio e garanzia dei diritti pensionistici dei lavoratori migranti: il caso delle anzianità previdenziali maturate in Svizzera", 206)
  • Sollevate in giudizi aventi a oggetto la pretesa dell'INPS di ottenere il pagamento dei contributi di malattia da parte di datori di lavoro che hanno omesso il relativo versamento in quanto obbligati per contratto collettivo a corrispondere ai loro dipendenti la retribuzione anche durante il periodo di malattia, sono manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale degli art. 6 l. 11 gennaio 1943 n. 138, art. 1 e 2 d.lgs. 2 aprile 1946 n. 142, art. 2 d.lgs. C.P.S. 31 ottobre 1947 n. 1304, art. 74 l. 23 dicembre 1978 n. 833 e dell'art. 14 l. 23 aprile 1981 n. 155, atteso che queste norme nulla dispongono in merito all'obbligo contributivo del datore di lavoro. (Corte Cost. 4/3/2008 n. 47, Pres. Bile Red. Mazzella, in Giust. civ. 2008, 1857) 
  • Non sono fondate, in riferimento agli artt. 2, 3, 38, 41 e 53 Cost., le questioni di legittimità costituzionale degli art. 9 l. 11 gennaio 1943 n. 138 e 31, comma 5, l. 28 febbraio 1986 n. 41, che prevedono che siano obbligati al pagamento dei contributi di malatia anche i datori di lavoro che si siano obbligati per contratto collettivo a corrispondere ai loro dipendeni la retribuzione anche durante il periodo di malattia: per i datori di lavoro tale obbligo, infatti, non è la conseguenza di un'imposizione legale, bensì è il frutto di una loro libera scelta negoziale e delle organizzazioni che li rappresentano. (Corte Cost. 4/3/2008 n. 47, Pres. Bile Red. Mazzella, in Giust. civ. 2008, 1857)
  • E' rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 102 e 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 55 della legge 23 agosto 2004, n. 243, nella parte in cui, con norma di interpretazione autentica ed effetti retroattivi, ha previsto, "al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi", che l'art. 3, comma 1, lett. p), della legge n. 421 del 1992 e l'art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 503 del 1992, "devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni previste dall'art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui all'art. 3 del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 357" e che "alla assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza". (Cass. 12/10/2007 n. 21440, ord., Pres. Senese Rel. Di Nubila, in ADL 2008, con commento di Alberto Pizzoferrato, "Perequazione pensionistica e controllo di ragionevolezza della norma interpretativa", 187)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sollevata in riferimento all'art. 111, secondo comma, Cost., in quanto, da un lato, non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire a un ente pubblico creditore, attesa l'affidabilità derivante dal procedimento che  ne governa l'attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall'altro, è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al soggetto passivo, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo e/o dell'esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell'onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti del giudizio di opposizione. (Corte Cost. 19/3/2007 n. 111, ord., Pres. Vile Rel. Vaccarella, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Carlo Alberto Nicolini, "Iscrizione a ruolo e termine per l'opposizione: un problema di metodo", 783)
  • E' manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 645 c.p.c., nella parte in cui non consentono la proposizione del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, emesso su richiesta di ente previdenziale per crediti aventi a oggetto contributi omessi e relative sanzioni, anche mediante utilizzo del servizio postale ai fini del deposito del ricorso nella cancelleria del giudice competente, diversamente da quanto consentito per l'opposizione a sanzione amministrativa dall'art. 22 l. n. 689 del 1981, come dichiarato costituzionalmente illegittimo. Deve, infatti, escludersi che questo ultimo procedimento sia assimilabile a quello di opposizione a decreto ingiuntivo in relazione alle somme dovute per violazione delle disposizioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, se non quanto alle violazioni che vi danno rispettivamente luogo. (Corte Cost. 9/2/2007 n. 34, Pres. Flick Red. Finocchiaro, in Giust. civ. 2007, 287)
  • Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alla “legge Biagi”, sia quelle sollevate secondo le prospettazioni già respinte con la sentenza n. 50 del 2005 (e concernenti l’uso asseritamente illegittimo della delega) sia quelle aventi ad oggetto la disciplina della materia della vigilanza, la quale – prevalentemente concretizzatesi nelle funzioni ispettive – è garanzia del rispetto da parte del datore del lavoro della normativa previdenziale e civilistica dettata a tutela del lavoratore, così esprimendo un’esigenza unitaria che giustifica l’allocazione a livello statale delle relative funzioni. Fermo restando che le funzioni amministrative statali in tema di vigilanza continueranno a svolgersi secondo le disposizioni vigenti fin quando le Regioni non le avranno sostituite con una propria disciplina. Sono costituzionalmente illegittimi: l’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 124 del 2004, limitatamente alle parole: “dal Coordinatore nazionale delle aziende sanitarie locali” – norme che, in difetto di delega e quindi in violazione dell’art. 76 Cost., introducono l’inedita figura del Coordinatore nelle Commissioni (centrale e regionali) di coordinamento dell’attività di vigilanza -; l’art. 8, comma 3, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che definisce lo schema di convenzione (concernente l’attività di informazione e aggiornamento proposta dalle direzioni generale, regionali e provinciali del lavoro a enti, datori di lavoro e associazioni) sia adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; l’art. 10, comma 1, ultimo periodo, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali concernente le modalità di attuazione e funzionamento della banca dati telematica – che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati _ sia adottato previa intesa con la Conferenza citata. Non sono fondate tutte le altre questioni concernenti il decreto delegato n. 124 del 2004. (Cost. 11/10/2005 n. 384, Pres. Capotasti Red. Amirante, in Dir. e prat. lav. 2005, 2318)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non comprende tra le persone assicurate i lavoratori dipendenti in permesso sindacale. (Corte Costituzionale 24/4/2003, n. 136, Pres. Chieppa, Rel. Bile, in Argomenti dir. lav. 2003, 613)
  • Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost., gli artt. 4 e 9 del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della tutela assicurativa e tra gli obbligati, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali e nazionali) e le organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgono attività previste dall'art. 1 del medesimo Testo unico. (Corte Costituzionale 10/5/2002, n. 171, Pres. Vari, Est. Bile, in Argomenti dir. lav. 2003, 615)
  • L'art. 29 D. Lgs. 31/3/98 n. 80, nel modificare l'art. 68 D. Lgs. 3/2/93 n. 29, non ha attribuito all'Ago la giurisdizione in materia di pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; pertanto non è fondata la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 29, sollevata sotto il profilo dell'eccesso di delega. (Corte Cost. 6/5/2002 n. 185, ord., Pres. Vari Rel. Amirante, in D&L 2002, 845)
  • Comune va considerata la connotazione dei crediti di lavoro e previdenziali - i primi derivanti in via diretta dall'art. 36 Cost., i secondi ad esso ricollegabili, in via mediata ex art. 38 Cost. - costituita dalla loro destinazione al soddisfacimento dei bisogni primari della vita, di talché le stesse esigenze che ispirano la regola dell'art. 429 c.p.c. per i crediti di lavoro (cioè adeguare, in dipendenza della ratio dell'art. 36 Cost., la retribuzione al valore reale della moneta e su tale adeguamento corrispondere gli interessi), valgono per il credito previdenziale (o assistenziale). Meglio si può dire che tali esigenze sono più immediate per il trattamento previdenziale che, di regola, è sensibilmente inferiore al trattamento retributivo ed è conseguito da chi è ormai privo di capacità produttiva di reddito e quindi di possibilità di procurarselo aliunde. Il legislatore della l. n. 533/73, prima, e la Corte Cost., poi (n. 156/91 e n. 196/93), hanno stabilito che non è sufficiente ex art. 36 Cost. quella retribuzione o quel trattamento previdenziale od assistenziale che sia corrisposto in ritardo, senza la rivalutazione delle somme e gli interessi calcolati sulla somma rivalutata. Da ultimo con la l. n. 724/94 - e anteriormente con la l. n. 412/91, cui la prima fa riferimento - il legislatore introduce il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria (considerato incostituzionale per il solo settore privato: cfr. Corte Cost. n. 459/00) e la Corte Cost. (n. 361/96 e n. 459/00), mentre lo legittima evidenzia come le ragioni del divieto in questione risiedano tutte nelle esigenze (contingenti) di tutela della finanza pubblica e che, per la Corte Cost., non dovrebbe essere tanto la natura giuridica del credito a contare quanto la qualità soggettiva del debitore. Ci si deve chiedere - ad avviso di questo giudice - se l'operazione di "franchigia" in favore degli enti pubblici sia costituzionalmente corretta o se il legislatore prima di sacrificare redditi di mera sopravvivenza (pensioni) non sia onerato a dimostrare che si tratti di una vera e propria extrema ratio, poiché la finanza pubblica non è altrimenti tutelabile. E' sotto gli occhi di tutti come la linea di tendenza attuale del legislatore (alcune volte con l'avallo del Giudice delle leggi) è quella di richiedere sacrifici sempre con maggior frequenza ed incisività proprio a quei soggetti per i quali la Costituzione appronta strumenti finalizzati a garantire la sopravvivenza, in linea con le istanze liberistiche che sempre di più mirano ad emarginare dalla vita pubblica e civile chi non sia in grado di produrre efficienza, ancorché la abbia prodotta, prima di invecchiare, per moltissimi anni. Istanze che trascurano ogni profilo di umanità, confinando l'individuo a mero meccanismo di un incalzante (e mortificante) processo produttivo ed immolandolo sull'altare di queste pressanti esigenze di risanamento della finanza pubblica che, sembra, non possano trovare soluzioni alternative a quella di elidere o contenere redditi di sopravvivenza. Le norme fondamentali della nostra Carta Costituzionale - dotate di valenza di "impegno prioritario" - che affermano il principio di solidarietà sociale, di eguaglianza sostanziale, di tutela della retribuzione sufficiente, di tutela dei soggetti totalmente o parzialmente privi di capacità lavorativa (come altri, quali la tutela della salute, la tutela della manifestazione della personalità in sede associativa, le garanzie dettate a protezione dei diritti personali assoluti) non possono - come oggi costantemente si fa - parametrarsi e subordinarsi ad esigenze di cassa, sia pure di cassa pubblica, quantomeno qualora l'ordinamento possa procurarsi aliunde (tramite ad esempio la lotta all'evasione fiscale) quanto necessiti per il risanamento dei bilanci. Ne consegue che la regola che esprime il divieto di liquidare anche la rivalutazione monetaria nei crediti previdenziali od assistenziali (e, qui solo accademicamente, nei crediti del pubblico dipendente) è in contrasto con gli art. 2, 3, 24, 36 e 38 Cost., sia in ragione della violazione del sistema protezionistico relativo alla retribuzione (e, conseguentemente, alla pensione) sufficiente, sia in quanto sorretta da esigenze di contenimento della spesa pubblica in un contesto ordinamentale di radicata tolleranza nei confronti di chi sottrae deliberatamente alla collettività ingentissime risorse, da sole sufficienti a consentire la piena realizzazione dei principi di solidarietà ed eguaglianza sostanziale previsti dalla parte prima della nostra Costituzione. (Trib. Pisa 17/10/01, ordinanza, pres. e est. Nisticò, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag 1580, con nota di Dalmasso, Ancora una eccezione di incostituzionalità in tema di cumulo di interessi e rivalutazione delle prestazioni previdenziali)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del regio decreto 14/4/39, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternità con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità), convertito, con modificazioni, nella l. 6/7/39, n. 1272, e dell'art. 9, 2° e 3° comma, l. 1/12/70, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), come sostituito dall'art. 13, l. 6/3/87, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui non includono il convivente more uxorio tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità (nella specie, è stato infatti ritenuto che gli attuali caratteri della convivenza more uxorio rendono non irragionevole la scelta, operata dal legislatore in ambito previdenziale, di escludere il convivente dal novero dei soggetti destinatari della pensione di reversibilità. Diversamente dal rapporto coniugale, la convivenza more uxorio è fondata esclusivamente sulla affectio quotidiana - liberamente e in ogni istante revocabile - da ciascuna delle parti e si caratterizza per l'inesistenza di quei diritti e doveri reciproci, sia personali che patrimoniali, che nascono dal matrimonio) (Corte cost. 3/11/00, n. 461, pres. Mirabelli, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2273)
  • È rilevante e non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 1, comma 194, l. n. 662/96 nella parte in cui, in deroga alle disposizioni sulla prescrizione dei contributi previdenziali di cui all'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335/95, stabilisce che i datori di lavoro che non abbiano versato contributi di previdenza ed assistenza sulle somme di cui all'art. 9 bis D.L. n. 103/91, come modificato dall'art. 1, comma 193, l. n. 662/96 per il periodo dal 1/9/85 al 30/6/96, siano tenuti al pagamento di un contributo pari al 15% su tali somme, per contrasto con l'art. 3 Cost. (Trib. Firenze 18/10/00 ordinanza, est. De Franco, in Lavoro giur. 2001, pag. 152, con nota di Rondo, È incostituzionale la deroga - retroattiva - alla disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali?; in Dir. lav. 2001, pag. 247, con nota di Conti, Il finanziamento della previdenza integrativa pregressa e la prescrizione dei relativi contributi)
  • E' costituzionalmente illegittimo l'art. 1, 1° comma, l. 25/2/92, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antiepatite B, a partire dall'anno 1983. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3° comma e 2, 1° e 2° comma, l. n. 210/92 sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 38 Cost., dal Tribunale di Firenze. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della l. n. 210/92, come integrati dall'art. 1, 2° comma, l. 25/7/97, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla l. 25/2/92, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., dal tribunale di Firenze. Al di fuori degli interventi richiesti o promossi dall'autorità pubblica per la tutela della salute come bene collettivo non vi è una ragione determinante del diritto all'indennizzo in favore dei cittadini danneggiati irreversibilmente da epatiti post-trasfusionali ( cfr. Corte Cost. n. 226/00). Proprio per tale ordine di ragioni è invece accolta la questione di legittimità delle disposizioni censurate nella parte in cui escludono il diritto all'indennizzo nei confronti di coloro che, essendo stati sottoposti a vaccinazione antiepatite B non obbligatoria, lo abbiano fatto perché incentivate, in quanto persone considerate "a rischio", a sottoporsi alla vaccinazione stessa nell'ambito di una campagna promossa dall'autorità sanitaria. E' invece infondata la questione di legittimità delle norme in questione nella parte in cui non prevedono la liquidazione del danno biologico subìto a seguito di emotrasfusione. E' infatti impossibile trasferire elementi di un sistema di garanzia (quello da responsabilità civile, in cui il danno biologico si inquadra) in un altro, basato su un criterio indennitario predeterminato. Mentre la responsabilità civile presuppone un legame tra fatto illecito e danno risarcibile (da determinare giudizialmente dopo aver individuato il fatto e il responsabile), il diritto all'indennità sorge per il solo fatto del danno irreversibile derivante da epatite post-trasfusionale, in una misura prefissata dalla legge (Corte Cost. 16/10/00, n. 423, pres. Mirabelli, est. Zagrebelsky, in Riv. Giur. Lav. 2001, pag. 230, con nota di Mazziotti, L'indennizzo delle vittime di trasfusioni o di vaccinazioni. Necessità di combinare equità e diritto positivo)
  • Non è fondata , in riferimento agli artt. 3, 39 e 41 della Costituzione , la questione di legittimità costituzionale dell'art. 59, 3° comma, l. 27/12/97, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 1998, per tutti i soggetti nei cui confronti trovino applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 20/11/90, n. 357, "il trattamento si consegue esclusivamente in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti dalla disciplina generale obbligatori di appartenenza" (Corte cost. 28/7/00, n. 393, pres. Mirabelli, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 789)
  • E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 183, l. n. 662/96 e l'art. 36, comma 5, l. n. 448/98, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 38, 101, 102, 113 Cost., nelle parti in cui prevedono l'estinzione d'ufficio, con compensazione delle spese, dei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle rispettive leggi - aventi ad oggetto le questioni di cui all'art. 1, commi 181 e 182, della medesima legge n. 662/96 - e privano di effetto i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato (Corte cost. 20/7/00, n. 310, pres. Mirabelli, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 829)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, l. 25/2/92, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata dall'art. 1, 2° comma, l. 25/7/97, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla l. 25/2/92, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione, dal pretore di Milano. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 2° comma, prima parte - come modificato dall'art. 7, 1° comma, decreto legge 23/10796, n. 548, convertito in legge 20/12/96, n. 641 - e dell'art. 3, 7° comma l. n. 210/92, nonché dell'art. 1, 2° comma, l. n. 238/97, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 2° comma, e 38 della Costituzione, dal pretore di Trento. Non hanno quindi diritto ad un indennizzo da parte dello Stato i cittadini che, prima della l. n. 210/92, abbiano contratto infezioni da Hiv o Hcv a seguito di trasfusione di sangue o emoderivati. Sotto il profilo della presunta violazione dell'art. 32 Cost., al di fuori di interventi richiesti dall'autorità pubblica per la tutela della salute come bene collettivo, non vi è una ragione determinante del diritto all'indennizzo. In sostanza, il dovere di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. opera, in questo ambito, solo quando vi sia un interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario legalmente sancito. Dal punto di vista della presunta violazione dell'art. 38 Cost., invece, il diritto a misure di sostegno assistenziale in caso di malattia non è indipendente dal necessario intervento del legislatore nell'esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura e delle modalità di erogazione delle provvidenze da adottarsi, nonché della loro gradualità, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari (Corte Cost. 22/6/00, n. 226, pres. Mirabelli, est. Zagrebelsky, in Riv. Giur. Lav. 2001, pag. 229, con nota di Mazziotti, L'indennizzo delle vittime di trasfusioni o di vaccinazioni. Necessità di combinare equità e diritto positivo)
  • Vanno restituiti al giudice rimettente gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, l. 5/3/90, n. 45 in materia di ricongiunzione dei periodi assicurativi per i liberi professionisti poiché le innovazioni intervenute a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 61/99 (che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle suddette norme, nella parte in cui non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni in cui è o è stato iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto ad avvalersi dei periodi assicurativi pregressi nei limiti e secondo i principi indicati nella relativa motivazione) impongono un nuovo esame della questione (Corte cost. 19/6/00, n. 144 (ord.), pres. Mirabelli, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 848)
  • E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, l. 23/12/96, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), coma 193 (che sostituisce il comma 1 dell'art. 9-bis del decreto-legge 29/3/91, n. 103, aggiunto dalla legge di conversione del 1/6/91, n. 166), e comma 194, nella parte in cui stabilisce, limitatamente al periodo contributivo dal 1/9/85 al 30/6/91, in deroga alle disposizioni sulla prescrizione dei crediti contributivi previdenziali di cui all'art. 3, commi 9 e 10, l. 8/8/95, n. 335, che i datori di lavoro - per i periodi per i quali non abbiano versato i contributi di previdenza ed assistenza sociale sulle contribuzioni e somme di cui al citato art. 9-bis, comma 1, del decreto-legge n. 103/91, come sostituito dal comma 193 dello stesso art. 1, l. n. 662/96 - sono tenuti al pagamento dei contributi previdenziali nella misura del quindici per cento sulle predette contribuzioni e somme, senza oneri accessori. (Corte cost. 8/6/00, n. 178, pres. Mirabelli, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 807)
  • Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, lett. b), del decreto legge 22/5/93, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 19/7/93, n. 243, e dell'art.3, 1°comma, l. 9/1/63, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri) (Corte Cost. 20/1/00 n. 26, pres Vassalli, in Riv. Giur. Lav. 2000, pag. 551, con nota di Mazziotti, Ancora in materia di limiti soggettivi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro: una riforma che tarda a venire)
  • E' costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 1, comma 189 L. 23/12/96, n. 662 (Misure di razionalizzazione nella finanza pubblica) nella parte in cui, con effetto sui trattamenti liquidati dal 30/11/96 al 31/12/96, prevede, quanto alla quota liquidata con il sistema retributivo, il totale divieto di cumulo dei ratei della pensione di anzianità e dei trattamenti anticipati di anzianità, maturati in detto periodo, con redditi da lavoro autonomo (Corte Cost. 4/11/99, n. 416, pres. Granata, in Mass. Giur. Lav. 2000, pag. 130, con nota di Celotto, Un importante riconoscimento del principio di "affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica" e in Riv. Giur. lav. 2000, pag. 161, con nota di Mazziotti, Limiti per motivi di ragionevolezza all'efficacia retroattiva delle norme previdenziali)
  • E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 38 d.p.r. 26/4/57, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4/4/52, n. 118, sul riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti), nella parte in cui non include tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti (Corte Cost. 20/5/99, n. 180, pres. Granata, in Dir. Lav. 2000, pag. 316)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 11 DPR 30/6/35 n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. nella parte in cui conservano l'azione di regresso dell'Inail nei confronti del datore di lavoro in caso di infortunio conseguente a responsabilità penale dello stesso, in deroga alla regola generale, che ne prevede invece l'esonero. Infatti da un lato l'esercizio di un'attività imprenditoriale che si traduca in un illecito penale non può essere privo di obblighi risarcitori in sede civile; dall'altro lato proprio l'art. 41 Cost. limita la tutela dell'iniziativa economia privata quando ponga in pericolo la sicurezza del lavoratore (Corte Cost. 25 ottobre 1999 n. 405, pres Granata, rel. Santosuosso, in D&L 2000, 100)