Pubblico impiego

  • E' da ritenersi escluso il demansionamnto (quale fatto duraturo e foriero di perdita di professionalità) in caso di carattere meramente provvisorio e temporaneo (oltre che generalizzato per tutti i dipendenti di fascia dirigenziale) dell'attività lavorativa svolta nell'immediato avvio di una nuova struttura operativa, seguito dalla pronta assegnazione di mansioni equivalenti. (Cass. 7/10/2008 n. 24738, Pres. Celentano Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 885, e in in Lav. nelle P.A. 2008, con commento di Monica Ferretti, "Trasferimenti di attività tra soggetti pubblici: passaggio personale e natura degli atti. Quando a trasferirsi è il dirigente", 1093) 
  • Nella disciplina del pubblico impiego il demansionamento del lavoratore deve essere valutato in base alla astratta coerenza formale tra inquadramento e nuove mansioni, ma l'interscambiabilità di incarichi all'interno della medesima categoria professionale non può divenire il mezzo per incidere negativamente sulla professionalità del lavoratore, come pattiziamente tipizzata. Ogni tipo di lesione di cui si chiede il ristoro, in conseguenza del demansionamento, deve essere oggetto di prova, nonché determinata nella specie in base al bene della vita effettivamente leso. (Trib. Roma 21/4/2008, d.ssa Marocco, in Lav. nella giur. 2008, 1169) 
  • Essendo il Comandante della Polizia Municipale l'unica figura professionale nell'ambito del Comune che gode di una disciplina ad hoc, non è consentita la sua sostituzione con un altro soggetto, essendogli riservata per espressa previsione normativa una disciplina diversa da quella degli altri dipendenti: la revoca delle funzioni di Comandante della Polizia Municipale determina una dequalificazione professionale del dipendente. (Trib. Camerino 1/3/2007, Est. Basilli, in Lav. nelle P.A. 2007, con nota di Mario Maria Nanni, 725)
  • Va escluso che l'attribuzione al lavoratore, da parte del datore di lavoro pubblico, di mansioni proprie di dipendenti con qualifica inferiore, quando queste siano aggiuntive e non prevalenti rispetto alle mansioni della qualifica di appartenenza, concreti demansionamento illegittimo. (Cass. 7/8/2006 n. 17774, Pres. Mileo Est. Curcuruto, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Sabrina Bellumat, "Inquadramento, attività esigibili e demansionamento nella pubblica amministrazione", 797)
  • Non sussiste alcun diritto dei dipendenti ad essere preposti ad una posizione organizzativa anche qualora l’abbiano già ricoperta in virtù di un precedente incarico, posta la natura temporanea e fiduciaria dell’incarico stesso e gli indubbi margini di discrezionalità valutativa riconosciuti al titolare del potere di conferimento, rinnovo e revoca di tali funzioni. La mancata conferma di un incarico di posizione organizzativa non dà origine a demansionamento, considerato che tali incarichi vengono conferiti a tempo determinato, possono essere revocati anticipatamente, e alla scadenza dell’incarico il dipendente – che comunque resta inquadrato nella categoria di appartenenza – viene restituito alle funzioni del relativo profilo di appartenenza. (Corte d’appello Firenze 28/1/2005 n. 90, Pres. e Est. Bartolomei, in Lav. nelle P.A. 2005, con commento di Monica Navilli, “Incarichi di posizioni organizzative: diritto alla conferma dell’incarico, retribuzione e demansionamento negli enti locali”, 178)
  • La fonte regolatrice dell'ipotesi di cambiamento di mansioni di un dipendente pubblico, non è l'art. 2103 c.c., bensì l'art. 152, D.Lgs n. 165/2001 che al primo comma prevede un evidente mutamento di prospettiva rispetto all'art. 2103 c.c., che il prestatore di lavoro debba essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi. (Trib. Milano 27/3/2002, Est. Negri della Torre, in Lav. nella giur. 2003, 90)
  • La contrattazione collettiva del comparto Regione ed Autonomie Locali non prevede la qualifica di quadro, ma la posizione di quadro collegata all'attribuzione temporanea di un incarico ai dipendenti di categoria D che abbiano superato apposita selezione; pertanto il dipendente cui detto incarico sia stato legittimamente revocato (nella specie, a seguito d'annullamento della relativa selezione da parte del Tar) non può lamentare un demansionamento rispetto alla predetta (non esistente qualifica). (Trib. Milano 19/12/2001, Est. Curcio, in D&L 2002, 374)
  • Il dipendente pubblico del comparto Enti Locali inquadrato nella categoria D cui vengano affidati incarichi inconsistenti e non corrispondenti alla categoria, ha diritto al risarcimento del danno professionale da perdita di chances, poiché detta dequalificazione rende più difficoltosa la successiva assegnazione di incarichi quadro; tale danno deve essere quantificato in via equitativa in un terzo della retribuzione. (Trib. Milano 19/12/2001, Est. Curcio, in D&L 2002, 374)
  • Qualora l'Amministrazione abbia illegittimamente attribuito ad un dipendente un inquadramento superiore e ne abbia mantenuto gli effetti per molto tempo (nella specie quasi un decennio), è tenuta a risarcire al lavoratore il danno biologico, il danno alla persona ed il danno alla professionalità -sotto il profilo della perdita di chances - derivanti dalla sopravvenuta revoca di tale atto di inquadramento. (Trib. Milano 30/11/2001, Est. Chiavassa, in D&L 2002, 109, con nota di Alberto Guariso, "Nomina illegittima, autotutela della PA e risarcimento del danno")
  • L'esercizio dello jus variandi del datore di lavoro pubblico può essere esercitato nell'ambito di mansioni equivalenti, cioè che salvaguardino il bagaglio professionale acquisito dal lavoratore nella fase pregressa del rapporto di lavoro. Lo spostamento del lavoratore a mansioni inserite in un'area classificatoria inferiore prevista dal contratto collettivo costituisce un demansionamento da cui consegue il diritto al risarcimento del danno professionale. (Trib. Trieste 8/2/2002, Est. Multari, in Lav. nella giur. 2003, 465, con commento di Domenico Carlomagno)
  • Nel procedimento d'urgenza ex art. 700 riguardante il mutamento delle mansioni del dipendente pubblico, il danno grave e irreparabile, che si configura come requisito preliminare per l'adozione del provvedimento, deve essere valutato in concreto e non già astrattamente in quanto, altrimenti, il periculum ricorrerebbe indiscriminatamente in tutti i casi di spostamento ad altro incarico con mutamento delle mansioni; per quanto riguarda la professionalità, tale periculum sussiste solo qualora si tratti di mansioni altamente specializzate, che necessitino per loro natura di un continuo aggiornamento, con applicazione pratica a casi concreti, e il cui mancato esercizio dia luogo quindi ad una perdita di professionalità; anche per quanto concerne l'eventuale lesione all'immagine, è necessario individuare in concreto il periculum poiché, di per sé, lo spostamento da un incarico ad un altro non implica in alcun modo lesione della dignità del lavoratore, non potendosi ritenere detto spostamento necessariamente punitivo e significativo di comportamenti riprovevoli (Trib. Benevento 23/1/01 ordinanza, pres. e est. Chiariotti, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 382, con nota di Pisani, Azione cautelare e dequalificazione nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione)
  • L'eventuale danno alla professionalità del dipendente pubblico derivante dall'adibizione a mansioni inferiori non è suscettibile di essere eliminato con il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., stante la preclusione di una pronuncia ripristinatoria, con conseguente inutilità-inidoneità, rispetto al pericolo di pregiudizio prospettato dal ricorrente, del provvedimento stesso (Trib. Gorizia 2/8/00 ordinanza, pres. e est. Masiello, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 382, con nota di Pisani, Azione cautelare e dequalificazione nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione)
  • Al dipendente pubblico privatizzato che lamenti un'illegittima dequalificazione professionale non si applica l'art. 2103 c.c. bensì l'art. 56 del D. Lgs. 3/2/93 n. 29, norma che, pur ricalcando apparentemente quella codicistica, se ne differenzia profondamente: in particolare l'indicata norma del D. Lgs. citato utilizza il principio di equivalenza con riferimento alle mansioni di assunzione (e non alle mansioni da ultimo svolte), e consente al datore di lavoro pubblico l'esercizio dello ius variandi nell'ambito delle mansioni da considerarsi "equivalenti" in base alla classificazione fornitane dalla contrattazione collettiva, limitando pertanto l'ambito sul successivo controllo giudiziale (Trib. Milano 5 maggio 2000, est. Peragallo, in D&L 2000, 758)
  • Al dirigente di ente locale che lamenti un'illegittima dequalificazione professionale non si applica l'art. 2103 c.c. in quanto l'art. 19 del D. Lgs. 3/2/93 n. 29 - che ribadisce i principi di temporaneità e mobilità negli incarichi dirigenziali già introdotti dal D. Lgs. 17/5/97 n. 127 - esclude espressamente l'applicabilità della norma codicistica in ipotesi di conferimento o mutamento di incarichi dirigenziali; il criterio della "capacità professionale" richiamato dal 1° comma di tale articolo non è pertanto riferibile alla professionalità acquisita, tutelata dall'art. 2103 c.c., bensì a un giudizio prognostico sulle potenzialità del dirigente, ed è quindi criterio derogabile e non vincolante (Trib. Milano 5 maggio 2000, est. Peragallo, in D&L 2000, 758)