In genere

  • Discriminatoria la trattenuta dell’indennità di preavviso a carico del lavoratore che si dimette, quando lo stesso non ha potuto effettuarlo in servizio a causa di una condizione di disabilità.
    Il Tribunale accoglie il ricorso di un lavoratore disabile e condanna la società convenuta a restituire la somma illegittimamente trattenuta a titolo di indennità sostitutiva del preavviso. La società aveva infatti trattenuto tre mensilità di stipendio al lavoratore, dopo che questi aveva rassegnato le dimissioni per accedere al pensionamento, per via del peggioramento delle condizioni di salute, ma non aveva potuto prestare attività lavorativa durante il periodo di preavviso. Secondo il Tribunale il comportamento della società che applica la sospensione del termine di preavviso al lavoratore assente per malattia, quando quest’ultima è causata dallo stato di disabilità, integra una discriminazione indiretta. (Trib. Lecco 30/1/2023, Giud. Trovò, in Wikilabour, Newsletter n. 10/23)
  • In caso di dimissioni del prestatore, la rinunzia al periodo di preavviso da parte del datore di lavoro non obbliga alla corresponsione dell’indennità sostitutiva, in assenza di una specifica clausola contenuta nel contratto individuale di lavoro o nel contratto collettivo. (Trib. Padova 7/3/2019 n. 181, Giud. Dallacasa, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di V. Del Gaiso, Dimissioni del lavoratore: il datore può rinunciare al preavviso senza corrispondere l’indennità sostitutiva”, 385)
  • A fronte del riconoscimento di adeguati benefici sia economici che legati alla progressione della carriera in capo al prestatore di lavoro subordinato, è del tutto legittima la clausola con la quale egli si impegna, in caso di dimissioni, a osservare un periodo di preavviso di durata sensibilmente superiore a quella ordinariamente prevista da parte del contratto collettivo. (Cass. 15/9/2016 n. 18122, Pres. Nobile Rel. Negri Della Torre, in Lav. nella giur. 2017, 92)
  • L’obbligo di preavviso per le dimissioni non trova applicazione nel caso in cui il rapporto di lavoro sia sospeso per la collocazione in cigs del lavoratore, con la conseguenza che è illegittimo il comportamento del datore che trattenga dalle competenze di fine rapporto una somma a titolo di indennità di mancato preavviso. (Trib. Napoli 15/6/2015, Est. Vargas, in Riv. it dir. lav. 2016, con nota di Fabio Avallone, “Il lavoratore malato in cigs e dichiarato inabile civile al 100% è tenuto a rispettare il termine di preavviso in caso di dimissioni?”, 3)
  • In materia di recesso dal rapporto di lavoro, è valida la clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito per il licenziamento, ove tale facoltà di deroga sia prevista dal contratto collettivo e sia compensata da altri vantaggi (Cass. 12/3/2015 n. 4991, Pres. Macioce Est. Buffa, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di, “Legittima la deroga delle parti al periodo di preavviso previsto dal ccnl”, Maria Antonietta Carbone, 9)
  • Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può essere risolto dal lavoratore con una dichiarazione di volontà unilaterale e recettizia (dimissioni), per la quale vige il principio della libertà di forma, a meno che le parti non abbiano espressamente previsto una particolare forma convenzionale per la validità dell’atto “ad substantiam”. (Trib. Udine 12/3/2014 n. 108, Giud. Berardi, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Pietro Polizzotto, 1014)
  • Alle parti collettive non è consentito di concordare l’attribuzione a determinati comportamenti del lavoratore di valore e significato negoziale di manifestazione implicita o per facta concludentia della volontà di dimettersi, senza possibilità di prova contraria. Il rapporto di lavoro può estinguersi, in base all’ordinamento giuridico, esclusivamente per le cause a tal fine previste dalla legge e non è permesso alle parti introdurre altre cause di estinzione del rapporto. (Cass. 2/7/2013 n. 16507, Pres. Stile Est. Napoletano, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Paola Salazar, 137)
  • La minaccia di far valere un diritto costituisce causa invalidante di un negozio giuridico soltanto quando l’autore di essa se ne serva per conseguire, non già il risultato ottenibile con l’esercizio del diritto, ma vantaggi ingiusti, abnormi o diversi da detto risultato o obiettivamente iniqui ed esorbitanti rispetto al dovuto. Nel caso in cui, invece, sussista perfetta identità dell’effetto consistente nell’estinzione ad nutum del rapporto stesso, conseguibile con le dimissioni o con il licenziamento, il risultato conseguito dal datore di lavoro non può considerarsi abnorme, né esorbitante o obiettivamente ingiusto. (Trib. Milano 19/2/2013 Giud. Cipolla, in Lav. nella giur. 2013, 526)
  • Ai sensi dell’art. 55 D.Lgs. 26/3/01 n. 151 la lavoratrice madre nel primo anno di età del figlio è legittimata a rassegnare le dimissioni senza onere di preavviso, anche qualora la stessa si ricollochi immediatamente nel mercato del lavoro, con conseguente illegittimità della trattenuta operata dal datore di lavoro della corrispondente indennità sostitutiva. (Trib. Bergamo 9/2/2012, Est. Bertoncini, in D&L 2012, 588)
  • E' valida e non contrasta con alcuna norma o principio dell'ordinamento giuridico la clausola contrattuale con la quale il lavoratore, disponendo liberamente della propria facoltà di recesso, pattuisce una garanzia di durata minima del contratto di lavoro e si obbliga a risarcire il danno al datore nell'ipotesi di dimissioni anticipate. (Cass. 19/8/2009 n. 18376, Pres. Roselli Est. Curcuruto, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Annamaria Donini, "Clausola di durata minima: la Cassazione conferma il proprio orientamento a favore della disponibilità della facoltà di recesso del lavoratore", 358) 
  • Se il testo delle dimissioni risulta scritto al computer e in modo del tutto generico, mentre solo la data è scritta a penna, anche a ritenere autentica la sottoscrizione del lavoratore si versa quanto meno nell'ipotesi di dimissioni in bianco cioè quelle dimissioni prive di data e quindi nulle per difetto di causa. Inoltre, va valutata l'assenza di fatti concludenti idonei a svelare la volontà del lavoratore di dimettersi: infatti, al lavoratore, per palesare la volontà di dimettersi, sarebbe bastata l'ingiustificata assenza dal lavoro dopo il periodo di malattia. (Trib. Arezzo 21/10/2008, Giud. Afeltra, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Anna Piovesana, 398)
  • In un procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine della sussistenza del c.d. periculum in mora deve valutarsi non soltanto l'aspetto retributivo, in relazione alle esigenze primarie del lavoratore e della sua famiglia, ma anche l'interesse del lavoratore stesso a rendere la propria prestazione lavorativa, anche per la sua dignità. (Trib. Arezzo 21/10/2008, Giud. Afeltra, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Anna Piovesana, 398)
  • In seguito alla "contrattualizzazione, il lavoratore pubblico che intenda determinare l'estinzione del rapporto non presenta più, come nel regime di diritto pubblico, una "domanda" per l'avvio del procedimento amministrativo culminante nel provvedimento di "accettazione" delle dimissioni, ma manifesta al datore di lavoro la volontà di recesso mediante negozio giuridico unilaterale recettizio (art. 2118 c.c.). Pertanto qualora il dipendente dichiari di voler essere collocato in pensione "con decorrenza dal giorno successivo al compimento dei requisiti previdenziali corrispondenti a 40 anni di servizio", si configura una responsabilità contrattuale del datore di lavoro pubblico che rifiuti la prestazione lavorativa da una data precedente quella in cui il lavoratore abbia maturato il predetto requisito di servizio. (Cass. 8/5/2008 n. 11373, Pres. Sciarelli Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 2008, 645) 
  • Dichiarata la nullità del termine con conseguente dichiarazione della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dall'inizio della prestazione, la disciplina del comporto di malattia non è quella dettata con riguardo al contratto a termine e parametrata sulla sua durata, bensì quella relativa ai rapporti di lavoro a tempo indetrminato prevista in generale; ne discende la nullità del recesso operato dal datore di lavoro per superamento del periodo di comporto breve previsto per il dipendente a tempo determinato. Corte app. Firenze 15/10/2007, Pres. Amato Est. Nisticò, in D&L 2008, con nota di Andrea D. Conte, "Illegittimità del termine ed effetto "moviola": orientamenti della giurisprudenza verso una tutela "integrale"", 547)
  • In tema di dimissioni del lavoratore, il fatto che questi le abbia presentate in adesione a un accordo intervenuto tra le organizzazioni sindacali e il datore di lavoro, per garantirsi la riassunzione presso altro datore di lavoro, non esclude che l'atto corrisponda alla sua effettiva volontà negoziale; pertanto, in quanto atto unilaterale recettizio, che ai sensi dell'art. 1324 c.c. soggiace alle norme in tema di annullabilità per vizi della volontà dei contratti, le dimissioni possono essere annullate soltanto se sussistono i presupposti di cui agli artt. 1427 e ss. c.c. (Cass. 5/10/2007 n. 20887, Pres. Mattone Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2008, 311 e in Dir. e prat. lav. 2008, 1531)
  • Il disconoscimento non costituisce mezzo processuale idoneo a dimostrare l'abusivo riempimento del foglio in bianco, sia che si tratti di riempimento absque pactis, sia che si tratti di riempimento contra pacta, dovendo invece essere proposta querela di falso, qualora si sostenga che nessun accordo per il riempimento era stato raggiunto, e dovendo invece essere fornita la prova di un accordo dal contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto, qualora si sostenga che l'accordo raggiunto era diverso. (Cass. 15/5/2007 n. 11163, Pres. Ravagnani Est. Miani Canevari, in D&L 2007, con nota di Chiara Zambrelli, "Dimissioni in bianco e possibili rimedi", 1196)
  • La prova gravante sul lavoratore - che chieda giudizialmente la declaratoria di illegittimità dell'estinzione del rapporto, allegando di essere stato licenziato - riguarda esclusivamente la cessazione del rapporto lavorativo, cioè la sua estromissione dal luogo di lavoro ovvero, da parte del datore di lavoro, della prestazione lavorativa messagli a disposizione dal lavoratore, mentre la prova sulla controdeduzione del datore di lavoro - avente valore di un'eccezione - ricade sull'eccipiente ex art. 2697, secondo comma, c.c. (Corte app. Milano 28/3/2007, Pres. Ruiz Rel. Trogni, in Lav. nella giur. 2008, 93)
  • Le dimissioni del lavoratore costituiscono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui pervengono a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo, con la conseguenza che la successiva revoca delle stesse è inidonea a eliminare l'effetto risolutivo che si è già prodotto, restando limitata la prosecuzione del rapporto al solo periodo di preavviso. Tuttavia, in applicazione del principio generale di libertà negoziale, le parti possono consensualmente stabilire di porre nel nulla le dimissioni con conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso e, in tal caso, l'onere di fornire la dimostrazione del raggiungimento del contrario accordo, che, come le dimissioni, non richiede la forma scritta, salva una diversa espressa previsione contrattuale, è a carico del lavoratore. (Cass. 26/2/2007 n. 4391, Pres. Ciciretti Est. Nobile, in Lav. nella giur. 2007, 1027)
  • E' ammissibile la richiesta di riammissione in servizio del pubblico dipendente che si sia dimesso durante il periodo di prova e che ne faccia domanda entro il termine previsto dal contratto collettivo. (Trib. Ravenna 14/2/2007, Est. Riverso, in ADL 2008, con commento di Maria Giovanna Greco, "Riammissione in servizio e divieto di reformatio in peius del trattamento retributivo, nel passaggio da un'amministrazione a un'altra, nel lavoro pubblico privatizzato", 208)
  • Nell'ipotesi di controversia in ordine alle modalità di risoluzione del rapporto - nella quale il lavoratore assume di essere stato licenziato oralmente, mentre il datore di lavoro eccepisce che lo stesso ha dato le dimissioni - ai sensi dell'art. 2697 c.c., la mancanza di prova certa sulle dimissioni non può sopperire alla assoluta mancanza di prova del licenziamento verbale, poichè, altrimenti, si verificherebbe una sorta di inversione dell'onere della prova, dato che quella sull'avvenuto licenziamento incombe sul lavoratore. (Corte App. Milano 31/1/2007, Pres. Salmeri Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2007, 947)
  • L'istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario di amministrazione pubblica (ai sensi dell'art. 132, d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato) non fonda il diritto soggettivo alla ricostituzione del rapporto di lavoro, in quanto presuppone la decisione discrezionale dell'amministrazione circa la sussistenza di un interesse pubblico a coprire il posto rimasto scoperto. (Cass. 5/10/2006 n. 21408, Pres. Sciarelli Est. De Luca, in ADL 2007, con nota di Sabrina Bellumat, "Sul controverso diritto alla riammissione in servizio del dipendente nella pubblica amministrazione" 549)
  • Nell’ipotesi in cui il contratto collettivo attribuisca il valore delle dimissioni a un certo periodo di assenza ingiustificata dal posto di lavoro, tale presunzione ammette la prova contraria, la quale può desumersi anche dal comportamento del datore di lavoro che, con valutazione propria, non abbia reputato sussistente una reale volontà risolutiva da parte del dipendente (fattispecie relativa all’ipotesi di un datore di lavoro che, nonostante l’assenza del dipendente per un periodo superiore ai tre giorni previsti dal contratto collettivo applicato come ipotesi di dimissioni presunte del lavoratore, ha provveduto al suo licenziamento al termine di un procedimento disciplinare a causa delle menzionate assenze). (Trib. Milano 8/6/2005, Est. Di Leo, in Orient. Giur. Lav., 2005, 958)
  • Il lavoratore che ha presentato dimissioni con preavviso non può in un secondo tempo mutare il regime delle stesse, affermando che si devono intendere per giusta causa, poiché nel momento in cui la dichiarazione costituente il contenuto delle dimissioni è giunta a destinazione si è perfezionata e il lavoratore non può più intervenire. L’immutabilità deriva dal fatto che le dimissioni sono un atto recettizio che si perfeziona con la sua comunicazione, momento in cui si esaurisce la possibilità di modificare la dichiarazione. (Trib. Verona 7/9/2004, Est. Matano, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Francesca Marchesan, 462)
  • L’indennità sostitutiva di preavviso che il lavoratore dimissionario è tenuto a pagare va calcolata adottando, come parametro di risarcimento, la retribuzione indicata nel ccnl, ma detraendo dall’importo le trattenute previdenziali e fiscali, perché le stesse non sono dovute né al datore di lavoro, né agli istituti; il parametro serve solo a quantificare il risarcimento e non comporta l’assoggettamento della indennità sostitutiva alla disciplina previdenziale e fiscale prevista per la retribuzione. (Corte d’appello Milano 13/2/2004, Pres. Mannacio Rel. Ruiz, in Lav. nella giur. 2004, 906)
  • Le dimissioni del lavoratore costituiscono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui pervengono a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo, con la conseguenza che la successiva revoca delle stesse è inidonea ad eliminare l’effetto risolutivo che si è già prodotto, restando limitata la prosecuzione del rapporto al solo periodo di preavviso. Tuttavia, in applicazione del principio generale di libertà negoziale, le parti possono consensualmente stabilire di porre nel nulla le dimissioni con conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso. L’onere di fornire la dimostrazione di tale contrario accordo, che, come le dimissioni, non richiede la forma scritta, salva una diversa espressa previsione contrattuale, è a carico del lavoratore. (Cass. 12/5/2004 n. 9046, Pres. Mattone Rel. Dell’Anno, in Dir. e prat. lav. 2004, 2582)
  • Il lavoratore indotto alle dimissioni da colpevole comportamento dell'Inps, che gli abbia erroneamente comunicato il perfezionamento del requisito contributivo per il conseguimento della pensione di anzianità, ha diritto al risarcimento del danno in un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute tra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell'effettivo conseguimento della detta pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati. (Cass. 24/1/2003, n. 1104, Pres. Senese, Rel. Filadoro, in Lav. nella giur. 2003, 576)
  • In materia di estinzione del rapporto di lavoro, le dimissioni volontarie dal servizio da parte del pubblico dipendente sono un atto unilaterale recettizio che produce il suo effetto nel momento in cui viene a conoscenza il datore di lavoro e la cui eventuale revoca non ha effetto se non viene accettata dall'Amministrazione. In materia di revoca delle dimissioni volontarie dal servizio da parte del pubblico dipendente, l'eventuale differimento della data del collocamento a riposo da parte dell'Amministrazione non equivale ad accettazione della revoca, ma ad una nuova proposta di lavoro che si intenda accettata dal dipendente con il comportamento concludente della permanenza in servizio. (Corte d'Appello Milano 29/11/2002, Pres. Ruiz Est. Accardo, in D&L 2003, 169)
  • Nel caso in cui il lavoratore non provi il licenziamento verbale dedotto in giudizio e, contestualmente, il datore di lavoro non provi le asserite dimissioni del primo, il rapporto tra le parti, in difetto di prova di di un valido atto risolutivo, deve essere considerato ancora esistente con conseguente diritto del lavoratore alla riammissione nel posto di lavoro ed al pagamento delle retribuzioni dovute. (Trib. Firenze 8/2/2002, Est. Nuvoli, in D&L 2002, 980)
  • In tema di licenziamento in tronco, questo ha effetto legale dal momento della consegna della comunicazione scritta all'interessato, ferma rimanendo la disciplina giuridica-art. 1334 c.c.-degli atti unilaterali recettizi. Pertanto il succesivo atto di dimissioni, intervenendo su un rapporto di lavoro cessato, si configura come atto privo di causa e, in quanto tale, affetto da nullità. (Corte d'Appello Firenze 15/9/2001, Pres. Cacialli, in Lav. nella giur. 2003, 85)
  • La previsione del contratto collettivo che stabilisca come normale la forma scritta delle dimissioni non costituisce regola assoluta di efficacia del negozio, ma comporta soltanto un particolare rigore nell'accertamento dell'esistenza di un negozio orale di dimissioni (Cass. 13/4/00, n. 4760, pres. Mercurio, est. Servello, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 166, con nota di Caro, La ripartizione dell'onere della prova dell'estinzione del rapporto di lavoro, in assenza di dichiarazioni negoziali scritte)
  • A seguito dell’apertura di procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale ex art. 24, L.23/7/91 n. 223, ai lavoratori che rassegnino spontanee dimissioni senza preavviso, non è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso, ma nemmeno può essere operata dal datore di lavoro alcuna ritenuta a titolo di mancato preavviso (Pret. Milano 2/7/97, est. Frattin, in D&L 1998, 101)