Normativa comunitaria

  • No a una normativa che prevede l’estinzione delle ferie non potute godere alla cessazione del rapporto di lavoro.
    La legge tedesca stabilisce che in caso di mancata fruizione delle ferie nell’anno di riferimento, queste vanno godute nei primi tre mesi dell’anno successivo. Un lavoratore a cui, in base a tale legge, era stata negata l’indennità sostitutiva delle ferie per i giorni che non aveva potuto goderne fino alla cessazione del rapporto di lavoro, a causa di malattia e poi per un’aspettativa di accompagnamento alla pensione, aveva al riguardo promosso un giudizio, nel corso del quale era stata interpellata la Corte di giustizia, per l’interpretazione al riguardo del diritto comunitario. Questa, accogliendo i dubbi del giudice del rinvio, osserva che: (i) il diritto alle ferie annuali è retribuito e la componente economica permane, sotto forma di indennità, quando il dipendente non è in grado di fruire delle ferie a causa della cessazione del rapporto di lavoro; (ii) l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato; (iii) il diritto alle ferie presuppone normalmente un precedente periodo di lavoro, ma spetta anche in caso di assenza per malattia, a meno che questa sia talmente lunga che il cumulo di ferie crei seri problemi all’impresa, snaturando la nozione stessa di riposo; (iv) la normativa tedesca esaminata non è conforme al diritto comunitario perché fa estinguere il diritto a ferie di breve durata che il dipendente non ha potuto godere a causa, prima della malattia e poi dell’aspettativa pre-pensionamento. (Corte di Giustizia UE 27/4/2023 in causa n. C-192/22, Pres. Xuereb Rel. Ziemele, in Wikilabour, Newsletter n. 9/23)
  • Si sottopone alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE: Se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute (e per un istituto giuridico quale le cd. «Festività soppresse» equiparabile per natura e funzione al congedo annuale per ferie) non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo (licenziamento accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il ripristino retroattivo del rapporto lavorativo) addebitabile al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione. (Cass. 10/1/2019 n. 451, ord., Pres. Bronzini Est. Cinque, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di S. Bellomo, “La reintegrazione giudiziale fa ‘risorgere’ il diritto alle ferie”, 515)
  • L’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta a norme o prassi nazionali che prevedono che il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato a un periodo di lavoro effettivo minimo di dieci giorni o di un mese durante il periodo di riferimento. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  • Spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo in considerazione il complesso del diritto interno, in particolare l’art. L. 223-4 del codice del lavoro, e applicando i metodi di interpretazione da tale diritto riconosciuti, al fine di garantire la piena efficacia dell’art. 7 della direttiva 2003/88 e di giungere a una soluzione conforme alle finalità da essa perseguita, se si possa pervenire a un’interpretazione di tale diritto che consenta di equiparare l’assenza del lavoratore per incidente in itinere a una delle fattispecie menzionate in tale articolo del codice del lavoro. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  • Se una simile interpretazione non fosse possibile, spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce della natura giuridica dei convenuti nel procedimento principale, possa essere invocato nei loro confronti l’effetto diretto dell’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  • Qualora il giudice nazionale non possa raggiungere il risultato perseguito dall’art. 7 della direttiva 2003/88, la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione potrebbe tuttavia avvalersi della sentenza del 13 novembre 1991, Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90) per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  • L’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione nazionale che prevede, a seconda della causa dell’assenza del lavoratore in congedo di malattia, una durata delle ferie annuali retribuite superiore o uguale al periodo minimo di quattro settimane garantito da tale direttiva. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  • L’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a norme o a prassi nazionali, quali i contratti collettivi, che, prevedendo un periodo di riporto di quindici mesi allo scadere del quale il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue, limitano il cumulo dei diritti a tali ferie di un lavoratore inabile al lavoro durante più periodi di riferimento consecutivi. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 22/11/2011 causa C-214/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 679)
  • Spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo in considerazione il complesso del diritto interno, in particolare l’art. L. 223-4 del codice del lavoro, e applicando i metodi di interpretazione da tale diritto riconosciuti, al fine di garantire la piena efficacia dell’art. 7 della direttiva 2003/88 e di giungere a una soluzione conforme alle finalità da essa perseguita, se si possa pervenire a un’interpretazione di tale diritto che consenta di equiparare l’assenza del lavoratore per incidente in itinere a una delle fattispecie menzionate in tale articolo del codice del lavoro. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675
  • La Direttiva 93/104/Ce sull'orario di lavoro esclude che il periodo minimo di ferie annuali, pari a quattro settimane, possa essere sostituito da un'indennità, imponendo, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, che questi beneficino effettivamente di periodi minimi di riposo annuale; da tale principio di effettività consegue il diritto del lavoratore - allorchè l'anno di maturazione delle ferie si stia esaurendo e il datore di lavoro non abbia fornito indicazioni al fine di consentire l'effettivo godimento - all'unilaterale determinazione delle ferie stesse, sia per il periodo minimo di due settimane di cui all'art. 10 D.Lgs. 8/4/03 n. 66, sia per le ulteriori settimane per le quali la disciplina collettiva (fatta salva dall'art. 10 cit.) prevede il diritto alla fruizione continuativa e nell'anno di maturazione (fattispecie relativa al Ccnl edili e all'accordo integrativo per la provincia di Firenze del 2002). Tale unilaterale collocazione in ferie non può pertanto considerarsi come assenza ingiustificata. (Corte App. Firenze 11/4/2007, Pres. Pieri Est. Amato, in D&L 2007, con nota di Irene Romoli, "Monetizzazione delle ferie e fruibilità per un periodo continuativo: legislazione comunitaria e applicabilità all'ordinamento nazionale", 794)   
  • L’art. 7 della Direttiva del Consiglio 23/11/93, 93/104/Ce (concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), come modificato dalla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22/6/2000, 2000/34/Ce, deve essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione nazionale consenta, in costanza del contratto di lavoro, che i giorni di ferie annuali ai sensi dell’art. 7, n.1, non goduti nel corso di un dato anno, siano sostituiti da un’indennità economica nel corso di un anno successivo. (Corte di Giustizia Ce 6/4/2006, causa C-124/05, Pres. P. Jann Rel. N. Colneric, in D&L 2006, con n. Carmen Schettini, “La giurisprudenza comunitaria in materia di ferie”, 407 e in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Giancarlo Ricci, "Frazionamento del periodo di ferie annuali e principio di non monetizzibilità secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia", 503)
  • L'art. 7, n. 1 della direttiva del Consiglio 23/11/93, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, non consente ad uno Stato membro di adottare una normativa nazionale in base alla quale i lavoratori inizino a maturare il diritto alle ferie annuali retribuite solo a condizione di aver compiuto un periodo minimo di tredici settimane di lavoro ininterrotto alle dipendenze dello stesso datore di lavoro (Corte di Giustizia CE 26/6/2001, n C-173/99, in Lavoro giur. 2001, pag. 1141, con nota di Testa, Il problematico contemperamento tra ferie e salute nei contratti a termine)