Comunicazione dei motivi

  • Il provvedimento di trasferimento non deve necessariamente recare l’indicazione dei motivi, non essendo prescritto, per il provvedimento di trasferimento, alcun onere di forma, salvo poi l’onere probatorio del datore di dimostrare in giudizio le circostanze che lo giustificano, come previsto dall’articolo 2103 c.c. (Trib. Roma 21/1/2014, Giud. Mormile, in Lav. nella giur. 2014, 416)
  • Il datore di lavoro non è obbligato a enunciare le ragioni del trasferimento contestualmente alla sua adozione ma è certamente tenuto a farlo ove il lavoratore ne faccia richiesta nei termini previsti; in difetto di tale comunicazione è illegittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che non accetti di trasferirsi nella nuova sede. (Cass. 28/10/2013 n. 24260, Pres. Maisano Rel. Pagetta, in Lav. nella giur. 2014, 183)
  • Ai fini dell’efficacia del provvedimento di trasferimento del lavoratore, non è necessario che vengano enunciate contestualmente le ragioni del trasferimento stesso, atteso che l’art. 2103 c.c., nella parte in cui dispone che la regioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova. Pertanto, l’onere dell’indicazione delle ragioni del trasferimento, che, in caso di mancato adempimento, determina l’inefficacia sopravvenuta del provvedimento, sorge a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta – dovendosi applicare per analogia la disposizione di cui all’art. 2 della l. 15 luglio 1966, n. 604, che prevede l’insorgenza di analogo onere nel caso in cui il lavoratore licenziato chieda al datore di lavoro di comunicare i motivi del licenziamento. (Trib. Milano 21/3/2012, Giud. Casella, in Lav. nella giur. 2012)
  • In caso di trasferimento del lavoratore, non sussiste l'obbligo del datore di lavoro di comunicare contestualmente le ragioni tecnico-produttive del trasferimento, essendo invece sufficiente che siano effettive e provate dal datore di lavoro solo in caso di contestazione. (Trib. Milano 14/8/2008, Est. Lualdi, in Orient. della giur. del lav. 2008, 694) 
  • Con riferimento ai singoli istituti scolastici non puòparlarsi di "unità produttiva" ai sensi dell'art. 2103 c.c. con conseguente necessità della sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive ai fini della legittimità del trasferimento, posto che per unità produttiva deve intendersi ogni sede, stabilimento, filiale ufficio o reparto dell'impresa, ma soltanto la più consistente e vasta entità aziendale che, eventualmente articolata in organismi minori, anche non ubicati tutti nel territorio del medesimo comune, si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo a una frazione o a un momento essenziale dell'attività produttiva aziendale. Ne consegue che deve escludersi la configurabilità di un'unità produttiva in relazione alle articolazioni aziendali che, sebbene dotate di una certa autonomia amministrativa, siano destinate a scopi interamente strumentiali o a funzioni ausiliarie sia rispetto ai generali fini dell'impresa sia rispetto a una frazione dell'attività produttiva della stessa. (Trib. Roma 4/12/2007 Rel. Mucci, in Lav. nella giur. 2008, 742)
  • Il provvedimento di trasferimento non è soggetto ad alcun onere di forma e non deve necessariamente recare l'indicazuione dei motivi, né il datore di lavoro ha l'obbligo di rispondere al lavoratore che li richieda, fermo l'obbligo di provare in giudizio le comprovate ragioni che lo hanno determinato. (Cass. 5/1/2007 n. 43, in Dir. e prat. lav. 2008, 1427)
  • Il provvedimento di trasferimento non richiede necessariamente la contestuale indicazione delle ragioni per le quali è adottato, atteso che l'art. 2103 c.c., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e che di esse il datore di lavoro fornisca la prova; con la conseguenza che l'onere di indicazione delle ragioni del trasferimento sorge a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta, dovendosi applicare per analogia la disposizione di cui all'art. 2, legge n. 604 del 1966. (Trib. Ivrea 30/10/2006 Giud. Morlini, in ADL 2007, 498 e in Dir. e prat. lav. 2008, 1427)
  • In tema di trasferimento del lavoratore e con riferimento alla sussistenza delle ragioni organizzative e produttive riferite alla sede di partenza, ai fini della prova che deve fornire il datore di lavor, rileva - non la dislocazione urbana degli stabilimenti o uffici - ma lanozione di unità produttiva, individuabile in ogni articolazione autonoma dell'azienda avente, sotto il profilo funzionale e finalistico, idoneità a esplicare, in tutto o in parte, l'attività dell'impresa medesima, anche se composta da stabilimenti o uffici dislocati in zone diverse dello stesso Comune. (Cass. 22/3/2005 n. 6117, in Dir. e prat. lav. 2008, 1425
  • In analogia a quanto avviene per il licenziamento (L. n. 604/1966), anche il trasferimento del lavoratore deve essere motivato, su richiesta, posto che esso è provvedimento per così dire causale, cioè legittimo solo in presenza di cause che la motivazione rende esplicite e giudizialmente verificabili. (Corte d’appello Milano 20/2/2004, Pres. e rel. Mannacio, in Lav. nella giur. 2004, 907)
  • Poiché l'interesse protetto dall'art. 2103 c.c. è costituito dall'esigenza di bilanciaree limitare il potere unilaterale del datore di lavoro di modificare il luogo della prestazione lavorativ, al fine di evitare possibilmente disagi personali e professionali la lavoratore, occorre adottare una nozione sostanziale di trasferimento in senso geografico ravvisabile in un apprezzabile mutamento del luogo di svolgimento della prestazione di lavoro, prescindendo dai requisiti dimensionali e di autonomia richiesti dall'art. 35 St.Lav. (Trib. Milano 6/7/2002, in Dir. e prat. lav. 2008, 1426)
  • In tema di trasferimento del lavoratore, nel caso di ricorso depositato ex art. 700 c.p.c., l'onere posto a carico del datore di lavoro di comunicare i motivi del trasferimento sorge allorquando vi sia una esplicita richiesta del lavoratore volta a conoscere le ragioni che hanno determinato il provvedimento di trasferimento. (Trib. Bologna 21/6/2002, Est. Pugliese, in Lav. nella giur. 2003, 92)
  • Nel caso di trasferimento del lavoratore, il datore è obbligato, ai sensi dell’art. 2103 c.c., a portare a conoscenza del lavoratore le ragioni giustificative del trasferimento contestualmente alla comunicazione dello stesso (Pret. Parma 16/3/99 (ord.), est. Ferraù, in D&L 1999, 581)
  • Nel caso di trasferimento del lavoratore, il datore di lavoro non è obbligato né a disporre per iscritto il trasferimento né a fornire le motivazioni al lavoratore su formale richiesta dello stesso (Pret. Pisa 16/12/98, est. Nisticò, in D&L 1999, 571)
  • La tardività della comunicazione scritta dei motivi non incide sull’efficacia del trasferimento (Pretura Nocera Inferiore 5/12/96, est. Viva, in D&L 1997, 348)
  • In caso di trasferimento del lavoratore, la successiva comunicazione scritta dei motivi, se richiesta dall'interessato, deve avvenire nel rispetto del termine perentorio previsto dall'art. 2 L. 604/66, come modificato dalla L. 108/90, pena l'inefficacia del provvedimento (Pret. Milano, sez. Cassano d'Adda, 21/9/96, est. Litta Modignani, in D&L 1997, 126, nota CECCONI, Lo "stato dell'arte" sul trasferimento del dipendente senza la tempestiva comunicazione dei motivi)
  • Ai fini dell'efficacia del trasferimento del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a comunicare le ragioni del provvedimento – in applicazione analogica dell'art. 2 L. 604/66 – non appena il lavoratore ne faccia richiesta; l'estensione della norma non tocca invece il profilo formale e restano pertanto assoggettate al principio della libertà di forma non solo la comunicazione del trasferimento, ma anche la richiesta dei motivi e la relativa evasione (Pret. Monza 30/4/96, est. Dani, in D&L 1997, 129)
  • Ove il lavoratore richieda la precisazione dei motivi del trasferimento, l'inadeguatezza della relativa risposta da parte del datore di lavoro dà luogo all'invalidità del trasferimento (Pret. Milano 24/1/95, est. Curcio, in D&L 1995, 645. In senso conforme, v. Pret. Frosinone 2/10/96, est. Cianfrocca, in D&L 1997, 569)