Personale eccedentario

  • In tema di trasferimento di azienda, l'art. 47, quinto comma, l. n. 428/1990-che l'art. 2, d. lgs. n. 18/2001 ha lasciato inalterato e che la Corte di Giustizia, nella sentenza 7 dicembre 1995, in causa 472/93, ha ritenuto in contrasto con la direttiva comunitaria n.187 del 1977-deve essere interpretato nel senso che l'accordo sindacale di deroga all'art. 2112 c.c., per un verso, e la dichiarazione dello stato di crisi aziendale, l'omologazione del concordato preventivo o gli altri eventi menzionati dalla norma, per altro verso, concretano due condizioni che devono congiuntamente sussistere nel momento in cui diviene operativo il trasferimento di azienda dal cedente al cessionario, ferma restando la insussistenza di una rigida sequenza temporale tra l'accordo sindacale e la richiesta di dichiarazione dello stato di crisi e gli altri eventi previsti, nel senso della non necessaria posteriorità dell'accordo. La suddetta interpretazione risulta conforme alla lettera e alla ratio della disposizione in esame, e altresì rispettosa del principio più volte affermato dalla Corte di Giustizia, secondo cui il giudice nazionale ha l'obbligo di adottare, tra diverse possibili letture di una norma interna, quella maggiormente aderente al diritto comunitario (nella specie la S.C. ha affermato l'inapplicabilità del citato art. 47, quinto comma, l. n. 428/1990 in un caso in cui il trasferimento di azienda era stato attuato, con lo strumento del contratto di affitto, prima dell'omologazione del concordato preventivo). (Cass. 16/5/2002, n. 7120, Pres. Spanò, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 169, con nota di Lucia D'Arcangelo, Trasferimento di azienda in crisi e concordato preventivo non omologato: la deroga all'art. 2112 c.c. non opera).
  • In caso di trasferimento d'azienda, ai fini della operatività degli effetti previsti dall'art. 47, 5° comma, l. n. 428/90 (esclusione dei lavoratori eccedentari dal passaggio presso il cessionario), l'accordo sindacale non deve necessariamente intercorrere in data posteriore alla richiesta di dichiarazione dello stato di crisi aziendale di cui all'art. 2, 5° comma, lett.c), l. 12/8/77, n. 675, né è prescritta, in presenza della suddetta dichiarazione di crisi, la cessazione dell'attività aziendale. La non conformità del medesimo art. 47, 5° comma, l. n. 428/90 alla direttiva 77/187/CEE, nell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 7/12/95, non ne preclude l'applicazione nell'ordinamento interno, non potendo, peraltro, la disposizione comunitaria avere efficacia diretta nei rapporti tra privati. (Cass. 21/3/01, n. 4073, pres. Trezza, est. La Terza , in Lavoro giur. 2002, pag. 251, con nota di Pizzoferrato, La disciplina lavoristica del trasferimento di azienda in crisi nel nuovo scenario interpretativo; in Dir. lav. 2001, pag. 362, con nota di Passalacqua, La Corte di Cassazione chiude il cerchio sul caso Spano in materia di trasferimento dell'azienda in crisi)