Normativa comunitaria

  • In presenza di un trasferimento d’impresa che coinvolge più cessionari, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001 deve essere interpretato nel senso che i diritti e gli obblighi risultanti da un contratto di lavoro sono trasferiti a ciascuno dei cessionari, in  proporzione alle funzioni svolte dal lavoratore interessato, a condizione che la scissione del  contratto di lavoro che ne risulta sia possibile o non comporti un deterioramento delle condizioni di lavoro né pregiudichi il mantenimento dei diritti dei  avoratori garantito da tale direttiva. Nell’ipotesi in cui una tale scissione si rivelasse impossibile da realizzare o arrecasse pregiudizio ai diritti di detto lavoratore, l’eventuale risoluzione del rapporto di lavoro che ne conseguirebbe sarebbe considerata, ai sensi dell’articolo 4 di detta direttiva, come dovuta al fatto del cessionario o dei cessionari, quand’anche tale risoluzione fosse intervenuta su iniziativa del lavoratore. (Corte di Giustizia 26/3/2020 n. C-344/18, Pres. Villaras Rel. Picarra, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di G. Spinelli, “Successione di più imprenditori nell’unico appalto. Le sorti dei rapporti trasversali alle parti di azienda trasferite”, 487, e in Lav. nella giur. 2020, con nota di R. Cosio, Appalti e trasferimenti d’impresa. Il trasferimento dell’impresa a due cessionari, 1153)
  • La direttiva 2001/23/CE  del  Consiglio,  del  12  marzo  2001,  concernente  il ravvicinamento  delle  legislazioni  degli Stati membri relative al  mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, in particolare il suo articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e  b), deve essere interpretata nel senso che essa si applica al trasferimento di un’unità di produzione allorché, da un lato, il cedente, il cessionario o entrambi congiuntamente agiscano ai fini della prosecuzione da parte del cessionario dell’attività economica esercitata  dal  cedente,  anche  in  vista  della  successiva estinzione  del  cessionario medesimo, nell’ambito di una liquidazione, e, dall’altro, l’unità di cui trattasi, non essendo in grado di raggiungere il proprio scopo economico senza doversi procurare fattori di produzione provenienti da terzi, non sia totalmente autosufficiente. Ciò alla condizione, di cui spetta al giudice del rinvio verificare l’adempimento, da un lato, che sia rispettato il principio generale del diritto dell’Unione che impone al cedente e al cessionario di non cercare di beneficiare fraudolentemente e abusivamente dei vantaggi che potrebbero trarre dalla direttiva 2001/23 e, dall’altro, che l’unità di produzione di cui trattasi disponga di garanzie sufficienti che le assicurino l’accesso ai fattori di produzione di un terzo, al fine di non dipendere dalle scelte economiche effettuate da quest’ultimo unilateralmente. (Corte di Giustizia 13/6/2019, C-664/17, Pres. A. Prechal, Est. J. Malenovsky, in Riv. It. Dir.lav. 2020, con nota di G. Gianni, “Il ramo d’azienda e la cessione con finalità fraudolente”, 176)
  • La Direttiva 2011/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e in particolare il suo art. 5, paragrafo 1, deve essere interpretata nel senso che la tutela dei lavoratori garantita dagli artt. 3 e 4 di tale direttiva permane in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui un’impresa sia trasferita in seguito a una dichiarazione di fallimento nell’ambito del pre-pack, preparato anteriormente a detta dichiarazione e realizzato immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, nell’ambito del quale, in particolare, un ‘curatore designato’ nominato da un giudice esamini la possibilità di un’eventuale prosecuzione dell’attività dell’impresa a opera di un terzo e prepari azioni da svolgere subito dopo la pronuncia di fallimento per realizzare tale prosecuzione, e inoltre non è rilevante, a tale riguardo, che l’obbiettivo perseguito da tale operazione di pre-pack miri anche a massimizzare gli introiti della cessione per l’insieme dei creditori dell’impresa in oggetto. (Corte di Giustizia 22/6/2017, C-126/16, Pres. Malenovsky, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di M. L. Vallauri, “La Corte di Giustizia torna sulle condizioni per la disapplicazione delle tutele in caso di trasferimento d’impresa soggetta a procedura concorsuale”, 148)
  • L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, letto in combinato disposto con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in caso di trasferimento di stabilimento, il mantenimento dei diritti e degli obblighi derivanti in capo al cedente da un contratto di lavoro si estende alla clausola, negoziata tra il cedente e il lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata, in virtù della quale il loro rapporto di lavoro è disciplinato non solo dal contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, ma anche dai contratti collettivi successivi a detto trasferimento e che completano, modificano o sostituiscono il primo, qualora il diritto nazionale preveda, a favore del cessionario, la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali. (Corte di Giustizia 27/4/2017, C-680/15 e C-681/15, Pres. Bay Larsen Est. Malenovsky, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di M. L. Vallauri, “La Corte di Giustizia torna a definire la capacità di resistenza della contrattazione collettiva nel caso di cessione di impresa”, 896)
  • L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore a oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente. (Corte di Giustizia 6/4/2017, C-336/15, Pres. Borg Barthet, Est. Levits, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di M. L. Vallauri, “La Corte di Giustizia torna a definire la capacità di resistenza della contrattazione collettiva nel caso di cessione di impresa”, 896)
  • L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che la nozione di “trasferimento di uno stabilimento” comprende una situazione nella quale un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata dal suo azionista di maggioranza, che è a sua volta impresa di trasporto aereo, e nella quale, successivamente, quest’ultima subentra all’impresa liquidata riassumendone i contratti di locazione di aerei e i contratti di lavori charters in vigore, svolge l’attività precedentemente svolta dall’impresa liquidata, riassume alcuni lavoratori fino a quel momento distaccati presso tale impresa, collocandoli in funzioni identiche a quelle svolte in precedenza e riprende piccole apparecchiature di detta impresa. (Corte di Giustizia 9/9/2015, C-160/14, Pres. Lenaerts, Rel. Silva de Lapuerta, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Marco Lozito, “La conservazione dell’identità nel trasferimento d’azienda: un film o una fotografia”, 232)
  • Ai sensi dell’art. 267, terzo comma, TFUE, un giudice avverso le cui decisioni non sono esperibili ricorsi giurisdizionali di diritto interno è tenuto a sottoporre alla Corte di Giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione della nozione di “trasferimento di uno stabilimento”, di cui all’art. 1, par. 1, dir. 2001/23/CE, essendovi decisioni divergenti di grado inferiore quanto all’interpretazione di tale nozione e ricorrenti difficoltà di interpretazione della direttiva nei vari Stati membri. (Corte di Giustizia 9/9/2015, C-160/14, Pres. Lenaerts, Rel. Silva de Lapuerta, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Marco Lozito, “La conservazione dell’identità nel trasferimento d’azienda: un film o una fotografia”, 232)
  • L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale, in presenza di un trasferimento di una parte di impresa, consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell’ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca un’entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento. (Corte di Giustizia UE 6/3/2014 causa C-458/12, Pres. Safjan Rel. Malenovsky, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Andrea Stanchi e Annamaria Pedroni, 333,e in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Carlo Cester, “Il trasferimento del ramo d’azienda ancora alla prova della Corte di Giustizia fra uso capovolto della normativa di tutela e disciplina di maggiore favore”, 461 )
  • L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell’ipotesi in cui, dopo il trasferimento della parte di impresa considerata, tale cedente eserciti un intenso potere di supremazia nei confronti del cessionario. (Corte di Giustizia UE 6/3/2014 causa C-458/12, Pres. Safjan Rel. Malenovsky, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Andrea Stanchi e Annamaria Pedroni, 333,e in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Carlo Cester, “Il trasferimento del ramo d’azienda ancora alla prova della Corte di Giustizia fra uso capovolto della normativa di tutela e disciplina di maggiore favore”, 461)
  • L’art. 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro preveda, nel caso di un trasferimento d’impresa, che le clausole di rinvio dinamico ai contratti collettivi negoziati e adottati dopo la data del trasferimento siano opponibili al cessionario, qualora quest’ultimo non abbia la possibilità di partecipare al processo di negoziazione di siffatti contratti collettivi conclusi dopo il trasferimento. (Corte di Giustizie UE 18/7/2013 causa C-426/11, Pres. Silva de Lapuerta Rel. Malenosvky, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Roberto Cosio, 34)
  • È manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 29, comma 2 D.Lgs. 276/2003 per eccesso di delega, per aver tale disposizione permesso, anche nei casi di appalto successivo alla cessione di ramo d’azienda, ai dipendenti dell’appaltatore di agire nei confronti dell’appaltante a prescindere dalla sua inadempienza, realizzando così un regime speciale di responsabilità rispetto alla previsione generale dell’art. 1676 codice civile, richiamata dalla legge delega (L. 30/2003). L’eccezione di incostituzionalità deve ritenersi manifestamente infondata, da un lato, in quanto l’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 è frutto di successivi interventi legislativi (non più vincolati ai principi contenuti nella legge delega), che ne hanno modificato la formulazione originaria, dall’altro, perché le disposizioni in oggetto si fanno interpreti della normativa comunitaria, e in particolare della Direttiva 2001/23/CE, che, con riferimento alle ipotesi di trasferimento d’azienda con successiva stipulazione di un contratto d’appalto di servizi tra cedente e cessionario, ritiene preminenti le esigenze di tutela dei lavoratori ceduti rispetto a quelle del cedente o del cessionario. (Trib. Milano 7/2/2011, Est. Mariani, in Orient. Giur. Lav. 2012, con nota di Marco Biasi, “La garanzia del credito dei lavoratori nel caso di appalto successivo a operazioni di outsourcing. Il rapporto tra la disciplina nazionale e quella comunitaria”, 320)
  • L’art. 1, n. 1, lett. a) e b), della direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel seno che tale direttiva non si applica a una situazione in cui un comune, che affidava la pulizia dei propri locali a un’impresa privata, decida di porre termine al contratto che lo vincolava a quest’ultima e di espletare esso stesso l’attività di pulizia di detti locali, assumendo a tal fine nuovo personale. (Corte di Giustizia 20/1/2011, Causa C-439/09, Pres. Laerts Est. Malenovsky, in Orient. Giur. Lav. 2011, 13)
  • Mantenendo in vigore le disposizioni di cui all’art. 47, commi 5 e 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, in caso di «crisi aziendale» a norma dell’art. 2, quinto comma, lett. c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, in modo tale che i diritti riconosciuti ai lavoratori dall’art. 3, nn. 1, 3 e 4, nonché dall’art. 4 della direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, non sono garantiti nel caso di trasferimento di un’azienda il cui stato di crisi sia stato accertato, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva. (Corte di Giustizia CE 11/6/2009, causa C-561/07, Pres. C.W.A. Timmermans Rel. L. Bay Larsen, in D&L 2009, con nota di Maria Lughezzani, “La disciplina italiana del trasferimento d’azienda in crisi (ancora) al vaglio della Corte di Giustizia”, 651, e in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Riccardo Bollini, "Protezione del lavoro nel trasferimento d'azienda: il D.L. 135/2009 e il c.d. "caso Alitalia" alla luce della disciplina comunitaria", 338)
  • L’art. 1 della direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che quest'ultima si applica quando una parte del personale amministrativo e una parte dei lavoratori vengono trasferite da un'agenzia di lavoro interinale per esercitarvi le stesse attività al servizio di clienti identici e gli elementi interessati dal trasferimento, pur non essendo connotati da una loro materialità, sono già di per sé sufficienti a consentire lo svolgimento di prestazioni caratteristiche dell'attività economica senza ricorrere ad altri mezzi di produzione significativi né ad altre parti dell'impresa. (Corte Giustizia CE 13/11/2007 n. C-458/05, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Flavio Mattiuzzo, 43)
  • L’art. 1 della direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che nell’esame della sussistenza di un trasferimento di impresa ai sensi del detto articolo, in caso di nuova aggiudicazione di un appalto e nell’ambito di una valutazione d’insieme, l’accertamento del trasferimento dei mezzi di produzione ai fini di una gestione economica autonoma non costituisce requisito necessario per l’accertamento di un trasferimento dei mezzi medesimi dall’appaltatore originario al nuovo appaltatore. (Corte Giustizia CE 15/12/2005, Cause C-232/04 e C-233/04, Pres. Rosas Est. Barthet, in Orient. Giur. Lav. 2005, 67)
  • L’art. 3, n.1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che la data del trasferimento ai sensi di questa disposizione corrisponde alla data in cui si attua la trasmissione dal cedente al cessionario della veste di imprenditore responsabile della gestione dell’ente trasferito. Questa data è un momento preciso che non può essere rinviato, a discrezione del cedente o del cessionario, a un’altra data. Ai fini dell’applicazione di tale disposizione, i contratti e i rapporti di lavoro esistenti alla data del trasferimento, nel senso precisato all’art. 1 del presente dispositivo, tra il cedente e i lavoratori occupati nell’impresa trasferita si ritengono trasferiti in questa data dal cedente al cessionario, a prescindere dalle modalità che sono state pattuite a tale riguardo tra questi ultimi. (CGCE 26/5/2005, Causa C-478/03, Pres. Jann, Est. Lenaerts, in Orient. Giur. Lav. 2005, Osservatorio comunitario, 3)
  • L'art. 1 della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, va interpretato nel senso che quest'ultima si applica alla situazione in cui un committente, che aveva affidato con un contratto la completa gestione della ristorazione collettiva di un ospedale ad un primo imprenditore, pone fine a tale contratto e conclude, per l'esecuzione della stessa prestazione, un nuovo contratto con un secondo imprenditore, quando il secondo imprenditore utilizza rilevanti elementi patrimoniali materiali di cui si è servito precedentemente il primo imprenditore e messi a loro disposizione in successione dal committente, anche se il secondo imprenditore abbia manifestato l'intenzione di non riassumere i dipendenti del primo imprenditore. (Corte di Giustizia CE 20/11/2003 n. C-340/2001, Pres. Gulmann Rel.Puissochet, in Lav. nella giur. 2004, 27, con commento di Davide Casale)
  • Ai sensi dell'art. 1 della direttiva del Consiglio 77/187/Cee del 14/2/77 (concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti), deve essere ritenuto trasferimento di impresa anche la successione in un contratto di appalto nel settore della ristorazione collettiva. Non sono sufficienti ad escludere l'applicazione della medesima direttiva l'assenza di rapporti contrattuali tra l'impresa che ha perso l'appalto e l'impresa che la succede, né la scelta di quest'ultima di non assumere alcuno dei dipendenti della prima, poiché l'importanza da attribuire ai singoli criteri attinenti alla sussistenza di un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187/Cee normalmente utilizzati dal giudice varia necessariamente in funzione dell'attività esercitata, dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell'impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento. (Corte di Giustizia CE 20/11/2003 causa C-340/01, Pres, C. Gulmann Rel. Puissochet, in D&L 2004, con nota di Giovanni Paganuzzi, "Trasferimento di azienda, nozione oggettiva di azienda e successione nell'appalto", 35)
  • L'eventuale acclaramento del contrasto tra ordinamento comunitario (Direttiva 77/187) ed ordinamento interno, relativamente alla definizione del ramo d'azienda, è inidoneo a produrre immediatamente effetti sul rapporto giuridico controverso, stante il principio dell'inefficacia orizzontale delle direttive. Ne consegue l'irrilevanza del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in merito all'interpretazione della Direttiva 77/187. (Cass. 25/10/2002 n. 15105, Pres. Mercurio Est. Picone, in D&L 2002, 905, con nota di Lorenzo Franceschinis, "Il caso Ansaldo all'esame della Cassazione: è ramo d'azienda solo se vi è autonomia funzionale ed organizzativa preesistente al trasferimento")
  • L'art. 3 della direttiva n. 77/187 deve essere interpretato nel senso che obblighi applicabili in caso di licenziamento di un lavoratore, derivanti da un contratto di lavoro, da un rapporto di lavoro o da un contratto collettivo di lavoro che vincolino il cedente nei confronti di detto lavoratore, sono trasferiti al cessionario secondo le condizioni ed i limiti definiti da tale articolo, indipendentemente dal fatto che tali obblighi abbiano la loro fonte in atti della pubblica autorità o siano attuati da tali atti e indipendentemente dalle modalità pratiche scelte per tale attuazione. (Corte di Giustzia 4/6/2002, causa n. C-164/00, Pres. Rodriguez Iglesias, Rel. Puissochet, in Riv. it. dir. lav. 2003, 449, con nota di Armando Tursi, Previdenza complementare e trasferimento d'azienda)
  • Alla stregua del diritto comunitario, deve considerarsi trasferimento d'azienda quello di una entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essenziale o accessoria, la cui gestione sia effettivamente proseguita o ripresa (Corte Appello Milano 12/4/01, pres. Ruiz, est. De Angelis, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 90)
  • La ripresa, ad opera di un'impresa, di attività di trasporto pubblico non marittimo - come l'esercizio di linee locali regolari di autobus - gestite sino ad allora da un'altra impresa, in seguito al procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di cui alla direttiva del Consiglio 18/6/92, 92/50, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, può rientrare nella sfera di applicazione materiale della direttiva del Consiglio 14/2/77, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, come definita dall'art. 1, n. 1, della medesima. L'art. 1, n. 1, della direttiva 77/187 va così interpretato: - tale direttiva può essere applicabile in assenza di vincolo contrattuale diretto tra due imprese cui un ente morale di diritto pubblico ha successivamente assegnato, in esito ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi istituito in conformità della direttiva 92/50, un servizio di trasporto pubblico non marittimo, quale l'esercizio di linee locali regolari di autobus; - in una situazione come quella della causa principale, la direttiva 77/187 non è applicabile in assenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese summenzionate (Corte Giustizia 25/1/01, n. C-172/99, in Dir. Lav. 2001, pag. 160)
  • L'art. 1, n. 1, della direttiva 77/187/CEE deve essere interpretato nel senso che questa ultima può applicarsi ad una situazione in cui un ente che gestisce servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico ed è gestito da un ente pubblico integrato nell'amministrazione dello Stato costituisce oggetto, a seguito di decisioni delle pubbliche amministrazioni, di un trasferimento a titolo oneroso, sotto forma di una concessione amministrativa, ad una società di diritto privato costituita da un altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni. Occorre tuttavia che le persone coinvolte in siffatto trasferimento siano state inizialmente tutelate in quanto lavoratori in base al diritto nazionale in materia di diritto del lavoro (Corte Giustizia sez. VI 14/9/00, n. C-343/98, pres. Almeida, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 1113, con nota di Bolego, "Privatizzazioni" e ambito di applicazione della direttiva comunitaria sul trasferimento d'impresa)
  • L'art. 1 della direttiva CE 77/187 inerente la tutela del dipendente in caso di trasferimento di azienda, si applica anche al caso di passaggio di un'impresa da un ente pubblico che sia diretta emanazione dello Stato a una società di diritto privato e anche qualora tale trasferimento non derivi da contratto, ma avvenga sotto forma di concessione amministrativa; occorre tuttavia che i dipendenti interessati al trasferimento siano assoggettati dalle norme di diritto interno alla disciplina del diritto di lavoro (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, VI sez., 14 settembre 2000, causa C-343/98, pres. Moitinho de Almeida, rel. Puissochet, in D&L 2000, 898)
  • L'art. 3 della direttiva CE 77/187 impone che il datore di lavoro cessionario - nel liquidare emolumenti retributivi che, presso il cedente, erano collegati all'anzianità di lavoro - tenga conto anche degli anni di lavoro prestati presso il cedente stesso (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, VI sez., 14 settembre 2000, causa C-343/98, pres. Moitinho de Almeida, rel. Puissochet, in D&L 2000, 898)
  • L'art. 2112 c.c. anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, è applicabile alla fattispecie in cui, a seguito della cessazione di un'impresa individuale, il figlio di detto imprenditore dia inizio in una sede diversa alla medesima attività, con riassunzione dei dipendenti dell'impresa cessata, utilizzo di parte dei macchinari preesistenti e mantenimento della medesima clientela (Trib. Milano 18 settembre 1999, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 2000, 157)