Sicurezza sul lavoro in genere

  • La responsabilità del committente o del sub-committente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell’attività lavorativa concessa in sub-appalto, a causa dell’inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro, è configurabile, ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7, D.Lgs. n. 626 del 1994, a prescindere dalla conoscenza dell’esistenza del sub-appalto, atteso che il citato art. 7 (ora art. 26, D.Lgs. n. 81 del 2008) pone a carico del committente-datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, nonché quello di cooperare nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, obblighi rispetto al cui adempimento il dovere di sapere del sub-appalto costituisce una essenziale precondizione. (Cass. 24/6/2020 n. 12465, ord., Pres. Esposito Rel. Riverso, in Lav. nella giur. 2020, 1102)
  • Le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio delle loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa. Ne consegue che, ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale. (Cass. Pen. 26/2/2019, n. 13583, Pres. Montagni Est. Cappello, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di G. Fava e E. Aschedemini, “Sicurezza sul lavoro: tutelato chi è impegnato in attività lavorativa ancorché estraneo all’organizzazione del titolare dell’impresa”, 392)
  • In tema di infortuni sul lavoro, in presenza di patologie neoplastiche multifattoriali, la sussistenza del nesso causale non può essere esclusa sulla sola base di un ragionamento astratto di tipo deduttivo, che si limiti a prendere atto della ricorrenza di un elemento causale alternativo di innesco della malattia, dovendosi procedere a una puntuale verifica – da effettuarsi in concreto e in relazione alle peculiarità della singola vicenda – in ordine all’efficienza determinante dell’esposizione dei lavoratori a specifici fattori di rischio n/el contesto lavorativo nella produzione dell’evento fatale. (Cass. 14/3/2017, n. 12175, Pres. Blaiotta Est. Dovere, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di S. Tordini Cagli, “Morti d’amianto: la Cassazione ancora una volta annulla con rinvio le condanne inflitte in primo grado”, 162)
  • La funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione si svolge esclusivamente sul rischio generico del cantiere, risultante dalle fonti di pericolo dell’ambiente di lavoro, dall’organizzazione delle attività, dalle procedure di lavoro e dalla convergenza di più imprese. Ne consegue che tale soggetto non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo coinvolto nell’esecuzione del contratto. (Cass. 23/1/2017, n. 3288, Pres. Ciampi Est. Dovere, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di A. Rota, “Sicurezza sul lavoro nei cantieri: la responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione e il rischio infrastrutturale”, 579)
  • L’interpretazione che riconduce ontologicamente il rischio di caduta dall’alto al novero dei rischi non specifici, secondo la nozione valevole ai fini dell’applicazione delle norme del Titolo IV, d.lgs. n. 81/2008 non è condivisibile. L’analisi dei rischi individualmente nominati dal punto 2.2.3. dell’Allegato XV, d.lgs. n. 81/2008 mostra che si tratta di rischi che il coordinatore prende in esame per la loro derivazione dalle lavorazioni considerate nella loro interazione con il cantiere; quando uno di questi rischi attiene strettamente alla singola lavorazione va inteso quale rischio specifico. La specificità del rischio non è data dalla maggiore o minore difficoltà di esecuzione della lavorazione ma dalla riconduzione di esso all’attività per la quale si è fatto ricorso alla ditta esecutrice. (Cass. 23/1/2017, n. 3288, Pres. Ciampi Est. Dovere, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di A. Rota, “Sicurezza sul lavoro nei cantieri: la responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione e il rischio infrastrutturale”, 579)
  • È legittimo il provvedimento con la quale la P.A. ha rigettato una istanza ostensiva, avanzata da un proprio dipendente, tendente a ottenere l’accesso al documento di valutazione dei rischi (DVR), per verificare la effettiva applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute nel luogo di lavoro, che sia motivato con riferimento al fatto che, secondo gli artt. 18 e 50 del D.Lgs. n. 81 del 2008, l’accesso al DVR è consentito unicamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), tramite il quale il lavoratore può, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. N), D.Lgs. n. 81 del 2008, anche verificare l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute. (TAR Marche, Sez. I, 7/9/2016 n. 506, Pres. Filippi Est. De Mattia, in Lav. nella giur. 2016, con commento di D. de Magistris, 1102)
  • L’omessa fornitura di prescrizioni antinfortunistiche in relazione alle mansioni svolte, integra un’omissione colposamente rilevante fin dal momento della costituzione del rapporto di lavoro, a nulla rilevando sia la circostanza dell’assenza del datore di lavoro al momento del fatto sia la condotta negligente del lavoratore. (Cass. pen. 7/6/2011 n. 22514, Pres. Marzano Rel. Vitelli Casella, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Marianna Pulice, 133)
  • Sussiste il dolo eventuale del delitto di omicidio nel caso in cui il datore di lavoro si rappresenti la concreta probabilità del verificarsi di un infortunio mortale e, nondimeno, ometta di adottare le misure di sicurezza dovute, subordinando così il bene dell’incolumità dei lavoratori a quello degli obiettivi aziendali. (Corte app. Torino 15/4/2011, Pres. Iannibelli Est. Dezani, in Lav. nella giur. 2012, 152)
  • Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato trovano applicazione, oltre all’art. 2087 c.c., anche il D.Lgs. n. 81/2008 (che ha sostituito il precedente D.Lgs. n. 626/94). In base a tali normative, il datore di lavoro deve mettere a disposizione attrezzature adeguate al lavoro da svolgere e idonee dal punto di vista della sicurezza. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza dei giudici di merito che avevano riconosciuto colpevole il datore di lavoro, il quale aveva ordinato a un proprio dipendente di accompagnare, con un’autovettura aziendale, alcuni clienti dall’aeroporto alla sede aziendale; a causa di una cattiva manutenzione del mezzo, si era determinato un incidente in cui avevano perso la vita il dipendente e i clienti). (Cass. 15/7/2010 n. 27666, Pres. Marzano Rel. Bianchi, in Lav. Nella giur. 2010, 1044)
  • In materia di appalto, la violazione dell'obbligo di adozione di misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro è applicabile anche nei confronti del committente - se pur non incondizionatamente - atteso che non sussiste alcuna norma che prevede direttamente la responsabilità del committente in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - ma laddove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico organizzativi dell'opera da eseguire. (Cass. 28/10/2009, Pres. Sciarelli Est. Zappia, in D&L 2009, con nota diAldo Garlatti, "La responsabilità del committente e dell'appaltatore nell'infortunio sul lavoro: il nuovo quadro normativo e giurisprudenziale", 1061)  
  • In tema di tutela antinfortunistica nelle esternalizzazioni delle fasi del processo produttivo, ove lavoratori dipendenti da più imprese siano presenti sul medesimo teatro lavorativo, i cui rischi interferiscano con l’opera o con il risultato dell’opera di altri soggetti (lavoratori dipendenti o autonomi), tali rischi concorrono a configurare l’ambiente di lavoro ai sensi degli artt. 4 e 5 d.p.r. n. 547 del 1955, sicché ciascun datore di lavoro è obbligato, ex art. 2087 c.c., a informarsi sui rischi derivanti dall’opera o dal risultato dell’opera degli altri attori sul medesimo teatro lavorativo e a dare le conseguenti informazioni e istruzioni ai propri dipendenti, atteso che tale obbligo – non derogabile in virtù della notorietà dell’impresa presso la quale vengono inviati i dipendenti medesimi – si pone in sintonia con la normativa vigente in tema di organizzazione del lavoro delle odierne realtà produttive complesse (v. d.p.r. cit. n. 547 del 1955 e art. 7 d.lgs. n. 626 del 1994). (Cass. 7/1/2009 n. 45, Pres. Mercurio Est. De Matteis, in Orient. Giur. Lav. 2009, 96)
  • Qualora ometta di segnalare i lavoratori assunti al medico competente per gli accertamenti sanitari preventivi eventualmente obbligatori intesi a constatare l'assenza di controindicazioni alle mansioni specifiche a essi assegnate, il datore di lavoro commette, indipendentemente dalla effettiva inidoneità dei lavoratori allo svolgimento di tali mansioni, il reato di cui all'art. 4, comma 5, lettera c), D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, di natura permanente, perdurando sino a quando il datore di lavoro non ottemperi all'obbligo di provvedere ai predetti accertamenti. (Cass. pen. sez. III, 2/7/2008 n. 26539, Pres. Grassi Est. Sarno, in Dir. e prat. lav. 2008, 1868)
  • Viola l'art. 4, comma 1, lettere a), DL 14 agosto 1996 n. 494 il coordinatore per la progettazione dei lavori che rediga un piano di sicurezza e di coordinamento incompleto e generico. (Nella specie, mancavano la stima dei costi e la indicazione delle misure volte a prevenire i rischi connessi alla presenza nel cantiere di più imprese, mentre la relazione tecnica non aveva un contenuto specifico, adeguato alle particolari caratteristiche del cantiere, ma era una sorta di vastissima enciclopedia di tutti o quasi i rischi che possono verificarsi in un qualsiasi cantiere edile, finendo con l'essere in sostanza del tutto inidonea a fronteggiare i rischi che nello specifico potevano presentarsi). (Cass. pen. sez. III 26/5/2008 n. 21002, Pres. Altieri Est. Mancini, in Dir. e prat. lav. 2008, 1518)
  • L'art. 7, comma 3, ultimo periodo, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, nel prevedere che l'obbligo del datore di lavoro committente di promuovere la cooperazione e il coordinamento con le imprese appaltatrici o con i singoli lavoratori autonomi "non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi", riferisce siffatta "esclusione non alle generiche precauzioni da adottarsi negli ambienti di lavori per evitare il verificarsi di incidenti, ma alle regole che richiedono una specifica competenza tecnica settoriale - generalmente mancante in chi opera in settori diversi - nella conoscenza delle procedure da adottare nelle singole lavorazioni o nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine. (Nella fattispecie si è ritenuto non specifico il rischio derivante dalla generica necessità di impedire cadute da parte di chi operi in altezza essenso, questo pericolo, riconoscibile da chiunque indipendentemente dalle sue specifiche competenze). (Cass. pen. sez. IV 20/3/2008 n. 12348, Pres. Morgigni Est. Brusco, in Dir. e prat. lav. 2008, 1057)
  • Allorquando nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria impartisce al contravventore un'apposita prescrizione allo scopo di eliminare la contravvenzione in materia di sicurezza e di igiene del lavoro accertata, l'organo di vigilanza può, ma non deve necessariamente indicare con la prescrizione specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. (Cass. pen. sez. III 20/3/2008 n. 12405, Pres. Altieri Est. Sarno, in Dir. e prat. lav. 2008, 1058)
  • Il committente o il responsabile dei lavori sono tenuti a svolgere una funzione di super-controllo, verificando che i coordinatori adempiano concretamente e correttamente, con attenzione e puntualità, agli obblighi su loro incombenti qual è quello consistente, non solo nell'assicurare, ma anche nel verificare l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro, e, pertanto, a questo scopo, hanno la facoltà di disporre che il coordinatore ordini che non si proceda oltre nei lavori se non dopo la messa a norma, ben potendo altresì surrogarsi allo stesso coordinatore in caso di inottemperanza da parte sua. (Cass. pen. sez. IV 20/2/2008 n. 7714, Pres. Morgigni Est. Carleo, in Dir. e prat. lav. 2008, 1056)
  • Viola l'art. 22, comma 1, d.lgs. 626/94 il datore di lavoro che provveda aun'attività formativa insufficente e inadeguata nei confronti dei lavoratori. (Nella fattispecie, era stata contestata al datore di lavoro l'inadeguatezza dell'attività formativa anche sotto il profilo attinente agli strumenti per la verifica dell'apprendimento). (Cass. pen. sez. III 28/1/2008 n. 4063, Pres. De Maio Est. Franco, in Dir. e prat. lav. 2008, 832)
  • L'art. 7 d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, contenente la disciplina della sicurezza nei lavori affidati a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, nell'escludere al comma 3, ultimo periodo, la responsabilità del datore di lavoro committente in rapporto ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, riguarda soltanto l'obbligo previsto dall'art. 7, comma 2 lett. b), D.Lgs. n. 626/94 di coordinare gli interventi di protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori di diverse imprese eventualmente coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiv, ma non l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione di cui all'art. 7, comma 2, lettera a), D.Lgs. n. 626/94. (Cass. sez. pen. sez. IV 23/1/2008 n. 3502, Pres. Marini Est. Bernardi, in Dir. e prat. lav. 2008, 595)
  • L'art. , lett. e), D.Lgs. n. 123/2007, che ha modificato l'art. 19, comma V, D.Lgs. n. 626/94, prevedendo l'obbligo del datore di lavoro di consegnare al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza copia del documento di valutazione del rischio e del registro infortuni, rappresenta norma innovativa unicamente per quanto attiene al registro infortuni, in quanto il diritto a ricevere copia del documento di valutazione del rischio era già previsto dalla lettera e) dello stesso art. 19. (Corte app. Brescia 27/10/2007 n. 414, Pres. Nora Est. Terzi, in Lav. nella giur. 2008, 492)
  • Il diritto ad avere copia del documento di valutazione del rischio implica di per sé il diritto a portarlo fuori dalla sfera di controllo del datore di lavoro, di modo che pretesa di mantenere la copia all'interno dell'azienda, venendo in sostanza a concretare un limite di tempo e di luogo alla consultazione, vanificherebbe il diritto stesso a possederne una copia e lo trasformerebbe in un mero diritto di consultazione. (Corte app. Brescia 27/10/2007 n. 414, Pres. Nora Est. Terzi, in Lav. nella giur. 2008, 492)
  • Sussistono i presupposti di cui all'art. 633 c.p.c. per l'emissione del decreto ingiuntivo per la consegna di copia del document, e quindi di una cosa determinata, quando il diritto alla consegna, come nel caso del diritto del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza alla consegna di copia del documento di valutazione dei rischi, si fonda su una norma di legge. (Corte app. Brescia 27/10/2007 n. 414, Pres. Nora Est. Terzi, in Lav. nella giur. 2008, 492) 
  • L'art. 7 d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, così come modificato dall'art. 1, comma 910, legge 27 dicembre 2006 n. 296, nel contemplare gli obblighi gravanti sul datore di lavoro committente di lavori affidati" a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno della propria aziend, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima", ricomprende nella propria sfera di operatività non solo e non tanto la struttura fisica in cui si svolge l'attività imprenditoriale, ma, ove questa consista nella prestazione di un servizio e abbia, in quanto tale, carattere diffuso sul territorio, l'intera area economico/geografica entro la quale l'attività stessa è destinata a realizzarsi, sicché il datore di lavoro, quand'anche disarticoli il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali che gli consentano di alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura aziendale, contestualmente dislocandone, almeno in parte, i rischi, è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del programma imprenditoriale avuto di mira. (Cass. sez. pen. IV 12/10/2007, Pres. Battisti Est. Amendola, in Riv. it. dir. lav. 2008, 308)
  • Nel caso in cui il termine concesso dall'organo di vigilanza per l'eliminazione della contravvenzione accertata venga tardivamente prorogato su richiesta tempestiva del contravventore, il nuovo termine in mancanza di diversa espressa statuizione contenuta nel provvedimento di proroga inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della scadenza originaria. (Cass. pen. sez. III n. 13753, 4/4/2007, Pres. Vitalone Est. Sarno, in Dir. e prat. lav. 2007, 1727)
  • Sono a carico del datore di lavoro le spese relative al lavaggio degli ordinari indumenti di lavoro gratuitamente forniti dallo stesso al dipendente - che ha l'obbligo di indossarli - allorquando detti indumenti costituiscano una barriera protettiva rispetto al non remoto rischio per il lavoratore di entrare in contatto con sostanze organiche pericolose in quanto veicolo di possibili malattie (fattispecie relativa allo svolgimento di attività di pulizia in luoghi angusti quali i servizi igienici collocati nelle carrozze ferroviarie). (Corte App. Milano 18/1/2007, Est. Accardo, in D&L 2007, con nota di Roberta Maddalena Paris, "Divisa da lavoro. Costo della manutenzione-lavaggio e criterio di riparaztizione dell'onere tra le parti del rapporto di lavoro", 867)
  • Normali indumenti di lavoro forniti dal datore, la cui manutenzione sarebbe a carico del lavoratore - perchè in via generale hanno solo la funzione di evitare che siano danneggiati gli abiti personali - possono, tuttavia, essere assimilati, ai fini dell'onere della relativa pulizia, a strumenti protettivi ai sensi dell'art. 2087 c.c., allorchè, in relazione al contesto nell'ambito del quale si svolge la prestazione di lavoro, costituiscano una barriera protettiva rispetto all'accidentale contatto del lavoratore con tracce di sostanze pericolose in quanto veicolo di possibili malattie. (Corte app. Milano 8/1/2007, Pres. Castellini Est. Accardo, in Lav. nella giur. 2007, 1047)
  • Risponde del delitto di omicidio colposo in danno di un lavoratore e di lesione personale colposa in danno di altro lavoratore il responsabile dei lavori che abbia doverosamente nominato il coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, ma che in violazione dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494 abbia trascurato di vigilare sull'adempimento da parte del coordinatore degli obblighi previsti a carico di quest'ultimo, senza che possa essere giustificato da una asserita incompetenza in materia. (Nella fattispecie, si addebitato al responsabile dei lavori di non aver vigilato sull'adempimento da parte del coordinatore dell'obbligo di verificare l'applicazione delle disposizioni antinfortunistiche). (Cass. sez. IV pen. 21/12/2006 n. 41972, Pres. Marini Est. Licari, in Dr. e prat. lav. 2007, 607)
  • In caso di omessa designazione dei coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, risponde della violazione dell'art. 3 e 4, D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494 il committente che pur abbia nominato il responsabile dei lavori, qualora non gli abbia altresì conferito esplicita delega degli obblighi previsti a suo carico. (Cass. sez. III pen. 10/8/2006, n. 29149, Pres. De Maio Est. Teresi, in Dir. e prat. lav. 2006, 2671)
  • In materia di sicurezza del lavoro, i dirigenti sono quei dipendenti che hanno il compito di impartire ordini ed esercitare la necessaria vigilanza, in conformità alle scelte di politica di impresa adottate dagli organi di vertice che formano la volontà dell’ente, e, quindi, rappresentano l’alter ego del datore di lavoro, nell’ambito delle competenze loro attribuite e nei limiti dei poteri decisionali e di spesa loro conferiti; i preposti sono invece coloro i quali vigilano sull’attività lavorativa degli altri dipendenti, per garantire che essa si svolga nel rispetto delle regole prevenzionali, e che sono all’uopo forniti di un limitato potere di impartire ordini ed istruzioni, di natura peraltro meramente esecutiva. (Cass. sez. IV pen. 7/12/2005 n. 44650, Pres. Coco Est. Brichetti, in Dir. e prat. lav. 2006, 747)
  • L’idoneità degli strumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori, deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme sopra indicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto, solo nel suddetto modo conseguono al loro specifico scopo che, nella concreta fattispecie, è quello di prevenire l’insorgenza e il diffondersi delle infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere che a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo previsto dalle citate disposizioni. (Cass. 14/11/2005 n. 22922, Pres. Sciarelli Rel. Lupi, in Lav. e prev. oggi 2005, 2032)
  • Nell’ambito di una società in accomandita semplice, qualora non risulti la delega a persona di particolare competenza nel settore della sicurezza, l’obbligo di adottare le misure di sicurezza del lavoro incombe su ciascun socio. La delega dei compiti antinfortunistici è ammissibile anche nelle imprese di modeste dimensioni. (Cass. sez. III pen. 15/7/2005 n. 26122, Pres. Grassi Est. Fiale, In Dir. e prat. lav. 2005, 2053)
  • Nel disciplinare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi, l’art. 72-decies, D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 è applicabile al settore chimico e non a quello metalmeccanico. Nel disciplinare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi, l’art. 72-decies, D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 si differenzia dagli artt. 16 e 17, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 626/1994 non perché introduce una maggior flessibilità nelle visite periodiche ma perché attribuisce alla periodicità delle visite una cadenza normalmente annuale, e, quindi, è disposizione più specifica e non già più favorevole. Nel punire il medico competente che non effettua gli accertamenti sanitari obbligatori, gli artt. 17, comma 1, lett. b) e 92), lettera a), D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 contemplano un reato contravvenzionale addebitabile anche a titolo di colpa, e, pertanto, sussistente nel caso in cui il medico competente non si accerti diligentemente dei lavoratori assunti nell’azienda e delle visite mediche a cui deve sottoporli secondo le prescrizioni di legge. (Cass. sez. III pen. 13/5/2005 n. 17838, Pres. Zumbo Est. Onorato, in Dir. e prat. lav. 2005, 1519)
  • Nel quadro di una interpretazione ragionevole della disciplina legislativa in tema di sicurezza del lavoro, il dovere di informazione spettante al datore di lavoro nei confronti del lavoratore concerne i rischi cui il lavoratore è esposto nell’ambito delle sue specifiche mansioni (sia pure con riferimento alle operazioni a lui non direttamente affidate ma che comunque in qualche modo interessino la sfera di quelle), con esclusione, quindi, di ogni altro settore che comunque rimanga estraneo al campo di azione nel quale si esplicano le mansioni di sua specifica competenza. Alla stregua di un principio generale di ragionevolezza e di esigibilità della prestazione, il dovere di presenza costante del datore di lavoro e soggetti a questo equiparati sul luogo di lavoro deve essere inteso nel senso che i soggetti tenuti debbono assicurare, più che presenza fisica che non è in sé necessariamente idonee a garantire la sicurezza dei lavoratori, la gestione oculata dei luoghi di lavoro mediante tutte le misure imposte normativamente (informazione, formazione, attrezzature idonee e presidi di sicurezza), nonché ogni altra misura idonea, per comune regola di prudenza e di diligenza, a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. (Cass. sez. IV pen. 19/1/2005 n. 1238, Pres. Marzano Est. Calmieri, in Dir. e prat. lav. 2005, 900)
  • Commette il reato di cui all’art. 86, comma 2, lettera a), D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 il sindaco che, in qualità di datore di lavoro, e in assenza di delega rilasciata ad altri del relativo adempimento, non provveda a garantire la messa a disposizione di vaccini prescritti dal medico competente per un lavoratore comunale mediante autorizzazione all’Asl a praticare le vaccinazioni e formale invito al lavoratore di presentarsi alla stessa Asl prima dell’ordine di servizio che dispone l’assegnazione del lavoratore a mansioni comportanti le predette vaccinazioni. (Cass. sez. III penale 16/12/2004 n. 48406, Pres. Est. Teresi, in Dir. e prat. lav. 2005, 1118)
  • Colui che, nell’ambito di un’impresa, ha la responsabilità di un’unità produttiva in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa, è datore di lavoro, solo se è responsabile di un organismo che goda di una particolare, rilevante, effettiva autonomia finanziaria e tecnico-funzionale espressamente prevista negli atti della impresa o società e che, pur restando un’emanazione della stessa impresa, abbia una sua fisionomia distinta, presenti un proprio bilancio e possa deliberare, in condizioni di relativa indipendenza, il riparto delle risorse disponibili, operando così le scelte organizzative ritenute più confacenti alle proprie caratteristiche funzionali e produttive. L’art. 7 comma 1, lettera b), D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, nel prescrivere che “il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, fornisce agli stessi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività”, stabilisce un obbligo di informazione che altro non è se non la logica proiezione della norma dell’art. 4 dello stesso decreto, la quale stabilisce, nel comma 1, che il datore di lavoro “valuta tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori” e contempla, nel comma 2, l’obbligo di redigere il relativo documento. L’art. 7, comma 2, lettera a), D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, nell’imporre l’obbligo di cooperazione del datore di lavoro committente e del datore di lavoro appaltatore nell’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, prevede che entrambi i soggetti siano tenuti a garantire la sicurezza dei lavoratori addetti a tale unità, e, quindi, comporta che, nell’ipotesi in cui nessuno dei due la presti e in conseguenza della mancata cooperazione un dipendente dell’impresa appaltatrice subisca un infortunio sul lavoro, il datore di lavoro committente non possa ritenere che l’omissione del datore di lavoro appaltatore sia stata causa successiva da sola sufficiente a determinare l’evento, in quanto la seconda omissione non si risolve nell’interferenza di una serie causale del tutto autonoma, essendo, logicamente, nella stessa linea causale della prima, e avendo, di questa, il medesimo contenuto, o contenuto analogo, e il medesimo scopo. (Cass. sez. IV penale 22/11/2004 n. 45068, Pres. D’Urso Est. Battisti, in Dir. e prat. lav. 2005, 494)
  • Viola l’art. 5, comma 1 lett. a), D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 il coordinatore per l’esecuzione dei lavori che abbia omesso di adempiere al compito primario su di lui incombente di garantire la sicurezza del cantiere in guisa da determinare le violazioni riscontrate a carico della impresa esecutrice dei lavori, dal momento che l’espletamento delle opportune azioni di coordinamento avrebbe, assicurato l’applicazione delle previsioni del piano di sicurezza. (Cass. Sez. III pen. 12/10/2004 n. 39869, Pres. Savignano Est. De Maio, in Dir. e prat. lav. 2004, 2934)
  • Commette il reato di cui all’art. 11, comma 2, D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 il datore di lavoro che non ottemperi a una disposizione legittimamente impartita dalla Asl in materia di sicurezza o igiene del lavoro. (Nella fattispecie, era stato prescritto di fornire ai dipendenti adibiti a lavori esterni stradali una tuta di lavoro idonea a proteggere gli stessi dalle condizioni ambientali, caratterizzate da clima rigido e freddo). (Cass. Sez. III pen. 29/9/2004 n. 38311, Pres. Papadia Est. Gentile, in Dir. e prat. lav. 2004, 2933)
  • In ossequio agli obblighi comportamentali impostigli dalla legge, il datore di lavoro è tenuto ad attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, anche assicurandosi che sul luogo di lavoro sia presente un soggetto in grado di garantire il rispetto delle norme di sicurezza e, pertanto, incorre nella violazione di tale obbligo, qualora il preposto, che tale vigilanza deve garantire, sia impegnato anche in altri luoghi di lavoro e gravato da altri impegni, e, quindi, non possa assicurare la sua presenza in modo costante ed adeguato. (Cass. Sez. IV penale, 17/9/2004 n. 36798, Pres. Coco Est. Piccialli, in Dir. e prat. lav. 2004, 2932)
  • Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. (Cass. 30/8/2004 n. 17314, Pres. Ciciretti Rel. Guglielmucci, in Lav. nella giur. 2005, 285)
  • Commette il reato di cui all’art. 20, D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303 il datore di lavoro che non adotti le misure atte ad impedire o ridurre lo sviluppo e la diffusione dei gas o vapori irrespirabili e dei fumi di qualunque specie originati dall’attività produttiva e che, in particolare, realizzi un impianto di aspirazione lontano dal luogo in cui gas, vapori o fumi si producono, anche nel caso in cui nessuna sostanza pericolosa sia stata riscontrata nell’ambiente di lavoro o nelle urine dei dipendenti. (Cass. 26/8/2004 n. 35115, Pres. Vitalone Est. Onorato, in Dir. e prat. lav. 2004, 2530)
  • Deve ritenersi sussistente una condotta colposa dei preposti dell’azienda e, per essi, della società datrice di lavoro nella omessa adozione di misure idonee ad evitare o ridurre il rischio di inalazione di particelle di amianto – e, in particolare, per violazione dell’art. 21, d.p.r. n. 303/56 diretto ad impedire qualsiasi danno al lavoratore da polveri che si producano nello svolgimento del lavoro – nell’ipotesi in cui tale materiale è stato utilizzato come coibente termico nelle lavorazioni cui è stato adibito il lavoratore, posto che la nocività dell’inalazione di particelle di amianto era negli anni 50/60 già nota o comunque agevolmente conoscibile, specie da parte di una grande industria. (Trib. Milano 26/6/2004, Est. Punzo, in Lav. nella giur. 2005, 185)
  • Non commette il reato di cui agli artt. 36 e 37, D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 il datore di lavoro che abbia omesso di richiedere la preventiva visita di prevenzione incendi, qualora esercisca una delle attività indicate nelle tabelle A e B approvate con D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689, ma non nell'elenco delle attività contenuto nel D.M. 16 febbraio 1982. (Cass. Sez. III penale 23/6/2004 n. 28117, Pres. Zumbo Est. Grassi, in Dir. e prat. lav. 2004)
  • In forza dell'art. 5, D. Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni; e, pertanto, qualora l'ordine di esecuzione delle opere previsto dal piano di sicurezza venga variato, egli, presente quotidianamente in cantiere, è tenuto ad introdurre, prima della effettuazione dei lavori, le necessarie modifiche al piano di sicurezza, e, comunque, in caso di assenza di tali modifiche, a disporre la sospensione dei lavori. (Cass. Sez. IV penale 26/5/2004 n. 24010, Pres. Coco Est. Spagnolo, in Dir. e prat. lav. 2004, 1932)
  • Ai fini della sicurezza ed igiene del lavoro, il direttore generale dell'Asl assume la qualità di datore di lavoro, in quanto dirigente al quale spettano i poteri di gestione, secondo la espressa definizione di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), ultimo periodo, D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626.
    Il poliambulatorio si configura come una struttura di servizi sanitari, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale, che la lettera i) dell'art. 2 D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 definisce unità produttiva, distinta dalle altre unità produttive dell'azienda sanitaria locale.
    Il datore di lavoro non può delegare a terzi il compito che incombe di procedere, con le collaborazioni tecniche possibili, alla valutazione dei rischi ed alla conseguente elaborazione del documento che individui le misure prevenzionali idonee per neutralizzarli.
    L'art. 4 comma 2 D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, nell'imporre al datore di lavoro di redigere il documento di valutazione dei rischi, prevede un obbligo la cui violazione costituisce un'ipotesi di reato omissivo proprio (o puro) di natura permanente.
    L'art. 20 D. Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758 -nel disciplinare la prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nei confronti del contravventore a norme in materia di sicurezza e di igiene del lavoro con fissazione di un termine per la regolarizzazione- stabilisce i criteri di determinazione di tale termine, e non autorizza il giudice ad apprezzare la congruità dei tempi che l'autorità di vigilanza, con giudizio tecnicamente discrezionale, reputa concretamente necessari per l'adempimento prescritto al contravventore.
    Nelle contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro, l'inottemperanza da parte del contravventore alla prescrizione di regolarizzazione impartitagli dall'organo di vigilanza funge da condizione di punibilità e, quindi, occorre accertare se il contravventore abbia omesso di ottemperare alla predetta prescrizione per sua negligenza, imprudenza o imperizia, o inosservanza di norme regolamentari, ovvero se sia stato impossibilitato ad ottemperare per caso fortuito o per forza maggiore. (Nel caso di specie, si è ritenuto necessario verificare se il contravventore, usando la normale diligenza, avrebbe potuto ottemperare all'obbligo di elaborare il documento di valutazione dei rischi prima della sua rimozione forzata dalla carica di direttore generale dell'Asl intervenuta prima della scadenza del termine fissatogli dall'organo di vigilanza per la regolarizzazione). (Cass. 26/3/2004 n. 14777, Pres. Savignano Est. Onorato, in Dir. e prat. lav. 2004, 971)
  • Nel definire all'art. 2, c.1, lett. b), il concetto di datore di lavoro, il D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 codifica il principio di effettività e, in particolare, rende possibile la coesistenza, all'interno della medesima impresa, di più figure aventi la qualifica di datore di lavoro perché accanto al datore di lavoro, inteso nel senso civilistico tradizionale quale titolare dei rapporti di lavoro, possono esservi coloro che hanno la responsabilità dell'impresa o di una o più unità produttive che non sono invece titolari dei rapporti di lavoro, sempre che, beninteso, siano titolari dei rapporti decisionali e di spesa; e stabilisce l'inderogabilità della posizione di garanzia del datore di lavoro, nel senso che è in facoltà dell'imprenditore, o del datore di lavoro in senso civilistico, individuare la persona fisica che assume la qualità di datore di lavoro ai sensi del D. Lgs. N. 626/1994 ed il designato può rifiutare la nomina anche successivamente all'assunzione ed all'esercizio delle funzioni alla qualità connesse, ma se tale rifiuto non venga apposto non può il datore di lavoro (individuato ai sensi del D. Lgs. N. 626/1994) dismettere volontariamente la qualità assunta proprio per la non negoziabilità delle posizioni di garanzia.
    Dopo aver predisposto nel documento di valutazione del rischio tutti gli interventi necessari all'interno dell'ambiente di lavoro per garantire la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone che si trovano al suo interno, in forza dell'art. 4, c. 5, lett. f), D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, il datore di lavoro è tenuto a verificare l'attuazione delle misure di prevenzione e protezione individuate nel predetto documento.
    Nell'ambito di una società per azioni, il datore di lavoro in senso civilistico deve essere individuato nel consiglio di amministrazione, e, ove con la nomina di uno o più amministratori delegati si verifichi il trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per questo va interamente escluso un perdurante obbligo di controllo ed intervento sostitutivo in ordine, non all'adozione di una singola misura di prevenzione per la tutela della salute di uno o più lavoratori o al mancato intervento in un singolo settore produttivo, ma alla complessiva gestione aziendale della sicurezza da parte degli amministratori delegati.
    Nell'ambito di un'azienda, dirigenti e preposti, investiti sotto qualsiasi forma e con qualsiasi qualifica dei poteri di organizzazione e di direzione di un settore aziendale, sono tenuti, nell'ambito delle proprie attribuzioni, ad adottare le iniziative necessarie a garantire la sicurezza dei dipendenti e di coloro che frequentano gli ambienti dove si svolge l'attività di impresa, sicchè qualora abbiano poteri decisionali e di spesa dovranno altresì provvedere alla messa in sicurezza degli ambienti e degli impianti, mentre ove non ne siano dotati, saranno tenuto a segnalare al datore di lavoro l'esigenza di provvedere.
    In forza dell'art. 5, c. 2, lett. d), D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, il lavoratore è tenuto a segnalare le carenze antinfortunistiche che si manifestino improvvisamente durante il lavoro e non le carenze preesistenti che il datore di lavoro avrebbe dovuto conoscere ed eliminare di propria iniziativa, indipendentemente dalla noncuranza o dalla relativa inerzia dei dipendenti; e tuttavia, nel caso di attribuzione al lavoratore di una specifica funzione che lo ponga in grado di valutare l'esistenza di rischi derivanti anche dalla sua attività per gli altri lavoratori o per le persone presenti nell'ambiente di lavoro, il lavoratore deve ritenersi obbligato a segnalare l'esistenza del pericolo anche se i debitori di sicurezza ne sono a conoscenza o dovrebbero esserlo.
    La diffusività del fuoco necessaria ai fini della sussistenza del delitto di incendio colposo di cui all'art. 449 c.p., sussiste, qualora il fuoco, se non immediatamente spento o contenuto, possa attingere una comunità di persone indipendentemente dalla circostanza che questa comunità sia delimitata e non estensibile. (Cass. Sez. IV penale 6/2/2004 n. 4981, Pres. Fattori Est. Brusco, in Dir e prat. lav. 2004, 1919)
  • Il medico competente, nel compilare la cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria a norma dell'art. 17, comma 1, lettera d), D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, è tenuto a riportare i rischi ai quali lo stesso lavoratore è esposto. (Cass. 23/1/2004 n. 2117, Pres. Zumbo Est. Squassoni, in Dir. e prat. lav. 2004, 1307)
  • L'imprenditore, nei casi di esternalizzazione di alcune fasi del processo produttivo, ha l'obbligo di accertare i rischi per qualsiasi motivo conseguenti all'affidamento dei lavori commissionati a soggetti terzi, al fine di rendere edotti, alla stregua dell'art. 4, lett. b), D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, i propri dipendenti della sussistenza (o permanenza) di situazioni di pericolo ed al fine altresì di munirli, così come prescritto dall'art. 5 del suddetto D.P.R. n. 547 del 1955, di dispositivi di sicurezza idonei ad eliminare le situazioni di pericolo riscontrate, configurandosi in caso contrario, una responsabilità dell'imprenditore per l'infortunio subito dal dipendente per la mancata conoscenza dei pericoli cui è stato esposto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro -per omesso avviso del mancato apprestamento del servizio di sicurezza- in ordine all'infortunio occorso al lavoratore, impegnato nella installazione di un ascensore, in quanto le opere edili, necessarie per integrare il sistema di sicurezza, erano state commissionate ad un'impresa terza). (Cass. 5/12/2003 n. 18603, Pres. Sciarelli Rel. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2004, 825)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza del lavoro, non è sufficiente pur nell'ambito di un'impresa avente una organizzazione complessa o differenziata che si riscontri una ripartizione interna ed articolata delle specifiche competenze, ma occorre che il datore di lavoro abbia anche specificatamente delegato con atto certo e quindi comprovato l'adempimento degli obblighi ai preposti dei singoli reparti, investendoli di ogni potere suo al riguardo, non potendo la delega essere sic et simpliciter presunta o in relazione alle dimensioni dell'impresa o alla ripartizione interna delle competenze. (Cass. 15/12/2003 n. 47754, Pres. Olivieri Est. Federico, in Dir. e prat. lav. 2004, 146)
  • Nel disciplinare gli obblighi di sicurezza a carico del datore di lavoro che affidi i lavori all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, l'art. 7, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 non trova applicazione qualora i lavori siano svolti nell'abitazione privata del committente, pur se questi rivesta la qualità di imprenditore. (Cass. 12/11/2003, n. 43364, Pres. Marzano Est. Federico, in Dir. E prat. lav. 2003, 3178)
  • Secondo l'impianto del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, il committente (non più l'appaltatore, datore di lavoro) costituisce il perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, e può essere l'unico soggetto tenuto all'osservanza degli obblighi di sicurezza sul lavoro o può formalmente nominare un responsabile dei lavori (e non un mero ed in materia non previsto rappresentante) al fine della esecuzione o del controllo sulla esecuzione dell'opera. (Cass. 7/7/2003, n. 28774, Pres. Toriello, Est. Squassoni, in Dir. e prat. lav. 2003, 1983)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità del datore di lavoro, la delega in materia di sicurezza del lavoro deve essere formale. (Cass. 1/7/2003, n. 27939, Pres. Fattori, Est. De Grazia, in Dir. e prat. lav. 2003, 2101. In senso conforme, v. Cass. 18/6/2003, n. 26189, Pres. Postiglione, Est. Franco, in Dir. e prat. lav. 2003, 2101)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità dell'imprenditore, la delega dei suoi obblighi deve essere scritta. (Cass. 6/6/2003, n. 24800, Pres. Zumbo, Est. Grassi, in Dir. e prat; lav. 2003, 2102)
  • La delega degli obblighi previsti a carico dell'imprenditore è ammissibile, a prescindere dalle dimensioni dell'impresa. (Cass. 26/5/2003, n. 22931, Pres. Zumbo, Est. Onerato, in Dir. e prat. lav. 2003, 2101)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità dell'imprenditore, la delega di attribuzioni deve avere forma espressa, e non tacita, e contenuto chiaro, ma non deve essere necessariamente scritta. (Cass. 26/5/2003, n. 22931, Pres. Zumbo, Est. Onorato, in Dir. e prat. lav. 2003, 2102)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità del datore di lavoro, la delega dei compiti in materia di sicurezza del lavoro non può essere meramente enunciata e riferita alla suddivisione dell'azienda in distinti reparti, costituenti entità autonome, ma deve essere espressamente e formalmente conferita. (Cass. 21/5/2003, n. 22345, Pres. Fattori, Est. Petitti, in Dir. e prat. lav. 2003, 2102)
  • Ai fini dell'esonero da responsabilità degli organi di vertice di una azienda di grandi dimensioni, la delega dei compiti non deve essere necessariamente scritta o formale, dovendosi presumere in re ipsa allorquando ricorra la suddivisione dell'azienda in distinti settori, rami o servizi, ai quali siano preposti soggetti qualificati ed idonei. (Cass. 28/4/2003, n. 19642, Pres. Postiglione, Est. Piccialli, in Dir. e prat. lav. 2003, 2102)
  • L'architettura normativa del D. Lgs. 19/9/94 n. 626 attribuisce un ruolo centrale agli obblighi non delegabili del datore di lavoro tra i quali primeggiano la valutazione dei rischi per la sicurezza e per la salute e la redazione del documento di sicurezza, che devono essere completi e non solo formali ed astratti, per cui è ravvisabile la specifica inosservanza delle norme prevenzionali nel comportamento del datore di lavoro che volesse adempierli in tal modo. L'organigramma dei soggetti che si devono occupare di sicurezza secondo il D. Lgs. 19/9/94 n. 626 è costituito dal datore di lavoro, dai dirigenti e preposti nonché da nuovi soggetti con compiti specificatamente elencati ope legis. I compiti del direttore sanitario, in particolare, non si intersecano con quelli degli altri soggetti e rimangono compiti dirigenziali nell'adempimento dei quali egli si deve preoccupare anche della legislazione antinfortunistica, ma pur sempre per quegli aspetti che rientrano nelle proprie attribuzioni e competenze. (trib. Milano 27/9/2002, Pres. Gatto, in D&L 2002, 1026, con nota di Michele Di Lecce, "Il caso Galeazzi")
  • Il direttore generale di un'azienda ospedaliera è obbligato al rispetto della normativa prevenzionale essendo ravvisabile nella sua posizione quella del datore di lavoro così come individuata dal D. Lgs. 626/94. Manca la colpevolezza nel comportamento del direttore generale di un'azienda ospedaliera che ha agito in stato di forza maggiore non avendo disponibilità economiche sufficienti e non essendo nelle condizioni materiali, amministrative e tecniche per poter dare attuazione completa alla normativa prevenzionale. (Trib. Milano 13/6/2002, Giudice unico Giordano, in D&L 2003, 173)
  • E' legittimo il comportamento del lavoratore che rifiuta la prestazione lavorativa come reazione all'inadempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi contrattuali in materia di sicurezza, posti a tutela della salute del lavoratore stesso, anche in applicazione del principio inadimplenti non est adimplendum, espresso dall'art. 1460 c.c. (Tribunale di Agrigento 11/6/2002, Pres. D'Angelo, Est. Occhipinti, in Riv. it. dir. lav.2003, 108, con nota di Valentina Pasquarella, Autotutela del lavoratore e licenziamento ritorsivo)
  • Il verbale ispettivo redatto dal Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, così come le prescrizioni in esso contenute, sono annullabili dal giudice civile a seguito di opposizione ex art. 22 L. 24/11/81 n. 689. (Trib. Monza 9/11/2001, Est. Saioni, in D&L 2002, 207, con nota di Michele di Lecce, "Una vera novità in tema di prescrizioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro")
  • In considerazione dell'evidente rischio che derivava a persone inesperte - quale nel caso l'alunna - dall'uso di macchina troncatrice priva di congegno fisso fermapezzi a fini protettivi, il preside della scuola va dichiarato responsabile di avere tenuto una condotta omissiva imprudente (colpa generica) e, comunque, non osservante delle disposizioni antinfortunistiche di cui agli artt. 4 e 114 D.P.R., n. 547/55. La suddetta responsabilità è confermata dal decreto legislativo n. 626/94 che all'art. 2 equipara ai lavoratori - ai fini della tutela infortunistica - "gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi e attrezzature di lavoro in genere", individuando quale datore di lavoro nelle pubbliche Amministrazioni "il dirigente al quale spettano i poteri di gestione", che va ravvisato - nel caso di specie - nella figura del preside (Cass. 22/1/01, n. 526, pres. Bruno, est. De Grazia, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 396)
  • La normativa antinfortunistica è direttamente rivolta ad assicurare che i datori di lavoro assumano tutti i provvedimenti atti ad evitare infortuni, indipendentemente dai controlli e dalle revisioni degli organi ispettivi, il cui parere positivo è irrilevante ai fini di escludere la responsabilità penale del datore di lavoro dal reato di lesioni colpose (per amputazione, nella fattispecie, del braccio intrappolato nella macchina priva dei necessari presidi di sicurezza). (Cass. Sez. IV penale 20/10/00, n. 10767, pres. Battisti, est. Mazza, in Lavoro e prev. oggi, pag. 1550)
  • Ai sensi dell'art. 379 del DPR 27/4/55 n. 547 e degli artt. 40 e sgg. del D. Lgs 19/9/94 n. 626, l'idoneità degli strumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi ai lavoratori, ma anche durante l'intero periodo di esecuzione della prestazione di lavoro, perché solo in tal modo si consegue lo scopo della norma che è quello di prevenire l'insorgenza e il diffondersi di infezioni per effetto dell'uso di mezzi protettivi connesso alla stessa durata della prestazione di lavoro; ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può che rimanere a carico del datore di lavoro quale destinatario dell'obbligo previsto dalle citate disposizioni di legge (fattispecie relativa agli indumenti utilizzati dai dipendenti dell'Azienda Milanese Servizi Ambientali) (Trib. Milano 6 luglio 2000, est. Peregallo, in D&L 2000, 993)