Tempestività della contestazione

  • Una dipendente era stata licenziata per giusta causa, in quanto la datrice di lavoro aveva rilevato all’inizio del 2017, in sede di approvazione del bilancio dell’anno precedente, un uso privato della carta di credito aziendale (affidatale per ragioni di servizio) nel 2016 e nel 2015. In giudizio, la dipendente aveva, tra l’altro, eccepito la tardività della contestazione, in quanto dai resoconti mensili da lei puntualmente comunicati alla società questa avrebbe potuto e dovuto accertare le pretese irregolarità e quindi contestarle tempestivamente. Sia la Corte d’appello che la Cassazione disattendono questa deduzione, ribadendo che, in materia di licenziamento disciplinare, la tempestività della contestazione, elemento costitutivo della stessa, si misura sulla conoscenza completa ed effettiva e non sulla mera conoscibilità del fatti da parte del datore di lavoro, al quale non può essere infatti in buona fede richiesto di operare un controllo continuo sull’operato dei dipendenti, che rappresenterebbe la negazione del carattere fiduciario del rapporto di lavoro. (Cass. 15/3/2023 n. 7467, Pres. Doronzo Rel. Ponterio, in Wikilabour, Newsletter n. 6/23)
  • Il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, la cui “ratio” riflette l’esigenza dell’osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l’immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro (nella specie, i Giudici hanno ritenuto tardiva la contestazione delle discrepanze economiche per le quali la dipendente era stata licenziata, essendo avvenuta 10 mesi dopo l’accertamento dei fatti). (Cass. 24/7/2020 n. 15930, Pres. Bronzini Est. Lorito, in Lav. nella giur. 2021, 88)
  • In tema di contestazione disciplinare, il requisito di immediatezza deve essere interpretato con ragionevole elasticità, il che comporta che il giudice deve applicare il suddetto principio esaminando il comportamento del datore di lavoro alla stregua degli artt. 1375 e 1175 c.c., e può eccezionalmente discostarsi dallo stesso, indicando le ragioni che lo hanno indotto a non ritenere illegittima una contestazione fatta non a ridosso immediato dell’infrazione. (Cass. 21/6/2016 n. 12824, Pres. Venuti Est. Berrino, in Lav. nella giur. 2016, 926)
  • La tempestività della contestazione va valutata avendo riguardo al momento in cui il datore di lavoro abbia avuto piena conoscenza del fatto, quanto meno nei suoi tratti essenziali, pena il rischio di genericità dell’addebito. (Trib. Firenze 9/1/2015, Giud. Papait, in Lav. nella giur. 2015, 644)
  • In tema di procedimento disciplinare, ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito della tempestività della contestazione, in caso di intervenuta sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, la contestazione disciplinare per i relativi fatti può essere differita dal datore di lavoro in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso. (Cass. 20/6/2014 n. 14103, Pres. Miani Canevari Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2014, 1128)
  • Il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo. E infatti, esso risulta in concreto compatibile anche con un intervallo di tempo più o meno lungo, allorché l’accertamento e la valutazione dei fatti sia laborioso e richieda uno spazio temporale maggiore. (Cass. 17/9/2013 n. 21203, Pres. Lamorgese Est. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 83)
  • Fermo che l’immediatezza della contestazione degli addebiti costituisce un requisito indefettibile e condizionante la legittimità di qualsiasi procedimento disciplinare nei rapporti di lavoro, nessuna malafede può essere ravvisata nella decisione aziendale di procedere a verifiche indotte da specifici eventi ancorché riguardanti periodi risalenti nel tempo purché, una volta avuto contezza di certe vicende censurabili, questa vengano poi tempestivamente e disciplinarmente addebitate. (Trib. Torino 24/4/2012 n. 1521, Giud. Denaro, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota Alberto Elias Vangi, “Il requisito (variabile) dell’immediatezza della contestazione degli addebiti disciplinari”, 382)
  • La clausola di un contratto collettivo (nella specie, l’art. 194, ccnl 2 luglio 2004 per i dipendenti di imprese della distribuzione cooperativa) secondo cui l’eventuale adozione di un provvedimento disciplinare (nel caso, un licenziamento) deve essere comunicata al lavoratore entro 21 giorni dalla scadenza del termine assegnato allo stesso per presentare le sue giustificazioni si interpreta nel senso che, ove il lavoratore abbia chiesto di essere sentito oralmente a propria discolpa, e tale audizione si svolga oltre il quinto giorno dalla ricezione della contestazione di addebito, il predetto termine di 21 giorni decorre dall’audizione ovvero dal giorno fissato per la stessa. (Cass. 30/3/2012 n. 5116, Pres. Lamorgese Rel. Amoroso, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Angela Vernia, “Sulla decorrenza del termine massimo previsto da un ccnl per l’adozione del provvedimento disciplinare”, 851)
  • Deve dichiararsi inefficace per violazione dell’obbligo di buona fede (art. 1175 c.c.) la sanzione disciplinare irrogata dal datore di lavoro dopo il decorso del termine fissato dalla contrattazione collettiva (nel caso di specie art. 23 CCNL Metalmeccanici) per rispondere alle giustificazioni addotte dal lavoratore, intendendosi altrimenti il silenzio come accettazione delle giustificazioni. (Trib. Reggio Emilia 12/4/2011, Giud. Gnani, in Lav. nella giur. 2011, 744)
  • Il requisito dell’immediatezza della sanzione deve intendersi in senso relativo, laddove l’accertamento dei fatti abbia richiesto uno spazio temporale maggiore o sia reso difficoltoso dall’organizzazione aziendale. (Trib. Milano 9/12/2010, Giud. Gasparini, in Lav. nella giur. 2011, 221)
  • La contrattazione collettiva - che fissi un termine per irrogare la sanzione disciplinare e consenta una proroga nel caso in cui vi siano esigenze dovute a difficoltà nella fase di valutazione delle controdeduzioni e decisione di merito - non fa che integrare la tutela previdenziale dai commi 2 e 3 dell'art. 7 St. Lav., poichè evita al lavoratore di rimanere a lungo in una situazione di incertezza e, tuttavia, a tutela dei suoi stessi interessi, consente al datore di lavoro di disporre, con la comunicazione al lavoratore della proroga del termine, di un periodo più lungo per adottare la giusta sanzione, soprattutto in caso di recidiva. (Corte app. Milano 16/2/2007, Pres. Ruiz Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2007, 1153) 
  • In materia di illecito disciplinare nel rapporto di lavoro privato, il principio della immediatezza si riferisce alla contestazione dell’addebito, sia alla tempestività dell’irrogazione della misura disciplinare; entrambe costituiscono esplicazione del generale precetto di conformarsi alla buona fede e alla correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, e devono essere intese in senso relativo, nel senso che la tempestività può essere compatibile con un intervallo di tempo necessario, in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, a un’adeguata valutazione della gravità dell’addebito mosso al dipendente e alla validità o meno delle giustificazioni da lui fornite; l’accertamento al riguardo compiuto dal giudice di merito è insindacabile in cassazione, ove adeguatamente motivato. (Cass. 23/2/2006 n. 4034, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in D&L 2006, n. U.M. Cafiero, “La tempestività dell’azione disciplinare”, 492)
  • Il requisito di immediatezza nella contestazione va valutato in funzione della necessaria cautela adoperata dal datore di lavoro nell’accertamento minuzioso dell’imputabilità degli episodi di furto al lavoratore stesso e della non occasionalità della condotta. (Trib. Milano 17/10/2005, Est. Tanara, in Orient. Giur. Lav. 2005, 915)

  • L’immediata contestazione del fatto al lavoratore deve anche contenere le specificazioni del caso in modo tale da consentire il corretto esercizio del diritto di difesa di cui all’art. 7, L. n. 300/1970. (Cass. 21/4/2005 n. 8303, Pres. Senese Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2005, 792)
  • L’intervallo temporale tra l’avvenuta conoscenza dei comportamenti ritenuti disciplinarmente sanzionabili e la loro contestazione nei confronti del lavoratore interessato va valutato alla luce del principio di correttezza e buona fede. (Corte d’appello Torino 24/11/2004, Pres. Peyron Rel. Sanlorenzo, in Lav. nella giur. 2005, 391)
  • Il principio dell’immediatezza della contestazione – che deve essere inteso secondo una ragionevole elasticità, essendo lo stesso compatibile con un intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal lavoratore, ferma restando la necessità che il datore di lavoro si comporti secondo buona fede – va riferito alla contestazione dell’infrazione disciplinare e non anche alla irrogazione disciplinare. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto violato il principio di immediatezza in relazione ad una sanzione espulsiva applicata a distanza di due anni dalla contestazione dell’illecito disciplinare – per il quale era anche in corso un procedimento penale a carico del lavoratore – che era viceversa avvenuta a ridosso della condotta contestata). (Cass. 17/9/2004 n. 18722, Pres. Ianniruberto Rel. Balletti, in Lav. e prev. oggi 2005, 368)
  • In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, la tempestività o meno della richiesta del Ministro della giustizia, in rapporto al termine decadenziale di un anno previsto dall’art. 59, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1953, n. 916 e successive modificazioni, deve essere verificata tenendo conto – alla stregua della lettera della legge e dei principi generali in materia di procedimento – della data della richiesta predetta, in quanto tale atto, da esternarsi in forma certa e documentale, è sufficiente a far considerare iniziato il procedimento; a tal fine, pertanto, nessun rilievo assume la circostanza che la comunicazione all’incolpato dell’inizio del procedimento sia avvenuta una volta decorso l’anno dalla notizia del fatto, giacchè, anzi, la comunicazione presuppone che l’azione disciplinare sia già stata promossa. (Cass. 5/7/2004 n. 12268, Pres. Greco Rel. Lo Piano, in Lav. e prev. oggi 2004, 2016)
  • Il principio della immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l’esigenza di osservanza della regola della buona fede e della correttezza nella attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore di procrastinare la contestazione medesima, in modo da rendere impossibile o eccessivamente difficile la difesa del dipendente, né la pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore impedisce al datore di lavoro la contestazione immediata dell’illecito disciplinare, con eventuale sospensione del relativo procedimento fino all’esito del giudizio penale. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto tardiva una contestazione del novembre 1991 riferita a fatti risultanti da un processo penale già chiuso prima del luglio 1990 e in parte risalenti “addirittura” a prima del 1981). (Cass. 11/5/2004 n. 8914, Pres. Mattone Rel. Roselli, in Lav. e prev. oggi 2004, 1291)
  • In tema di sanzioni disciplinari, la discrezionalità del giudice nel valutare il carattere di tempestività della contestazione disciplinare deve esplicarsi nell'ambito dei presupposti che sono alla base del principio di immediatezza, ossia del riconoscimento del pieno ed effettivo diritto di difesa garantito "ex lege" al lavoratore e del comportamento datoriale secondo buona fede; il giudice può eccezionalmente discostarsi da tale principio, indicando le ragioni che lo hanno indotto a non ritenere illegittima una contestazione fatta non a ridosso immediato dell'infrazione, fermo restando che, allorquando la condotta disciplinarmente rilevante consista nella redazione di un documento, asseritamente denigratorio nei confronti del datore di lavoro, la valutazione della tempestività della contestazione non può essere ispirata a maggiore elasticità rispetto ad altri comportamenti del lavoratore in considerazione della immodificabilità del contenuto dell'atto. (Nella specie, la Poste Italiane Spa aveva irrogato ad un proprio dipendente, rappresentante sindacale, la sanzione disciplinare della sospensione per dieci giorni in relazione ad una serie di lettere di contenuto ritenuto denigratorio nei confronti di un dirigente, procedendo alla relativa contestazione a distanza di oltre sette mesi dalla prima lettera, nella quale erano già contenute espressioni denigratorie; in applicazione dell'esposto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto giustificato il ritardo per essere la condotta addebitata consacrata in un atto scritto, insuscettibile di modificazioni, e per essere le diverse lettere legate ad un filo unitario, e, decidendo, nel merito ha dichiarato illegittima la sanzione disciplinare). (Cass. 17/12/2003 n. 19350, Pres. Prestipino Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 1129)
  • La contestazione disciplinare per essere considerata legittima deve presentare il carattere della "immediatezza" e tale carattere essenziale trova fondamento nell'art. 7, terzo e quarto comma, della legge n. 300/1970 che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa da garantirsi nella sua effettività al fine di consentirgli l'allestimento del materiale difensivo (pronto riscontro delle accuse con eventuali testimonianze e documentazione) in tempi ad immediato ridosso dei fatti contestati ed in modo che lo stesso lavoratore possa contrastare più efficacemente il contenuto delle accuse rivoltegli dal datore di lavoro, dovendosi anche considerare (nella valutazione del rilievo del cennato carattere) il giusto "affidamento" del prestatore, nel caso di ritardo nella contestazione, che il fatto incriminabile possa non avere rivestito una connotazione "disciplinare", dato che l'esercizio del potere disciplinare, non è per il datore un obbligo, bensì una facoltà. Nell'esercizio del potere disciplinare il datore di lavoro deve comportarsi "secondo buona fede", specie per evitare che sanzioni disciplinari irrogate senza consentire all'incolpato un effettivo diritto di difesa si pongano appunto, quale trasgressione in re ipsa della "buona fede", che è la matrice fondativa dei doveri-oneri sanciti dall'art. 7 cit. e, anche, dall'art. 2106 c.c. Per cui l'affidamento legittimo del lavoratore non può venire vanificato da una tardiva contestazione disciplinare, comportando l'esercizio in tal senso viziato dal potere disciplinare una preclusione per l'espletamento di detto potere e, conseguentemente, rendendo invalida la sanzione irrogata in contrasto con il principio dell'immediatezza. L'applicazione in c.d. "senso relativo" del principio dell'immediatezza non può svuotare di efficacia il principio stesso dovendosi infatti tenere conto di quanto statuito dall'art. 7 cit. e della esigenza di una razionale amministrazione dei rapporti contrattuali secondo "buona fede". Pertanto, tra l'interesse del datore di lavoro a prolungare le indagini senza uno specifico motivo obiettivamente valido (da accertarsi e valutarsi rigorosamente) ed il diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa, deve prevalere la posizione (ex lege tutelata) del lavoratore. (Cass. 7/11/2003 n. 16754, Pres. Senese Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 721)
  • La sanzione disciplinare è illegittima se l'addebito è stato contestato in modo non tempestivo. (Trib. Milano 6/2/2003, Est. Negri della Torre, in D&L 2003, 336)
  • Il termine di 20 giorni stabilito dall'art. 24 Ccnl Ministeri per la contestazione dell'addebito al dipendente, non ha natura perentoria bensì ordinatoria, poiché non si rinviene nel testo del contratto l'intenzione delle parti sociali di prevedere una decadenza che sacrifica in modo significativo l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro. (Trib. Milano 18/12/2002, Est. Di Ruocco, in D&L 2003, con nota di Ilaria Zanesi, "Natura ordinatoria o perentoria dei termini per la contestazione nel procedimento disciplinare")
  • Il principio dell'immediatezza dell'azione disciplinare discende dalla nozione di giusta causa di licenziamento come configurata dall'art. 2119 c.c. ed assicura la possibilità di un'utile difesa e di un effettivo contraddittorio, oltre che la certezza dei rapporti giuridici: in tal senso, detto principio risponde ad un'esigenza irrinunciabile anche in ipotesi di licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo. Tale immediatezza dell'azione disciplinare va intesa in senso relativo ed il giudizio di conformità del comportamento del datore di lavoro a suddetto principio deve condursi caso per caso con necessario riguardo alla complessità e delicatezza degli accertamenti da effettuare ed anche alla possibilità di sospensione del procedimento disciplinare. (Corte d'Appello Firenze 3/4/2002, Pres. Bartolomei Est. Pieri, in D&L 2003, 163, con nota di Lisa Giometti, "Temperamenti e limiti invalicabili del criterio di tempestività dell'azione disciplinare in relazione ad addebito disciplinare integrante ipotesi di reato")
  • In materia di sanzioni disciplinari a carico del lavoratore dipendente, poiché il principio della immediatezza della contestazione rispetto al fatto è compatibile con l'intervallo necessario all'accertamento della condotta del lavoratore ed alle adeguate valutazioni di questa, deve escludersi che incorra nella violazione di tale principio il datore di lavoro che, ai fini di un corretto accertamento del fatto, anziché procedere a proprie indagini, scelga di attendere l'esito degli accertamenti svolti in sede penale. (Cass. 12/3/01, n. 3560, pres. Prestipino, est. Foglia, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 324)
  • Il principio dell'immediatezza e della tempestività riguarda, ad un tempo, sia la contestazione degli addebiti sia l'irrogazione della sanzione e trova il suo fondamento nell'art. 7 (comma 3 e 4) Statuto dei lavoratori, che riconosce al lavoratore incolpato il diritto alla difesa: che deve essere garantito nella sua effettività, soprattutto nel senso di una contestazione ad immediato ridosso dei fatti contestati, si da poter consentire al lavoratore l'allestimento del materiale difensivo (documentazione, testimonianze etc.) per contrastare nel modo più efficace il contenuto delle accuse rivoltegli dal datore di lavoro, tutto ciò senza considerare il giusto "affidamento" del prestatore, nel caso di ritardo nella contestazione, che il fatto "incriminabile" possa non aver rivestito una connotazione "disciplinare", dato che l'esercizio del potere disciplinare non è, per il datore di lavoro, un obbligo, bensì una facoltà. In giurisprudenza l'applicazione del cennato principio è stata "temperata" nel senso che l'immediatezza della contestazione dell'addebito deve essere intesa in una accezione "relativa" essendo compatibile con un intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal prestatore (ex plurimis, Cass. n. 11095/97). Non può tuttavia rientrare in questa "elasticità" la contestazione, nella specie, a distanza di 8, 20 e 43 mesi rispetto ai fatti addebitati (ammanchi di cassa), né costituisce giustificazione del ritardo - incidente a danno della posizione del lavoratore - l'asserita e indimostrata complessità delle verifiche nonché la disorganizzazione amministrativa nella conduzione aziendale (Cass. 8/1/01, n. 150, pres. Trezza, est. Balletti, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 596)
  • L'esigenza dell'immediatezza che regola il corretto esercizio del potere disciplinare, comporta che la tempestività della contestazione sia esclusa non solo quando risulti sia stato esercitato con modalità e fini diversi da quelli suoi propri, ma anche quando il tempo trascorso abbia ingenerato la legittima convinzione del prestatore di lavoro della rinuncia all'esercizio del potere stesso. In applicazione del principio di buona fede, che costituisce il fondamento dell'esigenza di immediatezza, il tempo che intercorre tra verificazione del fatto, contestazione dell'illecito ed irrogazione della sanzione deve essere valutato non solo in relazione alla complessità dei fatti e dell'accertamento nonché della valutazione e qualificazione giuridica per la individuazione della sanzione applicabile; quel tempo deve essere valutato anche nel quadro della struttura aziendale, in particolare quando la complessità dell' organizzazione e della relativa scala gerarchica comporti la mancanza di un diretto contatto del dipendente con la persona titolare dell'organo abilitato ad esprimere la volontà dell'imprenditore (Cass. 21/12/00, n. 16050, pres. De Musis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 974)
  • Il principio di tempestività della sanzione disciplinare va interpretato in senso relativo, con riferimento specifico alle ragioni oggettive del caso concreto, che possono portare a ritardare il momento dell'accertamento dei fatti (Trib. Roma 15/12/00, pres. e est. Bellini, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 113)
  • E' illegittima la sanzione disciplinare preceduta da una non tempestiva contestazione degli addebiti; il valore relativo da attribuirsi al requisito dell'immediatezza della contestazione, onde consentire al datore di lavoro il preciso accertamento della condotta del lavoratore, va infatti contemperato con l'esigenza di garantire a quest'ultimo la possibilità di difesa, che viene invece compromessa dal decorrere di un lasso di tempo eccessivo (Tribunale Milano 30 giugno 2000, est. Peragallo, in D&L 2000, 985)