Riposo settimanale in genere

  • In tema di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, occorre tenere distinto il danno da usura psicofisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’eventuale ulteriore danno biologico, che invece si concretizza in un’infermità determinata da una continua attività lavorativa non seguita da riposi settimanali. Nella prima evenienza, il danno può essere presunto sull’an; il relativo quantum è indennizzabile mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retribuite. (Cass. 13/9/2016 n. 17966, Pres. Bronzini Est. Manna, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2017, II, con nota di D. Rizzuti, “In tema di trattamento economico dell’usura psicofisica”, 69)
  • L’attribuzione patrimoniale di natura risarcitoria spetta per la perdita definitiva del riposo, ove cioè non fruito neppure in un arco temporale maggiore di sette giorni. La fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre l’arco dei sette giorni, atteso che una cosa è la definitiva perdita del riposo, agli effetti sia dell’obbligazione retributiva che del risarcimento del danno per lesione di un diritto alla persona, altra il semplice ritardo della pausa di riposo; e, in questa seconda ipotesi, il compenso sarà dovuto a norma dell’art. 2126 c.c., comma 2, che espressamente gli attribuisce natura retributiva, salvo restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di un altro diritto di natura personale. (Cass. 26/11/2013 n. 26398, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Ilaria Bresciani, 563)
  • La prestazione di attività lavorativa per oltre sei giorni, nel regime normativo antecedente il d.lgs. n. 66/2003, comporta – salvo che la contrattazione collettiva applicabile non preveda specifiche forme di remunerazione del riposo settimanale usufruito oltre il settimo giorno o che il datore di lavoro non dimostri l’esistenza di una specifica remunerazione per tale prestazione – il diritto del lavoratore a una percentuale di maggiorazione della retribuzione giornaliera per ogni giorno di lavoro prestato oltre il sesto. (Cass. 21/6/2011 n. 13572, Pres. Lamorgese Rel. Meliadò, in Lav. nella giur. 2011, 952)
  • La prestazione di attività lavorativa effettuata oltre il sesto giorno, e non recuperata, determina un danno da usura psicofisica che è presunto, e può essere quantificato equitativamente applicando al primo giorno lavorato dopo il sesto giorno la base di maggiorazione prevista dal contratto collettivo per il lavoro prestato nel giorno di riposo, riducendola del 50%, e un ulteriore aumento dell'1% per ogni giorno lavorativo successivo fino al godimento del riposo. Pertanto il danno da usura psicofisica deve essere ridotto per concorso di colpa del lavoratore ex art. 1227 c.c., allorché il lavoratore abbia richiesto di prestare lavoro straordinario o comunque abbia aderito alla richiesta del datore. Il danno alla salute deve essere, invece, provato dal lavoratore. (Trib. Milano 4/6/2009, Est. Ravazzoni, in D&L 2009, con nota di Marcella Mensi, "Lavoro oltre il sesto giorno: conseguenze risarcitorie", 756)
  • La mancata fruizione del riposo settimanale seconda la cadenza imposta dalla legge rende la prestazione del lavoratore particolarmente gravosa. In tale caso il danno da usura psico-fisica, conseguente a un inadempimento del datore di lavoro, è presunto e il lavoratore ha diritto a uno specifico compenso, per la cui determinazione bisogna fare riferimento alla retribuzione prevista per la prestazione nel giorno di riposo settimanale e per il lavoro straordinario in quanto istituti affini: bisogna quindi applicare la maggiorazione del 50% della normale retribuzione. (Trib. Milano 30/4/2008, D.ssa Porcelli, in Lav. nella giur. 2008, 1282)
  • La soppressione del riposo settimanale provoca comunque un danno, anche se il riposo non viene soppresso per intero o se il suo mancato godimento non si verifica tutte le settimane: è chiaro, infatti, che l'impossibilità di godere per intero e in tutte le settimane della giornata di riposo riduce il tempo destinato alla ricostituzione delle energie psico-fisiche o dedicato allo svolgimento di attività culturali o ricreative. (Corte app. Torino 15/1/2008, D.ssa Trafighet, in Lav. nella giur. 2008, 959)
  • Il lavoro domenicale e il lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo devono essere retribuiti in misura maggiore rispetto al lavoro ordinario. Nel primo caso, la maggiorazione spetta per la maggiore penosità del lavoro domenicale; in relazione all'attività lavorativa prestata oltre il sesto giorno, al lavoratore spetta, nonostante il godimento di un riposo compensativo, un compenso a titolo non di risarcimento, ma di indennizzo per il differimento della pausa. (Cass. 6/9/2007 n. 18708, Pres. De Luca Est. D'Agostino, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Giuseppe Lella, "La natura del compenso per il lavoro domenicale e per il lavoro prestato oltre il sesto giorno", 124, e in Lav. nella giur. 2008, con commento di Chiara Gazzetta, 52) 
  • Ai sensi dell'art. 8 L. 14/2/58 n. 138 le imprese che gestiscono autoservizi pubblici di linea extraurbani adibiti al trasporto di viaggiatori sono obbliogati a organizzare il lavoro dei propri dipendenti in modo tale che il giorno di riposo cada sempre dopo sei giorni di lavoro e sia fruito di norma la domenica, salva la sola possibile deroga - prevista dalla legge stessa, ma solo a determinate condizioni - consistente nell'accorpare due riposi dopo 12 giorni di lavoro; conseguentemente, in caso di spostamento del riposo tra il 7° e l'11° giorno, il lavoratore ha diritto a un risarcimento per la violazione del diritto al riposo settimanale. (Cass. 11/4/2007 n. 8709, Pres. Mercurio Est. Balletti, in D&L 2007, 847)
  • Il differimento del giorno di riposo a giorno successivo al settimo, in quanto contrastante con l'art. 36 Cost., può ledere non solo i diritti economici del dipendente, ma anche i diritti inviolabili della personalità; tale lesione deve essere allegata e provata dal dipendente - con ampio ricorso alle presunzioni - nei suoi caratteri naturalistici (incidenza su di una concreta attività, pur non reddituale e non mero patema d'animo interiore) e dà luogo a un risarcimento da liquidarsi equitativamente, ma che comunque non può ritenersi incluso nella maggiorazione contrattuale per lavoro nel giorno festivo. (Cass. 11/4/2007 n. 8709, Pres. Mercurio Est. Balletti, in D&L 2007, 847)
  • L’art. 22, comma 2, legge 17 ottobre 1967 n. 977, come modificato dall’art. 13 D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345 - nel prevedere che “ai minori deve essere assicurato un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendente la domenica”, e che, “per comprovate ragioni di ordine tecnico e organizzativo, il periodo minimo di riposo può essere ridotto, ma non può comunque essere inferiore a trentasei ore consecutive” – punisce la mancata concessione del riposo settimanale nella misura minima prevista, ma non la mancata indicazione delle ragioni per le quali il riposo viene ridotto a 36 ore consecutive. (Cass. sez. III pen. 18/7/2005 n. 26391, Pres. Savignano Est. Petti, in Dir. e prat. lav. 2005, 2057)
  • In forza dell’art. 22, comma 3, legge 17 ottobre 1967 n. 977, come modificato dall’art. 13 D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345, i periodi di riposo stabiliti nel comma 2 possono essere interrotti nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata come il lavoro part-time. (Cass. sez. III pen. 18/7/2005 n. 26391, Pres. Savignano Est. Petti, in Dir. e prat. lav. 2005, 2057)
  • È illegittima la deroga al principio dell’alternanza di sei giorni di lavoro ed uno di riposo nei limiti della ragionevolezza, dell’effettiva necessità e nel rispetto dell’art. 9, D.Lgs. n. 66/2003. Qualora il riposo settimanale non coincida con la domenica è riconosciuto, secondo un dictum ripetuto in giurisprudenza, il diritto ad una maggiorazione retributiva per il lavoro domenicale. (Trib. Ravenna 26/1/2005, Est. Riverso, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Monica Navilli, 773)
  • Ove il contratto collettivo abbia espressamente previsto dettagliati meccanismi di risarcimento in ipotesi di prestazione oltre il sesto giorno, l’effettuazione di attività lavorativa durante il giorno considerato di riposo non può essere considerata illegittima né può essere considerata fondante un diritto del lavoratore ad un ulteriore risarcimento del danno biologico – da liquidarsi in via equitativa dal giudice – derivante da usura psico-fisica. (Trib. Milano 21/10/2004, Est. Peragallo, in Lav. nella giur. 2005, 491)
  • La regola della periodicità ebdomadaria, ossia della cadenza del riposo settimanale, ammette delle deroghe contrattuali, nel senso che il riposo settimanale può essere goduto anche dopo sei giorni lavorativi, purchè ciò serva a perseguire interessi apprezzabili e non venga disattesa, nel complesso, la cadenza di un giorno di riposo ogni sei giorni lavorativi, né vengano superati i limiti di ragionevolezza. (Cass. sez. III pen. 18/7/2005 n. 26391, Pres. Savignano Est. Petti, in Dir. e prat. lav. 2005, 2057)Il risarcimento del danno dovuto al dipendente in caso di perdita definitiva del riposo settimanale deve essere commisurato all'ampiezza del periodo di lavoro continuativo e deve pertanto accrescersi di giorno in giorno sino a quando la prestazione lavorativa viene effettivamente interrotta. (Trib. Milano 5/6/2004, Est. Ianniello, in D&L 2004, 386)
  • Al lavoratore che presti la propria attività lavorativa oltre il sesto giorno consecutivo compete il risarcimento del danno causato dalla mancata fruizione del riposo, senza che esso possa essere escluso dalla presenza nella retribuzione di specifici elementi volti a compensare il diverso disagio per il lavoro a turni o in giornata domenicale; degli stessi può peraltro tenersi conto nel determinare l'entità del risarcimento dovuto. (Trib. Milano 6/1/2004, Est. Santosuosso, in D&L 2004, 121)
  • Nel caso di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, con riposo compensativo ricadente nella settimana successiva, ove il lavoratore richieda, in relazione alle indicate modalità della prestazione (oltre al compenso per lavoro festivo nel caso di prestazione coincidente con la giornata di domenica) anche il risarcimento del danno non patrimoniale, per usura psico-fisica, ovvero per la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, è tenuto ad allegare ed a provare il pregiudizio del suo diritto fondamentale, nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale, dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all'art. 36 Costituzione, potendo assumere adeguata rilevanza, nell'ambito specifico di detta prova (che può essere data in qualsiasi modo, quindi anche attraverso presunzioni relative ed il fatto notorio), il consenso dello stesso lavoratore a rendere la prestazione nel giorno di riposo ed anzi la sua richiesta di prestare attività lavorativa proprio in tale giorno. (Cass. 5/11/2003 n. 16626, Pres. Ciciretti Rel. Filadoro, in Dir. e prat. lav. 2004, 720)
  • La mancata concessione del riposo settimanale, con definitiva perdita dello stesso da parte del lavoratore, è illecita, contrastando con l'art. 2109, comma 1, c.c., e con l'art. 36, comma 3, Cost.; per la prestazione lavorativa svolta oltre il sesto giorno consecutivo al lavoratore spetta, in relazione al principio di cui all'art. 36, comma 1, Cost., una maggiore remunerazione, in considerazione della sua superiore gravosità. Inoltre nel caso in cui il lavoratore chieda, in relazione alle indicate modalità della prestazione, anche il risarcimento del danno per lesione del diritto alla salute, consistente in una alterazione della sua integrità psicofisica, è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti di cui all'art. 36, Cost. (Cass. 3/4/2003, n. 5207, Pres. Mattone, Rel. Miani, in Dir. e prat. lav. 2003, 2052)
  • A partire da Cass. S.U. n. 1607/89, si è consolidato l'indirizzo secondo il quale, nel caso di lavoro prestato nel settimo girono senza riposo compensativo, oltre alla retribuzione (con le relative maggiorazioni connesse alla maggiore penosità della prestazione), al lavoratore spetta anche il risarcimento del danno subito a causa dell'usura psico-fisica che il lavoro nel settimo giorno comporta, e ciò, naturalmente, ad un titolo del tutto autonomo rispetto a quello del compenso per la maggiore "penosità " del lavoro. Sulla automaticità o necessità di prova di tale danno (riconducibile a quello "biologico" o "esistenziale", in quanto compromissorio delle attività realizzatrici della persona umana, per indotti impedimenti alla serenità familiare, al godimento di un ambiente e di una situazione di benessere, al sereno svolgimento della propria vita lavorativa) non esiste uniformità di indirizzi. Tuttavia come asserisce la stessa Corte Costituzionale (n. 372/94) il danno biologico non è presunto, siccome identificabile col fatto illecito lesivo della salute, giacché, se è indiscutibile che la prova della lesione è in re ipsa, e in re ipsa è anche prova dell'esistenza del danno, è pur sempre necessaria la prova ulteriore dell'entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere commisurato. Il comportamento antigiuridico del datore di lavoro, in quanto tenuto in violazione dei precetti dell'art. 36 Cost. (ma non solo), non vi è dubbio che possa ledere non solo i diritti economici ma anche diritti fondamentali. Ma proprio per questo il pregiudizio di un diritto inviolabile della personalità deve essere da colui che lo invoca allegato e provato (sia pure con ampio ricorso alle presunzioni, allorché non si versi nell'ambito del pregiudizio della salute in senso stretto, in relazione al quale l'alterazione fisica o psichica è oggettivamente accertabile), nei suoi caratteri naturalistici (incidenza su di una concreta attività, pur non reddituale, e non mero patema d'animo interiore) e nel nesso di causalità dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all'art. 36 Cost. Sulla base delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata è affetta da errore di diritto nella parte in cui ha affermato che il risarcimento - che ha liquidato equitativamente -del danno da usura spetta automaticamente al lavoratore in conseguenza della violazione del diritto al riposo settimanale, senza che occorra neppure allegare il pregiudizio concreto subito in conseguenza del lavoro prestato nel giorno di riposo (Cass. 3/7/01, n. 9009, pres. Mercurio, est. Picone, in Lavoro e prev. oggi. 2001, pag. 1396)
  • In ipotesi di mancata fruizione del riposo settimanale, compete al lavoratore un compenso aggiuntivo per la maggior penosità delle prestazioni espletate dopo il settimo giorno consecutivo di lavoro; tale compenso aggiuntivo, avendo natura retributiva, ex art. 36, 3° comma Cost., spetta indipendentemente dalla prova di un danno, e va liquidato in misura equitativa, ravvisata, nella fattispecie, nell' 80% della retribuzione. (Corte d'Appello Napoli 12/1/2001, Pres. Vitiello Est. Villari, in D&L 2002, 166)
  • Dalla lettura logico-sistematica della legislazione in materia di orario di lavoro si desume che, come regola generale, la settimana di calendario costituisce il parametro di riferimento dell'orario massimo normale sia in relazione alla singola giornata lavorativa, sia in relazione all'intera settimana lavorativa (rispettivamente corrispondenti ad 8 e 48 ore di lavoro effettivo ex art. 1 R.D.L. n. 692/23, convertito nella l. n. 473/25, e quest'ultimo ridotto a 40 ore di lavoro effettivo dall'art. 13, l. n. 196/97). Peraltro, è consentito alla contrattazione collettiva sia derogare "in melius" ai suddetti limiti, sia parametrare l'orario così individuato nell'ambito di una settimana non coincidente con quella di calendario ma invece con quella corrente da un riposo ad un altro, ovvero anche nell'ambito di un periodo più lungo (facoltà che è stata legislativamente riconosciuta in favore dell'autonomia collettiva solo con l'art. 13, l. n. 196/97 cit.). Tuttavia, la legittimità di tale contrattazione collettiva è subordinata ad alcune condizioni. Infatti, per la disciplina antecedente alla l. n. 196/97, tale legittimità presupponeva il rispetto continuo e costante - e cioè in riferimento ad ogni singola giornata di esecuzione dell'attività lavorativa e ad ogni periodo di sette giorni lavorativi - dei limiti temporali (di 8 ore giornaliere e 48 settimanali) fissati dalla legislazione all'epoca vigente a garanzia della salute del lavoratore; in base all'art. 13, l. n. 196/97 cit., invece, l'ammissibilità della fissazione convenzionale dell'orario normale settimanale in termini ridotti rispetto al limite legale delle 40 ore (limite, la cui osservanza è consentita con il criterio della cosiddetta media multiperiodale e cioè, in termini più flessibili) è condizionata al rispetto del limite delle 8 ore giornaliere, in quanto, ancorché la nuova normativa non contenga alcuna disposizione in merito all'orario normale massimo giornaliero, è da escludere che la contrattazione collettiva possa derogare al suddetto limite, in considerazione sia della rilevanza costituzionale della durata massima della giornata lavorativa sia dell'autonomia - e non alternatività - dell'orario giornaliero rispetto all'orario settimanale. (In base ai suddetti principi la S.C. ha respinto la domanda proposta da un dipendente - tendente ad ottenere un computo piu' favorevole del lavoro straordinario). (Cass. 4/12/00, n. 15419, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 305)
  • Conseguenza necessaria del funzionamento domenicale nel settore poligrafico-giornalistico a norma dell'art. 5, l. 22/2/34, n. 370, non può che essere lo spostamento del riposo settimanale oltre il settimo giorno, legittimamente previsto da una fonte contrattuale (Cass. 30/8/00, n. 11429, pres. Iannirubrto, est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 496, con nota di Panaiotti, In tema di riposo settimanale degli stampatori di giornali quotidiani: si consolida l'ammissibilità del lavoro nel settimo giorno)
  • Per l'attività prestata nel settimo giorno consecutivo spetta la lavoratore una maggiorazione distinta da quella dovuta in relazione alla penosità del lavoro domenicale, salvo che la disciplina contrattuale non preveda già indennità o benefici a ristoro di tali sacrifici. Il distinto compenso per il mancato riposo nel settimo giorno non deve, tuttavia, parametrarsi alle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario. L'indagine interpretativa sull'effettiva retribuzione dell'attività maggiormente gravosa contenuta nelle regolamentazioni pattizie è condotta dal giudice di merito, e non può essere sindacata da quello di legittimità qualora il primo si sia attenuto ai principi dell'ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., e abbia congruamente motivato la propria valutazione (Cass. 30/8/00, n. 11429, pres. Iannirubrto, est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 496, con nota di Panaiotti, In tema di riposo settimanale degli stampatori di giornali quotidiani: si consolida l'ammissibilità del lavoro nel settimo giorno)