Quietanze liberatorie

  • Le quietanze a saldo sottoscritte dai lavoratori, ove contengano una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, a una serie di titoli e di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, possono assumere il rilievo di rinuncia o di transazione, che il lavoratore ha l’onere di impugnare nel termine di cui all’art. 2113 c.c., alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili alunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi. (Trib. Bari 24/10/2013, Giud. Vernia, in Lav. nella giur. 2014, 189)
  • La quietanza a saldo costituisce una semplice dichiarazione di scienza non preclusiva della possibilità di agire nei normali termini di prescrizione per il riconoscimento del diritto insoddisfatto del lavoratore, salvo che dal contesto dell'atto e da circostanze desumibili aliunde non risulti accertato che il lavoratore l'abbia rilasciata con la chiara consapevolezza di specifici diritti e con il cosciente intento di abbandonarli. (Trib. Grosseto 5/2/2007, Dott. Ottati, in Lav. nella giur. 2007, 1047) 
  • La quietanza a saldosottoscritta dal lavoratore che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, a una serie di titoli, di pretese in astratto ipotizzzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinunzia o di transazione, che il lavoratore ha l'onere di impugnare nei termini di cui all'art. 2103 c.c., a condizione che risulti accertato, sulla base dell'interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati e obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi; infatti, in mancanza, enunciazioni di tal genere sono assimilabili alle clausole di stile e non sono sufficiebti di per sè a comprovare l'effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell'interessato (nella fattispecie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva negato alla dichiarazione soggettiva sottoscritta dal lavoratore di non aver più nulla a pretendere a titolo di trattamento di fine rapporto, efficacia di rinuncia e transazione con riferimento alle pretese aventi a oggetto il pagamento  del trattamento di fine rapporto sul compenso per lavoro straordinario continuativo). (Cass. 26/9/2006 n. 20867, Pres. Mercurio Est. Lamorgese, in D&L 2007, 151)
  • La dichiarazione con cui il lavoratore dà atto di aver ricevuto una determinata somma a totale soddisfacimento di ogni sua spettanza e di non aver null’altro a pretendere dal proprio datore di lavoro rappresenta, di regola, una semplice manifestazione del convincimento dell’interessato di essere stato soddisfatto di tutti i suoi diritti e, risolvendosi in un giudizio soggettivo, concreta una mera dichiarazione di scienza priva di ogni efficacia negoziale che, come tale, se è successivamente riscontrata erronea, non preclude al dichiarante di agire per il soddisfacimento giudiziale dei propri diritti non ancora soddisfatti; soltanto nel concorso di altre speciali circostanze, desumibili anche aliunde, una tale dichiarazione può assumere il valore di rinuncia o transazione, ai sensi dell’art. 2113 c.c., sempreché di tali negozi ricorrano i requisiti legali e, in particolare, risulti inequivocabilmente accertato che il lavoratore abbia avuto, nel rilasciarla, la chiara consapevolezza degli specifici diritti determinati, o almeno obiettivamente determinabili, che gli sarebbero spettati e ai quali, appunto, egli abbia coscientemente inteso rinunciare totalmente o parzialmente (Cass. 13/6/98 n. 5930, pres. Rapone, est. Figurelli, in D&L 1998, 1003)
  • La dichiarazione contenuta nella cd. quietanza liberatoria o a saldo, con cui il lavoratore afferma di ricevere dal datore di lavoro tutto quanto di sua spettanza, è priva di contenuto abdicativo e pertanto non può ricondursi allo schema negoziale di una rinuncia o transazione dei suoi diritti, ai sensi dell’art. 2113 c.c.; inoltre, il lavoratore non è tenuto a dare la prova del mancato pagamento della somma quietanzata (Trib. Pistoia 4/3/99, pres. ed est. Amato, in D&L 1999, 648, n. Balli, Quietanze a saldo e onere della prova del mancato pagamento della somma indicata)