Persone legate da vincolo di parentela

  • Per superare la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese in ambito familiare (che trova la sua fonte nella circostanza che tali prestazioni vengono normalmente rese affectionis vel benevolentiae causae) è necessario che la parte che faccia valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti offra una prova rigorosa degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato e, in particolar modo, dei requisiti indefettibili della subordinazione e della onerosità. In particolare, con riferimento all’attività lavorativa prestata in agricoltura in favore di parenti e affini (nel quadro di colture tradizionali e di piccole proprietà) la mera prestazione di attività lavorativa non è sufficiente a far configurare un rapporto di lavoro subordinato, essendo invece necessaria una specifica prova della subordinazione e della onerosità delle prestazioni, che può esser fornita anche al di fuori degli elementi sintomatici più tipici della subordinazione, purché risulti un nesso di corrispettività tra la prestazione lavorativa e quella retributiva, entrambe caratterizzate dall’obbligatorietà, e la prestazione lavorativa sia soggetta a direttive e controlli, pur se in un eventuale quadro caratterizzato da maggiore elasticità di orari. (Cass. 20/4/2011 n. 9043, Pres. Vidiri Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2011, 625
  • Per la prova di un rapporto di lavoro tra persone legate ad un vincolo di parentela, di affinità o di coniugio, anche non conviventi, sussiste una presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative e, quindi, di una loro offerta non in adempimento di obblighi derivanti dall'esecuzione di un rapporto di lavoro, bensì di doveri sorti "affectionis vel benevolentiae causae". Ciò non significa però che tale presunzione debba considerarsi assoluta o così rigorosa, come nel caso del rapporto di lavoro tra coniugi, da escludere in modo assoluto la prova contraria. (Cass. 28/11/2003 n. 28248, Pres. Sciarelli Rel. Capitanio, in Dir. e prat. lav. 2004, 554)
  • Ove la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative fra persone legate da vincoli di parentela o affinità debba essere esclusa per l'accertato difetto della convivenza degli interessati, non opera "ipso iure" una presunzione di contrario contenuto, indicativo cioè dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; pertanto, in caso di contestazione, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha comunque l'obbligo di dimostrarne, con prova precisa e rigorosa, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione (Trib. Milano 16/3/01, est. Cincotti, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 67)
  • Le prestazioni lavorative fra conviventi, nell'ambito di una comunità familiare anche di fatto (nella fattispecie l'asserito dipendente conviveva more uxorio con la figlia dell'asserito datore di lavoro nell'abitazione di quest'ultimo) si presumono rese a titolo gratuito, dovendosi ritenere espletate al di fuori di qualsiasi incontro di volontà contrattuale e determinate da impulsi affettivi e dalla comunanza di interessi, che escludono il carattere oneroso del rapporto; tale presunzione di gratuità può essere superata dalla prova rigorosa, incombente sulla parte che sostiene l'esistenza del rapporto di lavoro, circa i requisiti della subordinazione e della onerosità della prestazione (Trib. Catania 24/10/94, pres. Pagano, est. Zappaia, in D&L 1995, 650)