Questioni di legittimità costituzionale

  • Si alla libera professione anche per gli psicologi militari.
    Nell’ambito di un procedimento ove si dibatteva della legittimità del diniego ad alcuni psicologi militari dell’autorizzazione all’esercizio della libera professione, il Consiglio di Stato aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 210, co. 1, del Codice dell’ordinamento militare, ritenendo tale norma in contrasto, tra gli altri, con l’art. 3 Cost., nella parte in cui essa riconosce ai soli medici militari, e non anche agli psicologi militari, la possibilità di beneficiare della deroga al generale principio di incompatibilità della professione militare con l’esercizio di ogni altra professione. La Corte Costituzionale, nel dichiarare la fondatezza della questione, osserva che, poiché entrambi i professionisti – medici e psicologi militari – erogano prestazioni finalizzate alla cura della salute del paziente e rientrano nell’unitaria categoria del personale militare abilitato all’esercizio della professione sanitaria, essi vanno equiparati sotto il profilo della facoltà di svolgere la libera professione, e ciò a prescindere dall’eventuale diversità di ruoli e di progressione di carriera, che può riscontrarsi nell’ambito dei rispettivi corpi sanitari di appartenenza. (Corte Cost. 18/5/2023 n. 98, Pres. Sciarra Red. Barbera, in Wikilabour, Newsletter n. 11/2023)
  • Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, co. 1, lett. B, ultimo periodo, della l. 30 dicembre 2010, n. 240, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui non prevede — tra le condizioni che impediscono la partecipazione ai procedimenti per la chiamata dei professori universitari  — il rapporto di coniugio con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo. Posto che le situazioni di rigida incandidabilità, previste dal legislatore, sono espressione di un bilanciamento fra il diritto di ogni cittadino a partecipare ai concorsi universitari e le ragioni dell’imparzialità, improntato alla prevalenza di tali ragioni, non può ritenersi irragionevole la mancata inclusione del coniugio come motivo di incandidabilità degli aspiranti alla chiamata. Il coniugio richiede un diverso bilanciamento, ponendo a fronte dell’imparzialità non soltanto il diritto a partecipare ai concorsi, ma anche le molteplici ragioni dell’unità familiare, esse stesse costituzionalmente tutelate. Più aderente alle esigenze in gioco appare un bilanciamento che affidi la finalità di garantire l’imparzialità, la trasparenza e la parità di trattamento nelle procedure selettive a meccanismi meno gravosi, attinenti ai componenti degli organi cui è rimessa la valutazione dei candidati, come l’obbligo di astensione di cui all’art. 51 c.p.c. (Corte Cost. 9/4/2019, n.78, Pres. Lattanzi, Est. Amato, in Riv. It. Dir. Lav. 2020, con nota di A. Trojsi, “Il romanticismo della Consulta: il coniugio non è causa di incandidabilità nei concorsi universitari”, 153)
  • Sono costituzionalmente illegittimi l'art. 2, 2° e 3° comma e l'art. 3 della legge della Regione Valle d'Aost/Vallée d'Aoste 2/2/09 n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego regionale). (Corte Cost. 29/4/2010 n. 151, Pres. Amirante Rel. Mazzella, in D&L 2010, con nota di Mirko Altimari, "Disciplina del personale regionale e competenza in materia di 'ordinamento civile': si consolida l'orientamento della Consulta", 364)
  • E' costituzionalmente illegittimo l'art. 3 della legge della Regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 2/2/09 n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego regionale). (Corte Cost. 29/4/2010 n. 151, Pres. Amirante Rel. Mazzella, in D&L 2010, con nota di Mirko Altimari, "Disciplina del personale regionale e competenza in materia di 'ordinamento civile': si consolida l'orientamento della Consulta", 364)
  • Sono illegittimi gli artt. 1, comma 1, 4 e 18 della l.r. Pyglia 23 dicembre del 2008, n. 45, per la violazione degli artt. 97 e 117, comma 3, Cost., in quanto il legislatore regionale ha disatteso la disposizione del comma 7 dell'art. 15 d.lgs. n. 502 del 1992, la quale impone che l'accesso alla dirigenza sanitaria avvenga mediante concorso pubblico per titoli ed esami. (Corte Cost. 29/4/2010 n. 150, Pres. Amirante Rel. Napolitano, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Stefano Caliandro, "Concorso nel pubblico impiego e potestà legislativa concorrente", 99)
  • Sono illegittimi gli artt. 7, 8 e 9 della l. r. Calabria 15 gennaio 2009, n. 1 che dispongono l'inquadramento in ruolo, con contratti a tempo indeterminato, di diverse categorie di personale sanitario incaricato, prevedendo esclusivamente un giudizio di idoneità. Solo esigenze obiettive, quali la necessità di valorizzare le esperienze lavorative maturate all'interno dell'amministrazione, possono giustificare la validità di procedure di selezione diverse rispetto al concorso pubblico, e a condizione che il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) sia assicurato in via alternativa con adeguati criteri selettivi idonei a garantire la professionalità dei soggetti prescelti. (Corte Cost. 29/4/2010 n. 149, Pres. Amirante Rel. Mazzella, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Stefano Caliandro, "Concorso nel pubblico impiego e potestà legislativa concorrente", 99)
  • L'art. 1, comma 218, L. 23/12/05 n. 266, stabilendo che l'art. 8, 2° comma, L. 3/5/99 n. 124 si interpreta nel senso che il personale degli enti locali deve essere immesso nei ruoli statali sulla base del solo trattamento economico in godimento all'atto del trasferimento, non ha violato il principio dell'equo processo poiché ha "inteso ristabilire una delle possibili direzioni dell'originaria intenzione del legislatore" (osteggiata dalla giurisprudenza della Cassazione) poiché all'accordo Aran del 20/7/2000 emerge che l'inquadramento sulla base del maturato economico rappresenta una delle possibili varianti di lettura della citata L. 124/99. In ogni caso secondo la Corte di Strasburgo il divieto d'ingerenza del legislature sulle cause sub iudice, in cui lo Stato è parte sostanziale e formale, non costituisce un divieto assoluto, in quanto la stessa in varie occasioni ha ritenuto non contrari all'art. 6 della Convenzione europea particolari interventi retroattivi dei legislatori nazionali. Ne segue che non è fondata l'eccezione di legittimità costituzionale del predetto art. 1, comma 218, sollevata con riferimento all'art. 117, 1° comma, Cost. (Corte Cost. 26/11/2009 n. 311, Pres. Amirante Rel. Tesauro, in D&L 2009, 901) 
  • Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 218, L. 23/12/05 n. 266 per contrasto con l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 Cedu che stabilisce il diritto di ogni persona a un giusto processo davanti a un tribunale indipendente e imparziale; infatti, il conflitto con la predetta norma può aversi anche quando una norma retroattiva, come appunto l'art. 1, comma 218 cit., pur non essendo finalizzata esclusivamente a incidere sui processi in corso, attribuisca comunque un significativo vantaggio allo Stato in quanto parte di quei procedimenti, in assenza di quelle imperiose ragioni di interesse generale che, sole, potrebbero legittimare questo squilibrio a favore del potere legislativo. (Cass. 24/9/2008 n. 22260, ord., pres. ed est. Senese, in D&L 2008, con nota di Alberto Guariso, "La violazione del principio del giusto processo tra Corte di Giustizia e Corte Costituzionale", 1069)
  • Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 218, L. 23/12/05 n. 266 per contrasto con l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 Cedu che stabilisce il diritto di ogni persona a un giusto processo davanti a un tribunale indipendente e imparziale;infatti l'emanazione di una norma retroattiva volta a dirimere un contenzioso nel quale sia parte lo Stato che ha emanato la norma, costituisce per se stessa intromissione nel potere giudiziario finalizzata a modificare l'esito dei giudizi in corso, mentre d'altra parte il riassetto organizzativo del settore Ata non integra il requisito delle "imperiose ragioni di carattere generale" che, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, può legittimare norme retroattive. (Corte app. Ancona 26/9/2008 ord., in D&L 2008, con nota di Alberto Guariso, "La violazione del principio del giusto processo tra Corte di Giustizia e Corte Costituzionale", 1069)
  • E' rilevante e non manifestamente infondata e va rimessa alla Corte Costituzionale la questione di legittimità del medesimo art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., e, per suo tramite, dell'art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (principio del giusto processo), come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, giacché il legislatore del 2005, si sarebbe posto come esclusivo obbiettivo quello di influire sulla soluzione delle controversie in corso, ciò che, secondo la stessa giurisprudenza della Corte europea, renderebbe illegittimi interventi retroattivi. (Cass. 4/9/2008 n. 22260, ord., Pres. ed Est. Senese, in Lav. nelle P.A. 2008, 632, e in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Morelli, "Interpretazione autentica e 'giusto processo'. Torna al vaglio della Corte Costituzionale la disposizione interpretativa della disciplina sul trasferimento del 'personale ATA' dagli enti locali allo Stato", 108, e in Lav. nella giur. 2008, con commento di Vincenzo De Michele, 1128)
  • E' costituzionalmente illegittim, nella parte in cui si applica anche alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, l'art. 1, comma 560 della l. 27 dicembre 2006, n. 296, con riguardo alla previsione che le amministrazioni pubbliche, nel bandire le prove selettive per l'assunzione di personale a tempo determinato, sono obbligate a riservare una quota non inferiore al 60% del totale dei posti ai soggetti con i quali hanno stipulato contratti di collaborazione coordinata e continuativa per la durata complessiva di almeno un anno; tale disposizione di legge statale, essendo attinente alla materia dell'organizzazione amministrativa regionale, viola l'art. 117 Cost. (Corte Cost. 11/4/2008 n. 95, Pres. Bile Rel. Mazzella, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Riccardo Salomone, "Primo profilo di incostituzionalità delle regole per la stabilizzazione dei lavoratori pubblici: violato l'art. 117 Cost.", 758)
  • E' costituzionalmente illegittimo l'art. 128, secondo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui, facendo discendere automaticamente dalla dichiarazione di decadenza il divieto di concorrere ad altro impiego nell'amministrazione dello Stato, non prevede l'obbligo dell'amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall'impiego, emesso ai sensi dell'art. 127, primo comma, lettera d), dello stesso decreto, al fine della ponderazione della proporzione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad altro impiego. Tale preclusione, che colpisce per una durata limitata nel tempo e automaticamente, senza distinzione alcuna, tutti i comportamenti rientranti nell'area della decadenza dall'impiego, non è infatti conforme al principio, che è alla base della razionalità che domina il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, di adeguatezza tra illecito amministrativo e sanzione. Restano assorbite le altre censure relative agli artt. 4, 35, 51 e 97 della Costituzione. - Sul principio di adeguatezza tra illecito amministrativo e sanzione v., citate, le sentenze, n. 270/1986 e n. 16/1991. - Sul potere della pubblica amministrazione di valutare, ai fini dell'ammissione a concorso pubblico, la riabilitazione del candidato, v., citata, la sentenza n. 408/1993. (Corte Cost. 27/7/2007 n. 329, Pres. Bile Rel. Cassese, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Giorgio Mannacio, 1214)
  • Ai fini del giudizio di costituzionalità su una norma interpretativa, non è decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia perciò retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, non essendo preclusa al legislatore l'emanazione di norme retroattive in materia civile, semprechè detta retroattività trovi adeguata giustificazione sotto il profilo della ragionevolezza e non contrasti con altri interessi e valori costituzionalmente protetti. Alla luce di tali principi non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, 218° comma, L. 23/12/05 n. 266 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006) contenente norme interpretative dell'art. 8, 2° comma, L. 3/5/99 n. 124 in materia di trasferimento del personale Ata dagli enti locali allo Stato, sollevate con riferimento agli artt. 3, 24, 36, 42, 97, 101, 102, 103, 104, 113. (Corte Cost. 26/6/2007 n. 234, Pres. Bile Rel. Quaranta, in D&L 2007, con nota di Alberto Guariso, "Leggi retroattive, controllo di ragionevolezza e precarietà del diritto", 662 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di A. Viscomi, "Il trasferimento del personale ATA dagli enti locali allo Stato: fine della storia", 23)
  • E' illegittimo il combinato disposto degli artt. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a) della legge della regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 e dell'art. 55, comma 4, della legge Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, nella parte in cui prevede che i direttori generali delle Asl decadano dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall'incarico. (Cost. 23/3/2007 n. 104, Pres. Bile Rel. Cassese, in Lav. nelle P.A. 2007, con commento di Gabriella Nicosia, "Le opinioni della Corte Costituzionale su spoils system, fiducia e imparzialità negli incarichi di funzione dirigenziale: il caso Speciale è davvero speciale?", 496 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fontana, "La dirigenza pubblica fra Scilla e Cariddi salvata dalla Corte Costituzionale?", 42)
  • E' illegittimo l'art. 96 della Regione Siciliana 26 marzo 2002, nella parte in cui prevede che gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possano essere revocati entro novanta giorni dall'insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto. (Cost. 23/3/2007 n. 104, Pres. Bile Rel. Cassese, in Lav. nelle P.A. 2007, con commento di Gabriella Nicosia, "Le opinioni della Corte Costituzionale su spoils system, fiducia e imparzialità negli incarichi di funzione dirigenziale: il caso Speciale è davvero speciale?", 496 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fontana, "La dirigenza pubblica fra Scilla e Cariddi salvata dalla Corte Costituzionale?", 42)
  • E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 2, e/o dell'art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2001 e dell'art. 71, commi 1, 3, 4 della legge della regione Lazio n. 9 del 2005, sollevata con riferimento agli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lett. l). (Cost. 23/3/2007 n. 104, Pres. Bile Rel. Cassese, in Lav. nelle P.A. 2007, con commento di Gabriella Nicosia, "Le opinioni della Corte Costituzionale su spoils system, fiducia e imparzialità negli incarichi di funzione dirigenziale: il caso Speciale è davvero speciale?", 496 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fontana, "La dirigenza pubblica fra Scilla e Cariddi salvata dalla Corte Costituzionale?", 42)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, commi 1 e 2 della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, sollevata con riferimento agli articoli 3, primo comma e 97 Cost. (Cost. 23/3/2007 n. 104, Pres. Bile Rel. Cassese, in Lav. nelle P.A. 2007, con commento di Gabriella Nicosia, "Le opinioni della Corte Costituzionale su spoils system, fiducia e imparzialità negli incarichi di funzione dirigenziale: il caso Speciale è davvero speciale?", 496 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fontana, "La dirigenza pubblica fra Scilla e Cariddi salvata dalla Corte Costituzionale?", 42)
  • Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 7, della L. n. 145 del 15 luglio 2002 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato), per contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione, nella parte in cui dispone che "i predetti incarichi cessano il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attività di ordinaria amministrazione". (Cost. 23/3/2007, n. 103, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Pietro Sciortino, 769 e in Lav. nelle P.A. 2007, 495 e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fontana, "La dirigenza pubblica fra Scilla e Cariddi salvata dalla Corte Costituzionale?", 42)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 c. 7 del d.lgs. n. 165/2001 nella parte in cui stabilisce la decadenza per le azioni relative a fatti anteriori al luglio 1998 che non siano state proposte al giudice amministrativo entro il 15 settembre 2000, in quanto un termine di decadenza di ventisei mesi non rende "oltremodo difficoltosa" la tutela giurisdizionale nel senso in cui deve essere letta la pertinente giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 213/2005; n. 382/2005; n. 197/2006). (Cass. 15/1/2007 n. 616, Pres. Ianniruberto Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 555)
  • È costituzionalmente illegittima, in quanto contraria all'art. 97 Cost., la norma contenuta nell'art. 1, terzo comma, legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2005, n. 3, la quale prevede che il personale dirigente nominato a tempo determinato per chiamata dall'esterno, qualora abbia prestato servizio per almeno sei anni, svolgendolo con "particolare successo", possa essere iscritto, con delibera della Giunta provinciale, in una sezione dell'albo degli aspiranti dirigenti, e che tale iscrizione comporti la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con inquadramento nella qualifica funzionale corrispondente al titolo di studio richiesto per l'incarico dirigenziale già ricoperto. (Corte Cost. 9/11/2006 n. 363, Pres. Bile Est. Cassese, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Gaetano zilio Grandi, "Il concorso pubblico quale strumento ordinario di accesso alle pubbliche amministrazioni, tra regola costituzionale e prassi", 269 e in Lav. nella giur. 2007, con commento di Maria Giovanna Greco, 263)
  • Non è manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale del 218° comma, dell’articolo unico della L. 23/12/05 n. 266 (che contiene norma di “interpretazione autentica” dell’art. 8, 2° comma, L. 3/5/99 n. 124 in tema di trasferimento del personale ATA dagli enti locali allo Stato) per contrasto con gli artt. 3, 24, 101, 102, 104, 113 e 42 Cost., poiché, trattandosi di disposizione del tutto innovativa e nel contempo retroattiva, si pone in contrasto: a) con il principio di uguaglianza perché introduce trattamenti differenti tra dipendenti pubblici con mansioni e inquadramento identici; b) con il principio di affidamento sulla certezza dell’ordinamento giuridico perchè è volta esclusivamente a intervenire sui giudizi in corso, essendosi per il resto esaurita la vicenda disciplinata; c) con la tutela della proprietà privata essendo i diritti introdotti dall’art. 8 cit. ormai entrati definitivamente nel patrimonio dei dipendenti interessati (Trib. Milano 12/5/2006, ord., Est. Di Leo, in D&L 2006, 521)
  • È costituzionalmente illegittimo l'art. 32, 1° e 2° comma, L. R. Piemonte 8/1/04 n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento) per contrasto con l'art. 117, 3° comma, Cost., poichè attribuisce alla Regione la competenza nella determinazione dei titoli professionali e dei contenuti a essi relativi, di competenza invece dell'ordinamento statale. (Cost. 14/4/2006 n. 153, Pres. Marini Rel. Maddalena, in D&L 2006, con nota di Carmen Schettin, "Accenni sulla competenza concorrente delle Regioni in materia di lavoro", 731)
  • Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 34, comma 11, della legge 27 dicembre2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003) e 3, comma 60, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), in quanto impongono alle Regioni e agli enti locali che le assunzioni a tempo indeterminato debbano essere contenute entro quote non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso degli anni 2002 e 2003. Le suddette disposizioni, infatti, non si limitano a fissare un principio di coordinamento della finanza pubblica, ma pongono un precetto specifico e puntuale sull’entità della copertura delle vacanze verificatesi nel 2002 e nel 2003, imponendo che tale copertura non sia superiore al 50 per cento: precetto che, proprio perché specifico e puntuale e per il suo oggetto, si risolve in un’indebita invasione, da parte della legge statale, dell’area (organizzazione della propria struttura amministrativa) riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, relativamente alle quali il Legislatore statale può prescrivere criteri (quello, ad esempio, di privilegiare il ricorso alle procedure di mobilità: sentenza n. 388 del 2004) ed obiettivi (contenimento della spesa pubblica, ad esempio) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. (Corte Cost. 13-17/12/2004 n. 390, Pres. Onida Rel. Vaccarella, in Lav. e prev. oggi 2005, 495)
  • Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, visti gli artt. 134 Cost., 1, L. cost. 9 febbraio 1998, n. 1 e 23 ss., L. 11 marzo 1953 n. 87 rimette alla Corte Costituzionale l’esame della questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in quanto, in violazione della norma delegante, introdurrebbe un termine di decadenza per ricorsi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche rimessi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, renderebbe più gravoso per meri motivi organizzativi, attraverso la compressione dei termini relativi, al dipendente far valere i propri diritti patrimoniali, se sorti prima del 30 giugno 1998, e introdurrebbe infine una disciplina irragionevolmente differenziata e vessatoria rispetto agli altri dipendenti per quelli, i cui diritti sono sorti nel periodo anzidetto, in violazione degli artt. 76, 77, comma 1, 3 e 24 Cost. (TAR Friuli Venezia Giulia 26/3/2004, ord., Rel. Di Sciascio, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Fabio Petracci, 272)
  • È inammissibile, in quanto sollevata prima dell’effettiva rimessione all’A.r.a.n. della questione interpretativa sul contratto collettivo e quindi non rilevante nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3 D. Lgs. N. 165/2001, in relazione al combinato disposto dell’art. 24 e dell’art. 111, commi 1 e 2 Cost., per l’inidoneità del procedimento ivi disciplinato a garantire al pubblico dipendente una sede in cui far valere il proprio punto di vista a fronte della possibilità per la controparte di far valere attraverso l’A.r.a.n. le proprie ragioni in sede di trattative sindacali sull’interpretazione del contratto collettivo. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È inammissibile, in quanto sollevata prima dell’effettiva rimessione all’A.r.a.n. della questione interpretativa sul contratto collettivo e quindi non rilevante nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N. 165/2001, in relazione agli artt. 101, 102 e 111 Cost., concernente l’idoneità dell’accordo raggiunto dall’A.r.a.n. e dalle organizzazioni sindacali a configurarsi come illegittima interferenza di un potere normativo nel processo in corso. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È inammissibile, in quanto sollevata prima dell’effettiva rimessione all’A.r.a.n. della questione interpretativa sul contratto collettivo e quindi non rilevante nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N. 165/2001, in relazione al disposto dell’art. 39, comma 1, Cost., nella parte in cui lede la libertà sindacale del lavoratore privandolo della facoltà di prospettare, in ordine ai prodotti della contrattazione collettiva, le proprie esigenze, il proprio punto di vista e di manifestare il proprio dissenso. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È inammissibile, in quanto sollevata prima dell’effettiva rimessione all’A.r.a.n. della questione interpretativa sul contratto collettivo e quindi non rilevante nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N. 165/2001, in relazione al disposto dell’art. 39, commi 2, 3 e 4, Cost., nella parte in cui consente all’accordo di cui all’art. 64, comma 2, di intervenire, con efficacia erga omnes, con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto da interpretare o modificare a prescindere dalla loro attuale rappresentatività, e quindi con violazione del principio di maggioranza al quale si ispira l’art. 43, D. Lgs. N. 165/2001, in relazione alla stipulazione dei contratti collettivi con efficacia erga omnes nel settore pubblico. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È infondata, in ragione della peculiarità del contratto collettivo nel pubblico impiego, che è efficace erga omnes e funzionale all’interesse pubblico, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N. 165/2001, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui riserva alle controversie promosse dai dipendenti della Pubblica Amministrazione una disciplina diversa rispetto al settore privato. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È infondata, in quanto la natura sommaria della valutazione richiesta al giudice a seguito di una richiesta di misura cautelare è compatibile con la rimessione, anteriore, coeva o successiva, della questione interpretativa all’A.r.a.n., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N 165/2001, per violazione dell’art. 24 Cost., nella parte in cui, vincolando il giudice ad investire della questione interpretativa l’A.r.a.n. ed a sospendere il processo per 120 giorni, gli impedirebbe di valutare il fumus boni iuris della richiesta di misura cautelare eventualmente proposta. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • Sono infondate, per essere il meccanismo dell’accertamento pregiudiziale di cui all’art. 64, D. Lgs. N. 165/2001, in sintonia con la ratio della legge di delega, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 64, commi 1 e 3 cit., in riferimento all’art. 76 Cost. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • È infondata, in quanto il meccanismo di rimessioni alle parti collettive opera solo in presenza di una seria questione interpretativa, la questione di legittimità dell’art. 64, commi 1, 2 e 3, D. Lgs. N. 165/2001, per violazione degli artt. 3 e 111 Cost. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Est. Vaccarella, in Lav. nella giur., con commento di Domenico Pizzonia, 956)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, 2° comma D. Lgs. 30/3/01 n. 165 sollevata con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., poiché anche dopo la riforma del 1993, la non omogeneità della disciplina che regola il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni a quello delle dipendenze di datori di lavoro privati-in particolare per quanto riguarda la genesi del rapporto che nelle pubbliche amministrazioni avviene mediante concorso ai sensi dell'art. 97 Cost.-giustifica la scelta del legislatore di ricollegare effetti giuridici diversi (conversione del rapporto per i privati ed eventuali conseguenze risarcitorie per i pubblici) alla violazione di norme imperative. (Corte Cost. 27/3/2003 n. 89, Pres. Chieppa, Rel. Marini, in D&L 2003, 273, con nota di Valentina Civitelli, "Contratti a termine illegittimi nella PA: non è incostituzionale l'assenza di sanzioni")
  • Non è fondata in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 24, 35 e 36 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, 36° comma, L. 23/12/94 n. 724 nella parte in cui prevede il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria riferita ai crediti di lavoro dei pubblici dipendenti. (Corte Cost. 27/3/2003 n. 82, Pres. Chieppa Rel. Bile, in D&L 2003, 282)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, 2° comma, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui esclude che la violazioni di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte della pubbliche amministrazioni, possa comportare la costituzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni. Il principio dell’accesso mediante concorso- enunciato dall’art. 97 Cost., a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione- rende palese la non omogeneità tra lavoro pubblico e privato e non consente di ritenere violato il principio di uguaglianza. (Corte Cost. 13/3/2003 n. 89 Pres. Chieppa Rel. Marini, in Giur. It. 2004, 19, con nota di Domenico Mezzacapo, “Il contratto a termine nel lavoro pubblico: specialità, peculiarità ed ambiguità”)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 d.leg. 29 ottobre 1998 n. 387 (il cui contenuto è ora riprodotto nell'art. 63 d.leg. 30 marzo 2001 n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui si demanda al giudice ordinario la cognizione delle controversie concernenti il conferimento degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni (nella specie in una Asl), in riferimento agli art. 76 e 77 Cost. (Corte Costituzionale 9/12/2002, n. 525, Pres. Ruperto, Est. Chieppa, (ord), in Foro it 2003 parte prima, 315)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, 2° comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui non contempla, tra i periodi di servizio riconoscibili ai fini della carriera in favore dei professori associati all'atto della conferma in ruolo, i periodi di effettivo servizio prestati in qualità di professore a contratto, stipulato ai sensi degli art. 100 e 116 d.p.r. 382/80, in riferimento agli art. 3 e 97. Cost. (Corte Costituzionale 26/11/2002, n. 480, Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky, in Foro it. 2003, parte prima, 326)
  • E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell' art. 35, 17° comma, d.leg. 80/98, sollevata dopo l' entrata in vigore del testo unico delle leggi sul pubblico impiego (d.leg. 165/01), che all' art.72, 1° comma, lett. b), ha disposto l'abrogazione della disposizione censurata, riproducendola nell' art. 69, 7° comma, con diversa formulazione, in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 77, 1° comma, Cost. (Corte Costituzionale 10/5/2002, n. 184, (ord), Pres. Vari, Est. Mezzanotte, in Foro it. 2003 parte prima, 45)
  • E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la questione di costituzionalità della normativa in tema di opzione da parte dei dipendenti sanitari tra l'esercizio dell'attività professionale intra moenia e l'esercizio dell'attività extra moenia (artt. 5, 7° comma, D. Lgs. 21/12/99 n. 517, 15 quinquies, 2° comma, lett. a), b), c) e d) D. Lgs 30/12/92 n. 502 e art. 72, 11° comma, L. 23/12/98 n. 448) (Cons. Stato, VI sez., 24 marzo 2000 n. 1431 (ord.), pres. De Roberto, est. Maruotti, in D&L 2000, 307)
  • Non è manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 5, 8° comma, del D. Lgs. 21/12/99 n. 517, giacché il termine ivi previsto a carico dei medici universitari per la formulazione dell'opzione tra rapporto di lavoro esclusivo e attività extra moenia appare in contrasto con l'art. 97 Cost. sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e contraddittorietà con il sistema normativo in cui si colloca; conseguentemente la fissazione di detto termine perentorio deve essere sospesa in via cautelare (TAR Lazio, sez. III, 8 marzo 2000 n. 2112 (ord.), pres. Cossu, est. Speranza, in D&L 2000, 309)
  • E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 3, commi 205, 206 e 207 della L. 28/12/95 n. 549, come modificato dall’art. 6, comma 6-bis, DL 31/12/96 n. 669 convertito in L. 28/2/97 n. 30, nella parte in cui introduce procedure concorsuali interne di riqualificazione per l’accesso alla settima qualifica funzionale; tali procedure derogano infatti al principio costituzionale dell’accesso alla qualifica superiore mediante concorso pubblico, violando il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione e ponendosi così in contrasto con l’art. 97, 1° e 3° comma, Cost. (Corte Cost. 4/1/99 n. 1, pres. Granata, rel. Ruperto, in D&L 1999, 491, n. Guariso, <<Insiders>> e >>Outsiders>>: la dura lotta per il posto di lavoro pubblico continua)