In genere

  • Il diritto al congedo per handicap grave, di cui all’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151 del 2001, applicabile “ratione temporis”, deve essere inteso nel senso che il previsto limite biennale - non superabile nell’arco della vita lavorativa anche nel caso di godimento cumulativo di entrambi i genitori - si riferisca a ciascun figlio che si trovi nella prevista situazione di bisogno, in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è diretta ad assicurare. (Cass. 23/11/2020 n. 26605, Pres. Manna Rel. Calafiore, in Lav. nella giur. 2021, 202)
  • Le patologie che impediscono al familiare di assistere un congiunto affetto da handicap grave non vanno specificate ai sensi del D. intermin. n. 278/2000, essendo sufficiente, al fine di scalare la graduatoria dei soggetti abilitati a richiedere il congedo straordinario biennale di cui all’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001, che esse siano rilevanti, ovvero che impediscano l’assistenza di altre persone. (Trib. Taranto 2/4/2020 n. 2190, ord., Pres. Orlando Rel. Palma, in Lav. nella giur. 2020, con nota di G. Leone, Gravi motivi e patologie invalidanti nella concessione del congedo ex art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151/2001: il corto circuito dell’I.N.P.S., 1200)
  • In sede di fruizione dei permessi ex lege n. 104/1992 da parte del lavoratore, soltanto ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente. (Cass. 19/6/2020 n. 12032, Pres. Nobile Rel. Piccone, in Lav. nella giur. 2021, con nota di A. Caracciolo, La fruizione illecita dei permessi ex L. n. 104/1992, 630)
  • È incostituzionale l’art. 42, co. 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave, ma che tale convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, del padre e della madre, anche adottivi, dei figli conviventi, dei fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l’ordine determinato dalla legge. (Corte Cost. 7/12/2018 n. 232, Pres. Lattanzi Est. Sciarra, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di L. Zappalà, “Congedo straordinario e requisito della convivenza: uguaglianza, solidarietà e assistenza nelle famiglie ‘senza confini’”, 304)
  • La fruibilità del congedo straordinario per la cura di persona in condizione di disabilità grave è condizionata al rispetto dell’ordine di priorità – non derogabile – fissato all’art. 42, co. 5, d.lgs. n. 151/2001, in ragione del quale solo la mancanza naturale o giuridica dei soggetti legittimati ivi indicati giustifica lo scorrimento verso parenti o affini. (Nel caso di specie il Tribunale chiarisce che la ricorrente, in quanto nuora del soggetto da assistere, potrebbe subentrare solo ove i parenti più prossimi siano deceduti o totalmente inabili). (Trib. Bari 30/5/2017, Giud. Vernia, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di S. Buoso, “Il congedo straordinario per assistere disabili: estensioni soggettive e possibili abusi”, 657)
  • È costituzionalmente illegittimo l’art. 33, co. 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) nella parte in cui non prevede il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito di tre giorni per l'assistenza alla persona gravemente disabile, in alternativa al coniuge parente o affine entro il secondo grado. (Corte Cost. 23/9/2016 n. 213, Pres. Grossi Rel. Criscuolo, in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di A. Cordiano, “Una nuova pronuncia di incostituzionalità della l. n. 104/1992: i confini evanescenti della convivenza di fatto non registrata”, 139, e in Lav. nella giur. 2017, con commento di G. Zampini, 27)
  • Il diniego protratto nel tempo (3 anni) dei permessi ex L. n. 104/1992 determina un pregiudizio risarcibile alla qualità della vita lavorativa della ricorrente, dovendo lavorare nei tre giorni mensili che avrebbero dovuto essere destinati all’assistenza al coniuge, aggravata anche dall’incombente di dover organizzare l’assistenza in forme alternative al proprio impegno diretto. Si tratta di una lesione che ha natura oggettiva, interessa la vita lavorativa della dipendente e la relazione con il congiunto che necessita di assistenza, investe interessi e beni costituzionalmente protetti. (Trib. Firenze 1/9/2016, Giud. Carlucci, in Lav. nella giur. 2016, 1131)
  • I permessi per “grave infermità” in base all’art. 4 della l. n. 53/1990, secondo quanto previsto dalla legge, dalla normativa d’attuazione e dal contratto collettivo, vanno concessi quando si dimostri con documento la necessità d’assistenza a coniuge o parente entro il secondo grado o convivente, senza necessità d’indicare la diagnosi e senza necessità di una dicitura formale da parte delle strutture sanitarie. (Trib. Ferrara 1/3/2011, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Raffaele Vicidomini, 1040)
  • Ai sensi dell’art. 33, 2° comma, L. 5/2/92 n. 104, la lavoratrice madre, o il lavoratore padre, di figli minori di tre anni con “handicap in situazione di gravità” hanno diritto a usufruire – in alternativa al prolungamento fino a tre anni del congedo parentale – di due ore di permesso giornaliero retribuito per ciascun bimbo sino al compimento del terzo anno di vita, e quindi di un permesso doppio in caso di figli gemelli entrambi con handicap grave. (Cass. 25/2/2010 n. 4623, Pres. Roselli Est. Morcavallo, in D&L 2010, con nota di Alessandro Corrado, “IL permesso giornaliero retribuito previsto dagli artt. 33 L. 104/92 e 42 D.Lgs. 151/01 spetta alla lavoratrice madre o al lavoratore padre per ciascun figlio con handicap in situazione di gravità”, 471)
  • Ai fini della fruizione dei permessi di cui all’art. 33, 3° comma, L. 5/2/92 n. 104, così come modificata dalla L. 8/3/2000 n. 53, occorre che l’assistenza al parente o affine entro il 3° grado portatore di handicap, ancorché non convivente, sia in atto, continuativa ed esclusiva. (Cass. 22/4/2010 n. 9557, Pres. Vidiri Est. Napoletano, in D&L 2010, con nota di Franco Bernini, “Il requisito della ‘continuità’ dell’assistenza nel godimento dei permessi di cui all’art. 33, L. 104/92”, 474)

  • La clausola 2, nn. 6 e 7, dell'accordo quadro sul congedo parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, concluso il 14 dicembre 1995, allegato alla direttiva del Consiglio 3 giugno 1996, 96/34/CE, va interpretata nel senso che essa osta a che - in caso di risoluzione unilaterale da parte del datore di lavoro senza un motivo grave o in violazione del termine legale di preavviso del contratto di lavoro di un lavoratore assunto a tempo indeterminato e in regime di tempo pieno durante un periodo in cui quest'ultimo fruisce di un congedo parentale a tempo parziale - l'indennità dovuta al lavoratore sia calcolata sulla base della retribuzione ridotta che questi percepisce quando si verifica il licenziamento. (Corte Giustizia 22/11/2009 C-116/08, Pres. Cunha Rodrigues Est. U. Lohmus, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Laura Calafà, "Il caso Meerts alla Corte di Giustizia e la 'sostenibile leggerezza' dell'accordo quadro sul congedo parentale. Primi appunti sulla dir. 2010/18/UE", 448) 
  • Al padre lavoratore deve essere riconosciuto un diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità regolato dall'art. 28 del d.lgs. n. 151/2001, a prescindere dal fatto che la madre sia o sia stata una lavoratrice. La durata del congedo è di 5 mesi quando la madre non ha utilizzato il congedo di maternità. (Trib. Firenze 16/11/2009, Est. Muntoni, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con commento di Laura Calafà, "Sull'autonomia del congedo di paternità del lavoratore subordinato", 323)
  • Al padre lavoratore deve essere riconosciuto il trattamento economico regolato dall'art. 29, d.lgs. n. 151/2001, indipendentemente dalla richiesta della madre di utilizzare il congedo di maternità e indipendentemente dal regolare pagamento dei contributi nella gestione artigiani/commercianti cui era tenuta la madre. (Trib. Firenze 16/11/2009, Est. Muntoni, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con commento di Laura Calafà, "Sull'autonomia del congedo di paternità del lavoratore subordinato", 323)
  • Il d.lgs. 151/2001 recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità disciplina sia il congedo parentale che spetta al lavoratore dopo la nascita dei figli sia il trattamento economico spettante durante tale periodo (art. 32 e 34. Il CCNL del 24.7.2003 del Comparto Scuola (art. 12, comma quarto) prevede, con riferimento al trattamento economico, una disciplina più favorevole, che attribuisce al lavoratore il diritto all'intero trattamento retributivo per i primi trenta giorni di astensione dal lavoro. La disposizione in questione, nel fare riferimento all'art. 32, comma 1, dell. a) del d.lgs. 151/2001 deve intendersi come già contemplante l'ipotesi (prevista e disciplinata da detta norma) di parto plurimo, senza però consentire la moltiplicazione del periodo di astensione retribuito per intero: ove la norma contrattuale avesse voluto disporre una moltiplicazione o comunque un aumento della parte del periodo di congedo retribuito per intero in relazione al numero dei figli non avrebbe mancato di specificare tale diritto del lavoratore. (L'art. 12 comma 4 del CCNL Scuola 24.7.2003, di cui è fatta applicazione nel giudizio in questione, è confluito invariato nel CCNL 29.11.2007). (Trib. Modena 8/1/2008, Est. Montorsi, in Lav. nelle P.A. 2008, 409)
  • Legittimamente l'azienda può rifiutare la richiesta di godimento frazionato del congedo parentale allorchè il godimento di tale diritto venga richiesto in modo tale da recare nocumento alla regolarità dell'attività aziendale, soprattutto ove l'azienda fornisca un servizio di interesse pubblico. Non costituisce pregiudizio grave e irreparabile il non poter godere dei congedi parentali nella giornata di domenica anzichè in un'altra giornata della settimana. (Trib. Trieste 13/7/2007, ord., Giud. Rigon, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Stefano Slataper, 1114)
  • E' costituzionalmente illegittimo l'art. 42, quinto comma, del d.lgs. n. 151/2001 nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con "soggetto con handicap di gravità", il diritto a fruire del congedo ivi indicato. (Corte Cost. 8/5/2007 n. 158, Pres. Bile Rel. Saulle, in Riv. it. dir. lav. 2007, con commento di Enrico Raimondi, "Tutela del disabile e congedi straordinari retribuiti: un'importante decisione della Corte Costituzionale", 776) 
  • In ipotesi di decesso di parente entro il secondo grado, il permesso retribuito di tre giorni, cui il lavoratore ha diritto ai sensi della L. 8/3/2000 n. 53, interrompe il decorso delle ferie; sussiste pertanto, in tal caso, il diritto a tre giorni di "ferie aggiuntive". (Trib. Milano 23/4/2003, Est. Peragallo, in D&L 2003, 733)
  • La nuova normativa sui congedi familiari introdotta con la L. n. 53/2000, in particolare sul diritto del lavoratore al permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado, non ha disciplinato l'ipotesi di sovrapposizione di differenti cause sospensive del rapporto quali le ferie ed il congedo per lutto. Pertanto, qualora l'evento che giustifica l'evento per lutto si verifichi durante il periodo di fruizione delle ferie da parte del lavoratore, in relazione al principio della effettività delle ferie ampiamente ribadito anche dalla giurisprudenza della Cassazione ed alla considerazione che la situazione è analoga a quella che si viene a creare in ipotesi di malattia che insorga durante il periodo di ferie, occorre fare applicazione del principio già affermato con riferimento a tale ultima ipotesi dalla Corte Costituzionale, con la conseguenza che il lutto sospende il godimento delle ferie. (Trib. Milano 23/4/2003, Est. Peragallo, in Lav. nella giur. 2003, 1167)