Nozione

  • Sono incompatibili con la direttiva 98/59/Ce, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, le disposizioni di cui agli artt. 4, 15 bis e 24 L. 23/7/91 n. 223 che limitano l'applicabilità della disciplina sui licenziamenti collettivi ai dipendenti di lavoro imprenditori, poiché la direttiva 98/59/Ce si rifersisce anche a datori di lavoro che non perseguono scopi di lucro. (Corte di Giustizia CE 16/10/2003 n. C 32/02, Pres. Schintgen Rel, Colneric, in D&L 2003, 905, con nota di Giovanni Paganuzzi, "Licenziamenti collettivi, nozione di datore di lavoro e rapporto con la normativa comunitaria")
  • Il vigente ordinamento ammette la possibilità di un'impresa unitaria che alimenta varie attività formalmente affidate a soggetti diversi, senza che ciò comporti necessariamente la negazione della pluralità dei diversi soggetti giuridici; conseguentemente in presenza di determinate circostanze (quali l'unicità della struttura produttiva, l'integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese, il coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario, l'utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa) ed indipendentemente dalla liceità o meno del fine perseguito, può sussistere un rapporto di lavoro che vede nella posizione del lavoratore un'unica persona e nella posizione del datore di lavoro più persone fisiche o giuridiche, con conseguente natura solidale dell'obbligazione di quest'ultimi (nella specie la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva tenuto conto dei dipendenti di tutto il gruppo societario ai fini dell'applicazione dell'art. 4 L. 23/7/91 n. 223). Qualora distinti licenziamenti di almeno cinque dipendenti siano intimati nell'arco di 120 giorni e non siano addebitabili a ragioni inerenti il lavoratore, l'ulteriore requisito (necessario per l'identificazione della fattispecie "licenziamento collettivo") della riferibilità alla medesima riduzione o trasformazione deve ritenersi oggetto di presunzione in base all'art. 4 L. 23/7/92 n. 223 come interpretato dall'art. 8 L. 19/7/93 n. 236 ed in conformità con la disciplina comunitaria da cui tali disposizioni traggono origine. (Cass. 24/3/2003 n. 4274, Pres. Mileo Est. Foglia, in D&L 2003, 779, con nota di Stefano Muggia, "Il lento cammino della giurisprudenza sul tema del collegamento societario nel diritto del lavoro")
  • Ai sensi dell'art. 24, 1° comma, L. 23/7/91 n. 223, la distinzione tra licenziamento collettivo e licenziamenti individuali plurimi attiene unicamente ai requisiti numerico e temporale (intenzione di procedere ad almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni) e non alla ragione addotta a sostegno della risoluzione del rapporto di lavoro (nella fattispecie, è stato ritenuto collettivo il licenziamento intimato a 3 lavoratori, in quanto originariamente il datore di lavoro intendeva licenziarne 5 e, successivamente, si erano verificate 2 dimissioni che avevano comportato la riduzione del personale licenziato) (Cass. sez. lav. 12 ottobre 1999 n. 11455, pres De Tommaso, est. Vidiri, in D&L 2000, 123, n. MUGGIA, Licenziamenti collettivi: tutto ai sindacati, niente ai giudici)
  • Ricorre l’ipotesi del licenziamento collettivo in ogni caso in cui un’impresa, che occupi alle proprie dipendenze più di quindici lavoratori, proceda ad almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni nell’ambito di un disegno di contrazione dell’attività motivata da crisi di mercato, con conseguente obbligo del datore di lavoro di attivare la procedura prevista dagli artt. 4 e 24 L. 23/7/91 n. 223 (Pret. Roma 2/6/97, est. Rossi, in D&L 1998, 377. In senso conforme, v. Cass. 7/11/98 n. 11251, pres. Lanni, est. Vidiri, in D&L 1999, 82, n. Muggia)
  • Dopo la riforma operata dalla L.23/7/91 n. 223, la nozione di licenziamento collettivo discende necessariamente dalla ricorrenza degli elementi indicati dall’art. 24 legge citata, la cui sussistenza esclude la possibilità di una diversa qualificazione del recesso (Cass. 27/5/97 n. 4685, pres. Trezza, est. Lupi, in D&L 1997, 769)
  • Il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti e che intenda effettuare, a seguito di cessazione d'attività, il licenziamento di almeno 5 dipendenti nell'arco di 120 giorni, pone in essere un licenziamento collettivo ex art. 24 L. 223/91 e non un licenziamento individuale plurimo (nel caso di specie, è stata ordinata la reintegrazione dei lavoratori licenziati in violazione della procedura di mobilità) (Pret. Milano 10/1/96, est. Chiavassa, in D&L 1996, 637. In senso conforme, v. Pret. Milano 14/3/95, est. Muntoni, in D&L 1995, 577; Trib. Milano 28/9/96, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1997, 81, nota BORALI, Licenziamento collettivo e cessazione di attività)
  • Ricorre l'ipotesi del licenziamento collettivo, con conseguente obbligo del datore di lavoro di attivare la procedura prevista dagli artt. 4 e 24 L. 223/91, in ogni caso in cui un'impresa, che occupi alle proprie dipendenze più di 15 lavoratori, intenda procedere ad almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni, nell'ambito di un medesimo disegno di riduzione o trasformazione dell'attività o del lavoro, e ciò indipendentemente dal numero finale dei licenziamenti (Trib. Milano 16/12/95, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1996, 391; in senso conf. v. anche Pret. Milano 16/1/96, est. De Angelis, in D&L 1996, 638; Pret. Verona 26/1/95, est. Mancini, in D&L 1995, 879; Trib. Milano 10/6/00, pres. Mannaccio, est. Ruiz, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 502)
  • A seguito dell'entrata in vigore della L. 223/91, tutti i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo intimati entro 120 giorni dalla conclusione della procedura di mobilità devono avvenire nel rispetto delle procedure di cui alla L. 223/91 (Pret. Milano 13/3/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 581)