In genere

  • Violazione dei criteri di scelta nel licenziamento collettivo: rimessa (di nuovo) alla Corte costituzionale una questione di legittimità sul regime sanzionatorio del D. Lgs. 23/2015.
    La Corte d’Appello di Napoli torna a rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità degli artt. 3, 1° comma e 10 del d.lgs. 23/2015 in materia di regime sanzionatorio del licenziamento per riduzione del personale di una lavoratrice, risultato illegittimo per violazione dei criteri di scelta. Nella stessa controversia, il Collegio napoletano aveva già rimesso plurime questioni sia alla Corte di Giustizia europea (dichiaratasi poi non competente sulla materia) sia alla Corte costituzionale. Quest’ultima aveva ritenuto inammissibile la prima questione per carenze di formulazione delle diverse questioni: la Corte d’appello prosegue il dialogo con la Consulta formulando meglio i propri rilievi sulla illegittimità della disposizione introdotta dal “Jobs Act” del 2015, soprattutto con riferimento alla irragionevolezza, nel caso dei licenziamenti collettivi, della differenza di regime sanzionatorio nei casi di violazione dei criteri di scelta tra lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 (destinatari della reintegrazione) e lavoratori assunti successivamente, destinatari di un mero indennizzo. (Corte app. Napoli 22/3/2023, Pres. Papa Rel. de Marchis Gómez, in Wikilabour, Newsletter n. 8/23)
  • In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti a un determinato reparto solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale, ed è onere del datore provare il fatto che determina l’oggettiva limitazione di queste esigenze e giustificare il più stretto spazio nel quale la scelta è stata effettuata; con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella degli addetti ad altre realtà organizzative. (Cass. 7/1/2020, n. 118, Pres. Nobile, Est. Cinque, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di S. Bertocco, “Licenziamenti collettivi e criteri di scelta convenzionali: ‘ambito di selezione del lavoratore e la verifica di fungibilità quali elementi qualificanti dell’accordo sindacale”, 250)
  • In materia di licenziamenti collettivi, tra imprenditore e sindacati può intercorrere, secondo quanto indicato dall’art. 5 della legge n. 223 del 1991, un accordo inteso a disciplinare l’esercizio del potere di collocare in mobilità i lavoratori in esubero, stabilendo criteri di scelta anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità, proprio perché l’accordo adempie ad una funzione regolamentare delegata dalla legge. (Cass. 7/1/2020, n. 118, Pres. Nobile, Est. Cinque, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di S. Bertocco, “Licenziamenti collettivi e criteri di scelta convenzionali: ‘ambito di selezione del lavoratore e la verifica di fungibilità quali elementi qualificanti dell’accordo sindacale”, 250)
  • Nel licenziamento collettivo, la comunicazione prevista dall’art. 4, co. 9, l. n. 223/1991 deve contenere la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori licenziati, così da garantire la necessaria trasparenza della selezione operata dal datore di lavoro. Ne consegue l’illegittimità del licenziamento, per violazione delle procedure, ove non siano state specificate le modalità relative anche a uno solo dei criteri adottati, impedendo così l’esaustivo controllo da parte delle organizzazioni sindacali (nella specie, era stato omesso ogni riferimento all’utilizzo dei cinque sottocriteri utilizzati, nell’ambito del criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, per la valutazione di professionalità. (Cass. 13/12/2016 n. 25554, Pres. Nobile Rel. Boghetich, in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di L. Venditti, “Licenziamento collettivo: l’indefettibile trasparenza della selezione”, 129)
  • È illegittimo il licenziamento collettivo fondato sull’unico criterio di scelta della chiusura dello stabilimento e del licenziamento di tutti i dipendenti, allorché una parte di essi, pur essendo impiegati presso la medesima sede, risultino in realtà ricollocati presso un’altra società del Gruppo, configurandosi in tal modo un criterio non corrispondente a quello dichiarato nella comunicazione ex art. 4, c. 9, legge n. 223/1991. (Trib. Latina 27/9/2016, ord., Giud. Gatani, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di F. Milli, “Licenziamento collettivo per chiusura di stabilimento e ricollocazione presso altra società del gruppo”, 302)
  • In caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale l’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità può essere ristretta in ambito più limitato rispetto al “complesso aziendale” cui fa riferimento l’art. 5 l. n. 223 del 1991. (Trib. Caltagirone 1/7/2016, ord., Est. Gasparini, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di M. Militello, “Licenziamento collettivo per riduzione del personale. La libertà dell’an e i vincoli del quomodo”, 250)
  • Non è ravvisabile il vizio di ultrapetizione nel caso in cui, impugnato da parte del lavoratore un licenziamento collettivo o una procedura di mobilità anche sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri di scelta e posta in dubbio, da parte sua, anche la rituale osservanza del procedimento di cui alla l. n. 223 del 1991, art. 4 – e, in particolare, l’esecuzione delle previste preventive comunicazioni scritte ai sindacati da parte del datore di lavoro – il giudice dichiari l’inefficacia del licenziamento per la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta adottati per l’individuazione dei lavoratori da licenziare, facendo corretta applicazione del principio secondo cui l’inefficacia del licenziamento, prevista dall’art. 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all’art. 4, ricorre anche nel caso di violazione della disposizione dell’art. 4, c. 9 (sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta), essendo da escludere che l’accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima. (Cass. 15/7/2014 n. 16134, Pres. Lamorgese Est. Tria, in Lav. nella giur. 2014, 1025)
  • In materia di licenziamenti collettivi, ove il datore di lavoro che proceda alla riduzione del personale intenda sopprimere un reparto della sua impresa, lo stesso non può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare ai soli dipendenti addetti a tale reparto se questi risultano idonei – per esperienze lavorative e professionalità acquisite – a occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti. Pertanto, nel caso in cui il personale impiegato dall’azienda risulti tendenzialmente omogeneo per professionalità, tutte le posizioni lavorative sono da considerare equivalenti e tutti i lavoratori sono licenziabili. (Cass. 17/3/2014 n. 6112, Pres. Miani Canevari Est. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Francesco Rotondi, 897)
  • Nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, l’individuazione dei lavoratori da estromettere deve di norma essere compiuta con riguardo all’intero complesso dell’impresa, potendo – viceversa – riguardare un solo reparto laddove il datore di lavoro dimostri si la specificità delle mansioni svolte dagli addetti a quel reparto sia la loro infungibilità rispetto ai colleghi addetti ad altre funzioni. La possibilità di dare disdetta al contratto collettivo sino a quel momento applicato spetta non già al singolo datore di lavoro, il quale non può quindi operare un recesso unilaterale, ma solamente alle associazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori che lo abbiano sottoscritto. (Cass. 31/10/2013 n. 24575, Pres. Maisano Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 182, e in Lav. nella giur. 2014, con commento di Gianluigi Girardi, 779)
  • L’individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive e organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti dai contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, L. n. 223/91 ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive e organizzative. Pertanto, non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto lavorativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative. (Cass. 11/7/2013 n. 17177, Pres. Vidiri Est. Blasutto, in Lav. nella giur. 2013, 953)
  • La violazione dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 l. n. 223 del 1991 per i licenziamenti collettivi, ed estensibili ai licenziamenti individuali in applicazione delle regole di buona fede e correttezza, non determina la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento. La tutela applicabile in questi casi è quella di tipo indennitario prevista dal comma 5 dell’art. 18 Stat. Lav. (Trib. Modena 26/6/2013, Giud. Vaccari, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Maria Giovanna Greco, 805)
  • Nell’individuazione dei criteri di scelta per i lavoratori da collocare in mobilità ai sensi della l. n. 223/1991 la contrattazione sindacale non è del tutto libera, ma deve partorire criteri oggettivi, verificabili e accertabili, tali da consentire la formazione di una graduatoria. Ove invece i criteri partoriti dalla contrattazione sindacale non rispettino tali presupposti e offrano al datore di lavoro elevati margini di discrezionalità debbono considerarsi invalidi, con conseguente nullità di tutti i licenziamenti collettivi irrogati e diritto dei lavoratori alla reintegrazione nel posto di lavoro. (Trib. Campobasso 27/4/2013, Giud. Calabria, in Lav. nella giur. 2013, 852)
  • In caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale l’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità può essere ristretta in ambito più limitato rispetto al “complesso aziendale” cui fa riferimento l’art. 5 della l. n. 223/1991; ciò tuttavia può avvenire non in base a una determinazione unilaterale del datore di lavoro, bensì esclusivamente se la predeterminazione del campo di selezione (reparto, stabilimento, ecc., e/o singole lavorazioni o settori produttivi) sia giustificata dalle esigenze tecnico-produttive e organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale. (Cass. 16/2/2012 n. 2255, Pres. Amoroso Est. Berrino, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Matteo Borzaga, “Sull’ambito spaziale di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità in caso di licenziamento collettivo”, 789)
  • La delimitazione dell'ambito di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da porre in mobilità a un solo settore o reparto aziendale è consentita solo quando dipenda dalle ragioni produttive e organizzative che si traggono dalle indicazioni contenute nella comunicazione di cui all'art. 4, 3° comma, L. 23/7/91 n. 223, quando cioè gli esposti motivi dell'esubero, le ragioni per le quali esso non può essere assorbito, conducono coerentemente a limitare la platea dei lavoratori ai quali applicare i criteri di scelta concordati o legali. Ogni delimitazione dell'area di scelta è perciò soggetta alla verifica giudiziale sulla ricorrenza delle esigenze tecnico produttive e organizzative che la giustificano. (Cass. 2/12/2009 n. 25353, Pres. Vidiri Est. Picone, in D&L 2009, con nota di Franco Bernini, "Licenziamento collettivo e ambito di applicazione dei criteri di scelta, 1046, e in Riv. giur. lav. e prev. 2010, con nota di Barbara Caponetti, "Licenziamento collettivo e ambito aziendale interessato", 266,  e in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Daniela Comandè, "L'ambito di applicazione dei criteri di scelta nei licenziamenti collettivi: il criterio topografico, da solo, non 'spezza' l'unità del complesso aziendale lungo l'asse Roma-Milano", 771)     
  • In caso di mancato accordo tra le Organizzazioni sindacali, i criteri di scelta indicati dalla norma (anzianità, carichi di famiglia, esigenze tecnico-produttive) devono essere applicati in concorso tra lor, a pena di illegittimità del recesso. L'indicazione dei criteri di scelta deve essere effettuata in modo chiaro e trasparente, talché sia possibile fin dall'inizio della procedura individuare chi sarà espulso e chi rimarrà al lavoro. (Cass. 5/8/2008 n. 21138, Pres. Mattone Est. Di Nubila, in D&L 2008, 1024, e in Lav. nella giur. 2008, 1274, e in Dir. e prat. lav. 2009, 461)
  • La comunicazione conclusiva della procedura, infatti, deve consentire di risalire alle concrete modalità di applicazione dei criteri nei confronti di ciascun destinatario della procedura (e cioè nei confronti di tutto il personale in organico) e non solo nei confronti dei lavoratori licenziati: il lavoratore deve cioè essere in grado eventualmente di contestare che, in base al criterio prescelto e alla sua concreta applicazione, non lui ma altro lavoratore avrebbe dovuto essere licenziato. (Trib. Milano 23/2/2008, D.ssa Tanara, in Lav. nella giur. 2008, 1065)
  • Il riferimento al "complesso aziendale" di cui all'art. 5, comma 1, della L. n. 223/1991 non è ricondotto alla individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità, bensì è riconducibile alle esigenze tecnico produttive e organizzative riferite al complesso aziendale stesso. Il fine cui mira l'art. 5 in questione nel dettare i criteri di scelta è quello di evitare che vi sia una scelta unilaterale e interessata del datore di lavoro tale da creare ingiustificate discriminazione e preferenze. La scelta invece di licenziare tutti i dipendenti addetti a uno stabilimento che chiude, con la conseguente cessazione di tutte le relative operazioni, è invece improntata ad assoluta oggettività e ragionevolezza ed esclude qualsiasi sospetto di discriminazione. (Trib. Milano 2/10/2007, D.ssa Sala, in Lav. nella giur. 2008, 202)
  • Il criterio selettivo delle esigenze tecnico-produttive e organizzative posto a base della scelta dei lavoratori licenziati a esito di una procedura di mobilità ex art. L. 23/7/91 n. 22, anche se concordato con le organizzazioni sindacali, non sopporta formulazioni generiche, tali da non consentire un controllo effettivo e oggettivo delle singole posizioni lavorative e una loro comparazione al fine di una scelta improntata a razionalità e non a, sempre possibili, condotte discriminatorie o prive di qualsiasi sostegno logico-giuridico. Ne consegue che anche quando il criterio prescelto sia unico, nella comunicazione ex art. 4, 9° comma, della medesima legge, il datore di lavoro deve provvedere a specificare le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perchè lui - e non altri dipendenti - sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo, al fine eventuale di contestare l'illegittimità della misura espulsiva. (Cass. 8/11/2007 n. 23275, Pres. Mattone Est. Vidiri, in D&L 2008, con nota di Ferdinando Perone, "Il licenziamento collettivo non ammette margini di discrezionalità nell'applicazione dei criteri di scelta", 276)
  • In ipotesi di licenziamento collettivo, a tutela del bene giuridico della trasparenza della procedura, in conformità allo scopo e al tenore letterale della norma, la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all'art. 5, 1° comma, prevista dall'art. 4, 9° comma, non può limitarsi a una mera enunciazione del criterio adottato, ma deve essere tale da porre i lavoratori interessati, le organizzazioni sindacali e gli organi amministrativi in condizione di controllare la correttezza dell'operazione e la rispondenza degli eventuali accordi raggiunti. (Trib. Milano 25/6/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, con nota di Matteo Paulli, "Oneri formali e tempestività delle comunicazioni ex art. 4 L. 223/91", 1225)
  • La riduzione di personale deve, in linea generale, investire l'intero complesso aziendale, potendo essere limitata a specifici rami aziendali soltanto se essi siano caratterizzati da autonomia e specificità della professionalità utilizzate, infungibili rispetto ad altre. (Cass. 14/6/2007 n. 13876, Pres. Senese Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Caffio, "Sui profili causali nei licenziamenti collettivi: rilevanza giuridica e nesso di causalità", 185)
  • La nozione di contestualità della comunicazione di cui all'art. 4, 9° comma, L. 23/7/91 deve essere intesa in senso proprio e rigoroso di sostanziale contemporaneità dell'esecuzione dei relativi adempimenti da parte del datore di lavoro. (Trib. Milano 14/6/2007, Est. Sala, in D&L 2007, con nota di Matteo Paulli, "Oneri formali e tempestività delle comunicazioni ex art. 4 L. 223/91", 1225)
  • I licenziamenti per riduzione di personale effettuati ai sensi dell'art. 4 legge n. 223 del 1991, sono inefficaci qualora siano intimati in violazione delle procedure previste dal medesimo articolo, che impone - tralaltro - la comunicazione dei criteri di scelta (predeterminati legislativamente e/o contrattualmente pattuiti) dei lavoratori coinvolti dai provvedimenti risolutivi, onde permettere il controllo della loro corretta applicazione da parte del datore di lavoro. La comunicazione dell'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, corredato dalla puntuale indicazione delle modalità con le quali essi sono stati applicati, dunque, assume un'importanza decisiva per il controllo dell'esercizio dei poteri datoriali con riferimento alla motivazione del dingolo licenziamento. La mera indicazione, da parte del datore di lavoro, dei criteri di scelta del personale, senza l'ineludibile disamina sulla comparazione tra gli stessi e sulla loro applicabilità ai lavoratori interessati, anche in ragione della diversa anzianità di servizio e della differente situazione familiare, non soddisfa tale esigenza di verifica. Invero, non si può dare prevalenza a uno dei criteri a discapito di altri, poiché tutti devono essere presi in considerazione per formare la graduatoria dei lavoratori da licenziare. (Trib. Napoli 28/3/2007, Giud. Luparelli, in ADL 2008, con commento di Valentina Aniballi, "Criterio della pensionabilità e discrezionalità del datore di lavoro nel collocamento in mobilità", 229)
  • Ai fini della scelta dei lavoratori da collocare in cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi della legge n. 416 del 1981, è legittimo, e razionalmente giustificato, quanto affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 268 del 1994), il criterio, adottato in sede di accordo collettivo, della maggiore anzianità anagrafica e contributiva, in quanto esso consente di formare una graduatoria rigida e di essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità per il datore di lavoro (fattispecie relativa all'accordo relativo ai giornalisti professionisti dipendenti del quotidiano Il Mattino). (Cass. 26/6/2006 n. 14728, Pres. Mattone Est. MIani Canevari, in Lav. nella giur. 2007, 83)
  • Il datore di lavoro, che proceda a una riduzione di personale motivata dalla decisione di sopprimere un reparto aziendale, non può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a quelli addetti al reparto stesso, ma deve prendere in considerazione la posizione di un più esteso numero di dipendenti, dando rilievo, anche in base ai criteri di correttezza e buona fede, alla possibilità di adibire detti lavoratori ad altre mansioni presso altri reparti. (Cass. 3/5/2006 n. 10198, Pres. Ianniruberto Est. De Luca, in D&L 2006, con nota di Andrea Bordone, “L. 223/91 e criteri di scelta in caso di soppressione del reparto”, 589)
  • La scelta dei lavoratori in ipotesi di licenziamento collettivo può ben essere applicata a un solo reparto/unità dell’azienda senza doversi confrontare i criteri di cui all’accordo aziendale con gli altri lavoratori esterni al reparto da “ristrutturare”. (Cass. 8/3/2006 n. 4970, Pres. Ciciretti Rel. Cuoco, in Lav. Nella giur. 2006, 816)
  • Con riferimento ai licenziamenti collettivi e ai criteri di scelta dei lavoratori da avviare alla mobilità, pur essendo pacifico il principio della non necessaria coincidenza tra collocandi in mobilità e lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria, va precisato che, ai sensi del primo comma dell’art. 4, legge n. 223 del 1991, la procedura di mobilità opera innanzitutto per i lavoratori sospesi, atteso che la non coincidenza tra lavoratori sospesi in c.i.g.s. e destinatari della mobilità è condizionata al verificarsi di sopravvenienze rispetto alle situazioni che determinarono l’esubero del personale sospeso e alla presenza di dipendenti rimasti in servizio con mansioni fungibili rispetto alle professionalità dei cassintegrati. (Cass. 19/5/2005 n. 10591, Pres. Mattone Est. Picone, in Orient. Giur. Lav. 2005, 413)
  • In tema di procedura di mobilità e di licenziamento collettivo, sebbene dalle disposizioni che regolano la materia non sia ricavabile un onere per l’impresa di formare una graduatoria di tutti i dipendenti, tuttavia l’indicazione delle modalità con cui sono stati applicati i criteri di scelta deve essere tale da consentire l’identificazione “fotografica” dei dipendenti prescelti per la mobilità; conseguentemente, il richiamo, come nella specie, alla necessità di “ridurre il numero degli addetti all’officina e la connesso magazzino” non consente di identificare, tra i tanti che si trovano nella stessa posizione, quelli da collocare in mobilità, inoltre, pur ammettendo che l’enunciazione, nella comunicazione, del solo criterio delle esigenze tecnico-produttive, possa intendersi come indicazione di prevalenza di tale criterio sugli altri, ciò non varrebbe comunque a soddisfare l’esigenza di corretta comunicazione delle modalità applicative ai sensi del 9° comma dell’art. 4, l. n. 223 del 1991; infatti, l’adozione del solo criterio delle esigenze tecnico-produttive è “autoapplicativo” (nel senso che ad esso non può conseguire che una e una sola modalità di applicazione, idonea all’identificazione dei dipendenti da licenziare, senza necessità di alcuna comparazione), solo in talune ipotesi, ove, ad esempio, le menzionate esigenze comportino la soppressione di mansioni infungibili svolte da un unico lavoratore. (Cass. 29/12/2004 n. 24116, Pres. Ravagnani, Est. Battimiello, in Orient. Giur. Lav. 2005, 128)
  • Le comunicazioni alle organizzazioni sindacali e agli uffici amministrativi di cui all’art. 4, comma 9, L. n. 223/1991 devono essere fatte contestualmente alla comunicazione del licenziamento a ciascun lavoratore (nella specie è stata ritenuta tardiva la comunicazione al Centro per l’impiego effettuata quattro giorni dopo la comunicazione del licenziamento) e devono contenere non solo l’indicazione dei criteri di scelta applicati per la selezione, ma anche l’indicazione delle modalità di applicazione degli stessi. (Corte d’appello Milano 31/8/2004, Pres. De Angelis Rel. Trogni, in Lav. nella giur. 2005, 292)
  • In tema di procedura di mobilità, la previsione di cui al nono comma dell’art. 4 della legge n. 223/1991, secondo cui il datore di lavoro, nella comunicazione preventiva con cui dà inizio alla procedura, deve dare una “puntuale indicazione” dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui – e non altri dipendenti – sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della misura espulsiva, sostenendo che, sulla base del comunicato criterio di selezione, altri lavoratori – e non lui – avrebbero dovuto essere collocati in mobilità o licenziati. (In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inefficace un licenziamento con collocamento in mobilità, nel presupposto dell’inadeguatezza di una comunicazione nella quale il datore di lavoro si era limitato ad indicare unicamente il criterio selettivo convenuto nell’accordo aziendale ed individuato nelle esigenze tecnico-produttive ed organizzative. (Cass. 9/8/2004 n. 15377, Pres. Mileo Rel. Amoroso, in Dir. e prat. lav. 2005, 129)
  • Deve ritenersi legittima la definizione dei criteri di scelta per i licenziamenti collettivi mediante accordo aziendale intervenuto nel corso delle trattative ex art. 4 L. 23/7/91 n. 223, essendo anzi a tal fine maggiormente coerente e consequenziale un accordo appositamente concluso nel corso della trattativa di mobilità rispetto ad un precedente, ancorchè legittimo, contratto nazionale di natura generale ed a carattere normativo. (Corte d'Appello Firenze 11/1/2002, Pres. Drago Est. Amato, in D&L 2002, 695, con nota di Irene Romoli, "Licenziamenti per riduzione di personale e criteri di scelta dei lavoratori")
  • Nell'ambito di una procedura di mobilità conclusa da un accordo sindacale che stabilisce come criteri di scelta dei lavoratori l'accompagnamento alla pensione e la volontarietà e che prevede la possibile diminuzione del numero degli esuberi in relazione all'eventuale trasformazione a part-time di rapporti di lavoro a tempo pieno, è illegittimo il licenziamento di una lavoratrice in base al solo criterio delle esigenze tecnico-produttive in relazione al rifiuto della stessa alla trasformazione a part-time del proprio rapporto di lavoro, anche qualora un accordo sindacale coevo, ma distinto rispetto a quello conclusivo della procedura di mobilità, preveda che il numero complessivo degli esuberi aziendali sarebbe stato aumentato in proporzione al numero dei lavoratori che avrebbero rifiutato la trasformazione del posto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. (Trib. Busto Arsizio 5/12/2001, Est. Guadagnino, in D&L 2002, 431)
  • In tema di impugnativa di licenziamento collettivo per riduzione di personale, grava sul datore di lavoro, a fronte della mera contestazione del lavoratore ricorrente, l'onere di provare la puntuale osservanza dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, con la specificazione della valutazioni comparative compiute (Cass. 15/2/01, n. 2188, pres. Amirante, est. De Matteis, in Foro it. 2001, pag. 1566)
  • L'assenza di una reale predeterminazione di criteri di carattere generale e astratto per la scelta del personale da licenziare collettivamente comporta l'illegittimità del licenziamento intimato al termine della relativa procedura di mobilità (Trib. Catania 28 aprile 2000, pres. Branciforti, est. Mazzeo, in D&L 2000, 931)
  • È illegittimo il licenziamento collettivo intimato applicando criteri di scelta che avevano portato all’individuazione di un numero di lavoratori superiore a quello dichiarato esuberante (Trib. Milano 26/4/97, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1997, 772, n. Summa, Licenziamento collettivo e criteri di scelta: una fattispecie particolare)