In genere

  • L’art. 18, comma 7, secondo periodo, della L. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. b), L. 28 giugno 2012, n. 92 (“Legge Fornero”), è costituzionalmente illegittimo in rapporto agli artt. 3, 4 e 35 Cost., nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare” - invece che “applica altresì” - la disciplina di cui al medesimo art. 18, comma 4. (Corte Cost. 1/4/2021 n. 59, Pres. Coraggio Red. Sciarra, in Lav. nella giur. 2021, con nota di C. Cester, La Corte costituzionale sul licenziamento per g.m.o.: più spazio per la tutela reale in caso di illegittimità, e di C. Romeo, Il condivisibile giudizio della Consulta sull’applicazione dell’art. 18 dello Statuto per il licenziamento per g.m.o., 605)
  • È da ricomprendersi nell’ambito applicativo del blocco dei licenziamenti per g.m.o. di cui all’art. 46, D.L. n. 18/2020 anche del licenziamento per sopravvenuta inabilità, non solo perché tale motivo di licenziamento è indubbiamente oggettivo (non è disciplinare) nella dicotomia dell’art. 3, L. n. 604 del 1966, ma anche perché, in concreto, per tale licenziamento valgono le stesse ragioni di tutela economica e sociale (...) che stanno alla base di tutte le altre ipotesi di licenziamento per g.m.o. che la normativa emergenziale ha inteso espressamente impedire. (...) La conseguenza non può essere che la nullità, per violazione di una norma imperativa. (Trib. Ravenna 7/1/2021, Giud. Bernardi, in Lav. nella giur. 2021, 666)
  • Tutela reintegratoria (c.d. attenuata), in caso di mancanza di causalità tra licenziamento oggettivo e motivo addotto a suo fondamento.
    In un caso di annullamento di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, del quale era stato smentito in giudizio il motivo addotto a sostegno (cessazione dell’appalto, mentre in realtà il dipendente lavorava in un reparto diverso da quello cessato), la Corte ribadisce che, in tema di licenziamento per g.m.o., la ritenuta mancanza di nesso causale rispetto al motivo addotto a suo fondamento è sussumibile nell’alveo di quella particolare evidenza richiesta per integrare la manifesta insussistenza del fatto, che giustifica la tutela reintegratoria attenuata. (Cass. 29/7/2020 n. 16253, Pres. Di Cerbo Rel.Piccone, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  • L’insussistenza del giustificato motivo oggettivo può essere “manifesta” anche se sia necessario svolgere un’attività istruttoria e non basti l’esame degli atti e dei documenti.
    La Corte d’appello accoglie il reclamo proposto dalla lavoratrice verso la sentenza di primo grado che aveva accertato l’illegittimità del licenziamento ma accordando la sola tutela indennitaria, per omessa prova della “manifesta insussistenza” del fatto posto a base del licenziamento per g.m.o. La Corte afferma che la "manifesta insussistenza" può risultare anche all’esito dell’attività istruttoria, non essendo necessario che tale condizione risulti immediatamente già dagli atti o dai documenti. La Corte ritiene dunque che risulti il palese inadempimento da parte della multinazionale dell’obbligo di repechage, obbligo questo che richiede una condotta attiva del datore di lavoro nel cercare di ricollocare il dipendente prima di procedere al licenziamento (e senza che sia rilevante il fatto se la lavoratrice si sia attivata per partecipare ai “job posting” interni all’impresa). La Corte precisa inoltre che l’arco temporale entro il quale valutare se sia stato adempiuto tale obbligo decorre dal momento in cui è sorta la condizione di potenziale esubero, anche se precedente dell’avvio della procedura ex art. 7 L. 604/66. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte accerta dunque il diritto della ricorrente alla tutela reintegratoria di cui all’art. 18, co 7° l. 300/1970. (Corte app. Milano 23/7/2020, Pres. e Rel. Vignati, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  • Ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro, sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost.; ove, però, il giudice accerti in concreto l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità e pretestuosità della causale addotta. (Cass. 17/2/2020 n. 3908, ord., Pres. Berrino Rel. Patti, in Lav. nella giur. 2020, con nota di M. Ballistreri, Il contributo della giurisprudenza in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, 1160)
  • Si rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 18, co. 7, della l. 300/1970, ipotizzando una violazione degli artt. 3, 41, 24 e 111, co. 2, della Costituzione, nella parte in cui tale norma attribuisce al giudice la mera facoltà e non l’obbligo di reintegrare il lavoratore nelle ipotesi in cui sia stata accertata la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. (Trib. Ravenna 7/2/2020, ord., Est. Bernardini, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con note di P. Tosi e E. Puccetti, “Il licenziamento per motivi economici al vaglio della Consulta”, e di P. Stolfa, “Insussistenza del g.m.o. e reintegrazione. Il Tribunale di Ravenna rimette la questione alla Corte Costituzionale”, 500)
  • In un licenziamento per giustificato motivo oggettivo adottato nei confronti di lavoratori a tempo indeterminato di un’agenzia di somministrazione, non ricorre la “manifesta insussistenza” del motivo addotto anche nel caso in cui il datore di lavoro, nel medesimo periodo, assuma lavoratori con contratti a termine in missioni per posizioni astrattamente compatibili con quelle dei lavoratori espulsi, se il provvedimento risolutivo è adottato dopo un lungo periodo di disponibilità dei dipendenti licenziati (nella vicenda in esame oltre un anno). I licenziamenti sono comunque illegittimi, con applicazione della tutela indennitaria ai sensi dell’art. 18, co. 5, della L. 300/1970. (Cass. 8/1/2019 n. 181, Pres. Nobile Est. Marchese, in Riv. It. Dir. lav. 2019, con nota di V. Luciani, “Il giustificato motivo oggettivo (non) ‘manifestamente insussistente’ e il licenziamento economico illegittimo nella somministarzione di manodopera”, 32)
  • Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento previsto dall’art. 3 legge n. 604 del 1966 è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, all’esito della quale una o più porzioni lavorative risultino in esubero e non riassorbibili in via di c.d. repèchage. (Cass. 24/5/2017, n. 13015, Pres. Di Cerbo Est. Manna, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di M. Pallini, “La (ir)rilevanza dei ‘motivi’ dell’impresa nel sindacato di legittimità del licenziamento economico”, 743)
  • In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo è sufficiente, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette a una migliore efficienza gestionale ovvero a un incremento della redditività, causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost.; ove, però, il giudice accerti in concreto l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità o la pretestuosità della causale addotta. (Cass. 3/5/2017, n. 10699, Pres. Di Cerbo Est. Amendola, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di M. Pallini, “La (ir)rilevanza dei ‘motivi’ dell’impresa nel sindacato di legittimità del licenziamento economico”, 743)
  • Ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare o il giudice accertare, essendo sufficiente dimostrare l’effettività del mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa, a meno che il datore di lavoro non abbia motivato il licenziamento richiamando l’esigenza di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli. (Cass. 7/12/2016, n. 25201, Pres. Di Cerbo Est. Amendola, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di M. Pallini, “La (ir)rilevanza dei ‘motivi’ dell’impresa nel sindacato di legittimità del licenziamento economico”, 743, e in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di G. Natullo, “La Cassazione delimita il controllo del giudice sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, 257)
  • Rientra nell’ambito del motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore; ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. (Trib. Bari 6/10/2016, Giud. Minervini, in Lav. nella giur. 2017, 99)
  • Rispetta i principi di correttezza e buona fede disciplinati dagli artt. 1175 e 1375 c.c. il datore di lavoro che, nell'ambito di una operazione di riorganizzazione aziendale volta alla riduzione dei costi, attuata mediante l’accorpamento di due posizioni di segreteria amministrativa in una sola, operi la scelta tra i lavoratori da licenziare sulla base dell’incidenza del diverso orario di lavoro prestato (a tempo parziale della lavoratrice licenziata e a tempo pieno dell’altra), in ragione della necessità aziendale di un dipendente a tempo pieno, a garanzia della copertura dell’intero orario di apertura degli uffici. (Cass. 20/9/2016 n. 18409, Pres. Di Cerbo Est. Patti, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2017, II, con nota di B. Caponetti, “Licenziamento per g.m.o. della lavoratrice part-time”, 57)
  • Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, tra le quali rientra anche il riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, in quanto essa è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata ex art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore. Non è quindi sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale di sopprimere il settore lavorativo, reparto o posto cui sia addetto il dipendente licenziato, sempre che risultino l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo in tal modo operato. (Cass. 12/8/2016 n. 17091, Pres. Di Cerbo Rel. Esposito, in Lav. nella giur. 2016, 1124)
  • In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, il giudice non ha il potere di sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., ma deve effettuare il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi e indiziari, l’effettività delle ragioni che giustificano l’operazione di riassetto, motivazioni che non possono costituire la conclusione o il risultato dell’operazione di riassetto ma ne devono costituire il presupposto. (Trib. Firenze 28/7/2016, Giud. Torcini, in Lav. nella giur. 2016, 1027)
  • Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento L. n. 604 del 1966, ex art. 3, può consistere anche soltanto in una diversa ripartizione di date mansioni fra il personale in servizio attuata ai fini di più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che, invece di essere assegnate a un solo dipendente, esse possono suddividersi fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate: il risultato finale può legittimamente far emergere come in esubero la posizione di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente, sempre che tale riassetto sia realmente all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta. (Cass. 21/7/2016 n. 15082, Pres. Bronzini Est. Manna, in Lav. nella giur. 2016, 1019)
  • Costituisce violazione del canone di solidarietà sociale e dei principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c. la condotta del datore di lavoro che manchi di segnalare al lavoratore, con congruo anticipo, la necessità di riacquistare, a sue spese, i titoli e le abilitazioni necessari per lo svolgimento delle mansioni e, viceversa, proceda al licenziamento. A tale comportamento consegue l’illegittimità del recesso datoriale che risulta intimato in assenza di una idonea giustificazione circa la sussistenza delle ragioni tecnico produttive che rendono effettivamente impossibile attendere, anche per breve tempo, l’acquisizione da parte del lavoratore delle abilitazioni mancanti. (Cass. 17/6/2015 n. 12486, Pres. Lamorgese Est. Tria, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Francesca Iaquinta, “La rilevanza della buona fede del datore di lavoro in caso di licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa”, 74)
  • La manifesta insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – di cui all’art. 18 St. lav. così come modificato dalla l. n. 92 del 2012 – emerge dal dato negativo della mancanza di prova del giustificato motivo oggettivo, ma anche dalla prova positiva di un intento diverso. Da detto accertamento consegue l’applicazione della sanzione reintegratoria. (Corte app. Catanzaro 21/4/2015, Pres. Sirianni Est. Santoemma, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Stefania Buoso, “Alcuni chiarimenti sulla categoria della manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, 927)
  • Costituisce giustificato motivo soggettivo di licenziamento il comportamento del lavoratore che, pur non essendo regolarmente in servizio a causa di malattia, risulti assente dal proprio domicilio durante le fasce orarie di controllo e consenta al coniuge di fare un uso abnorme dell’auto aziendale per lunghe percorrenze. (Cass. 13/1/2015 n. 344, Pres. Macioce Rel. Patti, in Lav. nella giur. 2015, 415)
  • Nel lavoro subordinato privato, la tipicità e tassatività delle cause d’estinzione del rapporto escludono risoluzioni automatiche al compimento di determinate età ovvero con il raggiungimento di requisiti pensionistici, diversamente da quanto accade nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in tema di collocamento a riposo d’ufficio, al compimento delle età massime previste dai diversi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche stesse. (Cass. 29/12/2014 n. 27425, Pres. Roselli Est. Tria, in Lav. nella giur. 2015, 306)
  • L’obbligo di specificazione dei motivi di recesso nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo va assolto dal datore di lavoro con la comunicazione di cui all’art. 2, l. n. 604/1966, mentre la previa comunicazione di cui all’art. 7, l. n. 604/1966, per le finalità deflattive alle quali risponde la procedura stessa, deve contenere i requisiti minimi che consentono al lavoratore e all’organo deputato a esperire la conciliazione di comprendere, in linea di massima, le ragioni della scelta espulsiva. (Corte app. Catanzaro 18/11/2014, Pres. Sirianni Est. Fatale, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Martina Vincieri, “La comunicazione dei motivi nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, 1088)


  • Il principio ispiratore della normativa concernente la tipologia del licenziamento oggettivo è che nel contrasto tra l’interesse del lavoratore alla conservazione del posto e quello del datore a espellere unità lavorative realmente non più funzionali all’esigenza dell’impresa è il secondo a prevalere. Due sono però le condizioni all’uopo richieste: a) la effettività delle esigenze aziendali richiamate nella motivazione del licenziamento; b) un preciso nesso di causalità tra tali esigenze e il licenziamento. (Trib. Roma 27/10/2014, Giud. Lucarelli, in Lav. nella giur. 2015, 203)
  • Il Giudice del merito, adito per la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato al prestatore per soppressione delle mansioni cui il medesimo era addetto, è tenuto al controllo della effettiva sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto alla base del recesso datoriale, mentre non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione. Il datore di lavoro, in ogni caso, ha l’onere di provare l’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, pur esigendosi dallo stesso lavoratore una collaborazione nell’accertamento di un suo possibile reimpiego nel contesto lavorativo, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei quali poteva essere utilmente collocato, conseguendo a tale allegazione l’onere della parte datoriale di provare la non utilizzabilità dei posti predetti. (Cass. 8/11/2013 n. 25197, Pres. Roselli Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2014, 181)
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il giudice deve accertare la reale sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, nonché il nesso di causalità tra il medesimo e l’individuazione del soggetto destinatario del provvedimento di licenziamento. Grava sul datore di lavoro l’onere di prospettare al lavoratore la possibilità di essere adibito a mansioni inferiori. (Cass. 23/10/2013 n. 24037, Pres. Stile Est. Blasutto, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Daniela Zanetto, “Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e controllo da parte del giudice”, 296)
  • In considerazione della natura intermittente dell’attività aziendale, la scelta imprenditoriale, insindacabile in sede giudiziale, di ridurre i costi mantenendo in forza esclusivamente personale assunto a tempo determinato trova ragionevole ed effettivo fondamento nella impossibilità di disporre sospensioni consensuali dei rapporti di lavoro nei periodi di inattività aziendale e pertanto giustifica il licenziamento dei lavoratori che hanno rifiutato la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo indeterminato a tempo determinato. (Trib. Padova 28/8/2013, Giud. Perrone, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Valeria Nuzzo, “Quanto la ‘forma comune di rapporto di lavoro’ diventa incompatibile con l’organizzazione datoriale”, 43)

  • Il “motivo oggettivo” di licenziamento è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.; spetta invece al giudice il controllo della reale sussistenza delle esigenze tecnico-economiche dedotte dal datore di lavoro, e cioè della effettiva e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. (Cass. 1/8/2013 n. 18416, Pres. Stile Rel. Venuti, in Lav. nella giur. 2013, 1041,e in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Nicoletta Frasca, “Giustificato motivo oggettivo e repêchage: quando il datore procede a nuove assunzioni dopo il licenziamento”, 231 )

  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la non equivalenza delle mansioni – valutata con riferimento alle specifiche motivazioni e finalità del licenziamento – impedisce il riferimento, quale parametro di valutazione del rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, ai criteri di cui alla L. 223/1991, consentito nel solo caso di licenziamento di personale omogeneo e fungibile. (Corte app. Milano 10/6/2013, Pres. Sbordone Rel. Pattumelli, in Lav. nella giur. 2013, 960)

  • L’art. 18 comma 7 Stat. Lav., come modificato dall’art. 1 comma 42 l. 28 giugno 2012, n. 92 (Riforma Fornero), prevede che il giudice possa applicare la disciplina di cui al medesimo art. 18 comma 4 Stat. Lav., nuova formulazione (c.d. reintegra debole) allorché accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e applichi invece la disciplina di cui all’art. 18 comma 5 Stat. Lav., nuova formulazione, (c.d. tutela risarcitoria piena) nelle altre ipotesi in cui accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo. La sussistenza del fatto principale addotto a giustificazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo esclude la manifesta insussistenza del fatto e quindi l’applicabilità della tutela reale e la violazione del solo obbligo di repêchage da parte del datore di lavoro è sanzionabile unicamente con la tutela indennitaria. Per poter qualificare un licenziamento come ritorsivo ex art. 18 comma 1 St. lav., nuova formulazione, continua a essere necessario che il motivo illecito, oltre che determinante, sia anche esclusivo della volontà del datore di lavoro di licenziare. L’esclusività non può ritenersi presente allorché si accerti che il fatto addotto come giustificato motivo sia reale. (Trib. Milano 20/11/2012, ord., Giud. Casella, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Daniela Zonetto, 581)

  • La necessità di contenere i costi a fronte di uno stato di crisi che si concretizzi in un forte calo del fatturato aziendale costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento laddove il datore di lavoro decida di sopprimere i posti di lavoro dei dipendenti che svolgono attività commerciale diretta e dimostri l’impossibilità di ricollocarli in altre funzioni, al cui svolgimento siano stabilmente addetti altri colleghi. (Cass. 6/7/2012 n. 11402, Pres. Roselli Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2012, 1112)

  • La esistenza di una situazione di impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, derivante dalla mancanza in capo al lavoratore, per effetto di disposizioni normative sopravvenute, del titolo professionale necessario per l’esercizio della attività lavorativa richiesta dal datore di lavoro è idonea a incidere sulla funzionalità della relativa organizzazione di lavoro (nella specie, la Corte ha confermato il licenziamento di una lavoratrice in possesso di un titolo di massofisioterapista  conseguito all’esito di un corso biennale, in quanto non più valido per abilitare allo svolgimento di tale professione. Il diploma di massofisioterapista è equipollente al diploma universitario di fisioterapista solo se conseguito all’esito di un corso triennale). (Cass. 22/5/2012 n. 8050, Pres. Lamorgese Est. Meliadò, in Orient. Giur. Lav. 2012, 376)

  • In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e per ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, ai sensi dell’art. 3, l. n. 604/1966, se il motivo consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile – in relazione al quale non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, né il criterio della impossibilità di “repêchage” – il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell’art. 1175 c.c., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche del recesso di una di esse. (Cass. 15/5/2012 n. 7509, Pres. Roselli Est. Amoroso, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Raffaele Galardi, “Note in tema di licenziamento connesso a trasferimento di ramo d’azienda”, 323)

  • In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi e indiziari, l’effettività delle ragioni che giustificano l’operazione di riassetto. (Nella specie, il recesso era stato motivato sul presupposto della soppressione del posto cui era addetta la lavoratrice, le cui mansioni erano però state assegnate ad altra dipendente, assunta con contratto a termine per più volte, e avente diverso inquadramento; la S.C., nell’escludere l’effettività delle ragioni indicate dal datore in ragione dell’identità delle mansioni delle lavoratrici, ha ritenuto l’illegittimità del recesso). (Cass. 14/5/2012 n. 7474, Pres. Miani Canevari Est. Napoletano, in Orient. Giur. Lav. 2012, 371)

  • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo – che consiste in “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa “e può ravvisarsi nella soppressione del posto di lavoro, inteso come attività lavorativa svolta dal dipendente poi licenziato – autorizza il datore di lavoro a riorganizzare l’attività lavorativa tra altri dipendenti, diversi da quello licenziato; esso è legittimo a condizione che non risulti meramente strumentale a un incremento di profitto ma che sia diretto a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate a effettive ragioni di carattere produttivo e organizzativo, e che dimostri, inoltre, l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione. (Cass. 18/4/2012 n. 6026, Pres. Vidiri Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2012, 721)

  • È illegittimo il licenziamento comminato a seguito di una non rilevante contrazione dell’attività produttiva che non comporti la necessità di ridurre il personale, specialmente nel caso in cui l’azienda abbia proceduto, nell’imminenza del recesso e con evidente scopo sostitutivo, alla stipula di un contratto di collaborazione a progetto con altro soggetto. (Cass. 19/1/2012 n. 755, Pres. Roselli Rel. Curzio, in Lav. nella giur. 2012, 407)

  • L’indicazione dei motivi del licenziamento (per giustificato motivo oggettivo, n.d.r.) deve essere specifica, cioè idonea a realizzare il risultato perseguito dalla legge, costituito dalla conoscenza, da parte del lavoratore, delle ragioni sottese al provvedimento; a tal fine è necessario che la motivazione individui tali fatti con sufficiente precisione, anche se sinteticamente, per modo che risulti senza incertezza l’ambito delle questioni sottese al licenziamento (nel caso di specie si giustificava il licenziamento con affermazioni del seguente tenore “diminuite possibilità di lavoro” “le fasi lavorative per le quali ha prestato la sua opera sono notevolmente diminuite”). (Trib. Roma 11/5/2011, Giud. Masi, in Lav. nella giur. 2011, 850)

  • Quando il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile, ai fini del controllo della conformità della scelta dei lavoratori da licenziare ai principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 c.c. non essendo utilizzabili né il normale criterio della “posizione lavorativa” da sopprimere in quanto non più necessaria, né tanto meno il criterio della impossibilità di repechage (in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili), ben può farsi riferimento, pur nella diversità dei rispettivi regimi, ai criteri che l’art. 5 l. n. 223 del 1991 ha dettato per i licenziamenti collettivi per l’ipotesi in cui l’accordo sindacale ivi previsto non abbia indicato criteri di scelta diversi e, conseguentemente, prendere in considerazione in via analogica i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità. (Cass. 28/3/2011 n. 7046, Pres. Foglia Est. Mammone, in Orient. Giur. Lav. 2011, 189)

  • In tema di licenziamento, sebbene il giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive sia rimesso alla valutazione del datore di lavoro, come espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., esso deve essere pur sempre contemperato con il rispetto della dignità umana, trattandosi di diritto fondamentale della persona richiamato dalla stessa norma costituzionale nonché dalla legislazione del lavoro anche in relazione al diritto alla conservazione del posto di lavoro sul quale si fondano sia l’art. 18 St. Lav. che l’art. 30 del Trattato di Lisbona del 31 dicembre 2007, entrato in vigore dal 1° gennaio 2009. (Cass. 27/10/2010 n. 21967, Pres. ed Est. Foglia, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di M. Pallini, “L’utilità sociale quale limite interno al potere di licenziamento?”, 86)

  • In materia di obbligo di repechage è illegittimo il licenziamento del lavoratore, qualora il datore di lavoro non riesca a dimostrare di non poter ricollocare il lavoratore in altri rami dell'azienda, valutando anche le sedi all'estero. (Cass. 15/7/2010 n. 16579, Pres. Sciarelli Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2010, 940) 

  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo la scelta tra più lavoratori fungibili e omogenei tra loro deve essere effettuata applicando analogicamente i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità previsti dall’art. 5 L. 23/7/91 n. 223, a pena di illegittimità del licenziamento. (Trib. Milano 8/7/2010, Est. Mariani, in D&L 2010, 866)

  • In virtù del principio di immodificabilità del licenziamento è precluso al datore di lavoro, il quale intimi un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (mancanza di lavoro) invocare in giudizio una giusta causa, tra l’altro senza dedurre in quale sede e con quali modalità essa sia stata contestata al lavoratore. (Cass. 30/4/2010 n. 10538, Pres. Vidiri Est. Di Nubila, in Lav. Nella giur. 2010, 728)

  • Nella nozione di giustificato motivo di licenziamento sono riconducibili anche le ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, che peraltro non devono essere pretestuosi e strumentali, ma volti a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva imponendo un’effettiva necessità di riduzione dei costi. (Cass. 7/4/2010 n. 8237, Pres. Sciarelli Est. Balletti, in Orient. Giur. Lav. 2010, 461)

  • In materia di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo determinati da ragioni inerenti all’attività produttiva, il datore di lavoro ha l’onere di provare, con riferimento alla capacità professionale del lavoratore e all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, giustificandosi il recesso solo come extrema ratio (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della corte territoriale che, con riferimento ad azienda di grandi dimensioni, aveva ritenuto non assolto dal datore di lavoro l’onere probatorio, sul rilievo delle numerose assunzioni nell’anno seguente a quello del licenziamento, di personale con la medesima qualifica del lavoratore licenziato, e dell’elevato livello di istruzione di questo, che ne consentiva l’utilizzazione in settori diversi da quello in cui era stato precedentemente addetto). (Cass. 26 marzo 2010 n. 7381, Pres. Roselli Est. D’Agostino, in Orient. Giur. Lav. 2010, 469)

  • In ipotesi di licenziamento per soppressione di uno o più posti di lavoro, il datore di lavoro, il quale non abbia coperto integralmente i posti riservati agli invalidi in azienda secondo l'aliquota di legge, è tenuto a mantenere in servizio l'invalido anche se in posizione meno produttiva rispetto a quella soppressa, cui l'invalido era in precedenza addetto, a meno che non fornisca la prova della mancanza assoluta nell'ambito dell'intera azienda di mansioni compatibili con lo stato di invalidità, ancorché corrispondenti a una qualifica inferiore. Ove si verifichi tale impossibilità, il datore di lavoro non è tenuto a mantenere in servizio l'invalido in un posto di lavoro assegnato ad altro dipendente. (Cass. 26/6/2009 n. 15049, Pres. Mattone Est. Lamorgese, in D&L 2009, con nota di Enrico U.M. Cafiero, "Sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente invalido avviato obbligatoriamente", 781)

  • Non integra la fattispecie legale di giustificato motivo oggettivo un licenziamento attuato senza soppressione del posto di lavoro né delle mansioni, ma con ridistribuzione delle mansioni tra il restante personale, senza che venga neppure dedotta la necessità di far fronte a difficoltà economiche contingenti o l'esistenza di effettive ragioni tecnico-produttive che impongano un più razionale assetto aziendale. (Corte app. Torino 30/3/2009, Pres. Girolami Est. Pasquarelli, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con commento di Carla Spinelli, "Redistribuzione delle mansioni e giustificato motivo oggettivo di licenziamento", 316) 

  • Nell’ipotesi di licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo di lavoratori con mansioni perfettamente fungibili a quelle di altri, il datore di lavoro è obbligato ad agire, nell’individuazione dei soggetti da espellere, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede e di criteri oggettivi predeterminati da modellare su quelli previsti per i licenziamenti collettivi, così da escludere che il licenziamento delle persone selezionate possa essere il risultato di una scelta con contenuto discriminatorio. (Trib. Milano 24/3/2009, Est. Bianchini, in Orient. Giur. Lav. 2009, 168)

  • Presupposti della legittimità del licenziamento sono l'effettività delle ragioni organizzative e/o produttive poste a fondamento del recesso, che devono trovare fondamento in situazioni oggettive , e la sussistenza di un nesso causale tra tali ragioni e la soppressione del posto di lavoro, mentre la motivazione della scelta imprenditoriale di procedere alla riorganizzazione non è sindacabile dal giudice, rientrando nella libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. e può anche essere costituita da finalità di innovazione, risparmio dei costi o incremento dei profitti. (Trib. Roma 4/11/2008, Giud. Trementozzi, in Lav. nella giur. 2009, 202) 

  • Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un'effettiva necessità di riduzione dei costi; tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del posto cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo, peraltro, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite e attribuite. (Trib. Milano 29/3/2008, d.ssa Cincotti, in Lav. nella giur. 2008, 1171)

  • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere legittimo solo ove le mansioni del lavoratore risultino effettivamente soppresse e non sia possibile adibire lo stesso a mansioni equivalenti. (Trib. Milano 28/3/2008, d.ssa Peragallo, in Lav. nella giur. 2008, 1172)

  • E' inammissibile, per carenza di interesse ad agire, la domanda con cui il datore di lavoro si rivolga al giudice per accertare la sussistenza o meno dei presupposti per il futuro esercizio del potere di recesso per giustificato motivo oggettivo; il Giudice esercita solo un compito di controllo del rispetto dei vincoli di forma e di contenuto che condizionano l'effettivo esercizio di quel potere e non può assumere, rispetto a esso, alcuna funzione sostitutiva o consultativa. (Trib. Savona 5/3/2008, Est. Acquarone, in D&L 2008, con nota di Paola Perrucco, "Il potere di licenziamento e l'accertamento preventivo dei presupposti del suo legittimo esercizio", 664)

  • In tema di licenziamento individule e di distribuzione degli obblighi e degli oneri di cui all'art. , legge n. 604 del 1966 e successive modificazioni, vi è distinzione tra la mancanza di richiesta dei motivi di licenziamento e la mera denunzia della loro tardività, posto che mentre nel primo caso non trova applicazione l'ultima parte del disposto del comma 2 dell'art. 2 della legge citata, mancando il presupposto per l'osservanza dell'onere, incombente sul datore di lavoro, della comunicazione scritta dei motivi di licenziamento da inoltrare nel termine perentorio di sette giorni dalla richiesta (previsto a pena di inefficacia del licenziamento), nel secondo caso, invece, in cui viene eccepita dal datore di lavoro la mera tardività della richiesta da parte del lavoratore dei motivi di licenziamento, incombe sul lavoratore l'onere di provare l'effettuazione di detta richiesta entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione per iscritto del licenziamento al fine di indurre il datore di lavoro a specificare, entro un termine necessariamente breve, in quanto imposto dall'esigenza di concentrare la contestazione e la difesa, le ragioni poste a base del recesso. (Rigetta, Trib. Roma 4 maggio 2004). (Cass. 1/2/2008 n. 2498, Pres. Sciarelli Est. D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2008, 2112)

  • Per giustificato motivo oggettivo deve intendersi quel motivo derivante da una riorganizzazione o ristrutturazione che ha condotto alla soppressione di attività o posizioni e non la mera crisi aziendale o la redistribuzione delle attività su altri addetti; inoltre, qualora le posizioni rimaste siano fungibili rispetto a tutti i dipendenti, l'impresa ha l'obbligo di agire, nell'individuazione dei lavoratori da licenziare, nel rispetto dei principi di correttezza e di buona fede e nel rispetto di criteri oggettivi predeterminati da modellare su quelli previsti per i licenziamenti collettivi, così da escludere che il licenziamento delle persone selezionate possa essere il risultato di una scelta a contenuto discriminatorio. (Trib. Milano 17/12/2007, Est. Bianchini, in D&L 2008, con nota di Chiara Zambrelli, "Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e criteri di scelta dei lavoratori con mansioni fungibili", 658)

  • La costante giurisprudenza di legittimità e di merito, al fine di evitare il rischio che la tutela cautelare assuma una funzione surrogatoria, nei confronti del processo del lavoro, per sua natura rapido, ritiene che sia necessario un accertamento puntuale e preciso circa la sussistenza dei requisiti essenziali, cui è subordinato il ricorso alla tutela d'urgenza. In merito a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è onere del ricorrente fornire la prova in ordine alla situazione di vulnus alla vita familiare e di relazione temibile nell'arco della durata del giudizio ordinario. Inoltre è preferibile perchè più conforme alla ratio dell'art. 700 c.p.c., l'orinetamento secondo cui deve escludersi che in caso di licenziamento illegittimo il periculum in mora sussista in re ipsa. (Trib. Milano 8/12/2007, D.ssa Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2008, 536)

  • Il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva è scelta riservata all'imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell'azienda anche dal punto di vista economico e organizzativo, sicché essa, sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità e opportunità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, nel riconoscere l'effettività della scelta imprenditoriale di razionalizzare l'attività aziendale, aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato a una biologa addetta a un laboratorio di analisi, il cui posto di lavoro, a seguito della contrazione delle richieste concernenti l'attività del laboratorio la quale attività, per detto motivo, si era concentrata in due soli giorni alla settimana era stato soppresso, con assegnazione delle sue mansioni ad altra dipendente, in aggiunta a quelle da quest'ultima già svolte, senza che l'azienda avesse proceduto ad assunzione in sostituzione della lavoratrice licenziata). (Rigetta, App. Taranto, 24 giugno 2004). (Cass. 22/8/2007 n. 17887, Pres. De Luca Est. Monaci, in Dir. e prat. lav. 2008, 1478) 

  • Costituisce g.m.o. di licenziamento l'ipotesi di riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione, deciso per far fronte a situazioni sfavorevoli, che influiscano in modo decisivo sulla normale attività produttiva, dovendosi escludere che il rapporto di lavoro abbia più motivo di attendersi dal lavoratore la stessa utilitas che l'aveva indotto ad assumerlo, vale a dire lo stesso flusso di redditi che gli consente la valorizzazione del capitale investito. (Trib. Palermo 17/5/2007, Giud. Cavallaro, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento giudiziale", 989)

  • Ai fini della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, ferma restando la prova dell'effettività e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, le ragioni inerenti all'attività produttiva possono sorgere, oltre che da esigenze di mercato, anche da riorganizzazioni o ristrutturazioni, quali che ne siano le finalità, quindi anche quelle dirette a un risparmio dei costi o all'incremento dei profitti, quale che ne sia l'entità. (Cass. 10/5/2007 n. 10672, Pres. Ianniruberto Est. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento giudiziale", 989)  

  • Nel licenziamento attuato per ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, il suindicato giurisdizionale non può coinvolgere i criteri di gestione dell'impresa e le scelte operate dall'imprenditore, il quale però ha l'onere di dimostrare l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti e di non aver effettuato nuove assunzioni in qualifiche analoghe per un congruo periodo successivo al recesso. (Corte App. Roma 29/3/2007, Pres. Cataldi Est. Cocchia, in D&L 2007, con nota di Emanuela Fiorini, "Società con sede all'estero, numero dei dipendenti e tutela reale", 905)

  • Il requisito dell'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla contestazione degli addebiti applicabile con riferimento al licenziamento individuale per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non si adatta al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, poichè le ragioni di garanzia e difesa a tutela del lavoratore - con particolare riferimento all'esigenza di evitare che il lavoratore possa essere esposto a tempo indeterminato al pericolo del licenziamento per i fatti contestatigli, posta a base del suddetto requisito di legittimità - non sussistono nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo (dipendente da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al funzionamento di essa), nel quale occorre solo controllare che ricorrano in concreto le esigenze organizzative poste dal datore di lavoro a fondamento del provvedimento espulsivo. (Cassa con rinvio, App. Trieste 30/4/2004). (Cass. 19/12/2006 n. 27101, Pres. Mercurio Est. D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2007, 1972) 

  • In ipotesi di licenziamento intimato da una società appartenente a un gruppo che costituisca un unico complesso aziendale, l'accertamento in ordine alla motivazione del licenziamento, alla possibilità del c.d. repechage e ai requisiti dimensionali, deve essere effettuato con riferimento all'intero complesso aziendale. (Trib. Milano 23/10/2006, Est. Martello, in D&L 2007, 223)

  • Il licenziamento per esigenze aziendali non può risolversi nella mera riduzione del personale, nel senso che la riorganizzazione deve dar corso alla eliminazione reale ed effettiva di una posizione lavorativa, per cui tra la prima e la seconda sussista un rapporto di causalità reciproca e non invece a una mera redistribuzione di mansioni che permangono come aspetto essenziale dell'attività dell'azienda. (Corte app. Milano 25/1/2006, Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2006, 1027)

  • Presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono costituiti dall’effettività e obiettività delle ragioni aziendali addotte a giustificazione del recesso; dalla necessità che dette ragioni siano funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli sopravvenuti e contingenti, che influiscano sulla normale attività produttiva e impongano la riduzione dei costi, sì da doversene escludere il carattere pretestuoso e occasionale; dall’esistenza del nesso causale tra tali ragioni e l’atto datoriale; dall’effettiva soppressione del posto di lavoro, conseguente alla scelta aziendale. (Corte app. Roma 31/8/2005, Pres. Lanzellotto Rel. Di Stefano, in Lav. Nella giur. 2006, 615)

  • Ai fini della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento ciò che conta è la situazione fattuale esistente al momento dell’intimazione del recesso. (Cass. 14/7/2005 n. 14815, Pres. Mattone Est. Di Cerbo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 642)

  • Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, nella cui nozione rientra l’ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscano in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongano un’effettiva necessità di riduzione dei costi, richiede che le ragioni inerenti l’attività produttiva siano tali, nella loro oggettività e non in forza di un atto del datore di lavoro che presenti margini di arbitrarietà, da determinare, con stretto nesso di consequenzialità, l’inutilizzabilità della posizione lavorativa considerata. Nell’ipotesi di licenziamento motivato da determinate esigenze relative ad una riorganizzazione aziendale finalizzata ad una più economica gestione, l’impossibilità di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale può in astratto configurare motivo obiettivo di recesso. (Cass. 6/7/2005 n. 14215, Pres. Ciciretti Rel. Miani Canevari, in Lav. e prev. oggi 2005, 1454)

  • Qualora il lavoratore non possa più svolgere le mansioni cui sia addetto e l’impedimento sia a lui imputabile per dolo o colpa, è legittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro per giustificato motivo consistente nella sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa in relazione alle mansioni suddette, senza che il recedente debba fornire la prova di non aver potuto adibire il lavoratore ad altro posto nell’azienda, anche con mutamento di mansioni, essendo tale prova necessaria solo quando l’impedimento non sia addebitabile al lavoratore. (Nella specie, la Cass. ha cassato la sentenza di merito che, senza dare rilievo al comportamento dei lavoratori, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di due dipendenti della Società Aeroporti di Roma – cui era stato ritirato il tesserino di accesso all’area aeroportuale in seguito a denuncia in flagranza per tentato furto di bagagli – per non avere la società fornito la prova dell’impossibilità di un loro diverso utilizzo). (Cass. 6/6/2005 n. 11753, Pres. Ciciretti Rel. Celentano, in Lav. e prev. oggi 2005, 1454)

  • Il ricorrere di nuove assunzioni a fronte di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non è ontologicamente incompatibile con l’esistenza di un ridimensionamento aziendale e non è, quindi, di per sé stesso fonte di illegittimità del licenziamento. Il rapporto tra esigenze di ridimensionamento aziendale e licenziamento per giustificato motivo oggettivo a essa ricollegabile va sempre valutato con riferimento al ruolo e alle mansioni di pertinenza del singolo lavoratore all’interno dell’azienda. (Cass. 15/5/2005 n. 7832, Pres. Senese Est. Stile, in Orient. Giur. Lav. 2005, 348)

  • Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Costituzione, mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore; ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, né essendo necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. (Sulla base di tali principi la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente il giustificato motivo oggettivo di licenziamento del lavoratore di una società cooperativa a responsabilità limitata, dando rilievo alla circostanza che non era stata accolta la domanda di quel lavoratore di essere ammesso come socio ed alla circostanza che la società, dopo il licenziamento del lavoratore, aveva ammesso due nuovi soci. In riferimento a quest’ultima circostanza la Suprema Corte ha anche rilevato che erroneamente erano state poste sullo stesso pieno due posizioni diverse, quella del dipendente e quella del socio). (Cass. 4/11/2004 n. 21121, Pres. Mattone Rel. Stile, in Lav. e prev. oggi 2005, 366)

  • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, basato su inesistenti ragioni organizzative che trova la sua reale motivazione nella partecipazione a uno sciopero da parte del lavoratore, deve essere dichiarato nullo perché discriminatorio. Le conseguenze sono quelle di cui all’art. 18 SL così come previsto dal combinato disposto dell’art. 3 L. 11/5/90 n. 108 e dell’art. 15 SL. (Trib. Milano 7/10/2004, Est. Atanasio, in D&L 2005, con nota di Alba Civitelli, “Sul licenziamento discriminatorio”, 237)

  • Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ferma restando la necessità di provare l’effettività del processo di riorganizzazione, è legittima ogni ragione (in senso economico) che abbia determinato tale processo e quindi non solo i motivi estranei alle determinazioni imprenditoriali, ossia esigenze di mercato, ma anche le modifiche organizzative esclusivamente finalizzate ad un incremento dei profitti. (Trib. Sulmona 21/09/2004, Est. Paglierini, in Lav. nella giur. 2005, 89)

  • Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa; ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, né essendo necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. (Fattispecie in tema di licenziamento di un lavoratore con compiti di natura sindacale, nella quale il settore al quale era addetto il lavoratore – dipendente dell’Associazione degli Industriali – era stato assorbito nelle competenze del direttore dell’Associazione medesima). (Cass. 18/8/2004 n. 16163, Pres. Senese Rel. Filadoro, in Lav. nella giur. 2005, 175)

  • Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva deve essere valutato dal datore di lavoro senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa. Il licenziamento deve risultare però dall’effettiva e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. Al datore di lavoro permane l’onere di provare, oltre la sussistenza delle ragioni del licenziamento, l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non può essere determinato da esigenze di mero risparmio. (Trib. Grosseto 13/8/2004, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2004, 1208)

  • Ai fini della configurabilità di un legittimo licenziamento per giustificato motivo obiettivo non è sufficiente l’eventuale inidoneità del lavoratore ad effettuare la propria prestazione, in un determinato luogo o secondo determinate modalità, ma occorre anche la prova, a carico del datore di lavoro, circa la impossibilità di reimpiego dello stesso lavoratore nell’ambito dell’organizzazione sindacale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che si era pronunciata nel senso dell’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore che aveva rifiutato, a causa di una nevrosi della quale soffriva, di sottoporsi ai controlli medici con prelievo sanguigni richiesti dalla società in quanto quest’ultima non era obbligata per legge a sottoporre il dipendente a tali controlli per salvaguardare la sua salute e sicurezza nel luogo di lavoro, ma ne aveva semplice facoltà, ed inoltre non era stata neppure dedotta l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni differenti). (Cass. 27/2/2004 n. 4050, Pres. Mileo Rel. De Luca, in Lav. nella giur. 2004, 900, e in Dir. E prat. Lav. 2004, 1936)

  • Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge 604/1966 è determinato dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore. Ai fini della legittimità dello stesso, sul datore di lavoro incombe la prova della concreta riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e della impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell'attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di due dipendenti di un agente assicurativo intimato a seguito della parziale cessione del portafoglio dell'impresa assicuratrice ad altro agente, giudicando priva di riscontro probatorio la dedotta riduzione dell'attività dell'agente per effetto dello scorporo di detto portafoglio-ritenuto solo uno degli elementi concorrenti ad individuare la consistenza dell'impresa-che avrebbe determinato la sovrabbondanza delle posizioni lavorative dei ricorrenti rispetto al nuovo assetto dell'agenzia, nonché la parimenti dedotta riduzione del fatturato, senza che assumesse rilevanza la circostanza della mancata assunzione di altre persone). (Cass. 3/7/2003 n. 10554, Pres. Trezza Rel. Giacalone, in Dir. e prat. lav. 2004, 71)

  • Nella valutazione circa la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento deve tenersi conto di tutte le circostanze della fattispecie concreta, anche precedenti all'atto di recesso, ivi compreso il comportamento del datore di lavoro, il quale è contrattualmente obbligato ad attivarsi per prevenire o rimuovere situazioni ostative all'utile prosecuzione del rapporto (Cass. 5/3/2003, n. 3250, Pres. Ciciretti, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 689, con nota di Pietro Ichino e Luigi Cavallaro, Un caso interessante per la riflessione sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento: due opinioni)

  • Il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la verifica dell'assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'onere di provare tre circostanze: l'effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa; la relativa incidenza sulla posizione rivestita in azienda dal lavoratore (la soppressione del reparto o dell'attività cui era addetto il lavoratore licenziato o un riassetto organizzativo per una più razionale ed economica gestione dell'azienda) e l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti, dovendo in particolare risultare, in base ad inequivoci elementi, che nell'ambito dell'organizzazione aziendale non vi erano, all'epoca del licenziamento, altre possibilità di evitare la risoluzione del rapporto se non quella, vietata dall'art. 2103 c.c., di adibire il lavoratore ad una mansione dequalificante rispetto a quella precedentemente esercitata. (Cass. 17/2/2003 n. 2353, Pres. Ciciretti, Est. Cuoco, in D&L 2003, 402)

  • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo qualora non risulti dimostrata a cura del datore di lavoro l'integrale soppressione delle attività svolte dal dipendente licenziato all'interno del contesto aziendale. (Trib. Firenze 16/2/2002, Est. Lococo, in D&L 2002, 855, con nota di Filippo Pirelli, "Ultrattività del contratto collettivo e giustificato motivo oggettivo di licenziamento")

  • Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento rientra anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda per una più economica gestione d'essa attuato non per un incremento del profitto ma per far fronte a situazioni economiche sfavorevoli, non occasionali, che incidano in modo decisivo sulla normale attività aziendale (Cass. 18/11/98, n. 11646, in Dir. Lav. 2000, pag. 31, con nota di Lepore)