Normativa contrattuale

  • Licenziamento disciplinare e norme della contrattazione collettiva.
    Il caso è quello di un capo reparto licenziato per giusta causa per aver omesso di segnalare ai superiori la manomissione sistematica, da parte dei dipendenti del reparto, di dispositivi antinfortunistici, cui era conseguito anche un infortunio. Postosi in giudizio il problema della riconducibilità del fatto a una norma collettiva che esemplifica casi che meritano il licenziamento piuttosto che ad altra che indica casi apparentemente simili che meritano una sanzione conservativa, la Corte coglie l’occasione per riassumere, in maniera articolata e completa, la propria giurisprudenza in materia di interpretazione delle norme collettive e dei limiti della loro rilevanza in un giudizio relativo alla legittimità di un licenziamento. 
    (Cass. 7/5/2020 n. 8621, Pres. Di Cerbo Rel. Boghetich, in Wikilabour, Newsletter n. 10/2020)
  • Il principio secondo cui i comportamenti per i quali il contratto collettivo commina una sanzione disciplinare conservativa non possono formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice di merito non trova applicazione nel caso in cui non vi sia un’integrale coincidenza tra la fattispecie contrattuale astratta e il fatto concreto oggetto di contestazione. (Cass. 3/7/2015 n. 13671, Pres. Lamorgese Rel. Nobile, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Nicolò Rossi, “Contrattazione collettiva e potere disciplinare del datore di lavoro”, 1056)
  • È pienamente legittima la clausola del contratto collettivo che preveda la decadenza dall’esercizio del potere disciplinare a seguito della mancata risposta (entro un certo periodo di tempo) del datore di lavoro alle giustificazioni fornite dal lavoratore, ben potendo la contrattazione collettiva, una volta assicurato il rispetto della procedura ex art. 7 l. n. 300 del 1970, modellare poi la disciplina del potere disciplinare, prevedendo precisi termini per l’adozione dei relativi provvedimenti. (Cass. 10/6/2015 n. 12073, Pres. Lamorgese Rel. Venuti, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Nicolò Rossi, “Contrattazione collettiva e potere disciplinare del datore di lavoro”, 1056)
  • La previsione, da parte della contrattazione collettiva, della recidiva in successive mancanze disciplinari come ipotesi di giustificato motivo di licenziamento, non esclude il potere del giudice di valutare la gravità in concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati dalla recidiva, ai fini dell'accertamento della proporzionalità della sanzione espulsiva; tale potere costituisce naturale conseguenza delle norme di cui agli artt. 3 L. 15/7/66 n. 604, 7 SL e 2119 c.c., i quali sanciscono il principio secondo cui la sanzione irrogata al lavoratore deve sempre essere proporzionata al comportamento posto in essere. (Cass. 20/11/2007 n. 24132, Pres. Sciarelli Est. Mammone, in D&L 2008, con nota di Enrico U.M. Cafiero, "Termini e modalità di giustificazione della malattia", 298)
  • Qualora un contratto collettivo di lavoro preveda, nel caso in cui il dipendente venga sottoposto ad una misura restrittiva della libertà personale, la più grave sanzione disciplinare (licenziamento senza preavviso) solo qualora intervenga una sentenza definitiva di condanna, l’esemplificazione delle condotte non è vincolante né tassativa, permanendo comunque, in capo al datore di lavoro, la facoltà di recesso di cui all’art. 2119 c.c., disposizione che, nel prevedere il recesso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto, attribuisce al giudice del merito il potere dovere di valutare l’idoneità della dedotta causa di risoluzione del rapporto. Risponde, pertanto, a criteri di coerenza l’interpretazione del giudice di merito che la correli all’art. 2119 c.c. non una semplice misura restrittiva della libertà personale, quale prevista dalla disposizione contrattuale recata dall’art. 33 del ccnl postelegrafonici, ma una misura restrittiva collegata ad un particolare comportamento di rilievo penale, già posto in essere in precedenza dalla lavoratrice, e la valutazione sull’incidenza di un comportamento, esulante dalla sfera strettamente lavorativa, sul rapporto fiduciario, in quanto sintomo di inaffidabilità e scarsa rettitudine morale; l’accertamento relativo non può essere limitato alle mansioni in concreto espletate al momento del licenziamento, ma va esteso al complesso delle mansioni affidabili nell’ambito dell’inquadramento sindacale e delle peculiarità dell’attività aziendale nel suo complesso. (Nella specie, la lavoratrice – addetta ad un ufficio postale – era stata arrestata con l’accusa di concorso in detenzione a fini di spaccio di una rilevante quantità di droga sequestrata proprio nella abitazione della stessa, dopo che aveva già subito due procedimenti per violazione della legge sugli stupefacenti, il primo concluso con sentenza di patteggiamento e il secondo con sentenza di condanna, e il giudice di merito ha ricondotto all’art. 2119 c.c. la misura restrittiva ricollegata al particolare comportamento di rilievo penale, già posto in essere dalla lavoratrice in precedenza, considerando la peculiarità del contesto aziendale, nel quale anche semplici lettere possono contenere valori ed in cui non vi è una rigida divisione tra i vari ambiti lavorativi, tale da escludere qualsiasi ingerenza di un soggetto poco affidabile in settori delicati). (Cass. 17/6/2004 n. 11369, Pres. Ciciretti Rel. Celentano, in Lav. nella giur. 2004, 1293)
  • Qualora il contratto collettivo elenchi tra le sanzioni disciplinari il licenziamento senza preavviso, dovrà ritenersi applicabile allo stesso anche l'art. 7, 6° e 7° comma, SL. (Corte d'Appello Milano 30/10/2003, Pres. Mannacio Est. De Angelis, in D&L 2003, 957)
  • E' illegittimo il licenziamento disciplinare comunicato al dipendente oltre il termine massimo di 15 giorni dalla scadenza del termine allo stesso assegnato per presentare le proprie difese, in violazione di quanto stabilito dal Ccnl applicato (Tribunale Milano 19 luglio 2000, est. Atanasio, in D&L 2000, 1011)
  • L'avvenuta estensione (ad opera di giurisprudenza costituzionale e di legittimità) al licenziamento disciplinare delle garanzie procedimentali previste per le sanzioni conservative non esclude che ulteriori regole fissate dai contratti collettivi possano prevedere procedimenti disciplinari diversi, rispettivamente per le sanzioni conservative e per il licenziamento disciplinare, tenuto conto che la comune appartenenza delle sanzioni in argomento al genus delle sanzioni disciplinari non ne comporta la necessaria regolamentazioni con norme procedurali identiche (nel caso si faceva questione dell'applicabilità o no al procedimento di irrogazione del licenziamento del termine di decadenza previsto nel contratto collettivo per l'irrogazione delle sanzioni conservative) (Cass. 25/11/99, n.13137, pres. D'Angelo, in Riv. it. dir. lav. 2000, pag. 733, con nota di Marzano, Estensibilità degli obblighi procedurali contrattuali in tema di licenziamento disciplinare)
  • Nel caso di previsione da parte del Ccnl di settore di un termine finale per la comunicazione del licenziamento disciplinare, entro tale termine il provvedimento deve essere non solo adottato ma altresì ricevuto dal lavoratore; con la conseguenza che il ricevimento da parte del destinatario oltre la scadenza del termine contrattualmente previsto rende illegittimo il licenziamento (Trib. Milano 29 ottobre 1999, est. Atanasio, in D&L 2000, 214)
  • La sentenza pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. che disciplina l’applicazione della pena su richiesta dell’imputato, non è tecnicamente configurabile come una sentenza di condanna, anche se è a questa equiparata a determinati fini; tuttavia nell’ipotesi in cui una disposizione di un contratto collettivo faccia riferimento alla sentenza penale di condanna passata in giudicato (nella specie, come fatto idoneo a consentire il licenziamento senza preavviso), ben può il giudice di merito, nell’interpretare la volontà delle parti collettive espresse nella clausola contrattuale, (interpretazione a lui esclusivamente rimessa e incensurabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione e rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale), ritenere che gli agenti contrattuali, nell’usare l’espressione “sentenza di condanna” si siano ispirati al comune sentire che a questa associa la sentenza cosiddetta “di patteggiamento” ex art. 444 c.p.p., atteso che in tal caso l’imputato non nega la propria responsabilità, ma esonera l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione della pena (Nella specie, la sentenza della Cassazione ha confermato la sentenza di merito che in relazione al Ccnl, per i dipendenti delle Poste Italiane prevedente il licenziamento in tronco in caso di sentenza penale di condanna, aveva rigettato l’impugnativa di licenziamento da parte dei lavoratori che, imputati di rapine in banca, avevano “patteggiato” la pena, senza perciò pervenire ad una sentenza di condanna in senso tecnico) ( Cass. 18/11/99, n. 12804, pres. Mileo, in Dir. Lav. 2000, pag. 287, con nota di Sanci, Equiparabilità della sentenza di patteggiamento alla sentenza penale di condanna ai fini del licenziamento senza preavviso)
  • E' legittima la previsione della contrattazione collettiva che assuma quale giustificato motivo di licenziamento il ripetersi nel tempo di comportamenti inadempienti, anche quando gli stessi vari episodi di inadempimento singolarmente considerati risultino punibili con sanzioni disciplinari non espulsive (Pret. Nola, sez. Pomigliano d'Arco, 25/11/95, est. Perrino, in D&L 1996, 769, nota BALLETTI, Reiterazione di inadempimenti e valutazione della condotta complessiva del lavoratore nel licenziamento per recidiva)
  • La previsione di cui all'art. 23 del CCNL per gli addetti alle aziende metalmeccaniche private di un termine finale per la comminazione del licenziamento disciplinare, comporta decadenza dal potere disciplinare e la conseguente invalidità del provvedimento, quando lo stesso sia stato soltanto adottato ma non giunto a conoscenza del destinatario entro tale termine (Pret. Napoli, sez. Afragola, 27/4/95, in D&L 1996, 228; in senso conforme, ma in relazione all'art. 56 CCNL Gomma e plastica, v. Pret. Monza 24/10/95, est. Padalino, in D&L 1996, 228. In senso sempre conforme, v. ancora Cass. 22/3/95 n. 5642, pres. Alvaro, est. Toriello, in D&L 1995, 1047)