Fatti estranei all'attività lavorativa

  • In tema di licenziamento per violazione dell’obbligo di fedeltà, il principio secondo cui il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude la sanzionabilità in sede disciplinare, quando la natura della prestazione dovuta richieda un ampio margine di fiducia esteso ai comportamenti privati del lavoratore, non trova applicazione ove il comportamento del prestatore si estrinsechi in atti che siano espressione della libertà di pensiero, in quanto la tutela di valori tutelati costituzionalmente (art. 21 Cost.) non può essere recessiva rispetto ai diritti-doveri connaturati al rapporto di lavoro (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la legittimità del licenziamento irrogato, per violazione dell’obbligo di fedeltà, a un direttore esecutivo di testata giornalistica che aveva pubblicato presso altre case editrici un volume relativo ad argomenti trattati anche dalla rivista della quale era dipendente). (Cass. 16/2/2011 n. 3822, Pres. Roselli Est. Arienzo, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Maria Valentina Casciano, “Ancora un’eclissi dell’obbligo di fedeltà”, 29
  • Ai fini della determinazione della consistenza dell'illecito, in relazione all'irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare, se è vero che non rileva tanto la qualificazione del fatto fattane dal punto di vista penale-essendo necessario che i fatti addebitati rivestano il carattere di negazione degli elementi del rapporto di lavoro, e specialmente dell'elemento essenziale costituito dalla fiducia, e che la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del prestatore rispetto agli obblighi lavorativi-è altresì vero che dall'art. 654 c.p.c. si desume che è doveroso ritenere accertati anche nel giudizio civile gli stessi fatti materiali ritenuti rilevanti in un precedente giudizio penale conclusosi con una sentenza di condanna ritenuta definitiva. (Trib. Roma 6/2/2003, Pres. Cortesani, Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2003, 688)
  • La condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, assume rilevanza a tale fine e può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali, per la loro gravità e natura, da far venir meno quella fiducia che integra presupposto essenziale della collaborazione tra datore e prestatore di lavoro (nella specie, il lavoratore era stato sottoposto a procedimento penale per detenzione illegittima di fucile a canne mozze e con matricola abrasa oltre a munizionamento da guerra) (Cass. 19/12/00, n. 15919, pres. Trezza, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1055)
  • I comportamenti tenuti dal lavoratore nella sua vita privata ed estranei perciò all'esecuzione della prestazione, se in genere sono irrilevanti, possono tuttavia costituire giusta causa di licenziamento allorché siano di natura tale da far ritenere il dipendente inidoneo alla prosecuzione del rapporto lavorativo - specialmente quando lo stesso, per le sue caratteristiche, richiedeva, come nella specie, un peculiare margine di fiducia e di affidamento, rientrando in tale ambito anche i comportamenti del lavoratore potenzialmente pregiudizievoli per il datore di lavoro nonostante l'assenza di un concreto danno patrimoniale a suo carico (nel caso di specie, è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa - disposto dalla società una volta sciolto il segreto istruttorio che copriva gli elementi di responsabilità contenuti nella sentenza del Gip - del lavoratore che, dopo essere stato riammesso al lavoro durante la fase degli arresti domiciliari con espressa riserva dell'adozione delle opportune misure ad esito finale del procedimento penale, è stato condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione per detenzione e spaccio abituale di cocaina) (Cass. n. 9354/99; Cass. n. 7768/96; Cass. n. 6814/91) (Cass. 7/11/00, n. 14457, pres. De Musis, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2295)
  • Una volta accertato che il ricorrente era coinvolto con ruolo di protagonista in una attività illecita (lotto clandestino in ambiente di lavoro) - anche a prescindere dal fatto che tale attività avvenisse con l'utilizzo del tempo di lavoro e/o delle strutture aziendali - è legittima la sanzione espulsiva del dipendente (nella specie dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato postulante per finalità istituzionale un rigoroso senso del dovere, correttezza ed onestà da parte del personale) in considerazione del consolidato principio per cui se il comportamento extralavorativo del dipendente è, di regola, irrilevante ai fini della lesione del vincolo fiduciario (che è alla base del rapporto di lavoro), può acquistare rilievo al richiamato effetto qualora presenti una particolare gravità oppure esiga, in ragione di peculiari caratteristiche della prestazione, un più ampio margine di fiducia, esteso anche alla serietà della condotta privata, il cui venir meno menoma l'idoneità professionale, cui si riferisce l'art. 8 S.L. (nella fattispecie, è stata ritenuta irrilevante la mancata previsione - nel Regolamento per il Personale - della infrazione commessa tra le trasgressioni sanzionabili con il licenziamento, atteso che, a differenza delle sanzioni conservative, il potere di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo deriva direttamente dalla legge, e segnatamente dagli artt. 2119 c.c. e 3 L. 604/66, i cui precetti sono all'uopo dotati di sufficiente determinatezza, né è ipotizzabile che debbano formare oggetto di codice disciplinare tutti i possibili comportamenti atti ad integrarne gli estremi) (Cass. 30/8/00, n. 11430, pres. Mileo, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2093)
  • Deve essere disposta la reintegrazione provvisoria del dipendente licenziato a seguito di denunzia penale per atti di esibizionismo sessuale nei confronti di una viaggiatrice in una sala d'aspetto ferroviaria, qualora tali comportamenti siano stati posti in essere fuori dall'orario di lavoro, in località diversa e distante da quella di lavoro, senza divisa ferroviaria e il dipendente svolga mansioni che non comportano alcuna possibilità di contatto con l'utenza (Trib. Milano 1 agosto 2000 (ord.), est. Santosuosso, in D&L 2000, 1008)
  • Poiché il rapporto di dipendenza del lavoratore non comporta un vincolo che investa l'intera sua persona, è da escludersi la configurabilità di una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro nel caso di condotte estranee all'attività lavorativa e attinenti alla vita privata del lavoratore medesimo (nella fattispecie, il lavoratore, recatosi ad acquistare un modesto quantitativo di sostanze stupefacenti, era stato oggetto di un procedimento penale con l'imputazione di commercio e spaccio di sostanze stupefacenti, imputazione, peraltro, dalla quale era stato assolto per insussistenza del fatto dal giudice dell'udienza preliminare) (Pret. Lecco 2/6/95, est. Pazzi, in D&L 1995, 1023)
  • E' illegittimo il licenziamento intimato, ai sensi dell'art. 81 lett. i) CCNL F.S., per condanna penale comportante interdizione dai pubblici uffici, laddove il provvedimento espulsivo sia stato irrogato prima del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna (Pret. Milano 13/2/95, est. Porcelli, in D&L 1995, 711)