In genere

  • Un GOT che svolga attività reale ed effettiva, con carattere prevalente rispetto ad ogni altra attività lavorativa astrattamente esercitabile, percependo emolumenti, dev’essere considerato “lavoratore” ai sensi della clausola 2 dell’accordo quadro annesso alla Dir. 1997/81/CE e della clausola 2 dell’accordo quadro annesso alla Dir. 1999/70/CE, con conseguente applicazione al rapporto lavorativo ad esso riferibile del disposto della clausola 4 degli accordi quadro annessi alle citate direttive (recante il divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo parziale e a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo pieno e a tempo indeterminato comparabili per il solo motivo di essere occupati a tempo parziale o determinato, salvo che un trattamento differente sia giustificato da ragioni oggettive)
  • Il datore di lavoro non può disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un’occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro a tempo parziale. In presenza di un regolamento aziendale che contempla il divieto assoluto, per il proprio dipendente, di svolgere ogni altra attività di lavoro, l’unica lettura interpretativa della previsione regolamentare coerente con il dettato costituzionale di cui agli artt. 4 e 35 Cost. è quella che legittima la verificabilità dell’incompatibilità in concreto della diversa attività con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli artt. 2104 e 2105 c.c., mentre sarebbe nulla una previsione regolamentare che riconoscesse al datore un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un’altra attività lavorativa. (Cass. 25/5/2017, n. 13196, Pres. Macioce Est. Blasutto, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di L. Viola, “Il diritto del dipendente di svolgere un’ulteriore attività lavorativa”, 583)
  • Ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l’autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell’esercizio di un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro, e proprio con riferimento ad aspetti incidenti sul diritto al lavoro. L’incompatibilità dev’essere verificata caso per caso, restando tale valutazione suscettibile di controllo, anche giudiziale.  (Cass. 25/5/2017, n. 13196, Pres. Macioce Est. Blasutto, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di L. Viola, “Il diritto del dipendente di svolgere un’ulteriore attività lavorativa”, 583)
  • Il principio di non discriminazione di cui all’art. 4 del d.lgs. 25.2.2000, n. 61, prevede che il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, dovendosi intendere per tale quello inquadrato nello stesso livello di fonte contrattuale collettiva, a nulla rilevando criteri alternativi di comparazione quale quello del sistema della turnazione continua e avvicendata. (Cass. 23/9/2016 n. 18709, Pres. Nobile Est. De Gregorio, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2017, II, con nota di M.A. Carbone, “Part-time e svolgimento di turni avvicendati e continui”, 46)
  • Pur ove si tratti di contratti part-time in eccedenza (rispetto al limite fissato dalla contrattazione collettiva), ma non nulli, il superamento del limite non appare determinare anche una fittizia insorgenza di un rapporto a tempo pieno (e conseguentemente dell’applicazione della contribuzione virtuale). (Trib. Reggio Calabria 5/11/2013, Giud. D’Ingianna, in Lav. nella giur. 2013, 1129)
  • Con riferimento a una prestazione continuativa di un orario di lavoro pressoché corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro part-time può trasformarsi in rapporto a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non essendo necessario alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno, bastando in proposito dei fatti concludenti, in relazione alla prestazione lavorativa resa, costantemente secondo l’orario normale o, addirittura, superiore. (Cass. 13/8/2010 n. 21160, Pres. Sciarelli Rel. Morcavallo, in Lav. Nella giur. 2011, con commento di Gianluigi Girardi, 283)
  • La clausola 4, punto 2, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, allegato alla direttiva 97/81/CE, osta a una disposizione nazionale la quale preveda, ove il lavoratore sia passato dal tempo pieno al tempo parziale, che le ferie non utilizzate vengano proporzionalmente ridotte senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità di fruire delle ferie maturate durante il periodo di attività lavorativa a tempo pieno, oppure che il lavoratore possa fruirne solo con un'indennità compensativa di importo inferiore. (Corte di Giustizia 22/4/2010, causa C-486/08, Pres. Tizzano Rel. Levits, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Rita Poggio, "Il rapporto tra difesa dei diritti sociali e tutela della libertà di iniziativa economica alla luce di una recente pronuncia della Corte di Giustizia", 1030)
  • In caso di cessione del contratto di lavoro a tempo parziale, è necessario il consenso del lavoratore alla variazione della matrice oraria osservata presso la società cedente ed espressamente richiamata all’atto della cessione del contratto. (Trib. Roma 8/1/2009, Est. Perra, in Orient. Giur. Lav. 2009, 106)
  • Ai fini della determinazione della natura, a tempo parziale o a tempo pieno, del rapporto di lavoro non rileva il negozio costitutivo del rapporto medesimo e l'iniziale manifestazione di volontà delle parti, ma la concreta attuazione del contratto di lavoro stipulato tra le parti. Ne consegue che, ove sia stata dimostrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo (o anche superiore) a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno, restando privo di rilievo il richiamo alla disciplina codicistica in tema di conversione del contratto nullo e la ricerca di una volontà novativa delle parti. (Cass. 28/10/2008 n. 25891, Pres. De Luca Est. Bandini, in Lav. nella giur. 2009, 301, e in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Massimiliano Delfino, "Nella trasformazione da part-time a full-time rileva la volontà implicita delle parti", 287) 
  • Anche in caso di part-time verticale, il principio di non discriminazione di cui all'art. 4 D.Lgs. 25/2/2000 n. 61 vieta - in assenza di regolamentazione collettiva specifica - il riproporzionamento del periodo di comporto fissato dal contratto collettivo per i lavoratori a tempo pieno in relazione al periodo di prestazione effettiva. (Trib. Milano 6/9/2007, Est. Sala, in D&L 2007, 812)
  • Costituendo la collocazione temporale della prestazione lavorativa un elemento essenziale del contratto di lavoro part-time, ai sensi dell'art. 5, 2° comma, della L. n. 863/1984, è nulla la clausola del contratto individuale di lavoro che preveda semplicemente l'articolazione dell'orario in 4 ore al giorno per tutti i giorni della settimana e lo svolgimento della prestazione su turni alternati con orari sempre diversi. Nell'ipotesi di violazione delle norme sulla collocazione dell'orario di lavoro, il Giudice provvede, ai sensi dell'art. 8 D.Lgs. n. 61/2000 a determinare, per il futuro, la modalità temporale di svolgimento della prestazione lavorativa, con riferimento alla previsione dei Ccnl o, in mancanza, con valutazione equitativa mentre, per il passato, il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno subito a fronte della maggiore onerosità e penosità dell'attività lavorativa prestata. (Trib. Milano 23/11/2006, Est. Peragallo, in Lav. nella giur. 2007, 834)
  • L’inderogabilità della disposizione di cui all’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 61/2000 – relativa alla necessaria indicazione nel contratto di lavoro part-time della collocazione temporale dell’orario con riferimento a giorno, mese, settimana e anno – comporta la nullità delle clausole del contratto collettivo che prevedano la possibilità di inserire i lavoratori part-time in turni avvicendati, legittimando, così, il datore di lavoro a operare una continua variazione dei turni per ciascun lavoratore in tutto l’arco della giornata lavorativa. (Trib. Milano 2/1/2006 Est. Tanara, in Lav. Nella giur. 2006, 922)
  • Non può considerarsi a tempo parziale il contratto di lavoro che nel concreto svolgimento sia stato caratterizzato da un orario sempre eccedente il normale orario di lavoro a tempo pieno. Ne consegue la nullità della clausola a tempo parziale e la configurabilità di un rapporto a tempo pieno fin dall’inizio. (Trib. Milano 31/8/2005, Est. Atanasio, in Orient. Giur. Lav. 2005, 623)
  • Nei rapporti di lavoro a tempo parziale, nel rispetto della regola di non discriminazione, si applica il principio di proporzionamento in base al quale, non solo la retribuzione, ma anche gli altri istituti, possono subire riduzioni proporzionate alle ore lavorative ovviamente nei limiti in cui il proporzionamento è possibile; e, pertanto, poiché in base agli artt. 36, comma 3, Cost. e 2109 c.c. il riposo settimanale non può essere inferiore a 24 ore, tale periodo minimo non può subire alcun proporzionamento per i lavoratori a tempo parziale, mentre il proporzionamento è possibile allorchè il riposo settimanale sia superiore alle 24 ore. (Cass. sez. III pen. 18/7/2005 n. 26391, Pres. Savignano Est. Petti, in Dir. e prat. lav. 2005, 2057)
  • I requisiti di validità di un contratto part-time stipulato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 61/2000 e successive modificazioni ed integrazioni – devono essere valutati non alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale della L. n. 863/1984 non più vigente nel periodo, da novembre 2002 in avanti, al quale si riferiscono le domande avanzate con il ricorso,bensì con riferimento al nuovo quadro normativo. (Trib. Milano 25/2/2005, Est. Di Ruocco, in Lav. nella giur. 2005, 1097, e in Orient. Giur. Lav. 2005, 68)
  • Il part time cosiddetto verticale rientra nella previsione dell'art. 76 R.D.L. n. 1827/35 in quanto si tratta di un caso in cui la disoccupazione consegue a periodi di sosta dipendenti dal tipo di lavorazione, "soggetta a normali periodi di sospensione" e pertanto il lavoratore con contratto part time verticale ha pieno titolo al riconoscimento del diritto all'indennità di disoccupazione a requisiti normali, se il contratto è di durata superiore a sei mesi, a requisiti ridotti, se è di durata inferiore (Pret. Ravenna 12/9/00, est. Riverso, in Lavoro giur. 2001, pag. 69, con nota di Paci, Evoluzione, e involuzione, della giurisprudenza sull'indennità di disoccupazione nel part time verticale)
  • Nel caso di licenziamento per eccessiva morbilità di lavoratore a tempo parziale, il periodo di comporto applicabile è, in assenza di regola contrattuale collettiva specifica, quello previsto dalla disciplina collettiva per i lavoratori a tempo pieno qualora si tratti di part-time orizzontale, cioè con orario ridotto ma uniforme per tutti i giorni, dovendo invece, il periodo stesso qualora si tratti di part-time verticale e cioè con orario normale per alcuni mesi dell'anno o per alcune settimane al mese, essere determinato dal giudice, eventualmente con ricorso alle fonti sussidiarie degli usi e dell'equità di cui all'art. 2110 c.c., diminuendo la durata prevista per i lavoratori a tempo pieno in proporzione alla quantità della prestazione, in modo che, avuto riguardo alla particolarità del rapporto, resti salva la causa del contratto e sia mantenuto costante l'equilibrio di scambio tra prestazione e contro prestazione, con l'osservanza dei limiti derivanti dall'art. 1464 c.c. (nella specie si trattava di part-time orizzontale) (Cass. 14/12/99 n. 14065, in Foro it. 2000, pag. 52; in D&L 2000, 359, n. Veraldi, Rapporto di lavoro a tempo parziale e periodo di comporto)
  • Un rapporto di lavoro subordinato formalmente a tempo parziale va qualificato come a tempo pieno laddove le concrete modalità di svolgimento del rapporto risultino essere quelle tipiche del contratto di lavoro a tempo pieno senza che al riguardo possa essere attribuita rilevanza alcuna alle formalità e cautele previste dall’art. 5, L.18/12/84 n. 863 in quanto inapplicabili alla trasformazione del contratto da tempo parziale a tempo pieno (Pret. Milano 11/7/98, est. Marasco, in D&L 1998, 1011)