Rivalutazione ai fini pensionistici

 

  • La domanda giudiziale di riconoscimento dei benefici pensionistici legati a malattie professionali cagionate dall’esposizione all’amianto deve essere preceduta – a pena di improcedibilità – da quella amministrativa rivolta all’INPS, quale Ente competente a erogare la prestazione pensionistica. (Cass. 29/4/2014 n. 9378, ord., Pres. Curzio Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 712)
  • Al fine di poter godere della pensione maggiorata per esposizione ad amianto, il lavoratore è tenuto a proporre un’apposita domanda all’INPS poiché i fatti costitutivi del beneficio ex art. 13, comma 8, legge 27 marzo 1992, n. 257, in tema di esposizione all’amianto per più di dieci anni, sfuggono al diretto controllo dell’Istituto e, in ogni caso, non sarebbero da questo conoscibili, se non mediante apposita domanda di accertamento. (Cass. 29/4/2014 n. 9378, ord., Pres. Curzio Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 712)
  • Per i benefici previdenziali da esposizione all’amianto, non esiste “bis in idem” tra un primo processo concluso con riconoscimento ex l. n. 257/1992 dei benefici previdenziali per un certo periodo e un altro processo promosso per il riconoscimento dei benefici per un periodo successivo in base a legge nuova (l. n. 247/2007) e a una nuova istruttoria amministrativa, per cui c’è diversità non solo di petitum, quanto soprattutto di causa petendi. (Trib. Ravenna 1/3/2013 n. 20, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Manuel Carvello, 72)
  • Possono fruire ex l. n. 247/2007 dei benefici previdenziali per esposizione all’amianto fino al 2 ottobre 2003 non automaticamente tutti i lavoratori di aziende interessate da atti di indirizzo ministeriale, ma solo i lavoratori di aziende per le quali l’Inail abbia effettuato atti di accertamento sulla scorta di proprie autonome verifiche per individuare di volta in volta l’effettivo periodo di esposizione; la l. n. 247/2007 non affida alla totale discrezionalità tecnica dell’Inail la scelta del criterio da individuare per delimitare la reale esposizione dei lavoratori, ma fissa come parametro di riferimento, su cui si dovrà attestare l’Istituto per ogni singola azienda interessata dagli atti di indirizzo ministeriale, il momento in cui l’azione di bonifica è stata avviata e chiusa, con cessazione dell’esposizione dei lavoratori a bonifica avviata. (Trib. Ravenna 1/3/2013 n. 20, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Manuel Carvello, 72)
  • Possono fruire ex l. n. 247/2007 dei benefici previdenziali per esposizione all’amianto fino al 2 ottobre 2003 i lavoratori di aziende che avessero già ottenuto riconoscimento con atto di indirizzo, limitatamente per intento equitativo a chi non era ancora in pensione alla data di entrata in vigore della l. n. 247/2007, anche se aveva già ottenuto un riconoscimento dell’esposizione per periodi minori. (Trib. Ravenna 1/3/2013 n. 20, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Manuel Carvello, 72)
  • L'art. 13, comma 8, L. n. 257/92 secondo cui i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'Inail, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5, si applica ai lavoratori che abbiano svolto, entro il 2 ottobre 2003, attività lavorativa con esposizione ultradecennale all'amianto. Resta pertanto esclusa l'applicabilità della meno favorevole disciplina di cui all'art. 47 D.L. n. 269/2003, secondo cui a decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, è ridotto da 1,5 a 1,25 e lo stesso si applica ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. (Trib. Trani 8/5/2009, dott. Riga, in Lav. nella giur. 2009, 850)
  • Sono esclusi dal beneficio per esposizione all'amianto solo i titolari di pensione di invalidità con decorrenza anteriore all'entrata in vigore della L. n. 257/92, i quali - prima di tale data - avessero sia compiuto l'età pensionabile, sia proposto domanda per trasformare la prestazione in godimento in pensione di vecchiaia e avessero, sempre prima dell'operatività della L. n. 257/92, tutti i requisiti per godere della pensione di vecchiaia medesima. (Cass. 15/4/2009 n. 8915, Pres. Mercurio Rel. La Terza, in Lav. nella giur. 2009, 841)
  • Il beneficio della retribuzione, ai fini pensionistici, del periodo contributivo per esposizione ultradecennale al rischio amianto non compete al lavoratore pensionato prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 196/93, conv. in L. n. 271/93, dato che, secondo il testo dell'art. 13, comma 8, L. n. 257/92, prima della modificazione apportata dal suddetto decreto legge, il beneficio competeva solo "ai lavoratori occupati in imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione..." ed era, così, legato all'attività dell'impresa e non al lavoro svolto dai dipendenti. (Corte app. Milano 12/1/2007, Pres. Ruiz Est. De Angelis, in Lav. nella giur. 2007, 1045)
  • Il disposto dell'art. 13, ottavo comma, della L. n. 257 del 1992, relativo all'attribuzione di un beneficio contributivo-pensionistico ai lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, applicabile nella specie ratione temporis, va interpretato nel senso che l'esposizione all'amianto ivi prevista è identificabile con un'esposizione superiore al valore di 0,1 fibre per centimetro cubo di cui all'art. 24, terzo comma, del D.Lgs. n. 277 del 1991 (abrogato dall'art. 5 del D.Lgs. n. 257 del 2006). (Cass. 11/1/2007 n. 400, Pres. Ravagnani Est. Toffoli, in Lav. nella giur. 2007, 823)
  • In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, l’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, che – con riferimento alla nuova disciplina introdotta dall’art. 47, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269 (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003 n. 326) – ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, di cui all’art. 13 della legge 27 marzo 1992 n. 257, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato i diritti ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di risarcimento all’Inail od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva. (Cass. 18/11/2004 n. 21862, Pres. Sciarelli Rel. D’Agostino, in Dir. e prat. lav. 2005, 1124)
  • Gli effetti dell'esposizione alle polveri di amianto, ai fini del beneficio di cui all'art. 13, comma 8, L. n. 257/1992, devono essere misurati in base al superamento della soglia di concentrazione stabilita dall'art. 24, D.Lgs. n. 277/91. (Trib. Savona 26/6/2003, Est. Baisi, in Lav. nella giur. 2003, 1166)
  • La maggiorazione secondo il coefficiente 1,5 dei periodi lavorativi comportanti esposizione all'amianto, prevista dall'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dall'art. 1, comma 1, del D.L. n. 169/1993, conv. nella legge n. 271/1993, in virtù di una interpretazione che la Corte Costituzionale ha giudicato conforme agli artt. 3 e 38, Cost. (sent. n. 434/2000), non spetta ai soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge n. 257/1992 (28 aprile 1992), erano già titolari di una pensione di anzianità o di vecchiaia ovvero di inabilità, mentre va riconosciuta -ferma restando la ricorrenza di tutti gli altri requisiti stabiliti dalla succitata disposizione-ai lavoratori che, a quella medesima data, prestavano ancora attività di lavoro dipendente, ovvero versavano in uno stato di temporanea disoccupazione, ovvero erano titolari della pensione o dell'assegno di invalidità. (Cass. 26/2/2003, n. 2932, Pres. Mercurio, Rel. Coletti De Cesara, in Dir. e prat. lav. 2003, 1783)
  • L'attribuzione del beneficio eccezionale di cui all'art. 13, comma ottavo, L. 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dall'art. 1, comma, D.L. 5 giugno 1993, n. 169, e dalla successiva legge di conversione 4 agosto 1993, n. 271, presuppone l'adibizione ultradecennale del lavoratore a prestazioni comportanti, per il lavoratore medesimo, un effettivo rischio morbigeno, a causa della presenza nei luoghi di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto che, per essere superiori ai valori limite indicati nella legislazione prevenzionale di cui al D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, e successive modifiche, rende concreta la possibilità del manifestarsi delle patologie che la sostanza è in grado di generare. (Corte d'appello Bari 5/11/2002, Pres. Berloco, Rel. Gentile, in Lav. nella giur. 2003, 383)
  • L'applicazione del beneficio contributivo ex art. 13, 8° comma, L. 27/3/92 n. 257 spetta indipendentemente dal superamento della soglia di rischio fissata dai parametri di cui all'art. 24 del D. Lgs. 15/8/91 n. 277, essendo al contrario sufficiente la prova di un'avvenuta apprezzabile esposizione al rischio. (Nella fattispecie l'esistenza di una concentrazione di amianto significativa e quindi l'avvenuta esposizione al rischio è stata ritenuta provata dai seguenti elementi: le testimonianze assunte, una diffida della Usl alla bonifica dei locali dall'amianto, le sanzioni irrogate, nonché la durata triennale dei lavori di bonifica dell'ambiente). (Trib. Roma 3/8/2002, Est. Cocchia, in D&L 2002, 1050)
  • Risponde a criteri di coerenza logica, da presumersi essere sottesi ad ogni intervento legislativo, ritenere che la l. n. 257/92 abbia tenuto presente - nel momento in cui interveniva su un assetto industriale caratterizzato da un vasto panorama di imprese esposte in maniera differenziata al rischio amianto - il decreto legislativo n. 277/91 (che difatti ha essa stessa provveduto a modificare tramite l'art. 3, comma 4); decreto che, in attuazione delle direttive europee (in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici), fissava, agli artt. 24 e 31, i limiti di concentrazione di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro, stabilendo anche, in caso di necessità di svolgimento dell'attività lavorativa e di impossibilità di rimuovere le cause di inquinamento con misure adeguate, "tutte le misure di protezione dei lavoratori addetti e dell'ambiente, tenuto conto del parere del medico competente" (cfr. commi 4 e 5, art. 31). Tanto porta ad escludere che il provvedimento normativo del 1992 abbia voluto attribuire il beneficio della rivalutazione (nella specie rivendicato) a tutti i lavoratori comunque esposti ad inalazioni di polveri di amianto anche di minima entità, abbia voluto cioè attribuire detto beneficio anche ai soggetti destinati a spiegare la loro attività in ambienti in cui fosse presente una concentrazione di fibre di amianto destinata a rimanere al di sotto dei valori limite legislativamente ritenuti a rischio e individuabili in quelli indicati negli artt. 24 e 31 decreto legislativo n. 277/91. E questa conclusione riceve un decisivo avallo dalla considerazione che una diversa interpretazione finirebbe per legittimare un notevole "sforamento" di ogni pur attendibile previsione di spesa, portando perciò a ipotizzare quella violazione dell'art. 81 Cost., che la Corte Costituzionale , nella ricordata sentenza n. 5/00, ha escluso sulla base della (più restrittiva) tesi che individua la necessità di un duplice requisito per l'acquisizione del diritto al beneficio di cui all'art. 13, comma 8, l. n. 297/92: vale a dire il dato temporale (almeno dieci anni di esposizione) e la presenza nell'ambiente di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite fissati dal decreto legislativo n. 277/91 (Cass. 28/6/01, n. 8859, pres. Amirante, est. Coletti, in Lavoro e prev. oggi. 2001, pag. 1371, con nota di Meucci, Indebita introduzione giurisprudenziale di valori di esposizione all'amianto per fruire dei benefici contributivi)
  • Il disposto del comma 8, art. 13, l. 27/3/92, n. 257 ("Norma relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto") va interpretato, in ragione dei criteri ermeneutici letterale, sistematico e teleologico, nel senso che il beneficio stesso va attribuito unicamente agli addetti a lavorazioni che presentano valori di rischio per esposizioni a polveri d'amianto superiori a quelli consentiti dagli artt. 24 e 31 d. legislativo 15/8/91, n.277. Nell'esame della fondatezza della domanda di detto beneficio il giudice di merito deve accertare - nel rispetto dei criteri di ripartizione dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c. - se colui che ha avanzato domanda del beneficio in esame, dopo avere provato la specifica lavorazione praticata e l'ambiente dove ha svolto per più di dieci anni (periodo in cui vanno valutate anche le pause "fisiologiche" proprie di tutti i lavoratori, quali riposi, ferie e festività) detta lavorazione, abbia anche dimostrato che tale ambiente ha presentato una concreta esposizione al rischio alle polveri di amianto con valori limite superiori a quelli indicati nel suddetto decreto n. 277/91 (Cass. 3/4/01, n. 4913, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 604)
  • In conformità con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 12/1/00, n. 5, la contribuzione aggiuntiva prevista dalla l. 27/3/92, n. 257 e successive modificazioni per i lavoratori non ammalati esposti all'amianto per più di dieci anni, è subordinata al superamento in concreto, per il lavoratore che svolga la domanda, della soglia di rischio morbigeno, determinabile facendo riferimento ai decreti legislativi che fissano il valore massimo di concentrazione dell'amianto nell'ambiente di lavoro (d.l. 15/8/91, n. 277 e successive modificazioni) (Corte Appello Milano 29/12/00, pres. Mannacio, est. Accardo, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1121)
  • In conformità con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 12/1/00, n. 5, la contribuzione aggiuntiva prevista dalla l. 27/3/92, n. 257 e successive modificazioni per i lavoratori non ammalati esposti all'amianto per più di dieci anni, spetta in ogni caso di accertata esposizione ultradecennale all'amianto, indipendentemente dalla misura di tale esposizione e dalle determinazioni dell'Inail in ordine al riconoscimento o meno del rischio amianto assicurabile (Trib. Milano 2/11/00, est. Frattin, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 176)
  • In base alla l. n. 257/92, secondo l'interpretazione della Corte Costituzionale con la sentenza 12/1/00, n. 5, i benefici per l'esposizione all'amianto non sono limitati a chi era soggetto al premio per l'asbestosi, né solamente a chi ha perso il posto nel settore amianto, ma sono dovuti a tutti i lavoratori esposti per oltre dieci anni all'amianto - in funzione compensativa/risarcitoria - senza che sia necessario raggiungere una soglia di esposizione, nella logica che è giusto accorciare i requisiti contributivi necessari per la pensione a favore di chi ha avuto accorciata presumibilmente la vita per l'esposizione all'amianto e che è soggetto dopo un periodo lunghissimo al sopraggiungere improvviso e imprevedibile di malattie gravissime o della morte (Trib. Ravenna 13/4/00, est. Riverso, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 617)
  • Le soglie di esposizione all'amianto indicate dal d. legislativo n. 277/91 sono irrilevanti ai fini dei benefici previsti dalla l. n. 257/92 che sono previsti per la semplice esposizione, in via diretta o indiretta, all'amianto, mentre le soglie di esposizione ex d. legislativo n. 277/91 non costituiscono "valori limite", perché non hanno la funzione di demarcare in modo rigido l'innocuo dal nocivo, ma hanno solo la funzione di indicare soglie d'allarme, al di sopra del quale deve attivarsi un complesso e adeguato sistema di informazione e controllo; le soglie di esposizione previste dal decreto legislativo n. 277/91 costituiscono un limite massimo, al di sotto del quale rimane comunque la nocività dell'amianto (Trib. Ravenna 13/4/00, est. Riverso, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 617)
  • I benefici per l'amianto disposti dalla l. n. 257/92 sono riconosciuti solo in rapporto al rischio morbigeno ultradecennale, individuato nella legge nella semplice esposizione, senza indicare limiti o standard; la l. n. 257/92 non indica la necessità di tali limiti e la Corte Costituzionale , con la sentenza 12/1/00, n. 5, ha confermato la legittimità della scelta, mentre i limiti vari e non uniformi previsti in rapporto a specifici fini prevenzionistici non possono valere, per necessità logica e per espressa disposizione di legge, ai diversi fini dei benefici previdenziali; in ogni caso l'unico limite utilizzabile non potrebbe essere che quello previsto dal decreto ministeriale 6/9/95, per cui è prevista la restituibilità dei locali bonificati solo in caso di concentrazione dell'amianto superiore a 2 fibre/litro (Trib. Ravenna 13/4/00, pres. e est. Riverso, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 617)
  • La rivalutazione contributiva di cui all'art. 13, 8° comma, L. 257/92 si applica a favore dei lavoratori ancora in servizio che abbiano subito un danno dalla dismissione dell'amianto e non si può riferire a quelli che siano già in quiescenza all'epoca dell'entrata in vigore della norma ed a quelli che hanno fruito del trattamento pensionistico in epoca successiva a tale decorrenza temporale, in quanto la finalità sottesa alla predetta rivalutazione è quella di garantire, ai dipendenti che rischiano di perdere il posto di lavoro per la messa al bando dell'amianto, la possibilità di maturare il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia (Trib. Gorizia 4/3/00, est. Comez, , in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 517, con nota di Boscati, Contribuzione aggiuntiva per l'esposizione all'amianto tra tutela del bene salute e tutela del bene occupazione)
  • La previsione della supervalutazione contributiva di cui all'art. 132, 8° comma, L. 257/92 non avendo la funzione di indennizzare o risarcire il rischio corso dal lavoratore di contrarre malattie professionali connesse all'esposizione ad amianto, bensì quella di agevolare il raggiungimento dell'anzianità contributiva per maturare il diritto alla pensione, non si applica nei confronti dei soggetti che già godono del trattamento pensionistico e dei lavoratori nuovamente inseriti nel mondo del lavoro in attività che non presentano esposizione all'amianto (Trib. Trieste 26/2/00, est. Sonego, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 513)
  • Il beneficio di cui all’art. 13, 8° comma, della L. 2757/93, che prevede la rivalutazione dell’anzianità contributiva per il coefficiente 1, 5, compete a tutti i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo pluridecennale e indipendentemente dall’avvenuto pagamento dell’Inail, da parte del datore di lavoro, del premio assicurativo per l’asbestosi (Pret. Milano 6/7/99, est. Sala, in D&L 1999, 946)
  • Nel dichiarare la sussistenza del diritto alla rivalutazione dei contributi previdenziali a fini pensionistici previsto dall’art. 13, 8° comma, L. 27/3/92 n. 257 (modificata dalla L. 4/8/93 n. 271) il giudice deve valutare la sola esposizione ultradecennale del lavoratore al rischio di inalazione di fibre di amianto senza che possano assumere rilevanza i limiti di cui al D. Lgs. 15/8/91 n. 277 (Pret. Firenze 13/1/99, est. Drago, in D&L 1999, 730, n. Monaco, L'esposizione ultradecennale all'amianto, fra legge e interpretazione)
  • Il beneficio di cui all’art. 13, 8° comma, L. 27/3/92 n. 257 compete a tutti i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo pluridecennale e a prescindere dal superamento di limiti quantitativi o qualitativi nell’esposizione (Pret. Pistoia 30/12/98, est. Amato, in D&L 1999, 434. In senso conforme, v. Pret. Pistoia 31/12/98, est. Amato, in D&L 1999, 729, n. Monaco, L'esposizione ultradecennale all'amianto, fra legge e interpretazione; Trib. Firenze 17/11/99, in D&L 2000, 529)
  • L’art. 13, comma 8°, L. 27/3/92 n. 257 contempla l’ipotesi dell’esposizione ultra decennale al rischio amianto e non pretende che il lavoratore sia stato esposto, per tale periodo, continuativamente all’amianto (nella fattispecie, è stato riconosciuto il diritto al beneficio previsto dalla legge a favore del lavoratore che, pur essendo impiegato, era frequentemente a contatto con ambienti in cui vi era presenza di amianto) (Trib. Milano 12/12/98, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1999, 746)