Retribuzione imponibile

  • Le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (cosiddetti “croupiers”) rientrano, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 917 del 1986, nella nozione di reddito, poiché esse trovano nell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato il necessario presupposto per la loro percezione e, perciò, in quanto effettivamente corrisposte, concorrono nella determinazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 48, comma 1, del citato D.P.R., ancorché nella sola misura del 75 per cento delle stesse, in virtù del secondo comma del medesimo art. 48. Conseguentemente, sulla scorta del rinvio operato dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969 – come modificato dall’art. 6 del D.Lgs. n. 314 del 1997 – ai menzionati artt. 46 e 48 del D.P.R. n. 917 del 1987 e della correlata attuazione del principio stabilito dall’art. 3, comma 19, lett. A) della legge delega n. 662 del 1996 (relativo all’unificazione del concetto di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e contributivi, basati entrambi unicamente sul nesso di derivazione dal rapporto di lavoro), deve ritenersi che le suddette mance rientrano, di per sé, nel concetto di reddito di lavoro dipendente anche ai fini contributivi, con la derivante assoggettabilità a contribuzione nella misura del 75 per cento del loro importo, poiché il restante 25 per cento non è considerato utile a formare il reddito. (Cass. 21/3/2006 n. 6238, Pres. Mattone Rel. Di Cerbo, in Lav. Nella giur. 2006, 914)
  • Al contratto di lavoro a tempo parziale, che abbia avuto esecuzione pur essendo nullo per difetto di forma, non può applicarsi la disciplina in tema di contribuzione previdenziale prevista dall’art. 5, quinto comma, D.L. n. 726 del 1984, convertito in legge n. 863 del 1984, ma deve invece applicarsi il regime ordinario di contribuzione prevedente anche i minimali giornalieri di retribuzione imponibili ai fini contributivi, e così anche la disciplina di cui all’art. 1, D.L. n. 338 del 1989, tenuto conto, da un lato, che il sistema contributivo regolato dal predetto art. 5, comma quinto, D.L. n. 726 del 1984 è applicabile, giusta il tenore letterale della norma, solo in presenza di tutti i presupposti previsti dai precedenti commi ed è condizionato, in particolare, dall’osservanza dei prescritti requisiti formali, e considerato, dall’altro, che risulterebbe privo di razionalità un sistema che imponesse, per esigenze solidaristiche, a soggetti rispettosi della legge l’osservanza del principio del minimale, con l’applicazione ad essi di criteri contributivi da parametrare su retribuzioni anche superiori a quelle in concreto corrisposte al lavoratore, e nel contempo esentasse da tali vincoli quanti, nello stipulare il contratto di lavoro “part-time”, mostrano, col sottrarsi alle prescrizioni di legge, di ricorrere a tale contratto particolare per il perseguimento di finalità non istituzionali, agevolando così di fatto forme di lavoro irregolare. (Cass. Sez. un. 5/7/2004 n. 12269, Pres. Ianniruberto Rel. Foglia, in Dir. e prat. lav. 2004, 3025)
  • In tema di determinazione della base imponibile ai fini contributivi ai sensi dell'art. 12 L. 153/69 - relativamente ai periodi di paga ai quali non è applicabile lo specifico esonero contributivo di cui all'art. 17 d. lgs. n. 503/92 - sussiste per il datore di lavoro l'obbligo di corrispondere i contributi di previdenza e assistenza sociale sulle somme erogate per il servizio di mensa aziendale, non rilevando in contrario né la facoltatività della utilizzazione del servizio e la mancata previsione di una indennità sostitutiva per il caso in cui i lavoratori non intendano fruirne, né la disposizione di cui all'art. 6, d.l. 11/7/92 n. 333 convertito in legge 8/8/92 n.359, che - pur stabilendo che il valore del servizio mensa e l'indennità sostitutiva non costituiscono retribuzione ai fini del calcolo degli istituti indiretti e differiti - ha comunque precisato che tali emolumenti restano compresi nella retribuzione imponibile ai fini contributivi. Neanche può essere rilevante, in tale contesto, che il datore di lavoro non sia obbligato ad istituire il servizio mensa perché non aderente all'associazione sindacale stipulante l'accordo collettivo su tale servizio (nella specie, accordo integrativo 27/11/80 per il settore edile della provincia di Udine), in quanto, ai sensi dell'art. 1, d.l. 9/10/89 n. 338 convertito in legge 7/12/89 n. 389, la retribuzione imponibile ai fini contributivi non solo non deve essere inferiore a quella prevista dalla legge o da regolamenti e contratti collettivi o individuali (se migliorativi), ma deve essere presa a riferimento - in tale misura - per la generalità delle imprese anche se non aderenti neppure di fatto ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale; e tale previsione legislativa - di un imponibile minimo da sottoporre a contribuzione - non suscita dubbi di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 18, 23, 36, 39 e 53 Cost., posto che, da un lato, tale nozione di retribuzione si fonda proprio sul dettato costituzionale, che pretende che essa tenga conto della qualità e quantità del lavoro svolto e delle esigenze familiari e personali del lavoratore, e che, dall'altro, rientra nella discrezionalità del legislatore di stabilire parametri della retribuzione contributiva che tengano conto della necessità che la gestione previdenziale sia equilibrata e che tra le imprese non ve ne siano alcune avvantaggiate sotto il profilo contributivo sol perché non aderiscono ad associazioni stipulanti i contratti collettivi (Cass. 17/2/00 n. 1767, pres. Santojanni, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 569)
  • Le somme spettanti a titolo di risarcimento danni per la violazione di molteplici obblighi facenti carico al datore di lavoro, hanno natura retributiva - e sono quindi da computare nella retribuzione imponibile a fini contributivi - solo quando derivino da un inadempimento che, pur non riguardando direttamente l'obbligazione retributiva, tuttavia immediatamente incida su di essa in quanto determini la mancata corresponsione di compensi dovuti al dipendente; viceversa le attribuzioni patrimoniali che il lavoratore riceve a titolo di risarcimento del danno per la violazione di altri obblighi del datore, sebbene siano anch'esse "dipendenti dal rapporto di lavoro" non hanno natura retributiva, così come tale natura non aveva l'obbligazione primaria rimasta inadempiuta, e quindi non sono computabili nella retribuzione imponibile ai fini contributivi , ex art. 12, l. 30/4/63 n. 153 ed ex art. 8 D.Lgs. 2/9/97 n. 314 (nella specie la S.C. ha escluso dal computo della retribuzione imponibile ai fini contributivi le somme spettanti al lavoratore a titolo di risarcimento dei danni derivanti dal mancato rispetto delle procedure concorsuali per le promozioni) (Cass. 6/10/99 n. 11148, in Mass. Giur. lav. 2000, pag. 250, con nota di Ciampolini, Non assoggettabilità a contribuzione delle somme erogate per inadempimento di obbligazioni retributive)