Contributi

  • In tema di sospensione della prescrizione, costituisce doloso occultamento del debito contributivo verso l’ente previdenziale, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2941, n. 8, c.c., la condotta del professionista che ometta di compilare la dichiarazione dei redditi nella parte relativa ai proventi della propria attività, utile al calcolo dei contributi per la gestione separata (Fattispecie di mancata quantificazione ed indicazione dei contributi previdenziali nel quadro “RR” della dichiarazione dei redditi). (Cass. 25/3/2021 n. 8419, ord., Pres. Leone Est. De Felice, in Lav. nella giur. 2021, con nota di D. Mesiti, Sospensione della prescrizione dei contributi per occultamento doloso da mancata indicazione nel “quadro RR” della dichiarazione dei redditi con rischio di fatto di stimolare l’evasione fiscale, 712)
  • Va rimessa al Primo Presidente, perché valuti l’opportunità di investire le Sezioni Unite della questione relativa alla configurabilità di un litisconsorzio necessario nei confronti dell’I.N.P.S., in quanto ente creditore e dell’agente della riscossione nei giudizi di opposizione contro l’iscrizione a ruolo avente ad oggetto contributi previdenziali. (Cass. 22/3/2021 n. 8003, Pres. Manna Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2021, 654)
  • In tema di contributi previdenziali, il raddoppio del termine quinquennale di prescrizione, previsto dall’art. 3, comma 9, L. n. 335 del 1995, per il caso di denuncia del lavoratore, non si applica ai crediti maturati in epoca successiva all’entrata in vigore della legge, dal momento che la suddetta denuncia ha unicamente l’effetto di mantenere il termine decennale per i crediti maturati anteriormente e non può essere qualificato come atto interruttivo della prescrizione, non potendosi trarre argomento in tal senso dalla previsione speciale di cui all’art. 38, comma 7, L. n. 289 del 2002. (Cass. 3/3/2021 n. 5820, Pres. D’Antonio Rel. Calafiore, in Lav. nella giur. 2021, 662)
  • Il rispetto del “pro quota” in caso di successione di normative previdenziali non vale in materia di restituzione di contributi. La restituzione dei contributi versati costituisce una facoltà dell’interessato e presuppone pertanto la presentazione di una domanda in via amministrativa da parte dello stesso, da proporre prima che tale possibilità sia soppressa. (Cass. 19/2/2021 n. 4566, Pres. Manna Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2021, 555)
  • In materia previdenziale, sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione separata di cui all’art. 2, c. 26, L. n. 335 del 1995 nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale, ove il reddito superi la soglia di euro 5.000 ex art. 44, c. 2, D.L. n. 269 del 2003, di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco (tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento), restando fermo che il requisito dell’abitualità - da apprezzarsi nella sua dimensione di scelta “ex ante” del libero professionista e non invece come conseguenza “ex post” desumibile dall’ammontare del reddito prodotto - deve essere accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla predetta soglia rilevare quale indizio - da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo - per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione. (Cass. 18/2/2021 n. 4419, Pres. Manna Rel. Cavallaro, in Lav. nella giur. 2021, 556)
  • In ordine al dies a quo della prescrizione quinquennale, il collegio concorda, in linea generale e di puro diritto, con la tesi del primo giudice, secondo cui si deve tener conto della scadenza prevista per il pagamento dei contributi I.N.P.S., coincidente con il termine previsto per il paga- mento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. (Corte App. Perugia 22/1/2021, Pres. Angeleri Rel. Panariello, in Lav. nella giur. 2021, 560)
  • Va rimesso il ricorso al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnarlo alle Sezioni Unite al fine di decidere se il datore di lavoro pubblico di un addetto stampa con compiti professionali di informazione e comunicazione debba versare i contributi previdenziali all’I.N.P.S. o all’I.N.P.G.I. (Cass. 27/11/2020 n. 27173, ord., Pres. Torrice Rel. Tricorni, in Lav. nella giur. 2021, 201)
  • Per quanto riguarda i contributi previdenziali dovuti a seguito di cartella di pagamento, il termine di prescrizione è quello stabilito dalla relativa normativa di riferimento, ossia l’art. 3, comma 9, L. n. 335/95 e, quindi, di cinque anni. (Trib. Cassino 19/11/2020, GOP Di Cristinzi, in Lav. nella giur. 2021, 427)
  • Dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva deriva la regola del c.d. minimale contributivo, che prevede l’obbligo datoriale - a prescindere da eventuali pattuizioni individuali difformi nell’ambito del rapporto di lavoro - di rispetto della misura dell’obbligo contributivo previdenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, secondo il riferimento ad essi fatto con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale. Ne deriva che la contribuzione è dovuta anche in caso di assenze o di sospensione concordata della prestazione che non trovino giustificazione nella legge o nel contratto collettivo, bensì in un accordo tra le parti che derivi da una libera scelta del datore di lavoro; va, infatti, esclusa la libertà delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa presenza al lavoro con effetto sull’obbligazione contributiva, considerato che quest’ultima è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e dev’essere connotata dai caratteri di predeterminabilità, oggettività e possibilità di controllo. Ciò vale anche nel caso di attenuazione o cessazione temporanea dell’attività lavorativa per insussistenza di commesse, essendo tali eventi ricompresi nell’ambito del rischio imprenditoriale che grava sul datore di lavoro in via esclusiva, senza che ciò possa riflettersi sull’obbligo contributivo. (Cass. 6/10/2020 n. 21479, ord., Pres. Manna Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2021, 203)
  • L’esclusione della applicabilità del principio di automaticità delle prestazioni in favore dei lavoratori autonomi, ai sensi dell’art. 59, comma 19, L. n. 449 del 1997, non rileva con riferimento a lavoratori titolari di regolare posizione previdenziale; ne consegue che, una volta che il lavoratore sia regolarmente iscritto, il mancato pagamento dei contribuiti non esclude l’operatività della tutela assicurativa, ma comporta unicamente la sospensione del pagamento delle prestazioni fino al momento in cui la situazione non sia stata regolarizzata e nei limiti della prescrizione. (Cass. 5/10/2020, n. 21302, ord., Pres. Manna Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2021, 89)
  • La concessione degli sgravi contributivi ex art. 3, co. 6 l. n. 448/1998 (richiamato dall’art. 44, co.1 l. n. 448/2001) presuppone che il livello di occupazione, raggiunto a seguito delle nuove assunzioni, non subisca riduzioni nel periodo agevolato, sicché il venir meno di tale condizione determina l’integrale perdita del diritto al beneficio anche nei casi in cui la situazione di contrazione del personale non possa essere ricondotta alla volontà datoriale, avendo la norma natura eccezionale, per cui, ove diversamente interpretata, si porrebbe in contrasto con i vincoli in materia di aiuti di stato imposti dalla Commissione Europea. (Cass. 1/3/2019 n. 6145, Pres. D’Antonio Est. Bellè, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di R. Diamanti, “Aiuti di Stato e recupero degli sgravi contributivi. Il dialogo inesistente”, 555)
  • La concessione degli sgravi contributivi ex art. 3, co. 6 l. n. 448/1998 (richiamato dall’art. 44, co. 1, l. n. 448/2001) presuppone che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni, non subisca riduzioni nel periodo agevolato, sicché il venir meno di tale condizione determina l’integrale perdita del diritto al beneficio anche nei casi in cui la situazione di contrazione del personale non possa essere ricondotta alla volontà datoriale, avendo la norma natura eccezionale, per cui, ove diversamente interpretata, si porrebbe in contrasto con i vincoli in materia di aiuti di stato imposti dalla Commissione Europea. (Cass. 23/10/2018 n. 27277, Pres. Doronzo Est. Spena, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di R. Diamanti, “Aiuti di Stato e recupero degli sgravi contributivi. Il dialogo inesistente”, 555)
  • Ai fini dell’individuazione della base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti in relazione alla posizione di lavoratori italiani che prestano attività lavorativa all’estero, deve aversi riguardo alla retribuzione effettivamente corrisposta e non alle retribuzioni convenzionali individuate con i D.M. richiamati all’art. 4, comma 1, D.L. n. 314 del 1987, conv. nella L. n. 398 del 1987, non essendo applicabile il comma 8 bis dell’art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986 (poi divenuto 51 per effetto del D.Lgs. n. 344 del 2003) introdotto dall’art. 36, comma 1, L. n. 342 del 2000, che opera esclusivamente a fini fiscali e non incide sulla determinazione della retribuzione imponibile a fini contributivi. (Cass. 6/9/2016 n. 17646, Pres. D’Antonio Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2017, 94)
  • Ai fini dell’ulteriore obbligo alla gestione commercianti (rispetto a quello della gestione separata) non è richiesta la verifica del requisito della prevalenza, bensì quello della sussistenza degli elementi della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, nonché degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore. Per il doppio onere occorre, dunque, una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria e la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per tale “coesistenza” è compiuto del giudice di merito, fermo restando che l’onere probatorio grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo. (Cass. 26/8/2016 n. 17365, Pres. Berrino Rel. Doronzo, in Lav. nella giur. 2016, 1127)
  • Il contributo del 2% previsto dall’art. 1, comma 39, l. 23 agosto 2004 n. 243, dovuto alla società di capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o odontoiatri operanti con le società in forma di collaborazione autonoma libero-professionale, con l’abbattimento forfettario per costo dei materiali e spese generali previsto dai d.p.r. nn. 119 e 120 del 1988 e con esclusione del fatturato attinente a prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri. (Cass. 7/6/2016 n. 11626, Pres. Amoroso Est. Ghinov, in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di S.P. Emiliani, “Gli schermi societari non possono limitare la solidarietà che caratterizza le forme obbligatorie di previdenza e di assistenza”, 77)
  • In materia di contributi previdenziali, sul fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva non può in alcun modo incidere la volontà negoziale, che regoli diversamente l’obbligazione stessa o risolva con un contratto di transazione la controversia relativa al rapporto di lavoro. Ne consegue che la somma ricevuta transattivamente dal lavoratore non integra un incentivo all’esodo – ai sensi dell’art. 12, comma 4, lett. B), L. 30 aprile 1969, n. 153, come modificato dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314 – ed è quindi assoggettabile a contribuzione previdenziale, laddove venga accertato giudizialmente che la somma in questione sia riconducibile causalmente al rapporto di lavoro. (Cass. 23/6/2016 n. 13057, Pres. Bronzini Est. Doronzo, in Lav. nella giur. 2016, con commento di Carmela Garofalo, 991)
  • Le ipotesi di esonero dall’obbligo di versamento dei contributi previste per le imprese edili dall’art. 29 del D.L. n. 244 del 1995 hanno carattere tassativo, sicché le sospensioni della prestazione che non vi rientrano sono assoggettate a contribuzione, quanto meno nei limiti del minimale. (Cass. 16/6/2016 n. 12425, Pres. Napoletano Rel. De Gregorio, in Lav. nella giur. 2016, 930)
  • In materia di contribuzione previdenziale, l’impresa straniera che operi in Italia è tenuta, in forza del principio della territorialità delle assicurazioni sociali, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per i lavoratori impiegati nel territorio, ancorché essi siano cittadini dello Stato di provenienza dell’impresa, salva solo l’esistenza di eventuali deroghe previste in accordi internazionali (in applicazione del detto principio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente l’obbligo contributivo con riferimento ad appalto svolto da impresa della Bulgaria – all’epoca non appartenente alla Comunità europea – con impiego in Italia di suoi dipendenti. (Cass. 4/3/2015 n. 4351, Pres. Lamorgese Est. Maisano, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Emanuele Petrilli, “Sul principio di territorialità dell’obbligo contributivo”, 90)
  • In materia di previdenza e assistenza obbligatoria, ai contributi dovuti agli enti previdenziali dai lavoratori e dai datori di lavoro, relativi ai periodi anteriori all’entrata in vigore della L. n. 335/1995 (che ha ridotto il termine prescrizionale da cinque a dieci anni) e per i quali, a tale data, non sia ancora integralmente maturato il quinquennio di scadenza, il precedente termine decennale può operare solo nel caso in cui la denuncia prevista ex art. 3, L. n. 335/1995 sia intervenuta nel corso del quinquennio dalla loro scadenza. (Cass. 15/1/2015 n. 618, Pres. Coletti De Cesare Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2015, 417)
  • L’art. 3, L. n. 335/1995, che ha introdotto il nuovo termine di prescrizione quinquennale per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il regime (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell’evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, per “procedure iniziate” ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo l’instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano comunque in una serie di atti finalizzati inequivocamente al conseguimento della pretesa creditoria. Ne consegue che tra le “procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente” rientra il verbale di accertamento per il recupero dell’evasione contributiva, sicché, in relazione a tale iniziativa dell’Ente, i crediti azionati restano assoggettati al termine decennale di prescrizione, rimanendo così esclusa l’estinzione del debito relativo ai premi dovuti afferenti al decennio antecedente alla data del verbale. (Cass. 22/12/2014 n. 27236, Pres. Macioce Rel. Amendola, in Lav. nella giur. 2015, 311)
  • In materia di sanzioni per il ritardato o l’omesso pagamento di contributi previdenziali resta escluso che, in una controversia relativa a una opposizione ad ordinanza – ingiunzione per sanzioni civili (somme aggiuntive) e interessi per omesso versamento di contributi dovuti all’Inps –, possa rilevare lo “ius superveniens” di cui alla l. n. 388 del 2000, art. 116, c.8 e ss., contenente norme più favorevoli ai contribuenti, giacché nessuna di tali disposizioni induce a ritenerne la retroattività, per cui ne è esclusa l’applicabilità a violazioni accertate prima della relativa entrata in vigore. Ed invero la disposizione di cui alla detta l. n. 388 del 2000, art. 116, c. 18, nel prevedere che “per i crediti in essere accertati al 30 settembre 2000 le sanzioni sono dovute nella misura e secondo le modalità fissate dalla legge 23 dicembre 1996, art. 1, commi 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223 e 224”, condiziona inequivocabilmente l’applicazione della normativa sanzionatoria previgente di cui alla predetta l. n. 662 del 1996 alla circostanza che sussista un credito per contributi alla data del 30 settembre 2000. (Cass. 14/7/2014 n. 16093, Pres. Coletti De Cesare Rel. Mancino, in Lav. nella giur. 2014, 1026)
  • L’avvocato che cessa l’iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza Forense senza aver raggiunto i requisiti di età e contributivi necessari per la liquidazione della pensione ha diritto alla restituzione della contribuzione soggettiva versata. (Corte app. Roma 18/6/2014 n. 2219, Pres. Panarello Est. Di Stefano, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di M. Mesiti, “La restituzione dei contributi agli avvocati che non hanno maturato i requisiti per il diritto a pensione”, 279)
  • Qualora un datore di lavoro abbia una pluralità di debiti verso un ente previdenziale, il pagamento parziale va imputato alla estinzione del debito relativo alle sanzioni civili, in quanto credito meno garantito, piuttosto che al capitale rappresentato dalle contribuzioni omesse: essendo il primo assistito da un privilegio, per ordine di soddisfazione e per entità dell’importo coperto, pari a metà (artt. 2754 e 2778, n. 8, c.c.), suvvalente rispetto al secondo, assistito da privilegio di grado poziore e per l’intero importo (artt. 2753 e 2778, n. 1, c.c.). (Cass. 6/5/2014 n. 9648, Pres. Coletti De Cesare Rel. Patti, in Lav. nella giur. 2014, 820)
  • Le società a capitale misto, aventi a oggetto l’esercizio di attività industriali (quali la gestione e la fornitura di servizi agli enti locali in materia di fornitura di acqua, gas ed elettricità) sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per disoccupazione involontaria e mobilità. (Cass. 24/4/2014 n. 9292, Pres. Vidiri Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2014, 713)
  • Nel giudizio instaurato dall’ente previdenziale per ottenere dal proprietario di un natante il pagamento di contributi assicurativi in relazione ai marittimi imbarcati, le annotazioni del ruolo di equipaggio hanno efficacia di prova legale ex art. 178 cod. nav., trattandosi di annotazioni eseguite dall’autorità marittima, che dimostrano la sussistenza di un contratto di arruolamento, stipulato anch’esso, ai sensi dell’art. 328 cod. nav., per atto pubblico. Ne consegue che dette annotazioni possono essere inficiate soltanto con querela di falso e il giudice non può dunque omettere la valutazione delle risultanze e del contenuto di tali documenti al fine di stabilire l’esistenza di rapporti subordinati e la fondatezza delle relative pretese contributive. (Cass. 22/4/2014 n. 9093, Pres. Stile Rel. Maisano, in Lav. nella giur. 2014, 706)
  • In tema di obbligo contributivo previdenziale, la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro è estranea al rapporto tra quest’ultimo e l’Inps, avente a oggetto il credito contributivo derivante dalla legge in relazione all’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. (Cass. 14/3/2014 n. 6037, Pres. Stile Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2014, 611)
  • Nell’ipotesi in cui un ente previdenziale, avente personalità giuridica di diritto privato, comunichi a un proprio assicurato un’informazione erronea in ordine all’avvenuta maturazione del requisito contributivo, l’affidamento dell’assicurato è meritevole di tutela (fattispecie relativa al giudizio promosso dalla vedova di un iscritto alla Cassa di previdenza degli ingegneri e degli architetti liberi professionisti per vedersi riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità. La Cassa di previdenza, infatti, dopo aver regolarmente erogato la pensione al proprio iscritto per cinque anni, a seguito dell’istruttoria relativa alla pensione di reversibilità, ha annullato l’iscrizione del defunto in relazione a un limitato periodo di tempo, essendo emerso che quest’ultimo – in quell’arco temporale – era stato iscritto ad altre forme di previdenza). (Cass. 27/1/2014 n. 1659, Pres. Roselli Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2014, 409)
  • L’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposto ai sensi dell’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46 del 1999, è soggetta non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati previsto dall’art. 2953 c.c., bensì al termine proprio della riscossione del contributo e, quindi, al termine quinquennale introdotto dalla l. n. 335/1995. (Trib. Catania 4/12/2013, Giud. Cottini, in Lav. nella giur. 2014, 291)
  • L’art. 19 della legge 20 settembre 1980, n. 576, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (nella specie, non trattandosi, come accertato dalla Corte del merito, di omessa dichiarazione la prescrizione non poteva che decorrere dalla data di trasmissione della dichiarazione). (Cass. 26/11/2013 n. 26411, Pres. Lamorgese Rel. Napoletano, in Lav. nella giur. 2014, 185)
  • La ripetizione dei contributi è consentita solo in quanto questi siano stati versati inutilmente, non essendovi alcuna possibilità di ottenere il trattamento per mezzo di una ricongiunzione di periodi assicurativi, né di ottenere una pensione supplementare. (Trib. Milano 19/8/2013, Giud. De Carlo, in Lav. nella giur. 2013, 1131)
  • In tema di riscossione di contributi, l’opposizione alla iscrizione a ruolo presenta evidente analogie con l’opposizione a decreto ingiuntivo, dando luogo a un giudizio ordinario di cognizione su diritti e obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo; sicché, anche in questa ipotesi può trovare applicazione il principio secondo cui non sussiste il vizio di extra petita se il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo – giudizio di cognizione non solo per accertare l’esistenza delle condizioni per l’emissione dell’ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto – revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, perché mentre l’opponente chiede di accertare l’inesistenza dell’obbligazione ingiuntagli, il creditore, sia con il ricorso per ottenere in breve tempo – con forme speciali – un titolo esecutivo per il pagamento del suo credito sia con la domanda di rigetto dell’opposizione, esercita invece un’azione di condanna. (Cass. 12/7/2013 n. 17272, Pres. Lamorgese Est. Venuti, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Rocco M. Cama, 1089)
  • Le erogazioni di propri prodotti (nello specifico pacchetti vacanza) attuati dal datore di lavoro ai dipendenti, di carattere occasionale, facoltativo e di natura strettamente commerciale, non possono essere ricomprese nel concetto di retribuzione imponibile, ai sensi dell’art. 12 legge n. 153/1969, in quanto l’esistenza del rapporto di lavoro non costituisce la causa delle erogazioni, bensì una mera occasione delle stesse, che trovano viceversa ragion d’essere in autonome causali di natura commerciale. (Cass. 9/5/2013 n. 10972, Pres. Vidiri Rel. Ianniello, in Lav. nella giur. 2013, 742)
  • L’omessa o infedele denuncia all’INPS circa rapporti di lavoro e retribuzioni erogate integra “evasione contributiva” ex art. 116, comma 8, lett. B), l. n. 388 del 2000, e la non meno grave “omissione contributiva” di cui alla lett. A) della medesima norma. (Cass. 2/5/2013 n. 10265, Pres. Roselli Rel. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2013, 744)
  • In tema di contributi previdenziali, in applicazione del principio di autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello di lavoro e dell’indisponibilità dei diritti previdenziali, l’ente previdenziale ha la legittimazione a richiedere la contribuzione corrispondente alla retribuzione dovuta per le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, indipendentemente dalla qualifica formale attribuita dal datore di lavoro al lavoratore e pur in assenza di contestazione da parte del lavoratore circa il corretto inquadramento ricevuto in corso di rapporto. (Cass. 17/4/2012 n. 6001, Pres. Roselli Est. Meliadò, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Maria Valentina Casciano, “L’indisponibilità ‘rafforzata’ del credito per differenze contributive”, 237)
  • È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, co. 1, primo periodo, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, conv., con modif, in l. 11 novembre 1983 n. 638, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui, in sede di computo del numero di contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell’anno solare, al fine della prestazioni pensionistiche, non prevede che la soglia minima di retribuzione utile per l’accredito del singolo contributo ivi prevista venga ricondotta al valore dell’ora lavorativa del lavoratore a tempo pieno e quindi rapportata al numero di ore settimanali del lavoratore a tempo parziale. La soluzione prospettata dal rimettente non è costituzionalmente obbligata, non essendo al riguardo configurabile un criterio univocamente imposto dalla Costituzione. (Corte Cost. 23/2/2012 n. 36, Pres. Quaranta Rel. Criscuolo, in Riv. It. Dir. Lav. 2013, con nota di Michele Forlivesi, “Computo dei contributi settimanali per l’indennità di disoccupazione dei lavoratori part-time: ragioni di bilancio e negazione de facto del diritto alle prestazioni”, 470)
  • È rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con l’art. 3 Cost., la q.l.c. dell’art. 20, comma 1, ultimo inciso, del d.l. n. 112/2008, convertito nella l. n. 133/2008 di interpretazione autentica dell’art. 6, comma 2, della l. n. 138/1943 che, nel sopprimere, in via di interpretazione autentica, l’obbligo in capo ai datori di lavoro del versamento della contribuzione Inps per il trattamento economico di malattia (primo inciso della norma), prevede l’irripetibilità delle contribuzioni anteriormente versate che restano acquisite alla gestione, atteso che la disposizione, irragionevolmente, pone i soggetti che hanno correttamente adempiuto al pregresso obbligo previdenziale in una condizione deteriore rispetto a coloro che, contravvenendo al dettato normativo, hanno omesso il medesimo versamento, che restano premiati per la condotta inadempiente, dovendosi ritenere tale effetto “de iure” in quanto direttamente discendente dal portato della norma interpretativa, senza che possano valere a giustificare la palese diseguaglianza introdotta le considerazioni sul contenzioso derivante dall’eventuale declaratoria di illegittimità della norma, né il connesso onere finanziario che graverebbe sull’Inps. (Cass. 28/6/2011 n. 14307, Pres. Miani Canevari Rel. Di Cerbo, in Lav. nella giur. 2011, 955)
  • L'omessa denuncia all'Inps di lavoratori, benché registrati nei libri paga e matricola, configura l'ipotesi di "evasione contributiva" di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 8, lett. B, e non la meno grave fattispecie di "omissione contributiva" di cui alla lettera A) della stessa norma, limitata alle sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta di pagare i contributi. (Cass. 10/5/2010 n. 11261, Pres. Sciarelli Est. D'Agostino, in Orient. giur. lav. 2010, 527)
  • In materia di contributi previdenziali, è illegittimo il comportamento dell'ente previdenziale, nella specie la Cassa italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti, che abbia, in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, dapprima concesso la retrodatazione della contribuzione mediante l'emanazione di un'apposita delibera per poi revocarla solo dopo aver, comunque, dato alla stessa esecuzione nei riguardi del professionista, quando ormai erano state emanate le norme che, vietando la riscossione dei contributi prescritti, ne escludevano la legittimità. In tal senso, nel caso concreto, è risultata del tutto inconferente la deduzione del succitato ente previdenziale di aver posto in essere atti dovuti, in quanto volti a ricondurre a legittimità la propria attività di natura pubblica e pertanto non suscettibili di produrre danni ingiusti risarcibili, giacché, in base a quanto sopra esposto, la condotta assunta dal medesimo era addirittura contra legem. (Cass. 31/8/2010 n. 18903, Pres. Miani Canevari Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2010, 1139)
  • Per l'esclusione dalla base contributiva e pensionabile dei compensi corrisposti ai lavoratori dello spettacolo a titolo di cessione dello sfruttamento economico del diritto d'immagine, nella quota del 40 per cento dell'importo complessivo per prestazioni riconducibili alla medesima attività, non è richiesto che i corrispettivi in questione abbiano a oggetto attività ulteriori e distinte rispetto alla prestazione artistica in sé considerata. (Trib. Milano 30/9/2009 n. 3812, Giud. Pattumelli, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Luigi Fiorillo, "Obbligo contributivo sui compensi derivanti dalla cessione del diritto di immagine: un nuovo orientamento della giurisprudenza di merito", 162)
  • La mancanza di notorietà in capo all'autore della singola prestazione non consente di escludere la consistenza economica della cessione da parte dello stesso dei diritti d'autore, d'immagine e di replica. (Trib. Milano 30/9/2009 n. 3812, Giud. Pattumelli, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Luigi Fiorillo, "Obbligo contributivo sui compensi derivanti dalla cessione del diritto di immagine: un nuovo orientamento della giurisprudenza di merito", 162)