In genere

  • Per ottenere i danni da cessione d’azienda illegittima occorre la messa in mora del datore di lavoro cedente.
    Il caso è quello di un lavoratore che, dopo aver ottenuto dai giudici l’annullamento della cessione di un ramo d’azienda, aveva chiesto la condanna del datore di lavoro pseudo-cedente a risarcirgli i danni relativamente al periodo intercorrente dalla cessione di azienda alla dichiarazione giudiziaria della sua invalidità. La domanda è stata respinta per mancanza di un atto di messa in mora mediante offerta della prestazione al datore di lavoro originario. In proposito, la Corte distingue il periodo successivo alla sentenza che accerta l’invalidità della cessione dal periodo precedente, affermando che per il primo spetta al lavoratore illegittimamente ceduto la retribuzione, previa offerta della prestazione. Per il secondo periodo, il lavoratore può ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla cessione a causa dell’illegittimo rifiuto del datore di lavoro cedente di ricevere la sua prestazione, inutilmente offerta, detratto l’eventuale aliunde perceptum. 
    (Cass. 24/2/2023 n. 5788, Pres. Raimondi Rel. Boghetich, in Wikilabour, Newsletter n. 6/23)
  • Esternalizzazione di servizi tra enti dello stesso gruppo: anche in assenza di un contratto scritto, costituisce trasferimento di ramo d’azienda il passaggio di attività economica organizzata tra un soggetto e l’altro.
    Il Tribunale accoglie il ricorso presentato da una lavoratrice, dipendente di una associazione sindacale di imprese e accerta l’illegittimità del licenziamento intimatole per motivi oggettivi: pur escludendo l’unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro tra l’associazione e una società di servizi dalla stessa controllata, riscontra un trasferimento di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c. a tale società nell’esternalizzazione delle attività di assistenza contabile. Secondo il Giudice non rileva che il passaggio dell’attività economica dal cedente al cessionario non sia stato sancito con un contratto in forma scritta, ben potendosi desumere dalle circostanze di fatto l’avvenuto trasferimento d’azienda. Di conseguenza, trovando applicazione l’art. 2112 c.c., il rapporto di lavoro si è trasferito automaticamente alla società controllata, con perdita del potere di intimare un licenziamento da parte dell’associazione già datrice di lavoro. (Trib. Catanzaro, 17/2/2023, dott. Aragona, in Wikilabour, Newsletter n. 8/23)
  • In caso di trasferimento di un’azienda in crisi, intangibile il diritto della dipendente dell’impresa cedente di passare alle dipendenze della cessionaria.
    A seguito della procedura di infrazione avviata dalla Corte di giustizia rispetto alla normativa italiana che, con l’art. 47, commi 5 e 6, della l. n. 428/1990 per il caso di trasferimento di impresa in “crisi aziendale”, non garantiva ai lavoratori i diritti riconosciuti dall’art. 3, nn. 1, 3 e 4 della Direttiva 2001/CE/23 (mantenimento delle stesse condizioni di lavoro e contrattuali tra il datore di lavoro cedente e l’impresa cessionaria, divieto di licenziamento), lo Stato Italiano ha emanato legge 166/2009. Tale legge, all’art. 19 quater (che ha introdotto il comma 4 bis al predetto art. 47 della L.428/90) prevede, in caso di “aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale” e “per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria ….in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività”, che “l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione”, ma “nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo” sindacale. In un caso in cui, in conformità dell’accordo sindacale aziendale, era stato negato alla dipendente di una società in crisi aziendale il passaggio alla società cessionaria, la Cassazione, con la sentenza in commento, chiarisce come tale accordo sindacale possa intervenire sulle “condizioni di lavoro” dei lavoratori ma non può privarli del proprio diritto di proseguire il rapporto presso il cessionario, ritenendo l’interpretazione data alla norma dalla Corte di Appello di Roma (che aveva ritenuto lecito l’accordo sindacale con cui si definivano le liste con i nomi di quanti sarebbero passati alle dipendenze dell’acquirente) in contrasto con il diritto comunitario ed in particolare con l’art. 5 della predetta Direttiva 2001/CE/23. (Cass. 17/8/2020 n. 17198, Pres. Nobile Rel. Pagetta, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  • La previdenza integrativa nel trasferimento di azienda oggetto di procedura fallimentare.
    Nel caso esaminato, si trattava di stabilire se il trasferimento dei diritti conseguenti a una cessione di azienda, avvenuta nel corso di una procedura fallimentare non finalizzata alla liquidazione dei beni dell’impresa, dovesse comprendere o non anche le quote maturate negli anni di servizio trascorsi, ma non ancora liquidabili, di una pensione integrativa prevista da un contratto collettivo aziendale. La Corte, esclusa l’obbligatorietà del trasferimento dei diritti a tale pensione già maturati alla data di apertura della procedura, afferma che lo Stato membro può scegliere tra l’escludere il trasferimento delle quote maturate e ancora non liquidabili oppure riconoscerlo, anche solo parzialmente (nel caso esaminato, solo per le quote maturate dopo l’apertura della procedura fallimentare). Ma “in ogni caso” in cui non riconosca, anche solo parzialmente, il trasferimento dei diritti in questione, deve assicurare agli aventi diritto una protezione equivalente a quella minima prevista per il caso d’insolvenza (così come, in caso di trasferimento di un’azienda in bonis, lo Stato membro non è tenuto ad assicurare il trasferimento di diritti di lavoratori a prestazioni di vecchiaia, invalidità o per i superstiti di tipo complementare, ma in ogni caso deve assicurare loro una tutela equivalente). (Corte di Giustizia UE 9/7/2020, cause 674 e 675/2018, Pres. Regan Rel. Juhasz, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  • Per la stipulazione degli accordi collettivi derogatori all’art. 2112 c.c. non è sufficiente la mera domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
    La sentenza affronta il tema della validità dell’accordo derogatorio dell’art. 2112 c.c. nell’ambito del concordato preventivo. Il Giudice afferma che ai fini della validità dell’accordo è necessario che sia stata dichiarata l’apertura della procedura di concordato preventivo, non bastando la mera proposizione dell’istanza. Il Tribunale precisa altresì che la domanda di applicazione dell'art. 2112 c.c., per conservazione del rapporto di lavoro in capo al cessionario, non è condizionata all’impugnazione del licenziamento intimato dal cedente successivamente alla cessione. (Trib. Roma 12/6/2020, Giud. Farina, in Wikilabour, Newsletter n. 12/2020)
  • In caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell’art. 2, comma 5, lett. c), L. n. 675 del 1977, ovvero per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività, ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, l’accordo sindacale di cui all’art. 47, comma 4-bis, L. n. 428 del 1990, inserito dal D.L. n. 135 del 2009, conv. in L. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c. concernenti le sole condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario, in quanto la disposizione va letta valorizzando la diversità di contenuto rispetto al comma 5, che consente deroghe anche al diritto alla prosecuzione del rapporto in caso di procedure concorsuali liquidatorie; a ciò induce una lettura della disposizione conforme al diritto dell’Unione e specificamente degli artt. 3, 4 e 5, Dir. 2001/23/CE, come interpretata da CGEU 11 giugno 2009, C-561/07, che ha ritenuto la contrarietà alla Direttiva dell’art. 47, comma 5 nel testo originario (Cass. 1/6/2020 n. 10414, Pres. Nobile Rel. Blasutt, in Lav. nella giur. 2021, con nota di F.M. Giorgi, L’art. 2112 c.c. nella crisi d’impresa. Novità giurisprudenziali, 68)
  • L’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003, anche nel testo precedente alla novella di cui alla L. n. 122/2016, va inteso nel senso che la mera assunzione, da parte del subentrante nell’appalto, non integra di per sé trasferimento d’azienda ove non si accompagni alla cessione dell’azienda o di un suo ramo autonomo, per cui se in un determinato appalto di servizi un imprenditore subentra ad un altro e nel contempo ne acquisisce il personale e i beni strumentali organizzati (cioè l’azienda), la fattispecie non può che essere disciplinata dall’art. 2112 c.c. (Cass. 31/1/2020 n. 2315, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, Lav. nella giur. 2021, con nota di L. M. Dentici, L’accertamento del trasferimento d’azienda in caso di cambio d’appalto nel rito “Fornero”, 256)
  • In caso di reinternalizzazione di una fase dell’attività produttiva già oggetto di subappalto, qualora vengano utilizzati i medesimi beni strumentali e una consistente parte dei dipendenti già in forza al subappaltatore, si applica la disciplina del trasferimento d’azienda, posto che, ai sensi dell’art. 29, co. 3, d.lgs. 276/2003, non sono ravvisabili elementi di discontinuità tali da giustificarne l’esclusione. (Trib. Pavia 10/9/2019, Est. Allieri, in Riv. It. Dir. Lav. 2020, con nota di S. Renzi, “Sull’incerto confine tra cambio di appalto e trasferimento di azienda”, 127)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale del “combinato disposto” degli artt. 1206, 1207 e 1217 c.c., in relazione a un rapporto di lavoro subordinato, dopo il mutamento del diritto vivente che riconosce la natura retributiva delle pretese del lavoratore a seguito della messa in mora del datore di lavoro. (Corte Cost. 28/2/2019 n. 29, Pres. Lattanzi Est. Sciarra, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di M.G. Greco, “Mora del creditore e rapporto di lavoro: la Corte Costituzionale avalla la svolta delle Sezioni Unite sulla natura retributiva della pretesa del lavoratore”, 400)
  • Qualora in epoca successiva alla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro a tempo determinato intercorso tra il datore di lavoro cedente e il lavoratore sia stato ceduto il ramo d’azienda cui era addetto il prestatore e venga in giudizio accertata la nullità del termine finale apposto al relativo contratto, la sentenza con cui viene dichiarata la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato deve essere pronunciata in capo al datore di lavoro cessionario. Pertanto, in quest’ipotesi, il termine di decadenza per l’impugnazione del trasferimento d’azienda non decorre dalla data in cui l’atto di trasferimento è divenuto efficace o dalla diversa data in cui tale atto è divenuto conoscibile mediante la pubblicazione nel registro delle imprese, bensì dalla data della predetta sentenza, di natura costitutiva, non potendo il lavoratore esercitare l’azione di impugnazione anteriormente a questa data, in quanto la fattispecie attributiva al prestatore di lavoro del diritto a impugnare la cessione realizzatasi ex art. 2112 c.c., cioè l’atto di trasferimento stesso, si è perfezionata solo con la pronuncia attraverso la quale è stato costituito un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in capo al cessionario. (Trib. Trento 4/12/2018, Rel. Flaim, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di M. Turrin, Sulla complessa questione della decorrenza dei termini di impugnazione del contratto a termine e del trasferimento d’azienda in un caso di successione di contratti a tempo determinato”, 237)
  • In caso di re-internalizzazione di servizi a seguito di cessazione dell’appalto si verifica una fattispecie di trasferimento d’azienda, con conseguente applicazione dell’art. 2112 c.c., qualora sussistano l’identità e la continuità dell’organizzazione produttiva (fattispecie antecedente alla modifica dell’art. 29, d.lgs. 276/2003 a opera dell’art. 30, l. 7 luglio 2016, n. 122). (Trib. Milano 23/7/2017, n. 1236, Est. Tomasi, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di L. A. Cosattini, “Successione negli appalti, cambia la legge ma non la sostanza: decisive l’identità e la continuità della gestione”, 15)
  • A differenza della ipotesi di mera esternalizzazione di servizi, configurabile quale cessione dei contratti di lavoro, che richiede per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti ex art. 1406 c.c., nelle ipotesi di cessione di azienda si realizza, con riferimento alla posizione del lavoratore, una successione legale nel contratto che non richiede il consenso del contraente ceduto, il quale potrà successivamente esercitare il proprio diritto di recesso nei termini sanciti dal c. 4 dell’art. 2112 c.c., posto che né il diritto dell’Unione Europea né l’attuale normativa interna riconoscono in capo al lavoratore un diritto di opposizione al trasferimento, rimanendo irrilevante il suo consenso a quest’ultimo. (Cass. 23/5/2017, n. 12919, Pres. Spena Est. Lorito, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di A. Curcio, “Attuale assenza di un diritto di opposizione del lavoratore al trasferimento ex art. 2112 c.c.”, 592)
  • Deve escludersi l’esistenza di un ramo d’azienda suscettibile di trasferimento ai sensi dell’art. 2112 c.c. nella ipotesi di cessione di un servizio senza la contemporanea attribuzione in uso anche dei programmi applicativi, non assumendo rilievo la mera decisione del cedente di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un’unica funzione al momento del trasferimento. (Corte app. Roma 24/3/2017, Pres. e Rel. Poscia, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Cavallini, “L’articolazione funzionalmente autonoma come ‘piccola azienda’: brevi osservazioni sul caso Monte Paschi”, 471)
  • L’art. 2112 c.c. postula che il complesso organizzato dei beni dell’impresa – nella sua identità obiettiva – sia passato a un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio, ragion per cui sussistono i presupposti onde applicare la disciplina in parola allorquando, cessato l’appalto, il servizio sia tornato in gestione diretta all’imprenditore già committente. (Cass. 15/3/2017, n. 6770, Pres. Bronzini Est. Spena, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di G. Spinelli, “Azienda e ramo d’azienda nell’art. 2112 c.c.: le (apparenti) contraddizioni della lettura garantistica”, 613)
  • Il trasferimento d’azienda è configurabile anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità e tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa. Anche un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere a un’entità economica che può conservare la propria identità ove il nuovo titolare non si limiti a proseguire l’impresa ma riassuma anche una parte essenziale (in termini di numero e di competenza) del personale specificatamente destinato dal predecessore a tali compiti, ciò pure nel caso in cui la cessione abbia a oggetto anche solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati e organizzati tra loro. (Trib. Busto Arsizio 12/7/2016, Giud. Fumagalli, in Lav. nella giur. 2017, 102)
  • L’art. 13 del D.L. n. 223 del 2006, convertito nella L. n. 248 del 2006, che impone alle società, a capitale pubblico o misto, produttrici di beni e servizi strumentali all’attività delle amministrazioni pubbliche regionali e locali, di cedere le attività non consentite dallo stesso, non introduce espressamente alcuna disciplina speciale o derogatoria in materia di trasferimento di ramo d’azienda, quale possibile strumento per il raggiungimento dell’obiettivo normativamente imposto. Pertanto, una volta che la società abbia scelto di procedere a una scissione parziale con conferimento delle attività scisse a una società di nuova costituzione, il trasferimento di ramo d’azienda che ne consegua implica il rispetto dei presupposti di applicazione dell’art. 2112 c.c. (Trib. Trieste 20/11/2014, Pres. e Rel. Burelli, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Francesco Di Martino, 619)
  • Le regole contenute nell’art. 2112 c.c. trovano applicazione solo laddove il ramo d’azienda ceduto consista in una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma, con esclusione di strutture produttive create ad hoc in occasione del trasferimento. Tale nozione è coerente con la disciplina comunitaria contenuta nella Dir. 2001/23 CE, secondo la quale “è considerato trasferimento […] quello di un’attività economica che conserva la propria identità”, atteso che il termine “conserva” implica che l’autonomia funzionale del ramo d’azienda deve preesistere al trasferimento. Il caso di specie non è sussumibile in questa nozione, in quanto i beni e il personale trasferiti alla società di nuova costituzione erano in precedenza adibiti ad attività e servizi articolati per “materie”, e non già per tipologia di soggetto a cui il servizio veniva fornito, non esistendo dunque una preesistente articolazione funzionalmente autonoma dedicata alle attività oggetto della cessione. (Trib. Trieste 20/11/2014, Pres. e Rel. Burelli, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Francesco Di Martino, 619)
  • Non può ammettersi trasferimento di ramo d’azienda con riferimento alla sola decisione, assunta dal soggetto cedente, di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un’unica funzione al momento del trasferimento. Tanto infatti contrasterebbe sia con le Direttive Comunitarie nn. 1998/50 e 2001/23 che richiedono già prima di quest’atto “un’entità economica che conservi la propria identità” ossia un assetto già formato, sia con gli artt. 4 e 36 della Cost. che impediscono di rimettere discipline inderogabili di tutela dei lavoratori a un mero atto di volontà del datore di lavoro, incontrollabile per l’assenza di riferimenti oggettivi. (Cass. 12/8/2014 n. 17901, Pres. Roselli Est. Npoletano, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Marco Sartori, 49)
  • In ipotesi di cambio di gestione di un appalto, non costituisce trasferimento d’azienda la riassunzione da parte di un nuovo imprenditore di una quota non sostanziale del personale impiegato dell’appalto; al contrario costituisce trasferimento d’azienda la riassunzione di un gruppo di dipendenti specificatamente e stabilmente assegnati a un compito comune in un settore in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera anche in assenza di cessione di elementi materiali. (Trib. Milano 27/8/2013, Giud. Dossi, in Lav. nella giur. 2013, 1132)
  • Sussiste l’interesse ad agire in giudizio del lavoratore affinché venga accertata l’insussistenza del trasferimento di un ramo d’azienda e conseguentemente l’inefficacia della cessione del contratto di lavoro senza consenso stante l’inapplicabilità dell’art. 2112 c.c. e l’operatività dell’art. 1406 c.c. (Cass. 27/5/2014 n. 11832, Pres. Roselli Rel. Buffa, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di V. Montemurro, “I requisiti di ‘autonomia’ e ‘preesistenza’ alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali”, 90)
  • Affinché possa dirsi legittima una cessione di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. è necessario che il complesso trasferito consista in una struttura aziendale autonoma dal punto di vista funzionale e preesistente alla cessione, non assumendo alcun rilievo la sola decisione del soggetto cedente di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un’unica funzione al momento del trasferimento. (Cass. 27/5/2014 n. 11832, Pres. Roselli Rel. Buffa, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di V. Montemurro, “I requisiti di ‘autonomia’ e ‘preesistenza’ alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali”, 90)
  • Il risultato, proprio della cessione di azienda, di dismettere la veste di imprenditore e datore di lavoro, con le relative obbligazioni, non può in nessun caso considerarsi vietato dalle norme di garanzia dei lavoratori, atteso che l’applicazione di esse non dipende dall’esserne destinatario un soggetto, anziché un altro; mentre, neppure il motivo illecito (a prescindere dal mancato accertamento in concreto della comunanza a entrambi i contraenti) è configurabile, ove si consideri che ragione determinante di un trasferimento di titolarità di beni ben può essere, del tutto lecitamente, proprio quello di addossare ad altri soggetti obbligazioni e oneri connessi. Dal sistema di garanzie apprestato dalla legge n. 223 del 1991 non è possibile enucleare un precetto che vieti, ove siano già in atto situazioni che possano portare agli esiti regolati dalla legge, di cedere l’azienda, ovvero di cederla solo a condizione che non sussistano elementi tali da rendere inevitabili quegli esiti. La validità della cessione, cioè, non è condizionata alla prognosi favorevole alla continuazione dell’attività produttiva e, di conseguenza, all’onere del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario. Si tratta, del resto, di un diritto dell’imprenditore costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.), non confliggente con altri diritti costituzionali, considerato che i princìpi generali di tutela della persona e del lavoro non si traducono nel diritto al mantenimento di un determinato posto di lavoro, dovendosi piuttosto riconoscere garanzia costituzionale al solo diritto di non subire un licenziamento arbitrario. (Cass. 22/4/2014 n. 9090, Pres. Stile Est. Mancino, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2014, con nota di A. Gambardella, “La frode alla legge nel trasferimento di ramo di azienda”, 438)
  • Perché sia configurabile un trasferimento d’azienda è necessario che rimanga inalterata, come oggetto del trasferimento, l’entità economica, identificata nel complesso organizzato di persone ed elementi – patrimoniali e non patrimoniali – i quali consentono l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo. (Trib. Gela 10/7/2013, Giud. Solaini, in Lav. nella giur. 2013, 962)
  • Si configura trasferimento d’azienda in tutti i casi in cui, ferma restando l’organizzazione del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’attività economica, ne muta il titolare in virtù di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio. Il trasferimento non sussiste nel caso di esercizio successivo, da parte di due imprese, nella medesima unità produttiva (nella specie prosecuzione di alcuni o anche di tutti i contratti di appalto già in carico alla ditta individuale), senza alienazione del complesso di beni. (Cass. 1/10/2012 n. 16641, Pres. Vidiri Rel. Gabri, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Alessandra Ingrao, “La nozione di trasferimento d’azienda tra giurisprudenza interna e comunitaria”, 343)
  • Nell’ipotesi in cui si sia di fronte al trasferimento del pacchetto azionario da una società all’altra, non si è in realtà in presenza di un fenomeno traslativo vero e proprio, bensì di una vicenda rilevante solo dal punto di vista della modificazione degli assetti azionari interni a una società sotto il profilo della loro titolarità, ferma restando la soggettività giuridica di ogni società anche se totalmente eterodiretta. (Trib. Milano 12/6/2012, Giud. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2012, 1118)
  • La fusione tra società non determina, nell’ipotesi dell’incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle socierà partecipanti alla fusione: trattatsi pertanto di una vicenda meramente evolutiva e modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo. Ne consegue che la società incorporante risponde dei debiti della società incorporata anche se il rapporto di lavoro è cessato antecedentemente. (Trib. Mantova 30/5/2012, Est. Mantovani, in D&L 2012, con nota di Francesco Palumbo, “Incorporazione di aziende, legittimazione passiva della società incorporante e sorte dei debiti pregressi”, 749)
  • La riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente da un’altra pubblica autorità, addetto alla fornitura, presso le scuole, dei servizi ausiliari, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva 77/187/CE, quando detto personale è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori in forza dell’ordinamento giuridico di detto Stato membro. (Corte Giustizia CE 6/9/2011, C-108/10, Pres. Skouris Rel. Ilesic, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di C. Cester, “Il trasferimento del personale ‘ATA’ dagli enti locali allo Stato davanti alla Corte di Giustizia”, 104)
  • Quando un trasferimento ai sensi della suddetta direttiva porta all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e le condizioni retributive previste da detto contratto sono collegate all’anzianità lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente. (Corte Giustizia CE 6/9/2011, C-108/10, Pres. Skouris Rel. Ilesic, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di C. Cester, “Il trasferimento del personale ‘ATA’ dagli enti locali allo Stato davanti alla Corte di Giustizia”, 104)
  • La direttiva 77/187/CE si applica, conformemente alla sentenza della Corte di Giustizia 6 settembre 2011, alla fattispecie del trasferimento del personale ATA dalle Province allo Stato in base all’art. 8, l. 3 maggio 1999, n. 124. Al personale trasferito deve essere conservata l’anzianità acquisita nel precedente rapporto così da evitare l’applicazione, in ragione del trasferimento, di un trattamento retributivo sostanzialmente peggiorativo. (Cass. 14/10/2011 n. 21281, Pres. De Luca Est. Tria, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di C. Cester, “Il trasferimento del personale ‘ATA’ dagli enti locali allo Stato davanti alla Corte di Giustizia”, 104)
  • La fusione della società per incorporazione - che non determina sempre l'estinzione della società incorporata, né comporta la creazione di un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria - costituisce una fattispecie di trasferimento d'azienda tutte le volte in cui l'impresa, o un ramo di essa, sia trasferita ad altro soggetto. Ne consegue che non può essere sostenuta la cessazione dell'attività aziendale per escludere il diritto alla reintegrazione della lavoratrice illegittimamente licenziata dalla società incorporata. (Cass. 2/9/2010 n. 19000, Pres. ed est. Foglia, in D&L 2010, con nota di Giuseppe Bulgarini d'Elci, "Reintegrazione in ipotesi di fusione per incorporazione", 1145, e in Lav. nella giur. 2010, 1139)
  • Anche in base al testo dell'art. 2112 c.c. precedente le modificazioni introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2011, n. 18, per trasferimento d'azienda deve intendersi qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro. Invero, non osta alla configurabilità del trasferimento la mancanza di un fine di lucro, purché sussista un'organizzazione di mezzi produttivi idonea a fornire un prodotto o un servizio obiettivamente caratterizzati ed economicamente valutabili quanto meno sotto il profilo dei mezzi di produzione e delle prestazioni lavorative necessari per il loro conseguimento. (Cass. 7/4/2010 n. 8262, Pres. Roselli Est. Picone, in Orient. giur. lav. 2010,  con nota di Benedetto Fratello, “Ancora sulla nozione ante riforma di trasferimento d’azienda”, 76)
  • L'uso aziendale, quale fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo del datore di lavoro, non incide direttamente sul contratto individuale di lavoro, modificandone il contenuto, ma opera come fonte eteronoma di regolamento, con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale; pertanto, in caso di trasferimento di azienda, l'uso aziendale subisce la stessa sorte del contratto collettivo aziendale applicato dal cedente ed è sostituito dal contratto collettivo aziendale del cessionario, anche se più sfavorevole. (Cass. 17/3/2010 n. 6453, Pres. De Luca Est. D'Agostino, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Giulio Quadri, "Uso aziendale e trasferimento d'azienda", 814)
  • Perché si possa avere un trasferimento d'azienda è necessario che l'oggetto del trasferimento sia un'attività economica strutturata che già prima del trasferimento abbia determinate caratteristiche di entità organizzata e idoena alla produzione di beni e servizi la quale deve conservare la propria identità anche a seguito del passaggio al nuovo imprenditore. Con riferimento poi al ramo d'azienda l'art. 2112 c.c. stabilisce letteralmente che "le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento". (Trib. Milano 16/10/2008, Dott. Lualdi, in Lav. nella giur. 2009, 313)  
  • Nel caso di trasferimento d'azienda, il comportamento del dipendente che rassegni le proprie dimissioni dal rapporto di lavoro con la società cessionaria non integra una rinuncia alla reintegrazione presso l'azienda cedente né un'accettazione degli effetti della cessione del ramo d'azienda, non essendo la decisione di recedere dal rapporto di lavoro con la cessionaria incompatibile con la volontà di far valere in giudizio la perdurante esistenza di un rapporto di lavoro con la cedente, domanda rispetto alla quale il lavoratore conserva interesse ad agire. (Trib. Roma 3/3/2008, Est. Valle, in D&L 2008, 984)
  • E' necessario che il trasferimento di ramo d'azienda interessi un'entità economica preesistente organizzata in maniera autonoma per la produzione e lo scambio di beni o servizi. Ai fini quindi della individuazione del ramo di azienda che viene ceduto è necessario che questo consista in un complesso sufficientemente strutturato, già esistente in azienda, di persone e di elementi che consentono l'esercizio di un'attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo. Va infine ricordato che là dove è stato ritenuto sufficiente ai fini dell'applicabilità del comma 5 dell'articolo 2112 c.c., il trasferimento di sola manodopera è altresì affermato che si deve trattare di manodopera in possesso di particolari e consolidate esperienze, dotata di know how professionale e di un qualificato supporto organizzativo così da integrare, anche attraverso un accurato coordinamento, un servizio autonomo e oggettivamente rilevante nonostante l'assenza di elementi materiali e patrimoniali. (Trib. Milano 12/2/2008, D.ssa Bianchini, in Lav. nella giur. 2008, 1067)
  • La verifica della ricorrenza della frode alla legg, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell'atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzata all'elusione di una norma imperativa, è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in sede di legittimità ove correttamente e adeguatamente motivata (nella specie, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto che un contratto di affitto di azienda avesse costituito in concreto il mezzo per eludere le garanzie dei lavoratori di cui all'art. 18 SL). (Cass. 7/2/2008 n. 2874, Pres. Mattone Est. Nobile, in D&L 2008, con nota di Alvise Moro, "Art. 2112 c.c. ed elusione fraudolenta dell'art. 18 SL", 631, e in Lav. nella giur. 2008, con commento di Gianluigi Girardi, 801) 
  • Nel caso di mutamento della titolarità della concessione per atto autoritativo della Pubblica Amministrazione, è configurabile un trasferimento d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c. qualora il complesso dei beni aziendali, nel passaggio di titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell'attitudine all'esercizio dell'impresa. (Cass. 9/1/2008 n. 199, Pres. La Terza, in D&L 2008, 191)
  • In tema di trasferimento d'azienda, deriva dall'art. 2112 c.c. che i mutamenti nella titolarità dell'azienda non interferiscono con rapporti di lavoro già intercorsi con il cedente, che continuano a tutti gli effetti con il cessionario, con la conseguenza che questi subentra in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente. Ne consegue che il cessionario può esercitare i poteri disciplinari inerenti il rapporto di lavoro per fatti precedenti la cessione dell'azienda. (Nella specie, la S.C., affermando il principio su esteso, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare intimato dall'impresa cessionaria, escludendo che la stessa fosse priva di legittimazione o interesse a coltivare il procedimento disciplinare per la circostanza che i fatti contestati al dipendente erano precedenti la cessione). (Cass. 27/9/2007 n. 20221, Pres. Mattone Est. Balletti, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Gianluigi Girardi, 391)
  • L'art. 2112 c.c. accoglie una nozione ampia di trasferimento d'aziend, nozione di fatto equivalente alla sostituzione senza soluzione di continuità in una attività di impresa, con utilizzo di alcuni elementi ella produzione già organizzata dal cessionario; inoltre la norma opera indipendentemente dal fatto che la cessione sia di natura volontaria posto che lo scopo della stessa è quello di salvaguardare la stabilità dei rapporti di lavoro dalle mutazioni soggettive nella conduzione dell'impresa, e non di evitare manovre fraudolente intese a risolvere il rapporto con i dipendenti mediante cessioni di comodo. (Trib. Asti, ord., 28/12/2006, in Dir. e prat. lav. 2008, 1429)
  • Si configura trasferimento di azienda in tutti i casi in cui, ferma restando l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio dell'attività economica, ne muta il titolare in virtù di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio, dovendosi così prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra l'imprenditore uscente e quello subentrante nella gestione; sicché il trasferimento di azienda è realizzabile, sempre che si abbia un passaggio dei beni di non trascurabile entità, anche in due fasi per effetto dell'intermediazione di un terzo. Una volta realizzatosi il trasferimento di azienda, i rapporti di lavoro preesistenti al trasferimento proseguono con il nuovo titolare senza necessità del consenso da parte dei lavoratori, con l'effetto che ogni lavoratore può far valere nei confronti del nuovo titolare i diritti maturati in precedenza ed esercitabili nei confronti del cedente. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha confermato la sentenza impugnata dichiarativa dell'illegittimità del licenziamento di un lavoratore e di condanna della ditta cessionaria al pagamento di differenze retributive, sul presupposto che si era venuto a verificare un trasferimento di azienda risultante dalla cessione, in un primo tempo, di un complesso funzionalmente organizzato di beni per lo svolgimento dell'attività produttiva, a cui aveva fatto seguito la successione formalizzata con atto notarile della società ricorrente di tutti i beni della iniziale datrice di lavoro). (Cass. 7/12/2006 n. 26215, Pres. Mercurio Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2007, 629)
  • Anche nell'ipotesi di modifica della figura imprenditoriale da ditta individuale in Società in Nome Collettivo (operata attraverso cessione), sussiste il trasferimento d'azienda, poichè, qualunque sia la forma giuridica con cui si attui il mutamento, vi è mutamento del titolare anche laddove rimangano inalterati struttura e fini dell'azienda. (Corte app. Roma 15/6/2006, Pres. Sorace Rel. Franchini, in Lav. nella giur. 2006, 1140)
  • Non è in frode alla legge, né concluso per un motivo illecito, il contratto di cessione dell’azienda a soggetto che, per le sue caratteristiche imprenditoriali e in base alle circostanze del caso concreto, renda probabile la cessazione dell’attività produttiva e dei rapporti di lavoro (Principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte). (Cass. 2/5/2006 n. 10108, Pres. Mattone Rel. Picone, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Enrico Barraco, 877)
  • In occasione della cessione di un ramo di azienda, può applicarsi la disciplina dettata dall'art. 2112 c.c. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico sia al ramo ceduto che all'attività rimasta alla società cessionaria, purchè esso mantenga, all'interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di specifiche finalità produttive dell'impresa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la entenza di merito che aveva negato l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. in relazione al trasferimento di larga parte del parco automezzi di una società telefonica, alla società cessionaria del ramo aziendale avente a oggetto l'installazione di reti telefoniche di distribuzione, sulla considerazione che esso era funzionale sia al settore dell'azienda ceduto che a quello rimasto alla società cessionaria, senza considerare che la maggior parte del lavoro di gestione del ramo automezzi riguardasse in realtà il settore oggetto della cessione). (Cass. 22/3/2006 n. 6292, in Lav. nella giur. 2006, 1024)
  • Non configura la vicenda traslativa regolata dall’art. 2112 c.c. una cessione (ovvero un affitto) di un’azienda che mai è entrata a far parte del complesso delle situazioni giuridico patrimoniali dell’alienante. Infatti viene a essere lesa proprio la posizione dei lavoratori ceduti, i quali, a fronte del trasferimento (senza avere occasione di opporsi alla modifica del datore di lavoro) del loro rapporto in capo all’acquirente (affittuario), non hanno la possibilità di esercitare in pieno la tutela di cui alla norma codicistica per tutti i crediti che avevano al tempo del trasferimento. (Trib. Avellino 14/12/2005, Est. Rizzo, in Lav. Nella giur. 2006, 826)
  • Ai fini della continuazione dei rapporti di lavoro in base all’art. 2112 c.c. il trasferimento di azienda è verificato anche in mancanza di un atto negoziale tra le due imprese. (Cass. 13/1/2005 n. 493, Pres. Ciciretti Rel. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2005, 1468)
  • In tema di cessione d’azienda, a norma dell’art. 2560 c.c. l’acquirente risponde solo dei debiti inerenti all’azienda che risultino dai libri contabili; l’iscrizione nei libri contabili si configura, pertanto, come elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente in relazione ai suddetti debiti, senza che possa essere surrogata da altre forme di conoscenza della situazione debitoria dell’azienda eventualmente a disposizione dell’acquirente, atteso che il citato art. 2560 c.c. è norma a carattere eccezionale e perciò insuscettibile di interpretazione analogica. (Trib. Roma 6/10/2004, Est. Marrocco, in Lav. nella giur. 2005, 495)
  • Non è applicabile in fattispecie risalente al 1984-1985, l’art. 2112 c.c. nei casi in cui il trasferimento d’azienda derivi non da attività negoziale dei privati ma avvenga in forza di provvedimento autoritativo, essendo mal conciliabili con gli interessi di natura pubblicistica gli obblighi di continuazione del rapporto e di mantenimento del trattamento economico e normativo dei lavoratori, posti a carico del cessionario. L’interpretazione è avvalorata dalla esistenza di numerose norme (art. 5 l. 22 settembre 1960 n. 1054, art. 4 l. 10 novembre 1973 n. 755, art. 13 l. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 7 l. 19 maggio 1975 n. 169, art. 209 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, art. 72 l. 6 ottobre 1978 n. 295, art. 68 l. 22 ottobre 1986 n. 742, art. 12 l. 5 gennaio 1994 n. 36, art. 19 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80) le quali prevedono l’applicazione dell’art. 2112 c.c. ai trasferimenti d’azienda regolati da provvedimenti amministrativi nell’ambito della gestione dei pubblici servizi, di cui non vi sarebbe necessità ove la norma citata si applicasse automaticamente anche in questi casi. Né tale interpretazione configge con la direttiva n. 77/187/Cee che si applica “ai trasferimenti di imprese in seguito a cessione contrattuale o a fusione”, stante anche la circostanza che solo successivamente la giurisprudenza della Corte di giustizia europea e in tempi più recenti le modifiche apportate al testo originario dell’art. 2112 c.c. ne hanno ampliato l’operatività, includendo il “provvedimento” tra le possibili cause del trasferimento (fattispecie relativa al trasferimento del servizio di nettezza urbana del Comune di Roma della gestione in economia, da parte del comune, alla gestione affidata alla azienda municipalizzata Amnu – ora Ama – in applicazione di apposito atto amministrativo). (Cass. 24/3/2004, n. 5934, Pres. Ianniruberto Est. Vidimi, in Giust. Civ. 2005, 458)
  • L’art. 2112 c.c. è certamente applicabile anche ai trasferimenti non aventi carattere negoziale quali quelli che si realizzano per effetto di atti di carattere pubblicistico, dovendosi avere riguardo al fenomeno della cessione di azienda oggettivamente inteso, quale che sia la sua fonte, a maggiore ragione dopo l’ultima modifica della norma che parla ora genericamente di provvedimento. (Corte d’appello Milano 9/2/2004, Pres. Mannaccio Relp. Castellini, in Lav. nella giur. 2004, 908)
  • La cessione di alcuni macchinari e lavoratori, non accompagnata dalla cessione di un complesso organizzativo autonomo, non è sufficiente a configurare un trasferimento d'azienda o ramo d'azienda e si deve ritenere nullo per frode alla legge il contratto di cessione d'azienda quando la vera ragione sia quella di eludere la legislazione vigente in materia di licenziamento, di cassa integrazione e mobilità, come nel caso in esame in cui il trasferimento è stato disposto per aggirare il rifiuto dei lavoratori al trasferimento e per evitare i costi della mobilità. (Trib. Treviso 4/11/2003, Est. De Luca, in Lav. nella giur. 2004, 141, con commento di Francesca Marchesan)
  • Non è applicabile l'art. 2112 c.c. nell'ipotesi in cui il trasferimento d'azienda avvenga in forza di autonoma concessione (nella specie, tramite affidamento ad un commissario governativo della gestione esattoriale per la riscossione dei trbuti) anziché a seguito di attività negoziale. (Cass. 26/2/2003 n. 2936, Pres. Miani Est. MianiCanevari, in Foro it. 2003, parte prima, 2757)
  • Il trasferimento ad altra impresa di lavoratori addetti ad una struttura aziendale priva di autonomia organizzativa e caratterizzata dall' estrema eterogeneità delle funzioni degli addetti, insuscettibile dunque di assurgere ad unitaria "entità economica", non può configurare una cessione di ramo d'azienda cui sia applicabile l' art. 2112 c.c., ma costituisce mera cessione di contratti di lavoro, richiedente per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti. (Cass. 4/12/2002, n. 17207, Pres. Mercurio, Est. Vidiri, in Foro it. 2003 parte prima, 103)
  • Perché si abbia trasferimento d'impresa, ai fini della direttiva comunitaria n. 77/187 e successive modificazioni come interpretata dalla Corte di Giustzia delle Comunità europee, l'entità oggetto di trasferimento deve, successivamente al medesimo, conservare la propria identità da accertarsi in base al complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione (tra cui il tipo d'impresa, la cessione o no di elementi materiali, la riassunzione o no del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia tra le attività esercitate); non osta alla configurabilità del trasferimento la mancanza di un fine di lucro, purché sussista un'organizzazione di mezzi produttivi idonei a fornire un prodotto o un servizio obiettivamente caratterizzati ed economicamente valutabili quanto meno sotto il profilo dei mezzi di produzione e delle prestazioni lavorative necessari per il loro conseguimento. L'attività di un sindacato non è riconducibile a tale ampia nozione di attività economica organizzata e pertanto, quando intervenga una riorganizzazione delle strutture periferiche di una confederazione sindacale, dotate di propria soggettività giuridica e di autonomia d'azione, e si verifichi un passaggio di operatori sindacali e di elementi materiali dell'organizzazione che si scioglie ad altre preesistenti, non è in via di principio configurabile un trasferimento d'azienda ex art. 2112 c.c. (Cass. 2/8/2002, n. 11622, Pres. Sciarelli, Est. Toffoli, in Riv. it. dir. lav. 2003, 406, con nota di Alessandra Raffi, Nella nozione di trasferimento d'azienda può rientrare la successione tra organizzazioni sindacali?)
  • Il trasferimento d'azienda può configurarsi - con riferimento alla posizione del lavoratore - come successione legale di contratto che, per non richiedere, quindi, il consenso del contraente ceduto (lavoratore trasferito) non può essere assimilato alla cessione negoziale per la quale il suddetto consenso opera da elemento costitutivo della fattispecie negoziale. E'agevole al riguardo la considerazione che la causa-e più precisamente la funzione socio-economica cui deve assolvere il trasferimento d'azienda-osta a che a detto trasferimento possa applicarsi la disciplina dettata dagli artt. 1406 e ss. c.c., risultando di palmare evidenza come gli adempimenti richiesti da tale disciplina e la necessità del consenso del contraente ceduto concretizzano un complesso di disposizioni che, per la propria articolazione e la propria rigidità, si presentano come poco permeabili alle esigenze dei processi di ristrutturazione aziendale, di riconversione industriale e di delocalizzazione delle imprese. Esigenze queste alla cui soddisfazione è funzionalizzata invece la normativa dettata dall'art. 2112 c.c., volta a coniugare le ragioni dell'economia con quelle della turtela del lavoro. Rientrano nella fattispecie del trasferimento d'azienda tutti quei casi in cui, restando inalterate le strutture e l'unità organica dell'azienda, ne venga mutato il solo titolare, indipendentemente dal mezzo tecnico adoperato per trasferire; la vicenda circolatoria, oltre che interessare l'azienda, ossia il complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, può riguardare un solo ramo di essa; il complesso dei beni, oggetto del conferimento dell'azienda (o di un ramo di essa), deve essere idoneo a consentire lo svolgimento di una determinata attività d'impresa, anche se non necessariamente la stessa esercitata dal conferente. (Cass. 23/7/2002, n. 10761, Pres. Sciarelli, Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2003, 19, con commento di Enrico Barraco)
  • La funzione garantistica che la disposizione dell'art. 2112 c.c. assume nei confronti dei lavoratori, in conformità anche alle indicazioni della direttiva n. 77/187 del Consiglio delle Comunità Europee-funzione destinata ad accentuarsi in un contesto di maggior flessibilità del mercato del lavoro, quale scelta alternativa al licenziamento per g.m.o. o alle procedure di mobilità di cui alle leggi nn. 765/1977 e 223/1991-comporta l'accoglimento di una nozione estensiva del trasferimento d'azienda (definitivamente accolta dal d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, attuativoricomprende in esso tutte le ipotesi di trasferimento anche di una singola attività d'impresa, sempre che sia riscontrabile un complesso di beni o di rapporti interessati al fenomeno traslativo. In tale accezione allargata, il trasferimento d'azienda può configurarsi, con riferimento alla posizione del lavoratore come successione legale nel contratto che, non richiedendo il consenso del contraente ceduto, non è assimilabile alla cessione negoziale, per la quale tale consenso opera da elemento costitutivo della fattispecie di cui all'art. 1406. c.c. (Cass. 22/7/2002, Pres. Sciarelli, Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2003, 148, con nota di Franco Scarpelli, Nozione di trasferimento di ramo d'azienda e rilevanza del consenso del lavoratore). della direttiva n. 98/50/CE, che ha riformulato lo stesso art. 2112 c.c.), la quale
  • Le gestioni in appalto delle esattorie per la riscossione delle imposte dirette trovano origine e titolo nei provvedimenti di concessione la cui scadenza o revoca, dando luogo ad un caso di cessazione dell'impresa, rende inapplicabile al personale della gestione esattoriale cessata che viene mantenuto in servizio la disciplina ordinaria di cui all'art. 2112 c.c., in tema di trasferimento d'azienda, atteso che il nuovo concessionario subentra a titolo originario in forza di una autonoma concessione. (Cass. 15/7/2002, n. 10262, Pres. Trezza, Est. Filadoro, in Riv. it.lav. 2003, 249, con nota di Leonardo Panagliotti, Prova della subordinazione e inapplicabilità dell'art. 2112 c.c. in caso di avvicendamento tra concessionarie per la gestione in appalto delle esattorie). dir.
  • La scriminante tra cessione d'azienda e cessione di singoli beni aziendali è certamente costituita dall'elemento dell'organizzazione e, quindi, della idoneità del complesso organizzato a costituire utile e compiuto strumento di impresa, ancorché non sia necessario che il complesso aziendale sia attualmente (al momento della cessione) produttivo. Peraltro, il ramo d'azienda, come complesso organizzato, è configurabile anche quando manchi o siapatrimoniale-beni materiali o immateriali-e l'organizzazione abbia ad oggetto quasi esclusivamente la manodopera , come sovente accade nella produzione di servizi. (Trib. Milano 27/6/2002, Est. Di Ruocco, in Lav. nella giur. 2003, 392) ridotto ai minimi termini l'elemento
  • In assenza di un cessionario imprenditore, si deve rilevare la nullità della cessione di ramo d'azienda-e dei relativi rapporti di lavoro-per illiceità della causa ex art. 1344 c.c. perché stipulato con l'intento di eludere la normativa sui licenziamenti collettivi. Sussistendo, quindi, una continuità del rapporto di lavoro con il cedente, i licenziamenti intimati dal cessionario dovranno essere dichiarati nulli in quanto intimati da soggetto diverso rispetto al reale datore di lavoro. (Corte d'appello Salerno 24/4/2002, Pres. Casale, Rel. Cappelli, in Lav. nella giur. 2003, 688)
  • L'art. 2558 c.c., nel prevedere che in caso di trasferimento di azienda la successione del cessionario nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda non aventi carattere personale, prende in considerazione solo i c.d. contratti di azienda e i c.d. contratti di impresa; deve dunque escludersi che tale norma possa essere riferita ad accordi sindacali in materia di lavoro, contenenti la previsione per i lavoratori trasferiti con il loro consenso a una società collegata a quella da cui dipendono, del c.d. diritto al rientro (in caso di futuri cambiamenti nella struttura organizzativa di tale società) nella società di provenienza. (Cass. 2/3/2002, n. 3045, Pres. Amirante, Est. Mercurio, in Riv. it. dir. lav. 2003, 163, con nota di Martina Vincieri, Trasferimento di azienda e successione dell'acquirente in accordi sindacali di rientro dei lavoratori).
  • Il trasferimento d'azienda può essere realizzato anche con un atto negoziale innominato essendo sufficiente che si verifichi un mero mutamento della titolarità dell'azienda rimanendone inalterata la struttura. (Trib. Firenze 29/11/2001, Est. Bronzini, in D&L 2002, 390)
  • E' nullo il contratto di cessione di ramo d'azienda qualora emerga la comune intenzione delle parti di concludere il negozio per l'illecita finalità di elusione dell'applicazione di norma imperativa di legge relativa ai licenziamenti collettivi (Trib. Nocera Inferiore 29/5/2001, pres. e est. Viva, in Lavoro giur. 2001, pag. 1166, con nota di Menegatti, La frode alla legge nella cessione di ramo d'azienda)
  • Deve escludersi l'applicabilità della disciplina dettata dall'art. 2112 c.c. per il trasferimento d'azienda nel caso di subentro di un'azienda ad altra nella gestione di un pubblico servizio (nella specie, vi era stato un avvicendamento di società appaltatrici del servizio per la raccolta di rifiuti solidi urbani) (Trib. Napoli 12/7/00, pres. Marconi, est. Lorito, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 693)
  • Non è configurabile un'ipotesi di trasferimento d'azienda nel caso di esaurimento di un contratto d'appalto di servizi di pulizia e di successione cronologica nell'espletamento del servizio da parte di altra impresa aggiudicatrice del nuovo contratto, in quanto nella fattispecie difetta il requisito del passaggio ad un diverso titolare, in tutto o in parte, di un complesso di beni organizzato che preservi la sua identità obiettiva. L'art. 4 del C.C.N.L. delle imprese di pulizia, nel disciplinare il cambio di gestione, mira esclusivamente a garantire i pregressi livelli occupazionali attraverso la costituzione di nuovi e distinti contratti di lavoro con l'impresa subentrante, senza alcuna continuità giuridica con i precedenti rapporti (Trib. Napoli 21/6/00, est. Musella, in Dir. lav. 2001, pag. 39, con nota di Nappi, Successione di appalti di servizi e trasferimento d'azienda)
  • E’ configurabile un’ipotesi di trasferimento d’azienda non solo quando ad essere trasferirti siano gli elementi materiali che fornivano un’identità commerciale ed un valore economico all’azienda trasferita, ma anche quando oggetto del trasferimento sia soltanto l’organizzazione dell’attività e il know how rappresentato dall’insieme delle competenze e conoscenze dei dipendenti (Trib. Ravenna 8/6/00, est. Riverso, in Lavoro giur. 2000, pag. 949, con nota di Menegatti, Divieto di interposizione, esternalizzazione e trasferimento d’azienda)
  • La disciplina posta dall'art. 2112 c.c. in tema di trasferimento d'azienda si attua tra soggetti che svolgono un'attività organizzata allo scopo della produzione o dello scambio di beni o di servizi, contrassegnata da un fine di lucro o, almeno, di redditività, e ha ad oggetto l'azienda intesa come il complesso dei beni organizzati a tal fine, ovvero anche autonome articolazioni della stessa, trovando tale regolamentazione il fondamento nell'inerenza del rapporto di lavoro al complesso aziendale, sicché in tutti i casi in cui la struttura organizzativa e l'attitudine all'esercizio dell'impresa rimangono immutate, nonostante il mutamento del titolare, il rapporto di lavoro non si interrompe (Cass. 3/5/00, n. 5550, pres. De Musis, est. Stile, in Riv. Giur. Lav. 2001, pag. 67, con nota di Madera, Brevi osservazioni in tema di trasferimento d'azienda, cessione di singoli beni aziendali e corresponsione del trattamento di fine rapporto)
  • In caso di affidamento di un servizio locale, gestito dal Comune, ad una società - s.r.l. o s.p.a. - a tale scopo costituita ai sensi dell'art 22, 3° comma , lett. e) L. n. 142/90, si ha un conferimento di attività, ex art. 34 d.lgs. n. 29793. Devono pertanto osservarsi le procedure di informazione e consultazione previste dall'art. 47, commi 1-4 L.della neo-costituita società trovano applicazione le garanzie di cui all'art. 2112 c.c. (nella fattispecie, è stato anche ritenuto che il rifiuto del trasferimento da parte del dipendente giustifica il recesso da parte dell'amministrazione) (Pret. Bergamo 24/6/99, est. Bondì, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 1292, con nota di Pellacani, Trasferimento di attività e servizi pubblici a società miste ex art 22, L. n. 142/90 ed effetti sui rapporti di lavoro) n. 428/90 e nei confronti del personale che passa alle dipendenze
  • Ricorre il trasferimento d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c. quando vi sia sostituzione del soggetto titolare del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’impresa, indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato. Tale complesso di beni consta, di regola, di cose materiali, quali, ad esempio, impianti, macchine, attrezzature, arredi; nonché dell’opera dei dipendenti, che imprime agli aggregati materiali natura e impronta di composito e unitario strumento dell’attività organizzata; si ascrivono altresì tra gli elementi costitutivi dell’azienda i cosiddetti beni immateriali, quali segni distintivi, brevetti, diritti d’autore, ecc.; è infine attributo dell’azienda, considerata nel suo complesso, l’avviamento, che non si esaurisce nella clientela, ma che comprende anche le relazioni con i collaboratori e i fornitori (Pret. Milano, sez. Abbiategrasso, 17/5/99, est. Fagnoni, in D&L 1999, 569)
  • E’ ravvisabile il trasferimento d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c. anche in ipotesi di successione di contratti di affitto, in virtù dei quali l’azienda si trasferisce da un affittuario all’altro per il tramite della risoluzione del precedente contratto e della conclusione del nuovo contratto di affitto con il proprietario concedente (Pret. Milano, sez. Abbiategrasso, 17/5/99, est. Fagnoni, in D&L 1999, 569)
  • La disciplina dell'art. 2112 c.c. sul trasferimento d'azienda è espressione del principio dell'inerenza del rapporto di lavoro al complesso aziendale, al quale resta legato in tutti i casi in cui questo, restando immutato nella sua struttura, cambi di titolare. Pertanto detta disciplina presuppone che entrambi i soggetti tra i quali si attua il trasferimento svolgano una attività organizzata allo scopo della produzione o dello scambio di beni e servizi ed avente ad oggetto il complesso dei beni organizzati a tal fine e non è applicabile quando all'azienda privata succede un ente pubblico considerata l'estraneità dell'attività dell'ente a qualsivoglia fine di lucro o almeno di redditività (Consiglio di Stato 11/3/99, n. 263, pres. Iannota, est. Lamberti, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 676)
  • Ai sensi dell’art. 2112 c.c., il trasferimento d’azienda è configurabile in tutte le ipotesi in cui, ferma restando l’organizzazione del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’impresa e quindi immutati il suo oggetto e la sua attività, vi sia soltanto la sostituzione del titolare, ancorché attuata con mezzi tecnico-giuridici diversi dalla vendita, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto (Pret. Milano 27/7/98, est. Curcio, in D&L 1998, 1007)
  • Ai sensi dell’art. 2112 c.c. il trasferimento di azienda presuppone il trasferimento di un complesso organizzato di beni e, pertanto, non è configurabile nel caso di mera cessione di alcuni macchinari (Trib. Milano 17/4/98, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L 1998, 716)
  • Il trasferimento d'azienda previsto dall'art. 2112 c.c. ricorre tutte le volte in cui, in considerazione di particolari rapporti intercorsi tra le parti, sia configurabile una sostituzione della titolarità dell'azienda avvenuta mediante la gestione da parte del cessionario dei rapporti facenti capo all'azienda medesima (Pret. Milano 3/8/94, est. Vitali, in D&L 1995, 141)