Ramo d'azienda

  • La nozione di ramo di azienda ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. deve ricavarsi dalla giurisprudenza europea, dalla Direttiva n. 2001/23/CE e dalle altre norme europee in materia in base alle quali sono da considerare quali imprescindibili elementi di individuazione del ramo la preesistenza di una entità stabile organizzata in grado di fornire un servizio economicamente utile a qualcuno senza rilevanti apporti esterni e il trasferimento di anche solo una parte di tale entità, che però ne rappresenti l’essenza in termini di utilità funzionale ed economica. (Trib. Roma 5/3/2018, Est. Conte, in Riv. it. dir. lav. 2018, con nota di G. Gianni, “Le norme e la giurisprudenza europee non giustificano una interpretazione restrittiva della nozione di ramo d’azienda”, 658)
  • Costituisce elemento costitutivo della cessione del ramo di azienda prevista dall’art. 2112 c.c. l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio e la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione. (Cass. 19/1/2017, n. 1316, Pres. Di Cerbo Est. Guglielmo, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Spinelli, “Azienda e ramo d’azienda nell’art. 2112 c.c.: le (apparenti) contraddizioni della lettura garantistica”, 613)
  • Rappresenta elemento costitutivo della cessione di ramo d’azienda nell’ordinamento interno l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali e organizzativi, e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura che venga contestualmente stipulato tra le parti. (Corte app. Firenze 19/12/2016, Pres. Bronzini Rel. Tarquini, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Cavallini, “L’articolazione funzionalmente autonoma come ‘piccola azienda’: brevi osservazioni sul caso Monte Paschi”, 471)
  • È nullo il trasferimento di un ramo d’azienda creato in occasione del trasferimento, con conseguente esternalizzazione di attività, ove il ramo non sia preesistente, funzionalmente autonomo e in grado di conservare l’identità nel trasferimento. (Trib. Siena 17/4/2015, Giud. Cammarosano, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Riccardo Diamanti, “Trasferimento di ramo d’azienda, preesistenza e autonomia alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria”, 1191)
  • La Corte di Giustizia ha ripetutamente individuato la nozione di entità economica come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo e sia sufficientemente strutturata e autonoma. Il criterio selettivo dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, letto conformemente alla disciplina dell’Unione, consente di affrontare e scongiurare ipotesi in cui le operazioni di trasferimento si traducano in forme incontrollate di espulsione di personale. (Cass. 24/10/2014 n. 22688, Pres. Vidiri Est. Amendola, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di A. Biagiotti, “Ripensando l’«articolazione funzionalmente autonoma»: una lettura controversa della nozione, 3)
  • Per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità. Il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza dei rapporti di lavoro ad un ramo d’azienda già costituito. (Cass. 19/10/2014 n. 21503, Pres. Stile Est. Tricomi, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di A. Biagiotti, “Ripensando l’«articolazione funzionalmente autonoma»: una lettura controversa della nozione, 3)
  • Affinché possa dirsi legittima una cessione di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. è necessario che il complesso trasferito consista in una struttura aziendale autonoma dal punto di vista funzionale e preesistente alla cessione, non assumendo alcun rilievo la sola decisione del soggetto cedente di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un’unica funzione al momento del trasferimento. (Cass. 27/5/2014 n. 11832, Pres. Roselli Rel. Buffa, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di V. Montemurro, “I requisiti di ‘autonomia’ e ‘preesistenza’ alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali”, 90)
  • Per ramo autonomo d’azienda deve intendersi, ai fini della trasferibilità dello stesso, ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità, presupponendosi dunque una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento. Il ramo d’azienda ceduto può comprendere anche beni immateriali, ma non può mai ridursi solo a essi. (Cass. 9/5/2014 n. 10128, Pres. Roselli Est. Tricomi, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2014, con nota di M. Pallini, “La rilevanza del consenso del lavoratore nelle operazioni di esternalizzazione”, 426)
  • Ai fini della configurabilità di un valido contratto di trasferimento di ramo d’azienda, piuttosto che di una mera cessione dei contratti di lavoro, illegittima in quanto carente del consenso dei lavoratori coinvolti, è necessario che il ramo oggetto della cessione risulti funzionalmente autonomo, come una sorta di piccola azienda in grado di operare autonomamente, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, che presuppone una realtà produttiva funzionalmente esistente, non integrata da una struttura produttiva creata “ad hoc” in occasione del trasferimento o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo. (Trib. Catanzaro 6/11/2013, Giud. Linarello, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Elena Lanfranchi, “Ancora sui requisiti del ramo d’azienda: lo stretto rapporto tra l’autonomia e la persistenza”, 27)
  • Il connotato essenziale del ramo d’azienda sta nell’elemento dell’organizzazione, intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo, interagenti tra loro e capaci di tradursi in beni e servizi individuabili. Deve, quindi, trattarsi di una articolazione funzionalmente autonoma dotata di una certa oggettività, consistente nell’esistenza di uno scopo o di una funzione comuni, che unifichino e rendano omogeneo il complesso trasferito. (Trib. Milano 9/12/2010, Giud. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2011, 326)
  • Il "ramo di azienda" ai sensi dell'art. 2112 c.c., nonostante le modifiche introdotte dall'art. 32 del D.Lgs. 10/9/03 n. 276, non può essere disegnato e modificato solo al momento del trasferimento e in esclusiva funzione di esso, ma deve viceversa consistere in un'entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la propria struttura, il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente; in difetto di tale requisito, il trasferimento alla cessionaria del rapporto di lavoro del lavoratore dissenziente è inefficace, con conseguente diritto di questi alla riammissione in servizio presso la cedente (nella fattispecie, il Giudice ha escluso la riconducibilità alla fattispecie di cui all'art. 2112 c.c. della cessione di una testata editoriale le cui pubblicazioni erano terminate due anni prima dell'asserito trasferimento per riprendere solo alcuni mesi dopo di esso con un progetto diverso e con parte soltanto del personale precedentemente addetto). (Trib. Milano 21/7/2010, Est. Gasparini, in D&L 2010, 1077)
  • Perché si possa avere un trasferimento d'azienda è necessario che l'oggetto del trasferimento sia un'attività economica strutturata che già prima del trasferimento abbia determinate caratteristiche di entità organizzata e idoena alla produzione di beni e servizi la quale deve conservare la propria identità anche a seguito del passaggio al nuovo imprenditore. Con riferimento poi al ramo d'azienda l'art. 2112 c.c. stabilisce letteralmente che "le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento". (Trib. Milano 16/10/2008, Dott. Lualdi, in Lav. nella giur. 2009, 313) 
  • Per ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione d'azienda, deve intendersi ogni entità economica autonoma e organizzata in maniera stabile, la quale in occasione del trasferimento conservi la sua identità. (Trib. Milano 28/8/2008, Est. Tanara, in Orient. della giur. del lav. 2008, 677)
  • Il ramo d'azienda, in quanto entità economica organizzata in maniera stabile che conserva la propria identità in occasione del trasferimento, presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo; tale nozione di ramo d'azienda è utilizzabile anche quando i fatti di causa sono precedenti rispetto alle modifiche legislative introdotte dalla Direttiva n. 98/50, in quanto frutto dell'elaborazione giurisprudenziale a livello comunitario e come tale vincolante per il giudice nazionale, in virtù del principio di supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale, da cui deriva, per il giudice nazionale, l'obbligo di un'interpretazione adeguatrice. La validità della cessione non è condizionata alla prognosi favorevole alla continuazione dell'attività produttiva, e, di conseguenza, all'onere del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario. Ferme restando le garanzie predisposte a tutela dei lavoratori, nessun limite, neppure implicito, è stato posto alla libertà dell'imprenditore di dismettere l'azienda, il che dimostra l'inconsistenza giuridica della tesi della nullità di una cessione che, lungi dal tendere alla conservazione dell'azienda, si realizzi in condizioni e con modalità tali da renderne probabile la dissoluzione. (Trib. Milano 18/7/2008, Est. Cincotti, in Orient. della giur. del lav. 2008, 656)
  • Per ramo d'azienda, ai sensi dell'art. 2112 c.c. (così come modificato dalla L. 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva CE n. 98/50), come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica autonoma e organizzata in maniera stabile, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, senza che sia necessaria anche la completezza materiale e l'autosufficienza del gruppo. (Nella specie, la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto che la cessione del servizio esattoriale, operata da un istituto di credito, integrasse un'ipotesi di cessione di ramo d'azienda, non rilevando - ai fibni della sussistenza dei requisiti di autonomia funzionale e organizzativa - che il 5% dei dipendenti svolgesse compiti (bancari ed esattoriali) e che il settore si avvalesse di alcuni servizi operativi - il centralino, il servizio paghe, supporti informatici - della banca. (Cass. 5/3/2008 n. 5932, Pres. Sciarelli Est. Maiorano, in Lav. nella giur. 2008, 733)
  • Anche successivamente alle modifiche introdotte nell'art. 2112 c.c. dall'art. 32 D.Lgs. 10/09/03 n. 276, per ramo d'azienda deve intendersi un'entità economica funzionalmente autonoma e preesistente come tale al trasferimento, e che con la vicenda traslativa mantiene la propria identità; in difetto di tale requisito, il trasferimento alla cessionaria del rapporto di lavoro del lavoratore dissenziente è illegittimo, con conseguente diritto di questi alla riammissione in servizio presso la cedente. (Trib. Roma 3/3/2008, Est. Valle, in D&L 2008, 984, e in Lav. nella giur. 2009, con commento di Giovanni Soccio, 61)
  • Può configurarsi il trasferimento di un ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall'art. 32 del D.Lgs. 276/2003, solo qualora il ramo ceduto abbia le caratteristiche dell'articolazione funzionalmente autonoma e sia preesistente al trasferimento conservando la sua identità al momento del trasferimento. (Trib. Milano 29/2/2008, in Dir. e prat. lav. 2008, 1429)
  • Anche successivamente alle modifiche all'art. 2112 c.c. apportatedall'art. 32 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, affinché si possa avere un trasferimento di ramo d'azienda è necessario che questo consista in un'entità economica per la produzione di beni e servizi, preesistente al trasferimtn, organizzata in maniera autonoma da persone e da elementi che consentano l'esercizio di un'attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo; tale entità economica può anche essere caratterizzata dalla prevalenza delle risorse umane rispetto ai beni materiali, purché si tratti di risorse in possesso di particolari e consolidate competenze e dotate di un qualificato supporto organizzativo che consenta di integrare, anche attraverso un accurato coordinamento, un servizio autonomo ed effettivamente rilevante (nella fattispecie, è stato escluso che la mera cessione di contratti per i servizi di pulizia possa configurare cessione di ramo d'azienda nel senso sopra indicato). (Trib. Milano 12/2/2008, Est. Bianchini, in D&L 2008, 590)
  • Per "ramo d'azienda", ai sensi dell'art. 2112 c.c. (così come modificato dalla legge 2 febbraio 2001 n. 18 in applicazione della direttiva CE n. 98/50), come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione d'azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento conservi la sua identità, il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente e non anche una struttura produttiva creata "ad hoc" in occasione del trasferimento o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l'esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell'imprenditore e non dall'inerenza del rapporto a un ramo d'azienda già costituito. Ne consegue che può applicarsi la disciplina dell'art. 2112 c.c. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico sia al ramo ceduto che all'attività rimasta alla società cessionaria, purché esso mantenga, all'interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di specifiche finalità produttive dell'impresa e che, in presenza di tale presupposto, si considerano far parte del ramo di azienda - sicché i reciproci rapporti vengono trasferiti dal cedente al cessionario, ai sensi dell'art. 2112 c.c., senza necessità di un loro consenso, i dipendenti che prestano la loro attività non solo esclusivamente, ma anche prevalentemente, per la produzione di beni e servizi del ramo aziendale. (Rigetta, App. Trieste, 15 aprile 2004). (Cass. 1/2/2008 n. 2489, Pres. Ciciretti Est. Picone, in Dir. e prat. lav. 2008, 2110) 
  • Elemento fondamentale per distinguere, in caso di semplice trasferimento di dipendenti, la fattispecie di cui all'art. 2112 c.c. dalla mera cessione dei contratti medesimi, deve rinvenirsi nella prova dell'esistenza di un'organizzazione che venga a includere i lavoratori, tanto da poterli considerare un'entità economica organizzata per la produzione elo scambio di beni e servizi, qualificabile, quindi, come un ramo di azienda. (Trib. milano 8/10/2007, Pres. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, 204)
  • Il trasferimento di ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., anche alla luce della nuova definizione contenuta nell'art. 32 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, presuppone la preesistenza di un'entità economica organizzata in maniera autonoma per la produzione o lo scambio di beni o servizi, la cui esistenza e consistenza non può essere viceversa affidata alla volntaria determinazione del cedente e del cessionaria espressa al momento del trasferimento, con la conseguenza che, in difetto di tale presupposto, deve ritenersi illegittimo il trasferimento alla cessionaria del rapporto di lavoro del lavoratore dissenziente con conseguente diritto di quest'ultimo alla reintegrazione nel posto di lavoro alle dipendenze dell'impresa cedente. (Trib. Milano 4/5/2007, Est. Frattin, in D&L 2007, 466)
  • In occasione della cessione di un ramo d'azienda, può applicarsi la disciplina dettata dall'art. 2112 c.c. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico sia al ramo ceduto che all'attività rimasta alla società cessionaria, purchè esso mantenga, all'interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di specifiche finalità produttive dell'impresa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva negato l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. in relazione al trasferimento di larga parte del parco automezzi di una società telefonica, alla società cessionaria del ramo aziendale avente a oggetto l'installazione di reti telefoniche di distribuzione, sulla considerazione che esso era funzionale sia al settore dell'azienda ceduto che a quello rimasto alla società cessionaria, senza considerare che la maggior parte del lavoro di gestione del ramo automezzi riguardasse in realtà il settore oggetto della cessione). (Cass. 22/3/2006 n. 6292, Pres. Senese Rel. D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2006, 2678, e in Riv. it. dir. lav. 2007, 412)
  • La nozione di ramo d’azienda, ai fini dell’applicazione della disciplina in tema di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., va individuata sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, nella identità dell’entità economica ceduta e dell’insieme dei mezzi organizzati. (Trib. Milano 30/7/2005, Est. Ravazzoni, in Orient. Giur. Lav. 2005, 614)
  • Ai fini di ritenere applicabile l'art. 2112 c.c., relativo al trasferimento dell'azienda, anche al trasferimento di un ramo dell'attività aziendale, è necessario che sia ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e servizi, mentre è da escludersi che il ramo d'azienda possa essere identificato come tale solo al momento del trasferimento ed in esclusiva funzione di esso, in quanto ciò consentirebbe di estromettere dall'impresa i lavoratori eccedenti, senza rispettare per essi le garanzie previste dal rapporto di lavoro preesistente, quali sussistenza di contratti collettivi o diritto alla stabilità del posto di lavoro. (In applicazione del su indicato principio di diritto, la Suprema Corte ha ritenuto esente da vizi di motivazione la sentenza del giudice di merito che, a fronte di un processo di "esternalizzazione", ovvero di cessione all'esterno di svariati singoli servizi da parte di un'impresa, non aveva ritenuto che la cessione avesse ad oggetto una realtà organizzativa riconducibile alla nozione di unità produttiva, e peratnto aveva qualificato l'operazione come cessione di una pluralità di rapporti lavorativi non assoggettabili alla normativa di cui all'art. 2112 c.c. e necessitante, per il suo perfezionamento, del consenso del lavoratore ceduto. (Cass. 4/12/2002, n. 17207, Pres. Mercurio, Rel. Vidiri, in Lav. nella giur. 2003, 429, con commento di Giorgio Mannacio; in Foro it. 2003, parte prima, 458, con nota di R.Cosio, "La cessione del ramo d'azienda: un cantiere ancora aperto")
  • La prospettiva di tutela del lavoratore caratterizzante la disciplina del trasferimento di azienda impone una nozione restrittiva di ramo di azienda che, per essere tale, deve avere una sua autonomia funzionale e non costituire, al contrario, il prodotto dello smembramento di frazioni non autosufficienti e non coordinate tra loro; tale autonomia funzionale deve intendersi nel senso che essa non può essere meramente potenziale presso il cedente, ma il ramo di azienda deve preesistere alla vicenda traslativa, prima della quale deve essere identificabile e idoneo a funzionare autonomamente, (Cass. 25/10/2002, n. 15105, Pres. Mercurio, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 149; in Foro it. 2003 parte prima, 104; in Argomenti dir. lav. 2003, 619; in Giur. It. 2003, 2052).
  • Affinchè possa parlarsi di ramo d'azienda oggetto di traslazione ai sensi dell'art. 2112 c.c., anche prima della novella introdotta dal D. Lgs. 2/2/01 n. 18, è necessario che lo stesso abbia una preesistente organizzazione ed autonomia funzionale presso il cedente, in mancanza delle quali, non applicandosi l'automatismo di cui all'art. 2112 c.c., è necessario il consenso dei dipendenti ceduti affichè il rapporto di lavoro si instauri con l'impresa subentrante. (Cass. 25/10/2002 n. 15105, Pres. Mercurio Est. Picone, in D&L 2002, 905, con nota di Lorenzo Franceschinis, "Il caso Ansaldo all'esame della Cassazione: è ramo d'azienda solo se vi è autonomia funzionale ed organizzativa preesistente al trasferimento")
  • La nozione di trasferimento di azienda deve essere interpretata in maniera ampia e secondo più attenuati caratteri di materializzazione, così da considerare quale "attività economica" suscettibile di figurare come oggetto del trasferimento anche i soli lavoratori che, per essere stati addetti ad un ramo dell'impresa e per aver acquisito un complesso di nozioni ed esperienze, siano capaci di svolgere autonomamente le proprie funzioni anche presso il nuovo datore di lavoro. (Cass. 23/7/2002, n. 10761, Pres. Sciarelli, Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2003, 148, in Argomenti dir. lav. 2003, 628).
  • Il trasferimento di ramo d'azienda, ai sensi dell'art. 2112 c.c., ha per oggetto un complesso funzionale di beni ed attività idoneo di per sé a consentire la prosecuzione dell'attività imprenditoriale; non sussiste pertanto trasferimento di ramo d'azienda rilevante ai sensi dell'art. 2112 c.c., nel caso di cessione di mere attività o servizi interni all'impresa cedente, privi d'autonomia tecnico finanziaria ed organizzativa rispetto al resto dell'azienda (nella fattispecie, è stata esclusa l'applicabilità della norma in esame con riferimento ad un trasferimento avente ad oggetto i servizi di sorveglianza, in quanto privo di autonomia tecnico finanziaria ed organizzativa rispetto al resto dell'azienda). (Trib. Milano 6/3/2002, Est. Peragallo, in D&L 2002, 646, con nota di Alberto Guariso, "Trasferimento di ramo d'azienda: ultimi bagliori in attesa del "patto per l'Italia")
  • L'art. 2112 c.c. deve essere interpretato conformemente alla lettera ed allo scopo delle direttive comunitarie sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese e tenuto conto dell'interpretazione di tali direttive data dalla Corte di Giustizia Ce, secondo cui l'oggetto del trasferimento d'aziende deve essere un'entità economica organizzata in modo stabile, sufficientemente strutturata ed autonoma, in cui l'attività economica già svolta dal cedente e proseguita dal cessionario è soltanto indice dell'identità economica trasferita e, quindi, della continuità dell'impresa, non costituendo di per sé sola un'autonoma entità economica la quale, per essere tale, deve necessariamente essere accompagnata da altri elementi, quali il personale che la compone, l'organizzazione ed i mezzi di gestione a sua disposizione; ne consegue che, ai sensi dell'art. 2112 c.c., rileva come ramo d'azienda esclusivamente la singola unità produttiva che sia composta da beni tali da costituire idoneo e compiuto strumento di impresa alla luce della sua autonomia organizzativa, produttiva e funzionale rispetto al più ampio contesto dell'impresa alienante e che costituisca un complesso funzionale di beni di per sé idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione di una determinata attività di impresa (nella fattispecie è stata esclusa l'applicabilità della norma in esame con riferimento ad un trasferimento avente ad oggetto il reparto dove venivano svolte le attività di montaggio dei beni prodotti dal cedente in quanto privo di autonomia funzionale rispetto al resto dell'azienda). (Trib. Vigevano 11/12/2001, Est. Scarzella, in D&L 2002, 383)
  • La determinazione dell’effettiva consistenza del ramo d’azienda rientra nell’autonomia contrattuale del titolare dell’azienda, non essendo richiesta anche unpreesistente autonomia organizzativa ed economica, pertanto è sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all’art. 2112 c.c. anche il trapasso di determinati beni e servizi anche distinti dall’attività principale e tra loro eterogenei, purché sia ravvisabile un’autonomia funzionale almeno potenziale presso il cedente, intesa come idoneità ad assumere un autonomo ed apprezzabile valore di mercato nel momento della separazione dall’organizzazione di partenza (Corte d'appello Milano 11/3/00, pres. Mannaccio, in Argomenti dir. lav. 2000, pag. 433)
  • Poiché per parlarsi di azienda o di ramo d'azienda suscettibile di trasferimento ex art. 2112 c.c. deve aversi un insieme di elementi produttivi organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di un'attività sufficientemente strutturata e autonoma, tali requisiti dell'oggetto del trasferimento (organizzazione e autonomia) debbono necessariamente preesistere al trasferimento dello stesso e non possono rappresentarne una conseguenza, giacché se l'organizzazione imprenditoriale dei mezzi produttivi in vista dello svolgimento di una determinata attività potesse essere oggetto dell'apporto esclusivo del nuovo imprenditore, il concetto di azienda o di ramo d'azienda ne risulterebbe svuotato di contenuto, potenzialmente ridotto al mero elemento materiale, e potrebbe aprire la strada a usi strumentali dell'art. 2112 c.c. (principio generale di non cedibilità del contratto in assenza del consenso del contraente ceduto) e all'elusione di norme imperative di legge (licenziamenti collettivi) (Trib. Genova 10 settembre 1999, pres. Russo, est. Verrina, in D&L 2000, 196)
  • Ai fini della distinzione tra la fattispecie della cessione dell’azienda o di un ramo della stessa e l’alienazione di singoli elementi dell’azienda è necessario prendere in esame la natura oggettiva del vincolo che deve legare tra loro le singole componenti: non è sufficiente la volontà del datore di lavoro di destinare determinati beni ad uno scopo produttivo né basta l’attribuzione ad essi della qualità di “azienda” ad opera delle parti stipulanti il negozio di trasferimento, ma è necessario che tali beni siano organizzati e coordinati per il perseguimento di tale scopo produttivo mediante un legame obiettivo immanente alla struttura che deve preesistere al trasferimento (Trib. Genova 7/9/99, pres. Russo, in Argomenti dir. lav. 2000, pag. 422. In senso conforme, v. Trib. Genova 4/11/99, pres e est. Russo, in Argomenti dir. lav. 2000, pag. 427)