Affissione del codice disciplinare

 

  • Con riguardo alla necessità della affissione del codice disciplinare, anche nel pubblico impiego contrattualizzato non è necessario provvedervi in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio è immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale. (Cass. 8/6/2020 n. 10855, Pres. Napoletano Est. Spena, in Lav. nella giur. 2020, 1101)
  • Anche in relazione alle sanzioni disciplinari conservative, e non per le sole sanzioni espulsive, in tutti i casi in cui il comportamento sanzionato è immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non è necessario provvedere all’affissione del codice disciplinare, atteso che il lavoratore ben può rendersi conto dell’illiceità della propria condotta, al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati. (Cass. 26/3/2014 n. 7105, Pres. Stile Rel. Curzio, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di C. Pederzoli, “Pubblicità del codice disciplinare e sanzioni conservative in caso di violazione del cd. ‘minimo etico’”, 100)
  • La previa mancata affissione del codice disciplinare non rende nulla la sanzione disciplinare irrogata a personale docente, posto che sia i comportamenti vietati sia le sanzioni applicabili sono contenuti in fonti normative aventi forza di legge, come tali ufficialmente pubblicate e conosciute dalla generalità (d.lgs. 297/1994). (Trib. Modena 7/10/2008, Est. Ponterio, in Lav. nelle P.A. 2008, 1132) 
  • E' necessario che i locali in cui sono affisse le disposizioni disciplinari siano accessibili a tutti i lavoratori. Questo obbligo a carico del datore di lavoro non può essere ristretto alla necessità che i locali in cui viene effettuata l'affissione non siano chiusi e che tutti i dipendenti abbiano piena libertà di accedervi senza impedimenti di sorta e senza dover chiedere permessi particolari; la possibilità di recarsi nei locali in cui sono esposte le norme disciplinari deve essere effettiva, non meramente teorica, e perciò rientra nel concetto di libero accesso anche la comodità dell'accesso, la necessità che non sussistano difficoltà particolari. Non sussiste, perciò, un obbligo di effettuare l'affissione in locali in cui i dipendenti devono passare necessariamente: la norma richiede il libero accesso, quindi accesso non impedito, non difficoltoso, non l'accesso necessitato, non evitabile. Ugualmente la legge non richiede che l'affissione venga effettuata nelle bacheche aziendali, che possono mancare o essere destinate ad altre comunicazioni, e che comunque non rendono più agevole la lettura delle norme. (Cass. 3/10/2007 n. 20733, Pres. Ianniruberto Rel. Monaci, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Marcello Lupoli, 381)
  • L'obbligo dell'affissione del codice disciplinare è inderogabile per tutti quegli illeciti disciplinari specifici che traggono origine dal contratto collettivo o comunque dall'individuazione operata dal datore di lavoro e tali da non poter essere altrimenti conosciuti dal lavoratore attesa la generalità e astrattezza della fonte regolatrice. Ciò non vale per quegli addebiti che rientrano appunto in comportamenti negligenti collegati ai doveri del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa, come nel caso dell'assenza dal lavoro senza giustificazione. (Corte app. Milano 17/9/2007, Pres. castellini Rel. Curcio, in Lav. nella giur. 2008, 203)
  • Nel rapporto di lavoro degli insegnanti della scuola pubblica, ai fini dell'osservanza dell'art. 7 dello statuto dei lavoratori - che prescrive l'affissione delle norme disciplinari vigenti all'interno dell'impresa per rendere conoscibili a tutti i lavoratori le fattispecie di illecito e le relative sanzioni, applicabile anche al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti per il combinato disposto degli artt. 55 e 59 del D.Lgs. 29 del 1993 - deve ritenersi che, tanto per i comportamenti per i quali è prevista la sanzione espulsiva, quanto per quelli per i quali è prevista la sanzione conservativa, l'affissione non sia necessaria ove il comportamento vietato e la sanzione applicabile siano previsti da disposizioni contenute in fonte normativa avente forza di legge, come tale ufficialmente pubblicata e conosciuta dalla generalità. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse negato l'obbligo di affissione, in quanto il capo IV, sez. V, T.U. sulla scuola approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 enumera le sanzioni disciplinari, distingue le diverse fattispecie di illecito e disciplina il relativo procedimento di irrogazione della sanzione). (Cass. 8/1/2007 n. 56, Pres. Mercurio Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2007, 1038) 
  • Se è esatto che non tutti i comportamenti potenzialmente lesivi dell’ordine aziendale debbono formare oggetto di codice disciplinare e, perciò, della messa a conoscenza mediante l’affissione prevista dal comma 1, dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, ciò riguardando le previsioni dei contratti collettivi (o della normativa aziendale) in relazione a specifiche mancanze, laddove l’onere di affissione – per il quale non siano ravvisabili equipollenti – non può in ogni caso estendersi a quei fatti il cui divieto risiede, non già nelle fonti collettive o nelle determinazioni dell’imprenditore, bensì nella coscienza sociale quale “minimum” etico, non è men vero che questo principio è stato enunciato con precipuo riferimento alle sanzione espulsive e non a quelle conservative, poiché, mentre per le prime il potere di recesso dell’imprenditore, in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, è tipizzato e previsto direttamente dalla legge, per le seconde il potere disciplinare del datore di lavoro, solo genericamente previsto dall’art. 2106 c.c. esige necessariamente, per il suo concreto esercizio, la predisposizione di una normativa secondaria, cui corrisponda l’onere della pubblicità, solo in tal guisa potendo trovare piena attuazione l’altro principio, “nullum crimen, nulla poena sine lege”, al quale, conformemente al precetto sovraordinato di cui all’art. 25 della Costituzione, l’art. 7 della legge n. 300 del 1970 ha inteso conferire l’effettività anche con riguardo alla comunità di impresa, al fine di precludere al datore di lavoro di stabilire di volta in volta, caso per caso, la sussistenza dell’infrazione, nonché di scegliere arbitrariamente la sanzione ritenuta applicabile. (Cass. 13/9/2005, n. 18310, Pres. Senese Est. Mozzarella, in Orient. Giur. Lav., con nota di Marco Sartori, “Recesso e potere disciplinare: la diversa intensità dell’onere datoriale della compilazione del codice ai sensi dell’art. 7 SL”, 597)
  • L’affissione del codice disciplinare – la cui mancanza determina, ai sensi dell’art. 7 comma 1 della legge 20 maggio 1970 n. 300, l’illegittimità del licenziamento – non può essere sostituita dalla mera consegna del codice o del Ccnl al lavoratore. (Trib. Milano 2/9/2005, Est. Atanasio, in Orient. Giur. Lav. 2005, 639)
  • L'addebito concernente il conflitto di interessi con la stessa datrice di lavoro, configurando la violazione dei doveri di fedeltà e correttezza, non richiede alcuna pubblicità tramite l'affissione del codice disciplinare. (Trib. Firenze 9/12/2003, Est. Bazzoffi, in D&L 2004, 400, con nota di Massimo Aragiusto, "In tema di affissione del codice disciplinare, violazione del dovere di fedeltà e conciliazione sindacale")
  • L’affissione del codice disciplinare costituisce requisito indispensabile di validità del codice stesso e, pertanto, la sanzione disciplinare irrogata in mancanza dell’affissione del codice è nulla poiché carente di un presupposto essenziale di validità dell’atto. (Trib. Grosseto 31/3/2003, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2004, 1010)
  • La mancata affissione del codice disciplinare determina una violazione dell'art. 7, L. n. 300/1970, con conseguente nullità della sanzione comune inflitta, qualora non si sia in presenza di violazione di norme di legge o comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione. (Trib. Milano 10/12/2002, Est. Martello, in Lav. nella giur. 2003, 591)
  • Per esercitare legittimamente il potere disciplinare il datore di lavoro deve dimostrare di aver portato a conoscenza dei lavoratori il codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti, non potendosi considerare equipollenti mezzi di comunicazione diversi (Pret. Firenze 10/12/98, est. Varriale, in D&L 1999, 603, n. Pavone, Sanzione disciplinare: vizi di forma e domanda di restituzione delle somme trattenute)
  • La mancata affissione del codice disciplinare viola la regola procedurale di cui all'art. 7 c. 1 SL (pubblicità del codice disciplinare), anche quando l'addebito disciplinare riguarda norme etiche o rilevanti penalmente. Da un lato, infatti, tale regola è espressione del principio fondamentale dell'ordinamento secondo il quale chi è perseguito per un'infrazione deve essere posto in grado di conoscere l'infrazione stessa e la relativa sanzione e, dall'altro, la norma etica o penale acquisisce anche rilievo disciplinare solo in forza di un'esplicita operazione di "costruzione" normativa, che richiede quantomeno l'introduzione, nel codice disciplinare pubblicizzato, di una norma di collegamento (nella fattispecie, non risultava affisso il codice disciplinare contenente la norma del contratto collettivo che, prevedendo l'obbligo di tenere nello svolgimento del rapporto di lavoro una condotta conforme ai doveri civici, attribuiva così rilevanza disciplinare a comportamenti costituenti molestie sessuali, quali erano quelli contestati al ricorrente) (Pret. Milano 14/7/94, est. Ianniello, in D&L 1995, 199)