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- Il danno all’immagine, conseguente alla condotta illecita dei pubblici funzionari che scredita l’Amministrazione, pur se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale sotto il profilo della spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso, la cui cognizione spetta alla Corte dei conti. Sul piano dell’imputazione soggettiva della lesione del diritto all’immagine fatta valere nel diritto di responsabilità amministrativo-contabile, la lesione si radica su comportamenti illeciti contrari ai doveri di ufficio tenuti da chi è legato da rapporto di servizio con l’amministrazione, e la conformazione della lesione del diritto e la sua gravità sono segnate dall’esistenza di detto rapporto. Il risarcimento del danno all’immagine va necessariamente determinato in via equitativa ex art. 1226 c.c., valorizzando i costi di ripristino del bene, che hanno valenza economica sotto il profilo del danno emergente (costi del mancato conseguimento della finalità pubblica, dell’inefficienza e inefficacia dell’organizzazione) o di lucro cessante (sotto il profilo dei vantaggi derivanti alla p.a. dall’adesione della generalità dei cittadini) ed allontanandosi così tanto dal risarcimento del danno in senso classico quanto dalla riparazione della sofferenza tipica del danno morale. (Corte dei Conti 18/6/2004 n. 222, Pres. Simonetti Rel. Mastropasqua, in Giur. It. 2004, 1964)
- Il danno alla professionalità attiene alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto dall'art. 2 della Costituzione, avente ad oggetto il diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro secondo le mansioni e con la qualifica spettantegli per legge o per contratto, con la conseguenza che i provvedimenti del datore di lavoro che illegittimamente ledano tale diritto vengono immancabilmente a ledere l'immagine professionale e la vita di relazione del lavoratore, sia in tema di autostima e di eterostima nell'ambiente di lavoro ed in quello socio familiare, sia in termini di perdita di chances per futuri lavori di pari livello. La valutazione di siffatto pregiudizio, per sua natura privo della caratteristica della patrimonialità, non può essere effettuata dal giudice che alla stregua di un parametro equitativo. (Cass. 26/5/2004 n. 10157, Pres. Senese Est. D'Agostino, in D&L 2004, 343)
- Il segretario comunale illegittimamente rimosso da un'Amministrazione comunale che sia stato successivamente collocato in disponibilità da parte dell'Agenzia autonoma per la gestione dei segretari comunali e provinciali ed abbia da questa ottenuto incarichi di reggenza in comuni di fascia inferiore a quello originario, ivi svolgendovi mansioni più semplici, ha diritto al risarcimento del danno alla professionalità ed all'immagine, dovendosi considerare la lesione del prestigio di cui il segretario gode dentro e fuori l'ambiente lavorativo in ragione delle funzioni esercitate. (Trib. Voghera 15/1/2004, Est. Dossi, in D&L 2004, 98)
- La divulgazione a terzi, da parte dell'amministrazione datrice di lavoro, di una contestazione disciplinare, oltretutto non seguita da pari divulgazione del provvedimento di archiviazione del procedimento disciplinare con essa iniziato, lede il diritto di difesa e l'immagine professionale e pubblica del dipendente, in violazione dell'art. 2087 c.c.; il relativo danno deve essere liquidato in via equitativa tenendo conto della posizione lavorativa occupata dal danneggiato e della rilevanza pubblica delle mansioni svolte. (Trib. Milano 21/8/2002, Est. Santosuosso, in D&L 2002, 916, con nota di Maddalena Martina, "Nuovi danni nell'ambito del rapporto di lavoro: breve rassegna di giurisprudenza")
- Ove un'illegittima sanzione disciplinare sia risultata lesiva dell'immagine professionale del dipendente all'esterno dell'azienda, il datore di lavoro è tenuto al relativo risarcimento del danno, desumibile in via equitativa. (Trib. Milano 2/5/2002, Est. Peragallo, in D&L 2002, 659)