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- Il lavoratore ingiustamente licenziato, che non abbia ottenuto l'adempimento della sentenza di reintegra e del correlativo risarcimento del danno, ha diritto al risarcimento del danno ulteriore qualificabile come danno morale, ove provi il patema conseguente all'incertezza determinata dall'impossibilità di poter mantenere la sua famiglia e alla necessità di ricorrere a prestiti; tale danno morale può essere quantificato in via equitativa in misura proporzionale alla retribuzione (nella fattispecie liquidato in 400 euro mensili pari all'incirca il 40% della retribuzione in godimento). (Trib. Milano 23/12/2008, Est. Di Leo, in D&L 2009, con nota di Stefano Muggia, "L'art. 18 SL e il risarcimento del danno ulteriore rispetto alle retribuzioni". 819)
- Non esiste incompatibilità tra responsabilità contrattuale e risarcimento del danno morale, poiché la fattispecie astratta di reato è configurabile anche nei casi in cui la colpa sia addebitata al datore di lavoro per non aver fornito la prova liberatoria richiesta dall'art. 1218 c.c. (Cass. 8/5/2007 n. 10441, Pres. De Luca Est. Maiorana, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di G. Cannati, "Questioni in tema di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro", 571)
- In presenza di una fattispecie contrattuale che, come nelle ipotesi del contratto di lavoro, obblighi uno dei contraenti (il datore) a prestare una particolare protezione volta ad assicurare l'integrità fisica e psichica dell'altro (art. 2087 c.c.) non può sussistere alcuna incompatibilità tra responsabilità contrattuale e risarcimento del danno morale, atteso che la fattispecie astratta di reato è configurabile anche nei casi in cui la colpa sia addebitata al datore di lavoro per non aver fornito la prova liberatoria richiesta dall'art. 1218 c.c. (Cass. 10/1/2007 n. 238, Pres. Senese Est. De Matteis, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Dario Simeoli, "Presunzione di colpa e danno morale; danno biologico e invalidità lavorativa specifica", 670)
- Il lavoratore che richiede al datore di lavoro il risarcimento del danno morale soggettivo connesso al turbamento causato dall'esposizione ad agenti patogeni durante la prestazione lavorativa è tenuto a fornire la prova, anche attraverso il riferimento a circostanze esterne idonee a testimoniare la sussistenza di un'effettiva situazione di sofferenza e disagio, la quale non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato. (Cass. 6/11/2006 n. 23642, Pres. Sciarelli Est. D'Agostino, in ADL 2007, con nota di Fabio Pantano, "La prova del danno morale soggettivo", 534)
- Il risarcimento del danno morale in favore del soggetto danneggiato per lesione del valore della persona umana costituzionalmente garantito prescinde dall'accertamento di un reato in suo danno. (Cass. 21/6/2006 n. 14302, Pres. senese Est. Di Cerbo, in D&L 2006, 807)
- Con riferimento al danno morale derivante da infortunio sul lavoro, grava sul lavoratore l'onere di provare la colpa del datore di lavoro nella commissione del fatto illecito costituente inadempimento dell'obbligo di sicurezza statuito dall'art. 2087 c.c., non essendo applicabile la presunzione legale di colpa di cui all'art. 1218 c.c. a fattispecie che presuppongono la responsabilità penale del datore di lavoro. (Cass. 26/10/2002, n.15133, Pres. Senese, Est. De Luca, in Foro it. 2003, parte prima, 505)
- Le parole presuntuoso, sleale, arrogante, espressa da un superiore gerarchico, ancorché inserite in un rapporto volto ad esprimere le qualità morali ed il carattere del dipendente, hanno nell'accezione comune connotazioni offensive, le quali, soprattutto in atti ufficiali, devono essere risparmiate fin dove possibile. La forma è infatti decisiva a far accettare inevitabili giudizi spiacevoli e, quindi, la tenuta dei rapporti in quella difficile comunità che è l'ambiente di lavoro. Ne consegue il diritto del lavoratore al risarcimento del danno morale derivante dal fatto-reato. (Corte d'appello Milano 23/7/2002, Est. De Angelis, in Lav. nella giur. 2003, 187)
- In caso di compromissione dell'ambiente a seguito di disastro colposo (art. 449 c.p.), il danno morale soggettivo lamentato dai soggetti che si trovano in una particolare situazione (in quanto abitano e/o lavorano in detto ambiente) e che provino in concreto di avere subito un turbamento psichico (sofferenza e patemi d'animo) di natura transitoria a causa dell'esposizione a sostanze inquinanti ed alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all'integrità psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimoniale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all'offesa all'ambiente ed alla pubblica incolumità, anche l'offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale. Il danno morale può intendersi provato se il danneggiato sia rimasto coinvolto in un grave clima di allarme prodotto da un disastro, riportandone un perturbamento psichico che fu conseguenza della sottoposizione a controlli sanitari, resi necessari dall'insorgenza di sintomi preoccupanti. Gli accertamenti sanitari, se numerosi e documentati, se non valgono a dimostrare danni nella sfera della salute causalmente accertati, depongono a confermare quello stato di perturbamento psichico, da disagio e preoccupazione duraturi nel tempo, che è l'essenza del danno morale (fattispecie di residente in territorio del Comune di Severo di danni richiesti in relazione ad episodio di disastro ambientale). (Cass. S.U. 21/2/02, n. 2515, pres. Marvulli, est. Varrone, in Lavoro e prev. oggi 2002, pag. 579)
- Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), l'inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel processo civile a norma degli artt. 651 e 652 c.p.p., comporta che il giudice civile possa accertare "incidenter tantum" l'esistenza del reato - nel caso di ingiuria, riscontrato insussistente in sede di merito - nei suoi elementi obiettivi e soggettivi, individuando l'autore, procedendo al relativo accertamento nel rispetto dei canoni della legge penale (cfr. ex multis Cass. 14/2/00, n. 1643) (Cass. 6/11/00, n. 14443, pres. Trezza, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2287)
- L'offesa della personalità morale del dipendente, attuata dal datore di lavoro direttamente o da un suo esposto, dà luogo a una sofferenza morale, che è fonte di obbligazione risarcitoria per responsabilità sia aquiliana, sia contrattuale ex art. 2087 c.c. (Trib. Milano 2 novembre 1999, est. Frattin, in D&L 2000, 373, n. Mazzone, Lesione di beni immateriali e poteri del Giudice)
- Non sono risarcibili i danni morali ai congiunti del danneggiato in caso di lesioni anche gravissime. Detto orientamento si basa sul riferimento all'art. 1223 c.c. che esclude la risarcibilità dei danni indiretti, osservando al riguardo che la lesione fa soffrire immediatamente e direttamente il danneggiato e solo in via mediata e indiretta i suoi congiunti (Cass. 23/2/99, n. 2037, pres. Grieco, in Riv. Giur. Lav. 2000, pag. 468, con nota di Guerra, Riflessioni sul danno biologico. Spunti critici in tema di risarcibilità del danno biologico iure hereditatis (o successionis) e iure proprio)