Lavoro straordinario

  • Anche al pubblico dipendente è dovuto il compenso per lavoro straordinario autorizzato, anche se illegittimamente (quindi ex art. 2126 c.c.).
    L’infermiere di un ospedale si era visto negare dalla Corte d’appello il richiesto compenso per prestazioni svolte d’estate oltre l’orario ordinario in due diversi anni, con la motivazione dell’assenza di requisiti oggettivi (tra cui l’autorizzazione della Regione) e soggettivi richiesti dal CCNL applicato, in materia di “prestazioni aggiuntive”. 
    La decisione non supera il vaglio della Cassazione, che, pur confermando la correttezza del ragionamento dei giudici di merito, lo ritiene insufficiente a sostenere il rigetto della domanda. Il diritto del lavoratore a vedersi remunerate il lavoro oltre il debito orario deriva, infatti, secondo la Corte, non dalla disciplina delle “prestazioni aggiuntive”, ma da quella del lavoro straordinario, che presuppone unicamente l’autorizzazione, anche implicita, del datore di lavoro (e non anche della Regione) e spetta, a norma dell’art. 2126 cod. civ., anche se tale autorizzazione è illegittima. (Cass. 23/6/2023 n. 18063, Pres. Manna Rel. Bellè, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2023)
  • Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, senza che l’assenza di tale prova possa essere supplita dalla valutazione equitativa del giudice. (Trib. Milano 10/9/2016, Giud. Dossi, in Lav. nella giur. 2017, 99)
  • I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimita anche per essi l’orario normale e tale orario viene in concreto superato, e comunque laddove la durata della prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione. (Cass. 20/6/2016 n. 12687, Pres. Bronzini Rel. Riverso, in Lav. nella giur. 2017, con commento di G.A. Recchia, 58)
  • Premesso che è il soggetto che agisce per ottenere la corresponsione del compensi previsti per il lavoro straordinario a essere gravato dell’onere di fornire prova puntuale delle ore di lavoro svolte, non può dubitarsi che tale onere probatorio investa non solo la prova dello svolgimento della prestazione lavorativa nell’orario normale e la prova dello svolgimento della prestazione lavorativa oltre tale orario, ma anche la prova dell’articolazione di tale prestazione con riferimento a eventuali pause godute al fine di potere puntualmente ricostruire la prestazione resa. (Trib. Firenze 14/1/2015, Giud. Davia, In Lav. nella giur. 2015, 645)
  • Una volta accertato il lavoro straordinario svolto dal dipendente, è necessario verificare l’esatto ammontare del credito maturato per tale titolo, detraendo specificatamente gli importi già percepiti “fuori busta” dal lavoratore nello stesso arco temporale e per il medesimo titolo. (Cass. 2/5/2012 n. 6649, Pres. Miani Canevari Est. Canna, in D&L 2012, 544)
  • Deve escludersi che il compenso corrisposto in maniera fissa e continuativa al lavoratore per lo svolgimento di lavoro straordinario rientri, in difetto di espressa previsione delle parti sociali, nella nozione di retribuzione ai fini del calcolo di talune spettanze economiche, quali le maggiorazioni per ferie e festività e le mensilità aggiuntive. (Trib. Milano 16/6/2009, Giud. Mariani, in Lav. nella giur. 2009, 960)
  • Il lavoro straordinario per potere anche solo teoricamente costituire una parte della retribuzione, tale da concorrere alla base di calcolo per gli ulteriori istituti retributivi, dovrebbe infatti essere caratterizzato da una continuatività, da una abitualità e una predeterminabilità tale da fare assurgere, quantomeno nella percezione delle parti, in sede di esecuzione del rapporto, lo stesso lavoro straordinario come una componente inscindibile della retribuzione contrattualmente determinata. (Trib. Milano 8/5/2009, dott. Lualdi, in Lav. nella giur. 2009, 846)
  • La normativa sulle limitazioni d'orario per i lavoratori dipendenti non trova applicazione nei confronti del personale direttivo delle aziende. Tuttavia, il diritto al compenso per lavoro straordinario può sorgere nei confronti dei dirigenti qualora l'orario normale di lavoro previsto dal contratto individuale o di lavoro e la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza. (Trib. Napoli 11/3/2009, Giud. Guarino, in Lav. nella giur. 2009, 636)
  • La particolare garanzia apprestata dall'art. 36 Cost. a tutela del lavoratore subordinato non si riferisce ai singoli elementi retributivi, bensì al trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario (v sentenza Corte Cost. n. 470 del 2002). Ne consegue che i criteri della proporzionalità e della sufficienza posti dalla citata norma costituzionale a tutela del lavoratore non trovano applicazione in caso di erogazione di un compenso per lavoro straordinario inferiore a quello erogato per l'orario ordinario. (Fattispecie relativa all'attività di operatore di ripresa, svolta senza vincoli di orario, e al passaggio dalla contrattazione collettiva che riconosceva un'indennità commisurata al 25 per cento della retribuzione e della contingenza, ad altra, di diverso contenuto e portata, quantificata nell'8 per cento della retribuzione e della contingenza). (Cass. 19/1/2009 n. 1173, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2009, 628)
  • Sul lavoratore che domandi la corresponsione d'emolumenti per lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, incombe il rigoroso onere della prova delle ore effettivamente lavorate. (Trib. Milano 9/1/2009, Est. Ravazzoni, in Orient. giur. lav. 2009, 51)
  • La prestazione lavorativa eccedente l'orario concordato fra le parti in una misura inferiore a quella massima stabilita dalla legge o dal contratto collettivo, e fino al raggiungimento di questa, va qualificata come straordinario e retribuita a norma dell'art. 2108 c.c., a meno che non venga provata l'esistenza di un accordo fra le stesse parti avente per oggetto il prolungamento dell'orario normale contrattuale fino al limite di quello normale legale o pattuito in sede collettiva. (Cass. 3/12/2008 n. 28715, Pres. Mattone Est. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2009, 412) 
  • Ai fini della validità del patto di conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria, occorre risultino riconosciuti i diritti inderogabili dei lavoratori e che sia determinato quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l'ammontare del compenso per lavoro strordinario, in modo da consentire al giudice il controllo circa l'effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettantegli per legge o in virtù della contrattazione collettiva. (Nella specie la S.C., nel confermare la sentenza di merito, ha osservato che correttamente quest'ultima aveva escluso che il conglobamento dello straordinario nel cosiddetto superminimo violasse il diritto inderogabile di un responsabile di filiale di una società di trasporti e spedizioni alla retribuzione del lavoro straordinario secondo le tariffe fissate dalla contrattazione collettiva). (Cass. 12/11/2008 n. 27027, Pres. De Luca Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2009, 299) 
  • Qualora sussista una specifica e sia pure implicita volontà delle parti intesa ad ampliare l'orario normale di lavoro, conglobandovi lo straordinario fisso e continuativo, nonché a trasformare il relativo compenso in retribuzione ordinaria utile al fini del calcolo degli istituti indiretti, deve riconoscersi il diritto del lavoratore a che le maggiorazioni da lui percepite per lavoro straordinario siano computate ai fini del calcolo della tredicesima mensilità. (Trib. Cassino 14/10/2008, in Lav. nella giur. 2009, 206)
  • E' del tutto legittima perchè non si pone in contrasto né con l'art. 36 Cost., né con l'art. 2108 c.c. la condotta del datore di lavoro che - in presenza della contrattazione che predetermini, nell'esercizio dell'autonomia delle organizzazioni sindacali, un orario normale inferiore rispetto a quello massimo fissato per legge (ora individuato dall'art. 2 del D.Lgs. 66 del 2003) - corrisponda ai propri dipendenti, che abbiano superato il limite convenzionale senza superare quello (massimo) legale, un corrispettivo per il suddetto lavoro inferiore a quello prescritto dall'art. 2108 c.c. per l'orario straordinario (disciplinato attualmente dagli artt. 1, comma 2, lett. c), e 5 del citato D.Lgs. n. 66 del 2003), atteso che il dettato costituzionale deve essere letto non in relazione ai singoli elementi retributivi, ma al complessivo trattamento economico riconosciuto al lavoratore subordinato e, inoltre, perchè l'inderogabilità del menzionato art. 2108 c.c. opera soltanto in presenza di violazioni dei tetti massimi di "orario normale", previsti da norme legislative. (Cass. 16/7/2007 n. 15781, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2008, 193, e in Riv. it. dir. lav. 2008, 1302)
  • In ossequio alla norma dell'art. 2108 c.c. per la quale il lavoro straordinario deve essere compensato con un aumento di retribuzione rispetto al lavoro ordinario, nel determinare i criteri di calcolo di tale compenso, il giudice, in assenza di un principio generale di onnicomprensività della retribuzione, pur in presenza di emolumenti aventi carattere di continuità e natura retributiva, deve prendere a riferimento la norma collettiva che fissa i criteri di compenso del lavoro straordinario, verificandone la coerenza con la norma di legge in relazione alle modalità di fissazione della base di computo. (Cass. 7/2/2007 n. 2645, Pres. Senese Est. cuoco, in Lav. nella giur. 2007, 1028)
  • Nel vigore della disciplina precedente alla riforma recata dal d.lgs. n. 66/2003, doveva considerarsi legittima la condotta del lavoratore che, in presenza di un contratto collettivo che fissi un limite di orario normale inferiore a quello fissato dalla legge, corrispondesse ai propri dipendenti, i quali avessero superato il limite convenzionale ma non quello legale, un corrispettivo inferiore a quello previsto dall'art. 5 del r.d.l. n. 692/1923 per l'orario straordinario. (Cass. 17/10/2006 n. 22233, Pres. Ravagnani Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Mario Quaranta, "Lo straordinario contrattuale nella giurisprudenza di legittimità", 355)
  • Quando un rapporto negoziale a tempo indeterminato si prolunga per un lasso di tempo rilevante, il suo contenuto non è più costituito soltanto dalle pattuizioni originarie, ma anche da quelle successive, nonchè da tutte le modificazioni avvenute, anche in via orale e per fatti concludenti, durante il corso del rapporto stesso. (Fattispecie relativa a un'attribuzione patrimoniale che aveva originariamente la funzione di compenso forfetario per lavoro straordinario divenendo nel corso del tempo un superminimo). (Cass. 13/10/2006, n. 22050 Pres. Lamorgese Est. Monaci, in D&L 2007, con nota di Marcella Mensi, "Trasformazione del compenso per lavoro straordinario in superminimo", 162, e in ADL 2007, con nota di Natalia Paci, "Qunado il compenso forfetario per lavoro straordinario si trasforma in superminimo. L'interpretazione dei contratti a tempo indeterminato", 523)
  • La prestazione del lavoro straordinario può essere richiesta dal datore di lavoro anche in maniera non esplicita, con la creazione di condizioni che lo rendano necessario, e con la mancata contestazione, una volta che dello stesso sia venuta conoscenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato Poste Italiane a corrispondere il compenso per lavoro straordinario al direttore di agenzia che era stato costretto a trattenersi oltre il normale orario di lavoro per le continue assenze dell'unico addetto allo sportello, trasmettendo all'azienda precisi rendiconti mensili con apposito statino). (Cass. 7/7/2006 n. 15499, in Lav. nella giur. 2007, 87)
  • Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, e la valutazione sull'assolvimento dell'onere probatorio costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se correttamente e logicamente motivato. In particolare, qualora il dipendente di una associazione sindacale abbia prestato all'interno della stessa sia attività di lavoro subordinato che attività politico-sindacale, quale eletto a cariche associative, trattandosi di attività distinte che avrebbero potuto essere svolte da persone fisiche diverse, deve qualificare separatamente le percentuali di impegno. (Cass. 25/5/2006 n. 12434, Pres. Sciarelli Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2006, 1223, e in Dir. e prat. lav. 2007, 133)
  • La prestazione fornita oltre il normale orario di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva ma non oltre l’orario legale (40 ore settimanali) può essere retribuita con una maggiorazione inferiore a quella di cui all’art. 2108 c.c.(Cass. 17/3/2006 n. 5922, Pres. Mileo Rel. Vidiri, In Lav. Nella giur. 2006, 914)
  • Non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 7, 5° comma, DL 19/9/02 n. 384 (convertito, con modificazioni, nella L. 14/11/92 n. 438) nella parte in cui, per le prestazioni di lavoro straordinario, esclude una retribuzione maggiorata, o addirittura consente un compenso inferiore rispetto al lavoro ordinario, così violando l’art. 4, 2° comma, della Carta sociale europea (ratificata con L. 9/2/99 n. 30) in contrasto con quanto previsto dagli artt. 11 e 117 Cost., quanto all’adempimento da parte dello Stato italiano agli obblighi internazionali che traggono origine da fonte convenzionale. (Trib. Genova 1/10/2004, ord., in D&L 2005, con nota di Vincenzo Ferrante, “Sulla costituzionalità delle norme che negano il diritto del lavoratore alle maggiorazioni retributive per il lavoro straordinario”, 217)
  • Nell’ipotesi di lavoro discontinuo – come quello di autista adibito a trasporto merci – caratterizzato da attese non lavorate, durante le quali il dipendente può reintegrare con pause di riposo le energie psico-fisiche consumate, è configurabile l’espletamento di lavoro straordinario solo allorquando, malgrado detta discontinuità, sia convenzionalmente prefissato un preciso orario di lavoro ed il relativo limite risulti in concreto superato – occorrendo, all’uopo, che venga fornita la prova relativamente a modalità e tempi del servizio prestato nell’arco di tempo compreso tra l’orario di lavoro iniziale e quello finale dell’attività lavorativa, in modo da consentire di tener conto delle pause di inattività -, oppure l’attività lavorativa prestata dal dipendente oltre il limite dell’orario massimo legale, non operante nei suoi confronti, sia, alla stregua del concreto svolgimento del rapporto di lavoro, irrazionale e pregiudizievole del bene dell’integrità fisica del lavoratore stesso. (Nella specie, la sentenza impugnata – confermata dalla S.C. – aveva rigettato la domanda proposta da autista delle Ferrovie dello Stato addetto al trasporto di operai svolgenti lavoro sulle linee, nonostante fosse pacifico l’orario iniziale e finale del servizio, mancando la prova che il lavoratore fosse stato impiegato in prestazioni di servizio durante tutto il relativo arco temporale). (Cass. 20/4/2004 n. 7577, Pres. Sciarelli Rel. Capitanio, in Dir. e prat. lav. 2004, 2534)
  • Spetta al lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il pagamento del lavoratore effettuato oltre l'orario normale di lavoro provare i fatti che testimoniano lo svolgimento delle prestazioni straordinarie, ulteriori rispetto a quelle già risultanti come retribuite dalle buste paga prodotte in causa. Pertanto la domanda non basata su fatti che ne dimostrano la fondatezza non può essere accolta. (Trib. Milano 12/8/2003, Est. Riva Crugnola, in Lav. nella giur. 2004, 87)
  • Il compenso per lavoro straordinario forfettizzato non può considerarsi quale normale retribuzione in virtù della continuità dell'erogazione e della mancata verifica da parte del datore di lavoro sull'effettivo espletamento di lavoro straordinario, con la conseguenza che esso non è coperto dalla garanzia di irriducibilità della retribuzione e può essere unilateralmente escluso dalla volontà unilaterale del datore in conseguenza di una diversa organizzazione del lavoro che comporti la verifica delle prestazioni straordinarie effettivamente rese dal lavoratore e del pagamento delle stesse a norma di contratto. (Trib. Milano 2/5/2003, Est. Cincotti, in Lav. nella giur. 2003, 1177)
  • In applicazione del Ccnl Metalmeccanici, le prestazioni di lavoro straordinario, la cui frequenza e continuità derivano, con il consenso dei lavoratori, da una specifica programmazione datoriale, che ne predetermina l'orario settimanalmente, e sono oggettivamente connaturate alla stessa organizzazione aziendale del lavoro, tanto da assumere il carattere di normalità, i relativi incrementi retributivi debbono essere ricompresi nel concetto di retribuzione globale di fatto. I medesimi compensi per il lavoro straordinario, essendo sistematici e continuativi, devono anche ritenersi compatibili ai fini del calcolo della tredicesima o gratifica natalizia e della retribuzione per ferie, con accessori. (Trib. Cassino 4/2/2003, Est. Di Giulio, in Lav. nella giur. 2003, 592)
  • In caso di ripartizione dell'orario su periodi ultrasettimanali in base all'art. 4 R.D.L. n. 692/23, il computo del lavoro straordinario va effettuato sul periodo ultrasettimanale definito dal contratto collettivo, purché non siano superati i limiti legali massimi dell'orario settimanale e giornaliero (Cass. 4/12/00, n. 15419, pres. Ianniruberto, in Lavoro giur. 2001, pag. 431, con nota di Martinucci, Il lavoro straordinario nell'orario multiperiodale)
  • Quando la contrattazione collettiva introduce nella regolamentazione dell'orario di lavoro normale massimo e dello straordinario una disciplina più favorevole per il lavoratore rispetto a quella legale, e fa riferimento per il calcolo dello straordinario a una media da rispettarsi entro un arco temporale più lungo di una settimana, non devono mai essere superati i limiti di orario normale massimo e di straordinario stabiliti dalla legge, al fine di tutelare la salute psicofisica del lavoratore (nella specie, si trattava di determinare il criterio di computo dello straordinario di un lavoratore con orario settimanale di 37,5 ore in turni organizzati secondo cicli di otto settimane) (Cass. 4/12/00, n. 15419, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 483, con nota di Bano, Sul sistema di computo dello straordinario)
  • L’art. 7, 5° comma, DL 19/9/92 n. 384 convertito con modificazione nella L. 14/11/92 n. 438 – il quale obbliga determinati datori di lavoro a corrispondere per il 1993 (termine successivamente prorogato dall’art. 3, 36° comma della L. 24/12/93 n. 537 e dall’art. 1, 66° comma, della L. 23/12/96 n. 662 fino al 31 dicembre 1999) i compensi soggetti a rivalutazione automatica nella stessa misura in essere al 1992 – si riferisce unicamente ai meccanismi automatici d’indicizzazione, mentre per gli incrementi di fonte contrattuale, previsti dal 1° comma del citato art. 5 il blocco introdotto per il 1993 non è stato prorogato; ne segue che il legittimo incremento delle voci retributive contrattate deve incidere anche sul compenso per lavoro straordinario. Così interpretato l’art. 7, 5° comma, cit., non determina l’effetto denunciato – e cioè che un’ora di lavoro straordinario, notoriamente più gravosa, verrebbe retribuita in misura inferiore a un’ora di lavoro ordinario – e pertanto non contrasta con l’art. 36 Cost. (Corte Cost. 9/6/99 n. 242, pres. Granata, rel. Guizzi, in D&L 1999, 795)
  • Lo svolgimento di lavoro straordinario comporta l'esercizio effettivo di un'attività e risulta perciò più oneroso dell'obbligo di reperibilità, il quale si risolve invece in una mera prestazione "di attesa", con la conseguenza che la diversa configurazione degli istituti opportunamente determina anche una corrispondente differenziazione del loro trattamento economico (Trib. Milano 5/10/96, pres. Gargiulo, est. Ruiz, in D&L 1997, 137, nota BALLI, Maneggio denaro e reperibilità: una interessante pronuncia)
  • Ove l'impresa, per soddisfare proprie esigenze tecniche o produttive, richieda al lavoratore, nel corso dell'orario giornaliero di lavoro, di rendere la prestazione lavorativa in località diverse dalla sede abituale di lavoro, compete la retribuzione prevista per il lavoro straordinario, per tutte le ore eccedenti il normale orario giornaliero, anche se impiegate per gli spostamenti dalla sede abituale di lavoro al luogo della prestazione e viceversa (Trib. Torino 27/4/96, pres. Gamba, est. Mancuso, in D&L 1996, 1008)
  • I compensi per lavoro straordinario continuativo, essendo emolumenti di natura retributiva e di carattere non occasionale, vanno inclusi sia nel computo dell'indennità di anzianità, ex art. 2121 c.c. vecchio testo, sia nel computo del TFR, ex art. 2121 c.c., come novellato dalla L. 297/82 (Cass. 25/7/95 n. 8102, pres. Pontrandolfi, est. Rapone, in D&L 1996, 172. In senso conforme, v. Pret. Milano 3/2/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 660)