Art. 36 Cost.

  • La giusta retribuzione costituzionalmente garantita non necessariamente coincide con il trattamento minimo fissato dalla contrattazione collettiva, né rileva, nel relativo giudizio di adeguatezza, l’eventuale disparità di trattamento fra lavoratori della medesima posizione, in virtù della insussistenza nel nostro ordinamento di un diritto soggettivo alla parità di trattamento. (Cass. 4/7/2018 n. 17421, Pres. Doronzo Est. Esposito, in Riv. It. Dir. lav. 2019, con nota di E. de Marco, “Contratto collettivo e giusta retribuzione nella recente giurisprudenza di legittimità”, 133)
  • L’art. 36 Cost. si limita a stabilire il principio di sufficienza e adeguatezza della retribuzione prescindendo da ogni comparazione intersoggettiva e l’art. 3 Cost. impone l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma non anche nei rapporti tra privati: conseguentemente la mera attribuzione di un trattamento retributivo superiore a parità di mansioni non potrebbe mai costituire fondamento del diritto di altri lavoratori al medesimo superiore compenso, ma solo al risarcimento del danno laddove risulti provata non solo la mera disparità di trattamento (fatto di per sé legittimo), ma anche l’illegittimità del comportamento datoriale, attraverso la prova dell’intento discriminatorio. (Trib. Milano 4/11/2013, Giud. Trifone, in Lav. nella giur. 2014, 90)
  • Il fatto che il lavoratore subordinato abbia commesso un illecito a discapito del datore di lavoro, legittima quest’ultimo a proporre una azione di risarcimento e a ottenere poi la compensazione con i controcrediti del lavoratore, ma non gli attribuisce il diritto a ottenere dal giudice una riduzione delle retribuzioni dovute al prestatore, in sede di adeguamento, ex art. 36, comma 1, Cost. (Cass. 17/1/2011 n. 896, Pres. Roselli Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2011, 317)
  • La giusta retribuzione ex art. 36 Cost. deve essere adeguata anche in proporzione all'anzianità di servizio acquisita, in considerazione del miglioramento qualitativo nel tempo della prestazione. (Cass. 7/7/2008 n. 18584, Pres. De Luca Est. Bandini, in Orient. della giur. del lav. 2008, 549) 
  • Ove il rapporto di lavoro sia regolato da un contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell'attività svolta dall'imprenditore, il giudice, per valutare la sufficienza della retribuzione del lavoratore ai sensi dell'art. 36 Cost., può utilizzare la disciplina collettiva del diverso settore come parametro di raffronto e quale criterio orientativo, limitatamente alla retribuzione base, senza riguardo per gli altri istituti contrattuali ed esclusa ogni autonoma applicazione. (Cass. 4/6/2008 n. 14791, Pres. Mattone Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2009, 1167)
  • Ove la retribuzione prevista nel contratto di lavoro, individuale o collettivo, risulti inferiore alla soglia minima prevista dall’art. 36 Cost., la clausola contrattuale è nulla e, in applicazione del principio di conservazione, espresso nell’art. 1419, 2° comma, c.c., il giudice adegua la retribuzione secondo i criteri dell’art. 36 Cost., con valutazione discrezionale che, specialmente nell’ipotesi in cui la retribuzione ritenuta inadeguata sia contenuta in un contratto collettivo, deve essere effettuata con la massima prudenza e adeguatamente motivata, giacchè difficilmente il giudice è in grado di apprezzare le esigenze economiche e politiche sottese all’assetto degli interessi concordato dalle parti sociali. (Cass. 1/2/2006 n. 2245, Pres. Senese Est. D’Agostino, in D&L 2006, con n. Silvia Bianchi, “La discrezionalità del giudice nella determinazione dell’equa retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost.”, 557)
  • Il fatto che alcuni sindacati riescano ad ottenere condizioni retributive più favorevoli non postula automaticamente che il ccnl con trattenuta inferiore firmato da sigle sindacali diverse da quelle tradizionali violi l’art. 36 Cost.; accordare privilegio al ccnl stipulato da sindacati (probabilmente con maggior seguito di iscritti), in mancanza di specifiche allegazioni di violazione dei parametri dell’art. 36 Cost., finirebbe per violare il principio costituzionale della libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost. (Corte app. Genova 1/6/2005 n. 387, Pres. Russo Rel. Ravera, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Alessia Muratorio, 1061)
  • La particolare garanzia apprestata dall’art. 36 Cost., a tutela del lavoratore subordinato, non si riferisce ai singoli elementi retributivi, bensì al trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario, come riconosciuto da C. Cost. n. 470 del 2002. Pertanto i criteri della proporzionalità e della sufficienza posti dalla citata norma costituzionale a tutela del lavoratore non trovano applicazione in caso di erogazione di un compenso per lavoro straordinario inferiore a quello erogato per l’orario normale. (Cass. 24/3/2004, n. 5934, Pres. Ianniruberto Est. Vidimi, in Giust. Civ. 2005, 458)
  • E' legittima la statuizione del giudice di merito che determini la retribuzione ex art. 36 Cost. in misura inferiore ai minimi contrattuali nazionali, col solo richiamo a condizioni ambientali e territoriali, perché il precetto costituzionale è rivolto ad impedire ogni forma di sfruttamento del dipendente, anche quando trovi radice nella situazione socio-economica del mercato del lavoro. Tuttavia non è contraria a quel precetto costituzionale la determinazione differenziata della retribuzione in relazione alle diverde capacità economiche dei datori di lavoro: la medesima attività, valutabile in una certa misura dalla grande impresa, può esserla in misura minore dal datore di lavoro dotato di mezzi modesti e perciò assoggettato a sacrifici patrimoniali non oltre certi limiti, oltrepassati i quali sarebbe a rischio la sua stessa sopravvivenza economica. (Cass. 15/11/2001, n. 14211, Pres. Ianniruberto, Est. Roselli, in Argomenti dir. lav. 2003, 379)
  • Ai fini della determinazione della giusta retribuzione a norma dell'art. 36 Cost. nei confronti di lavoratore dipendente da datore di lavoro non iscritto ad organizzazione sindacale firmataria di c.c.n.l., residente in zona depressa, con potere di acquisto della moneta accertato come superiore alla media nazionale, il giudice del merito può discostarsi dai minimi salariali stabiliti dal contratto collettivo, non direttamente applicabile al rapporto, ma assunto come valore parametrico, ad una triplice condizione: che utilizzi dati statistici ufficiali, o generalmente riconosciuti, sul potere di acquisto della moneta e non la propria scienza privata; che consideri l'effetto già di per sé riduttivo della retribuzione contrattuale insito nel principio del minimo costituzionale; che l'eventuale riduzione operata non leda il calcolo legale della contingenza stabilita dalla legge 26 febbraio 1986, n. 38. (Cass. 26/7/2001, n. 10260, Pres. Sciarelli, Est. De Matteis, in Argomenti dir. lav. 2003, 381)
  • L’art. 36 Cost. deve trovare applicazione anche nei confronti dei lavoratori extracomunitari. Pertanto gli stranieri assunti con qualifica di infermiere e contratto di diritto privato nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’art. 9 L. 28/2/90 n. 39 hanno diritto – nonostante la diversa disposizione di cui al DM 5/3/91 n.174 – al pagamento dell’indennità integrativa speciale, atteso che la decurtazione della stessa determina una riduzione della retribuzione di entità tale da ledere i principi costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione (Pret. Monza 4/9/96, est. Gardoni, in D&L 1997, 606, nota Romeo)
  • Il controllo giudiziale ex art. 36 Cost. sulla proporzionalità e sufficienza della retribuzione, anche se stabilita dai contratti collettivi, non può spingersi fino a porre a raffronto i compiti di alcune figure professionali con quelli di altre, al fine di graduarne le retribuzioni, trattandosi di attività riservata all'autonomia individuale e collettiva (Pret. Pisa 31/1/95, est. Schiavone, in D&L 1995, 921, con nota di IANNIELLO)