Lavoro dei detenuti

  • E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 24, secondo comma, 111, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, l'art. 69, sesto comma, lettera a), della L. 26 luglio 1975, n. 354, che, nell'attribuire al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere in ordine alle controversie di lavoro promosse dai detenuti, dette regole processuali inidonee - se riferite alle controversie di lavoro - ad assicurare un nucleo minimo di contraddittorio e di difesa, quale spetta a tutti i cittadini nei procedimenti giurisdizionali. (Cost. 27/10/2006 n. 341, Pres. Bile Rel. Silvestri, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Adriano Morrone, 151, e in Dir. e prat. lav. 2007, 125 e in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Monica Vitali, "La Corte Costituzionale assegna alla giurisdizione del Giudice del lavoro le controversie sul lavoro penitenziario", 599 e in D&L 2007, con nota di Marco Peruzzi, "Configurazione giuridica e tutela processuale del lavoro penitenziario", 651)
  • Il lavoro prestato dai detenuti all'interno dello stabilimento in cui sono ristretti in favore dell'amministrazione penitenziaria, oppure all'esterno alle dipendenze di altri datori di lavoro, pur essendo assimilabile all'ordinario rapporto di lavoro, a seguito della entrata in vigore della L. 10 ottobre 1986, n. 663, è sottratto alla competenza giurisdizionale del giudice di lavoro, potendo essere fatte valere soltanto con reclamo avanti al magistrato di sorveglianza. (Corte d'appello Milano 31/7/2002, Pres. Mannacio, Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2003, 291)
  • A seguito dell'entrata in vigore della L. 10/10/86 n. 663, le pretese del detenuto lavoratore concernenti l'attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remunerazione, nonché lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali possono essere fatte valere soltanto con reclamo davanti al magistrato di sorveglianza e non più con ricorso davanti al giudice del lavoro (in motivazione, la Cassazione ha precisato che la precedente competenza del pretore del lavoro doveva ritenersi coerente con la mancanza della previsione di un procedimento di natura giurisdizionale sui reclami dei detenuti lavoratori, posto che il magistrato di sorveglianza provvedeva sugli stessi con un ordine di servizio, e cioè con un atto amministrativo non impugnabile, ma che detta competenza era venuta meno con l'introduzione - ad opera della legge citata - di uno speciale procedimento giurisdizionale all'esito del quale il magistrato decide con ordinanza impugnabile soltanto per cassazione) (Cass. S.U. 14/12/99 n. 899, in Foro it. 2000, pag. 434, con nota di Iozzo e in Dir. lav. 2000, pag. 449, con nota di Fabozzi, Lavoro carcerario e competenza del magistrato di sorveglianza)
  • La competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro in ordine alle controversie relative al lavoro prestato dai detenuti all'interno o all'esterno dello stabilimento penitenziario presso il quale è applicata la pena restrittiva della libertà personale deve ritenersi sussistente - in base al principio tempus regit actum - con riferimento alle controversie introdotte anteriormente all'entrata in vigore della L. 10/10/86 n. 663 (Cass. S.U. 21/7/99, n. 490, pres. Favara, in Dir. lav. 2000, pag. 449, con nota di Fabozzi, Lavoro carcerario e competenza del magistrato di sorveglianza)