Giudicato

 

  • In tema di nullità del termine apposto a un contratto di lavoro subordinato, non può dirsi formato il giudicato implicito sulla questione della validità del termine per il solo fatto che, in un precedente giudizio di impugnativa del recesso datoriale dal medesimo contratto, il giudice abbia ritenuto inapplicabile l’art. 18 St. lav. in ragione della natura a tempo determinato del contratto, atteso che può costituire oggetto di giudicato implicito soltanto la situazione di fatto che si pone come antecedente logico necessario della pronuncia resa sul fatto costitutivo fatto valere e non anche la questione pregiudiziale in senso tecnico, disciplinata dall’art. 34 c.p.c., che indica una situazione distinta e indipendente dal fatto costitutivo dedotto e che è oggetto, tranne che una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti, solo di un accertamento incidentale. (Cass. 17/4/2018 n. 9409, Pres. Di Cerbo Est. Marchese, in Riv. It. dir. lav. 2018, con nota di L. Di Paola, “Giudicato implicito ‘deducibile’ e frazionamento della tutela giurisdizionale con riferimento alle azioni di impugnativa negoziale nell’ambito del rapporto di lavoro”, 962)
  • In presenza di una pluralità di contratti a tempo determinato, qualora il primo contratto della serie sia dichiarato illegittimo, con conseguente trasformazione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, la stipulazione dei successivi contratti non incide sulla già intervenuta trasformazione del rapporto, salva la prova di una novazione ovvero di una risoluzione anche tacita del medesimo, sicché, una volta accertata con sentenza passata in giudicato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ogni successiva stipulazione di contratti a termine intervenuta “medio tempore”, così come il contenzioso giudiziale pendente relativo a essi, non può incidere su detto accertamento. (Cass. 9/3/2018 n. 5714, Pres. Nobile Est. Amendola, in Riv. It. dir. lav. 2018, con nota di L. Di Paola, “Giudicato implicito ‘deducibile’ e frazionamento della tutela giurisdizionale con riferimento alle azioni di impugnativa negoziale nell’ambito del rapporto di lavoro”, 962)
  • Ai sensi dell’art. 2909 c.p.c., l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti a terzi né può essere, quindi, vincolante per questi ultimi; tuttavia, il giudicato può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a tale situazione (nella specie, relativamente alla legittimità del licenziamento intimato dalla società distaccante a un dipendente distaccato, la Corte ha ritenuto che a nulla rilevava la sentenza passata in giudicato che aveva accertato l’insussistenza dei danni lamentati dalla società fruitrice e causati da condotte scorrette poste in essere dal lavoratore distaccato che costituivano le ragioni del licenziamento. (Cass. 8/1/2015 n. 57, Pres. Macioce Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2015, 411)
  • L’art. 295 c.p.c., la cui ragione fondante è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, fa esclusivo riferimento all’ipotesi in cui fra due cause pendenti davanti allo stesso giudice o a due giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico, la sospensione necessaria del processo non è configurabile nell’ipotesi di contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull’ “an debeatur” e di quello sul “quantum”, fra i quali esiste un rapporto di pregiudizialità solamente in senso logico, essendo in tal caso applicabile l’art. 337, secondo comma, c.p.c., il quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di tale processo. (Cass. 24/6/2014 n. 14274, Pres. Stile Rel. Maisano, in Lav. nella giur. 2014, 920)
  • Affinché il giudicato esterno, che è rilevabile d'ufficio, possa far stato nel processo, è necessaria la certezza della sua formazione, la quale deve essere provata attraverso la produzione della sentenza con il relativo attestato di cancelleria; per converso, non può essere invocata come giudicato esterno una sentenza di merito impugnata per cassazione, producendo copia del ricorso e del controricorso, al fine di dimostrare che questi non riguardano la questione attualmente controversa, in quanto - salvi i casi in cui l'avvenuta formazione del giudicato appaia quale fatto incontestabile ictu oculi - l'esistenza dell'impugnazione e il conseguente nonché imprevedibile sviluppo della lite non permettono di avere certezza circa il carattere definitivo delle statuizioni sulla questione. (Cass. 2/4/2008 n. 8478, Pres. Sciarelli Est. Roselli, in Dir. e prat. lav. 2008, 2433)
  • Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative a un punto fondamentale comune a entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo e il petitum del primo (principio affermato in controversia insorta tra le stesse parti, ancorchè per un diverso periodo temporale, già risolta nel senso che il socio di una società cooperativa artigiana, che svolga lavoro personale, anche manuale, nell'impresa, è considerato, ai contributivi e delle prestazioni, come un dipendente della società, la quale è tenuta a versare i contributi sugli utli corrisposti allo stesso per i lavori assunti dalla società nella misura prevista per i dipendenti del settore artigiano, senza che a ciò sia di ostacolo l'esistenza di diverse prestazioni lavorative eventualmente assunte dal socio esternamente alla società, nella qualità di titolare di una impresa artigiana individuale, con il versamento dei relativi contributi). (Cass. 8/1/2007 n. 67, Pres. Mercurio Est. Celentano, in Lav. nella giur. 2007, 824) 
  • La sentenza pronunciata a norma dell'art. 444 c.p.p. non è una vera e propria sentenza di condanna, essendo a questa equiparata solo a determinati fini e, ai sensi dell'art. 445 c.p.p. - nella formulazione anteriore alla modifica apportata dalla l. 27 marzo 2001 n. 97 - non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi; siffatta sentenza, che non può acquisire autorità di giudicato, non rileva ai fini della definizione di un processo civile avente a oggetto la legittimità di un licenziamento fondato esclusivamente su una disposizione del contratto collettivo che consente la risoluzione del rapporto di lavoro nell'ipotesi di condanna a pena detentiva comminata al lavoratore, con sentenza passata in giudicato, per azione commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro. (Cass. 29/3/2006 n. 7196, Pres. Senese Est. Lamorgese, in Giust. civ. 2007, 1260) 
  • Anche in relazione a controversie in senso lato “collettive”, cioè coinvolgenti le medesime questioni tra il datore di lavoro e i suoi dipendenti, il giudicato formatosi tra la parte datoriale e uno o più di quei dipendenti, in merito ad una questione che possa in termini identici interessare ad altri lavoratori rimasti estranei alla controversia con tale giudicato conclusasi, ed essere oggetto di altri giudizi tra lo stesso datore ed altri suoi dipendenti, non estende a questi ultimi la sua efficacia, neppure in termini di “efficacia riflessa”, a ciò ostando il principio contenuto nell’art. 2909 c.c. a norma del quale l’efficacia del giudicato è estesa solo alle parti, ai loro eredi ed aventi causa. (Cass. 1/6/2005 n. 11677, Pres. Mileo Rel. Figurelli, in Dir. e prat. lav. 2006, 300)
  • Il giudicato esterno è rilevabile d'ufficio e la deduzione dei fatto costitutivi del medesimo non sono soggetti ai termini di decadenza propri del rito del lavoro. (Corte d'appello Venezia 26/1/2004, Pres. Pivotti Est. Lendaro, in D&L 2004, 463, con nota di Marco Orsenigo, "Decreto ingiuntivo ed effetti del giudicato")
  • Fra due giudicati contrastanti il secondo prevale sul primo. (Corte d'appello Venezia 26/1/2004, Pres. Pivotti Est. Lendaro, in D&L 2004, 463, con nota di Marco Orsenigo, "Decreto ingiuntivo ed effetti del giudicato")
  • Il giudicato che si forma sull’azione con cui il lavoratore, nel corso del rapporto di lavoro, abbia chiesto l’accertamento dell’inclusione di una o più voci contrattuali nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, non preclude una successiva domanda che si riferisce a voci retributive differenti. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto operante, nei confronti di una domanda avente ad oggetto l’inclusione dello straordinario fisso e continuativo nella base di calcolo del Tfr, la preclusione da giudicato in relazione a precedente sentenza di accertamento riguardante l’inclusione nella suddetta base di calcolo di altre voci previste dal CCNL). (Cass. 21/11/2003 n. 17754, Pres. Mattone Rel. Figurelli, in Lav. e prev. oggi 2004, 360)
  • Qualora due giudizi tra le stesse parti vertano sul medesimo rapporto giuridico, l'accertamento compiuto in ordine allo stesso con sentenza passata in giudicato preclude il riesame dal punto deciso in un nuovo processo, anche se quest'ultimo abbia una causa petendi in parte diversa (nella fattispecie è stata accolta l'eccezione di cosa giudicata in relazione alla domanda di impugnazione di un recesso per nullità del termine, essendosi già formato in altro giudizio il giudicato sulla domanda di illegittimità del medesimo recesso per violazione di un preteso obbligo di riassunzione). (Corte d'Appello Napoli, 19/4/2001, Pres. Vitiello Est. Villari, in D&L 2002, 219)
  • Il giudicato formatosi sulla domanda del lavoratore fondata su una determinata norma di contratto integrativo aziendale non si estende alla domanda di identico contenuto in seguito azionata dal lavoratore qualora, successivamente al passaggio in giudicato della precedente sentenza, la contrattazione integrativa aziendale abbia subito sostanziali modifiche (Pret. Milano 25/11/97, est. Sala, in D&L 1998, 432) <