In genere

  • Incompleta comunicazione ai sindacati e violazione dei criteri di scelta: illegittimo il licenziamento collettivo di 17 magazzinieri.
    La sentenza si segnala primo di tutto per l’ampia motivazione, che ripercorre quasi tutti i problemi giuridici e interpretativi postisi in materia di licenziamenti collettivi ai sensi della legge 223/1991. Il Giudice trentino condanna la società a reintegrare i lavoratori espulsi all’esito della procedura di licenziamento collettivo e a corrispondere loro un’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni perse dalla data del recesso. Il Tribunale ritiene che il datore di lavoro, nell’inviare l’informazione preventiva prevista dall’art. 4, commi 2 e 3, L. 223/1991, abbia fornito informazioni non chiare, imprecise e incomplete in ordine all’organizzazione del lavoro, tali da impedire alle organizzazioni sindacali di partecipare efficacemente alla trattativa per la riduzione del personale. Inoltre, prosegue il Giudice, nel caso di specie risultano violati anche i criteri di scelta del personale da licenziare, dato che la società non aveva incluso nella platea dei soggetti interessati dalla procedura anche le posizioni altri dipendenti, impiegati presso diversi punti vendita, oggettivamente fungibili con quelle dei ricorrenti. (Trib. Trento 5/6/2023, Giud. Flaim, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2023)
  • In tema di licenziamenti collettivi, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi a comunicare il numero complessivo dei lavoratori eccedenti senza che occorra l’indicazione, nella comunicazione iniziale, degli uffici o dei reparti con eccedenza. (Cass. 30/9/2015 n. 19457, Pres. Bandini Est. Bronzini, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Vincenzo Del Gaiso, “Brevi note sul licenziamento collettivo finalizzato alla riduzione del costo del lavoro”, 16)
  • La conclusione di un accordo sindacale al termine della procedura di mobilità, pur non determinando la sanatoria di eventuali vizi della procedura, è elemento sintomatico dell’adeguatezza della precedente comunicazione di avvio. (Cass. 14/4/2015 n. 7490, Pres. Macioce Est. Amendola, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Azzurra de Salvia, “I vizi formali della procedura di licenziamento collettivo tra interpretazioni giurisprudenziali e interventi legislativi sostanzialistici”, 29)
  • In materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la l. n. 223/91 ha innovato la procedura e, nell’attribuire alle organizzazioni sindacali un incisivo potere di controllo esercitabile mediante richiesta di informazioni e consultazioni, ha ridotto lo spazio di intervento giurisdizionale che non può interessare gli specifici motivi della riduzione del personale, ma solo la correttezza procedurale dell’operazione che dovrà essere quindi misurata alla luce del disposto degli artt. 4 e 5 della stessa legge. (Trib. Milano 3/7/2013, Giud. Moglia, in Lav. nella giur. 2013, 1048)
  • In tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione del personale dalla l. n. 223/1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione del personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, nel caso del progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione. (Cass. 26/4/2011 n. 9348, Pres. Foglia Est. Curzio, in Lav. nella giur. 2011, 737)
  • In materia di licenziamenti collettivi, la l. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzxata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, a un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione. I residui spazi di controllo devoluti al giudice non riguardano più gli specifici motivi della riduzione di personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo), ma la correttezza procedurale dell'operazione. (Cass. 14/6/2007 n. 13876, Pres. Senese Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Caffio, "Sui profili causali nei licenziamenti collettivi: rilevanza giuridica e nesso di causalità", 185)
  • La comunicazione scritta preventiva di cui al secondo comma dell'art. 4, l. n. 223/1991, che deve essere inviata, a norma del terzo comma dello stesso articolo, dall'impresa che intende procedere a licenziamenti per riduzione del personale alle r.s.a. e alle rispettive associazioni di categoria, deve contenere l'insieme delle informazioni idonee a porre le organizzazioni stesse in grado di esercitare il compito di controllo dei motivi della scelta datoriale, loro spettante per legge, anche quando tale scelta consista nella cessazione dell'attività. La suddetta comunicazione non può pertanto limitarsi ad affermare che la "situazione di eccedenza deriva dalla definitiva cessazione dell'attività commerciale dell'unità produttiva in oggetto con la conseguente impossibilità di fare ricorso a qualsivoglia strumento alternativo per gestire le eccedenze evidenziate". (Cass. 16/6/2005 n. 12940, Pres. Senese Est. Di Cerbo, in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di Gaia Giappichelli, "Anche la cessazione di attività imprenditoriale deve essere motivata nella comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo", 156)
  • Le informazioni prescritte dall'art. 4, comma 3, L. n. 223/1991 debbono essere tali da consentire all'interlocutore sindacale di esercitare un effettivo controllo sulla programmata riduzione del personale, previa una cognizione piena sia della forza lavoro complessivamente impiegata, sia del numero e dei profili professionali del personale eccedente, anche al fine di valutare eventuali misure alternative al programma di esubero. (Trib. Grosseto 2/7/2003, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2004, 91)
  • Non una qualsiasi omissione o carenza nelle informazioni prescritte per le comunicazioni di cui all'art. 4, comma 3, L. n. 223/1991 comporta l'inefficacia dei licenziamenti per riduzione del personale, ma solo quei vizi della comunicazione che possono assumere rilievo ai fini di una compiuta, trasparente e consapevole consultazione sindacale, tanto da compromettere il corretto svolgimento dell'esame congiunto ed incidere quindi sulla correttezza dei provvedimenti finali. Trib. Grosseto 6/3/2003, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2003, 689)
  • Posto che l'art. 59 comma 6, l. 27/12/97 n. 449 non ha efficacia derogatoria della normativa di cui alla l. 23/7/91, n. 223, sono illegittimi i licenziamenti collettivi comminati in esecuzione di un accordo sindacale che individua come eccedentari tutti i dipendenti che hanno raggiunto la massima contribuzione utile per la pensione di anzianità, in assenza della lettera formale di apertura della mobilità nonché in mancanza di un qualsiasi coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali costituite. (Corte Appello Milano 23/2/01, pres. Mannaccio, est. Ruiz, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 377)
  • I licenziamenti collettivi disciplinati dalla l. n. 223/91 possono avere validità ed efficacia soltanto nell'osservanza delle norme imperative che ne regolano la procedura e che ne consentono l'adozione nell'obbligatoria osservanza del termine di centoventi giorni dalla conclusione della procedura di cui all'art. 4, commi sesto , settimo e ottavo, della citata l. n. 223/91 (v. art.8, comma quarto, D.L. n. 148/93, convertito nella l. n. 236/93). Pertanto, entro il suddetto termine devono intervenire altresì le comunicazioni alle organizzazioni sindacali e agli uffici del lavoro previste dal comma nono del medesimo art. 4 (dovendo in tal senso essere intesa la contestualità rispetto al recesso che la disposizione stessa espressamente richiede). Ne consegue che, ferma restando la possibilità di porre rimedio alla originaria mancanza o al vizio delle suddette comunicazioni mediante la loro tardiva esecuzione o la loro rinnovazione, si deve ritenere, in mancanza di ulteriori specificazioni legislative, che la suddetta attività di sanatoria possa essere compiuta esclusivamente entro lo stesso ambito temporale e , cioè, nell'immediatezza del licenziamento (Cass. 9/10/00, n. 13457, pres. De Musis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1015)
  • La legittimità dei licenziamenti collettivi, disciplinati dalla L. 23/7/91 n. 223 dipende dal regolare svolgimento di una serie di adempimenti formali, tra cui - tra gli altri - vi è l'obbligo, ex art. 4 L. 23/7/91 n. 223, di indicare puntualmente le modalità di applicazione dei criteri di scelta; pertanto, l'inosservanza anche di una sola delle fasi procedurali disciplinate dalla legge, oltre a configurare un'ipotesi di condotta antisindacale ex art. 28 SL, si ripercuote sul provvedimento finale adottato nei confronti del singolo lavoratore, che dunque può agire in giudizio per ottenere l'accertamento di inefficacia del licenziamento (Cass. sez. un. 11 maggio 2000 n. 302, pres. Vela, est. Prestipino, in D&L 2000, 691, n. Muggia; in Riv. Giur. Lav. 2001, pag. 119, con nota di Muggia e Veraldi, Cassa integrazione e licenziamenti collettivi al vaglio delle Sezioni Unite)
  • Va escluso che i lavoratori coinvolti dalla procedura di mobilità rientrino nel novero dei soggetti destinatari della comunicazione d'avvio della procedura prevista dall'art. 4 L. 223/91 (Cass. 5/4/00, n. 4228, pres. De Tommaso, in Foro it. 2000, pag. 2842)
  • La procedimentalizzazione della messa in mobilità di cui agli artt. 4 e 5 L. 23/7/91 n. 223, fa sì che l'iniziativa imprenditoriale di ridimensionare l'impresa sia sottoposta a un controllo non più giurisdizionale a posteriori ma sindacale a priori, con l'ulteriore conseguenza che il rispetto delle regole procedurali previste dalla legge, sempre che la procedura si sia conclusa con un accordo sindacale, impedisce di mettere in discussione la realtà della trasformazione e della riduzione dell'attività, nonché l'impossibilità di un utile impiego dei lavoratori licenziati, restando a questo punto al giudice solo il potere di verificare il corretto rispetto dei criteri di scelta, fatta sempre salva la possibilità di provare che la riduzione del personale sia in realtà volta alla sostituzione di una componente della forza lavoro con altra o di attuare discriminazioni inerenti la persona dei singoli lavoratori, o anche la maliziosa esclusione dei poteri di controllo da parte delle organizzazioni sindacali (Cass. sez. lav. 12 ottobre 1999 n. 11455, pres De Tommaso, est. Vidiri, in D&L 2000, 123, n. MUGGIA, Licenziamenti collettivi: tutto ai sindacati, niente ai giudici)