Altre comunicazioni

  • La indicazione nella comunicazione agli organismi sindacali di avvio della procedura di licenziamento per riduzione di personale, dei profili professionali del personale eccedente, a norma della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, non è validamente integrata dalla sola indicazione delle generiche categorie degli operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti, mentre la conclusione, nell’ambito della procedura di consultazione, di un accordo tra il datore di lavoro e i sindacati sul licenziamento collettivo non può ritenersi idonea a rendere irrilevante, ai fini della legittimità dei licenziamenti, l’indicata carenza della comunicazione iniziale se anche l’accordo non contiene le necessarie indicazioni sui profili professionali dei lavoratori destinatari dei licenziamenti. (Cass. 22/6/2012 n. 10424, Pres. Roselli Est. Toffoli, in Orient. Giur. Lav. 2012, 382)
  • In tema di licenziamenti collettivi, la procedimentalizzazione di tali licenziamenti, per come prevista dall’art. 4 della legge n. 223/1991, con particolare riguardo agli adempimenti informativi nei confronti delle organizzazioni sindacali e della pubblica amministrazione, porta a escludere la applicazione analogica dell’onere di comunicazione dei motivi, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 604/1966, al singolo lavoratore che ne faccia richiesta, ben potendo lo stesso ottenere informazioni dagli uffici pubblici destinatari delle comunicazioni predette. Né a conclusioni diverse può giungersi per effetto della modifica apportata a tale ultima norma dalla legge n. 92/2012, posto che, a ogni modo, la previsione opera con esclusivo riferimento all’ipotesi di licenziamento individuale. (Trib. Cosenza 19/3/2014, Giud. Sacco, in Lav. nella giur. 2014, 614)
  • L'incompletezza della comunicazione di apertura della procedura di mobilità costituisce inadempimento dell'obbligo informativo allorché non consenta all'interlocutore sindacale un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale; ne consegue l'inefficacia dei licenziamenti effettuati, senza che possa attribuirsi alcuna efficacia sanante all'eventuale accordo raggiunto in proposito con le organizzazioni sindacali. (Cass. 23/5/2008 n. 13381, Pres. Mattone Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Maria Teresa Salimbeni, "La Cassazione ribadisce l'acausalità del licenziamento collettivo e una valenza attenuata degli obblighi procedurali ai fini della legittimità del procedimento", 915)
  • Nella comunicazione ex art. 4 L. 23/7/91 n. 223 devono sempre essere indicati, a prescindere dalla causa dell'esubero, i motivi che hanno impedito il ricorso a misure alternative al fine di consentire al sindacato di esercitare efficacemente il ruolo di cogestione assegnatogli dalla legge. L'inosservanza della procedura di cui all'art. 4 L. 23/7/91 n. 223 per non avere indicato i motivi che hanno impedito il ricorso a misure alternative ai licenziamenti, non può essere sanata dal successivo raggiungimento di un accordo sindacale. L'art. 5, 3° comma, L. 23/7/91 n. 223 individua espressamente nel lavoratore il soggetto legittimato ad impugnare il provvedimento di recesso reso inefficace dall'inosservanza della procedura prevista dall'art. 4 stessa legge. (Cass. 9/9/2003 n. 13196, Pres. Senese Est. Guglielmucci, in D&L 2004, con nota di Alba Civitelli, "Chiusura di un sito produttivo ed obbligo di comunicazione dei motivi che impediscono misure alternative ai licenziamenti", 149)
  • E' inefficace il licenziamento intimato a lavoratori in C.i.g.s. collocati in mobilità in violazione degli obblighi di informazione e trasparenza che la legge n. 223/91 pone a carico dell'azienda per le varie fasi della procedura di integrazione salariale straordinaria, di messa in mobilità o di licenziamenti collettivi, in quanto tutte le garanzie procedimentali che essa dispone assolvono una duplice funzione: per un verso, porre le organizzazioni sindacali in grado di concordare la scelta dei lavoratori da sospendere; per altro verso, assicurare la tutela degli interessi dei lavoratori. Stante tale duplice funzione prevista dal legislatore, la violazione dell'obbligo della comunicazione (e del pari l'esistenza di vizi inerenti al contenuto di tale obbligo), investendo un elemento essenziale (non meramente formale o marginale) della complessa fattispecie, è causa diretta di illegittimità del provvedimento finale, da far valere nel rispetto del termine di 60 giorni, perché preclude la verifica del corretto esercizio del potere del datore e impedisce il perseguimento dello scopo che la legge si prefigge. A tale vizio procedurale può essere dato rimedio mediante il compimento dell'atto mancante o mediante la rinnovazione dell'atto viziato (Cass. S.U. 27/6/00, n. 461, pres. Vela, est. Prestipino, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 144, con nota di Papaleoni, Le S.U. ritornano su mobilità e obblighi di comunicazione)
  • L’omissione della preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali prescritta dall’art. 4, 2° comma, L. 23/7/91 n. 223 da parte dell’impresa che intende avviare la relativa procedura di mobilità non determina vizio di nullità, ove di fatto l’individuazione delle procedure e dei criteri di scelta dei lavoratori eccedenti sia stata operata d’accordo con le OO.SS. (Pret. Milano 22/3/99, est. Sala, in D&L 1999, 541)
  • L’indicazione da parte del datore di lavoro, nella lettera di apertura della procedura di mobilità, dell’appartenenza del personale eccedente alla categoria operaia e dell’assegnazione dello stesso a due dei tre stabilimenti aziendali nonché il semplice richiamo alla mancata attivazione degli strumenti di reimpiego del personale previsti da un precedente accordo sindacale non sono sufficienti ad assolvere gli obblighi, stabiliti dall’art. 4, 2° e 3° comma, L. 23/7/91 n. 223, di preventiva comunicazione dei profili professionali e della collocazione aziendale di tale personale e di indicazione dei motivi ostativi all’adozione di misure alternative al licenziamento. Ne consegue l’inefficacia del licenziamento collettivo disposto a seguito di una procedura così viziata (Pret. Milano 27/2/99, est. Marasco, in D&L 1999, 309)
  • Non adempie l’obbligo di informazione ex art.4, 3° comma, L.23/7/91 n. 223 il datore di lavoro che si limiti a comunicare i nomi dei licenziandi con le relative qualifiche e che richiami precedenti incontri sindacali, né tale omissione può essere sanata nella successiva fase dell’esame congiunto (Cass. 30/10/97 n. 10716, pres. Mattone, est. Roselli, in D&L 1998, 366)