Oneri probatori

  • In materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 3, L. n. 604 del 1966) grava sul datore di lavoro l’onere di provare, tra l’altro, le ragioni inerenti alle attività produttive che rendono impossibile impiegare il dipendente nella organizzazione aziendale, da accertare in base agli elementi di fatto sussistenti alla data della comunicazione del recesso, spettando al giudice di verificarne l’effettiva ricorrenza attraverso un apprezzamento delle prove incensurabile in sede di legittimità, se effettuato con una motivazione coerente e completa (confermato il licenziamento del lavoratore; il settore in crisi e le consistenti perdite di fatturato legittimava il licenziamento). (Cass. 25/1/2021 n. 1508, Pres. Raimondi Est. Cinque, in Lav. nella giur. 2021, 417)
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore ha l’onere di allegare l’illegittimo rifiuto del datore di continuare a farlo lavorare in assenza di un giustificato motivo, mentre incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e prova dell’esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche l’impossibilità del c.d. repêchage, ossia dell’inesistenza di altri posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore. (Cass. 24/9/2019 n. 23789, Pres. Nobile Rel. Blasutto, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di M.T. Salimbeni, “La reductio ad unum di GMO e repechage”, 627)
  • Sebbene non sussista un onere del lavoratore di indicare quali siano i posti disponibili in azienda ai fini del repêchage, gravando la prova dell’impossibilità di ricollocamento sul datore di lavoro, una volta accertata, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, tale impossibilità, la mancanza di allegazioni del lavoratore circa l’esistenza di una posizione lavorativa disponibile vale a corroborare il descritto quadro probatorio. (Cass. 24/9/2019 n. 23789, Pres. Nobile Rel. Blasutto, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di M.T. Salimbeni, “La reductio ad unum di GMO e repechage”, 627)
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo obiettivo, la prova della impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento del possibile repêchage con mansioni diverse e anche inferiori a quelle originariamente svolte, mediante all’allegazione della esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato; a tale allegazione corrisponde l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità del lavoratore nei posti predetti. (Cass. 12/8/2016 n. 17091, Pres. Di Cerbo Est. Esposito, in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di F. Colella, “Ripartizione degli oneri deduttivi e assertivi in tema di repêchage: punto fermo o punto interrogativo?”, 12, e in Lav. nella giur. 2017, con commento di F.M. Giorgi, 169)
  • Poiché onere di allegazione e onere probatorio non possono che incombere sulla medesima parte, nel senso che chi ha l’onere di provare un fatto primario (costitutivo del diritto azionato o impeditivo, modificativo o estintivo dello stesso) ha altresì l’onere della relativa compiuta allegazione, non incombe sul lavoratore l’onere di indicare posizioni di lavoro in cui essere utilmente reintegrato. (Cass. 5/1/2017 n. 160, Pres. Venuti Est. Lorito,  in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di F. Colella, “Ripartizione degli oneri deduttivi e assertivi in tema di repêchage: punto fermo o punto interrogativo?”, 12)
  • In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi e indiziari, l’effettività delle ragioni che giustificano l’operazione di riassetto. (Trib. Firenze 7/11/2014, Giud. Taiti, in Lav. nella giur. 2015, 421)
  • Laddove il lavoratore prospetti la concreta possibilità di un suo “recupero” nella organizzazione dell’impresa, grava sul datore di lavoro l’onere di provare l’impossibilità di continuare a utilizzare il dipendente destinandolo ad altre mansioni equivalenti. E ciò anche alla luce della riorganizzazione aziendale nel suo complesso considerata. (Trib. Cassino 15/4/2014, Giud. Verasani, in Lav. nella giur. 2014, 932)
  • A fronte della generica indicazione contenuta nel ricorso, con cui si impugna un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di ulteriori servizi gestiti dalla società resistente cui avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore licenziato, quest’ultima deve fornire una prova rigorosa in ordine alle caratteristiche dell’organico in forza al momento del licenziamento, anche con riguardo a posizioni lavorative collocate al di fuori della provincia in cui prestava la propria attività il dipendente licenziato. (Trib. Varese 4/9/2013, ord., Giud. Fumagalli, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Carmen Di Carlussio, “Licenziamento economico: alternative di reimpiego prospettabili al lavoratore e sanzioni per il caso di omesso repêchage”, 168)
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro, cui era addetto il lavoratore licenziato, ha l’onere di provare che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte – intendendosi per posizioni di livello equivalente quelle del medesimo livello di inquadramento contrattualcollettivo, pur in presenza di mansioni e competenze professionali diverse –, nonché di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale. (Trib. Roma 8/8/2013, ord., Giud. Pagliarini, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Carmen Di Carlussio, “Licenziamento economico: alternative di reimpiego prospettabili al lavoratore e sanzioni per il caso di omesso repêchage”, 167)
  • L’onere del datore di lavoro di provare l’impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba essere inteso con elasticità, non può essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un’attività di natura autonoma, esterna all’azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, specialmente se agli altri dipendenti siano state offerte ben più valide alternative. (Cass. 23/5/2013 n. 12810, ord., Pres. La Terza Rel. Filabozzi, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Carmen Di Carlussio, “Licenziamento economico: alternative di reimpiego prospettabili al lavoratore e sanzioni per il caso di omesso repêchage”, 167)
  • Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto alla sopravvenuta inidoneità del lavoratore, il lavoratore ha diritto a essere ricollocato in altra posizione di lavoro adattabile alle sue condizioni, anche con ragionevoli costi a carico dell’impresa; l’onere della prova a carico del datore di lavoro si estende sino all’impossibilità della ricollocazione del lavoratore anche a seguito di ragionevoli modifiche organizzative. (Trib. Ravenna 30/11/2011, Est. Riverso, in D&L 2012, con nota di Yara Serafini, “La tutela del posto di lavoro in caso di sopravvenuta inidoneità allo svolgimento delle mansioni: estensione dell’obbligo di repêchage”, 566)
  • Qualora il lavoratore contesti la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo basato sulla necessità di ridurre il personale, il datore di lavoro deve provare l’effettiva necessità di soppressione del posto o di dover organizzare diversamente l’impresa nonché l’impossibilità di assegnare il ricorrente ad altro incarico. Nel caso in cui sorga la necessità di dimostrare l’effettiva consistenza dell’organico, ai fini dell’applicazione della tutela reale o di quella obbligatoria, ricade sul datore di lavoro l’onere di provare che le dimensioni dell’impresa sono inferiori a quelle minime previste dall’art. 18 della l. 20 maggio 1970, n. 300. (Cass. 22/11/2011 n. 24573, Pres. Roselli Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, 192)
  • Il datore di lavoro che intende licenziare per giustificato motivo oggettivo ha l’onere di provare di non potere adibire il lavoratore a una mansione diversa da quella per la quale era stato assunto, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 13 della l. n. 300/1970 (principio del cosiddetto repechage). Tuttavia, l’onere probatorio del datore di lavoro, concernendo un fatto negativo, va assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, ad esempio dimostrando che i residui posti di lavoro al tempo del recesso fossero stabilmente occupati o che, dopo il licenziamento, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione, se e in quanto i nuovi assunti non vadano a ricoprire le posizioni lasciate vacanti dai lavoratori licenziati. Il lavoratore deve fornire deduzioni e allegazioni che prospettino la possibilità di una diversa e adeguata utilizzazione. (Trib. Prato 17/11/2011, Giud. Barracca, in Lav. nella giur. 2012, 313)
  • La circostanza che dopo il licenziamento non siano stati assunti altri lavoratori nel settore per il quale il lavoratore licenziato aveva offerto la propria disponibilità non è da sola sufficiente a provare l’impossibilità di reimpiegare il lavoratore stesso. (Cass. 24/5/2011 n. 11356, Pres. Lamorgese Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Fabio Massimo Gallo, 144)
  • Il licenziamento che, per quanto formalmente intimato per giustificato motivo oggettivo, risulti essere stato adottato per ragioni di carattere ritorsivo, la cui prova può anche essere desunta da una valutazione presuntiva fondata su indizi gravi, precisi e concordanti, deve essere dichiarato nullo, in quanto sorretto da un motivo illecito determinante, con conseguente applicazione del regime della tutela reale, a prescindere dal requisito dimensionale della società datrice di lavoro e anche in favore dei dirigenti. (Cass. 1/12/2010 n. 24347, Pres. Vidiri Est. Ianniello, in D&L 2010, 1141, con nota di Andrea Bordone, "Il licenziamento ritorsivo: prova presuntiva e tutela reale", 1141)
  • È onere del datore di lavoro fornire la prova dell’effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dell’esistenza del nesso di causalità tra le ragioni inerenti all’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro e il licenziamento del lavoratore e dell’impossibilità di impiegare quest’ultimo in altri ruoli e mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. (Trib. Milano 24/3/2009, Est. Bianchini, in Orient. Giur. Lav. 2009, 168) 
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettiv, intimato a lavoratore che abbia sempre svolto la sua attività in via telematica dal proprio domicilio, a causa del trasferimento delle stesse mansioni a lavoratori attivi presso gli uffici della convenuta in altra città, uffici ai quali il dipendente licenziato già faceva capo, occorre la prova rigorosa delle ragioni per le quali dette prestazioni non possono continuare a essere effettuate, come in precedenza, dal domicilio del lavoratore stesso. (Trib. Roma 8/1/2009, Giud. Emili, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Alessandro Gallo, 609)
  • In tema di requisiti di legittimità del recesso spetta al datore di lavoro la dimostrazione che tutti i posti residui equivalenti a quello del lavoratore, dipendente licenziato, sono stabilmente occupati da altri lavoratori; non è comunque possibile gravare il datore di lavoro di una prova diabolica o negativa e impossibile in forza del principio di creazione giurisprudenziale, non esistente nella legge e informato al concetto estrema ratio del licenziamento, che per quanto giustificato dalla tutela costituzionale del lavoro e del singolo lavoratore trova un limite nella tutela anche della libertà di impresa. Quindi tale onere inerente alla rigorosa prova dell'impossibilità di una diversa allocazione del licenziato va temperato con il richiedere che anche il lavoratore indichi circostanze di fatto utili a dimostrare o anche a far presumere l'esistenza, nell'ambito dell'azienda, di posti di lavoro cui poter essere adibito. (Trib. Milano 1/7/2008, dott. Taraborrelli, in Lav. nella giur. 2009, 95) 
  • Il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la verifica dell'assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'onere di provare tre fatti: l'effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa, la relativa incidenza sulla posizione rivestita in azienda dl lavoratore licenziato o un riassetto organizzativo per una più razionale ed economica gestione dell'azienda e l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti. (Trib. Milano 19/2/2008 D.ssa Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2008, 960)
  • Il datore di lavoro che proceda a licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha l'onere di dimostrare l'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti a quelle svolte prima della riorganizzazione aziendale; grava comunque sul lavoratore l'onere di allegazione e indicazione precisa della possibilità di essere adibito ad altre mansioni, al fine di far valere il relativo onere probatorio contrario datoriale. (Cass. 10/5/2007 n. 10672, Pres. Ianniruberto Est. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Marco Novella, "I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento", e con nota di Pietro Ichino, "Il costo sociale del licenziamento e la perdita aziendale attesa per la prosecuzione del rapporto come oggetto del bilanciamento giudiziale", 989)
  • Nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo grava sull'imprenditore l'onere di provare sia l'effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, sia l'impossibilità di ricollocare diversamente il dipendente licenziato nell'ambito dell'organizzazione aziendale, sia la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti occupazionali, che impediscono l'applicazione della disciplina generale di cui all'art. 18 SL. (Trib. Pistoia 20/4/2007, Est. De Marzo, in D&L 2007, con nota di Chiara Mancini, "Spunti in tema di sottoscrizione e motivazione della lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e di prova del requisito dimensionale", 1213)
  • In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per soppressione del posto di lavoro presso l’unica sede sita nel territorio nazionale di un’impresa sopranazionale, deve escludersi che la stessa debba fornire la prova della non reimpiegabilità del lavoratore anche al di fuori dei confini italiani e in relazione a tutte le sedi secondarie collocate nei diversi stati membri dell’Ue. (Trib. Milano 13/10/2004, Est. Bianchini, in D&L 2005, con nota di Enrico U. M. Cafiero, “L’obbligo di repêchage si applica solo nell’ambito del territorio nazionale?”, 226)
  • L’onere della prova del motivo illecito del licenziamento è in capo al lavoratore che può raggiungerla anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti. (Trib. Milano 7/10/2004, Est. Atanasio, in D&L 2005, con nota di Alba Civitelli, “Sul licenziamento discriminatorio”, 237)
  • La prova in ordine al concreto assolvimento dell'obbligo di repechege può essere accolta, concernendo un fatto negativo, mediante la dimostrazione di fatti positivi corrispondenti come il fatto che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori, o il fatto che, dopo il licenziamento e per un congruo periodo, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione. (Trib.Pascarella, in Lav. nella giur. 2003, 590) Roma 12/2/2003, Est.
  • L'esistenza o meno del giustificato motivo oggettivo deve essere valutata sulla base di elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso e non su circostanze future ed eventuali. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro ha l'obbligo di provare l'impossibilità di assegnare al dipendente mansioni equivalenti, ma tale onere, concernendo un fatto negativo, può essere assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, come la stabile occupazione, al momento del recesso, dei residui posti di lavoro relativi a mansioni equivalenti, o il fatto che dopo il licenziamento-e per un congruo periodo-non sia stata effettuata alcuna assunzione nella stessa qualifica. (Cass. 14/12/2002 n. 17928, Pres. Ed Est. Putaturo, in D&L 2003, 403, con notadiMuggia, "Licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo: fatti rilevanti ed onere della prova") Roberto
  • Se è a carico del datore di lavoro l'onere di provare l'effettiva necessità di ridimensionare la struttura produttiva e l'impossibilità di utilizzare altrimenti il lavoratore in mansioni equivalenti, un onere minimo di allegazione dei fatti che provino la pretestuosità del licenziamento spetta al lavoratore (Cass. 18/11/98, n. 11646, in Dir. Lav. 2000, pag. 31, con nota di Lepore)
  • Non assolve l'onere della prova dell'impossibilità di reimpiego del lavoratore per perdita di appalto cui era adibito, il datore di lavoro che abbia contestualmente assunto, in osservanza di norma collettiva, altri lavoratori precedentemente impiegati da diversa impresa su appalto successivamente acquisito dal medesimo datore di lavoro (Pret. Monza, sez. Desio, 31/10/95, est. Barberis, in D&L 1996, 495)
  • Nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro deve provare che la risoluzione del rapporto di lavoro è dovuta a serie e concrete ragioni di carattere produttivo – organizzativo e che non vi siano possibilità di adibire il lavoratore licenziato a mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte (Cass. 24/6/94 n. 6067, pres. Mollica, est. Amore, in D&L 1995, 436)
  • In relazione all'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'art. 3 L. 604/66, l'onere del datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di un'altra utilizzazione dei lavoratori licenziati va assolto mediante la dimostrazione di fatti positivi come il fatto che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori e il fatto che, dopo il licenziamento e per un congruo periodo, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione nella stessa qualifica dei lavoratori licenziati; tale dimostrazione deve concernere tutte le sedi dell'attività aziendale, essendo sufficiente la limitazione all'azienda cui erano addetti i lavoratori licenziati solo nel caso di preliminare rifiuto dei medesimi a trasferirsi altrove (Cass. 3/6/94 n. 5401, pres. Buccarelli, est. Putaturo, in D&L 1995, 190, nota MUGGIA, Risarcimento da licenziamento illegittimo: vecchia e nuova disciplina)