Tempestività della contestazione

  • La contestazione disciplinare deve essere tempestiva, dovendosi tuttavia considerare eventuali ritardi legati a particolari circostanze, quali il tempo necessario al reale accertamento dei fatti o la complessità dell’organizzazione dell’impresa. (Cass. 24/12/2020 n. 29595, Pres. Balestrieri Rel. Boghetich, in Lav. nella giur. 2021, 420)
  • Se 13 mesi di ritardo vi sembran pochi per escludere la violazione del principio di immediatezza della contestazione.
    Nel caso esaminato, il licenziamento disciplinare impugnato era motivato dalla contestazione, intervenuta dopo oltre 13 mesi dai fatti, di alcune irregolarità nel rimborso delle spese di trasferta. La Corte conferma (con una motivazione di 47 righe... tutte d’un fiato) la decisione dei giudici di merito che avevano respinto la domanda in base a una duplice considerazione: a) il ritardo nella contestazione non poteva fondare l’affidamento del lavoratore sull’irrilevanza o la remissione del fatto, data l’esistenza di una precedente sanzione disciplinare per fatti analoghi; b) la plausibilità di un così prolungato controllo, successivo alla conoscenza dei fatti, per la necessità di una verifica più accurata anche con informazioni presso i clienti visitati dal dipendente o gli alberghi frequentati nell’occasione. Ora, è vero che la Corte di Cassazione ha un controllo molto limitato sulla motivazione delle decisioni della Corte d’appello, che non si estende all’eventuale insufficienza della stessa, ma in questo caso più che di motivazione, sembra trattarsi del principio di immediatezza della contestazione, il cui contenuto normativo rischia di sfumare nell’assoluta indifferenza. 
    (Cass. 6/4/2020 n. 7703, Pres. Di Cerbo Rel. De Marinis, in Wikilabour, Newsletter n. 8/2020)
  • In tema di licenziamento disciplinare, un fatto non tempestivamente contestato dal datore non può essere considerato insussistente ai fini della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 St. lav., come modificato dalla l. n. 92 del 2012, trattandosi di violazione radicale che impedisce al giudice di valutare la commissione effettiva dello stesso anche ai fini della scelta tra i vari regimi sanzionatori. (Cass. 31/1/2017, n. 2513, Pres. Nobile Est. Bronzini, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di L. Di Paola, “Difetto di tempestività della contestazione disciplinare: violazione procedurale e/o sostanziale?”, 503)
  • Il principio di immediatezza della contestazione disciplinare deve essere inteso in senso relativo, specie nell’ipotesi in cui l’accertamento e la conseguente valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale più ampio oppure quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso; in tali ipotesi, dunque, il citato principio è compatibile con il trascorrere di un intervallo di tempo, più o meno lungo, restando in ogni caso riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto possono giustificare o meno il ritardo in questione. (Cass. 15/6/2016 n. 12337, Pres. Napoletano Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2016, 927)
  • La regola desumibile dall’art. 7 della L. n. 300 del 1970, secondo cui l’addebito deve essere contestato immediatamente, va intesa in un’accezione relativa, ossia tenendo conto delle ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti contestati (da effettuarsi in modo ponderato e responsabile anche nell’interesse del lavoratore a non vedersi colpito da incolpazioni avventate), soprattutto quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione ordinaria, sicché l’intimazione del licenziamento può seguire l’ultimo di questi fatti, anche a una certa distanza temporale da quelli precedenti. (Corte app. Bologna 5/3/2014, Pres. Brusati Rel. Mantovani, in Lav. nella giur. 2014, 613)
  • Il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo. E infatti, esso risulta in concreto compatibile anche con un intervallo di tempo più o meno lungo, allorché l’accertamento e la valutazione dei fatti sia laborioso e richieda uno spazio temporale maggiore. (Cass. 17/9/2013 n. 21203, Pres. Lamorgese Est. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 83, e in Lav. nella giur. 2014, con commento di Francesco Barracca, 782)

  • In materia di licenziamento disciplinare, il principio dell’immediatezza della contestazione, che trova fondamento nella legge 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, commi 3 e 4, mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per poter contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti, e, dall’altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile, con la conseguenza che, ove la contestazione sia tardiva, si realizza una preclusione all’esercizio del relativo potere e l’invalidità della sanzione irrogata. (Cass. 27/6/2013 n. 16227, Pres. Stile Rel. Napoletano, in Lav. nella giur. 2013, 954)
  • Nel licenziamento per motivi disciplinari il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito e della tempestività del recesso datoriale deve essere interpretato in senso in senso relativo, potendo in concreto sussistere un intervallo di tempo abbastanza lungo quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richiedono un periodo maggiore. Il lasso di tempo trascorso tra il momento in cui si sono verificati i fatti oggetto di addebito (gennaio 2010-febbraio 2011) e il momento in cui gli stessi sono stati contestati al ricorrente (maggio 2011), appare congruo anche in considerazione dei tempi necessari alla società per raccogliere i documenti ed effettuare i doverosi accertamenti del caso, tra cui anche lo svolgimento di una perizia calligrafica. (Trib. Milano 22/11/2012, Giud. Gasparini, in Lav. nella giur. 2013, 204)
  • L’immediatezza della contestazione disciplinare deve essere intesa in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in dipendenza della complessità delle indagini da compiere e della maggiore articolazione dell’attività dell’impresa. (Cass. 21/12/2010 n. 25856, Pres. Foglia Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2011, 319)
  • Il criterio dell’immediatezza della contestazione di addebito, che nel licenziamento per giusta causa si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso, va intesa in senso relativo, rilevando la natura dell’illecito disciplinare e le ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti da parte del datore di lavoro; da che, qualora i fatti contestati vengano a comporre un’unica condotta ed esigano una valutazione unitaria, la contestazione dell’addebito può seguire l’ultimo di questi fatti anche a una certa distanza temporale da quelli precedenti (nel caso di specie, tra la chiusura dell’indagine conoscitiva da parte della banca, avviata dall’ultima condotta sospetta, e l’inizio del procedimento disciplinare erano trascorsi 40 giorni). (Cass. 13/12/2010 n. 25136, Pres. Roselli Est. Nobile, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Lara Lazzeroni, “Il parametro dell’immediatezza della contestazione di addebito”, 79)
  • Il principio di immediatezza della contestazione che, per il suo carattere relativo impone un bilanciamento degli interessi (datoriali e del lavoratore) sottesi al procedimento di disciplina, "non consente di individuare nella potenziale rilevanza penale dei fatti accertati e nella conseguente denuncia all'autorità requirente circostanze di per sé solo esonerative dall'obbligo di immediata contestazione, in considerazione della rilevanza che tale obbligo assume rispetto alla tutela dell'affidamento e del diritto di difesa del lavoratore incolpato, sempre che i fatti riscontrati facciano emergere, in termini di ragionevole certezza, significativi elementi di responsabilità a carico del lavoratore. (Trib. Milano 2/9/2010, Giud. Cipolla, in Lav. nella giur. 2010, 1142)
  • L'immediatezza della contestazione deve essere valutata in comparazione con la fattispecie concreta, la cui struttura può essere composta da una pluralità di atti e fatti, singolarmente insufficienti a determinare il corretto avvio del procedimento disciplinare. (Cass. 17/9/2008 n. 23739, Pres. Mattone Rel. Roselli, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Giampiero Golisano, 161) 
  • Nel licenziamento disciplinare la contestazione dell'addebito e la comminatoria del licenziamento possono essere contenute nel medesimo atto, se viene concesso al lavoratore il termine di legge di cinque giorni per fornire le proprie discolpe e viene precisato che, qualora egli non si avvalga di tale possibilità, il rapporto di lavoro si intenderà risolto senza ulteriore preavviso dal giorno successivo alla scadenza del termine. Pertanto, la comminatoria del licenziamento contemporanea alla contestazione dell'addebito giammai può essere intimata con effetto immediato, in tal modo perdendo ogni significato il termine fissato per la difesa del lavoratore incolpato. (Cass. 4/7/2008 n. 15050, Pres. Mattone Est. Maiorano, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Giuseppe Pellacani, "La Cassazione conferma l'illegittimità del licenziamento disciplinare con effetto immediato intimato insieme alla contestazione dell'addebito", 178)
  • Il principio di immediatezza previsto dall'art. 7 SL non può ritenersi violato quando il datore di lavoro si sia avvalso, a norma della contrattazione collettiva, della facoltà di sospendere in via cautelativa il lavoratore imputato penalmente, rinviando l'ulteriore corso del procedimento disciplinare all'esito del primo grado di giudizio. (Trib. Milano 1/2/2008, Est. Peragallo, in D&L 2008, con nota di Angelo Beretta, "Controllo a distanza e utilizzabilità in sede di procedimento penale", 509)
  • La discrezionalità del giudice nel valutare la tempestività della contestazione disciplinare deve svolgersi nell'ambito dei presupposti alla base del principio dell'immediatezza della contestazione, ossia del riconoscimento del pieno ed effettivo diritto di difesa garantito ex lege al lavoratore e del comportamento datoriale secondo buona fede. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto carente del requisito dell'immediatezza il licenziamento disciplinare intimato a sette anni di distanza dall'infrazione contestata a dipendente postale, operatrice di sportello, concernente l'illecita estinzione di un libretto postale, oggetto di sentenza penale passata in giudicato). (Cass. 4/4/2007 n. 8461, Pres. Ianniruberto Est. Balletti, in Lav. nella giur. 2007, 1250)
  • In tema di licenziamento disciplinare, nel valutare l'immediatezza della contestazione occorre tener conto dei contrapposti interessi, del datore di lavoro a non avviare procedimenti senza aver acquisito i dati essenziali della vicenda, del lavoratore a vedersi contestati i fatti in un ragionevole lasso di tempo dal loro verificarsi. Ne consegue che l'avere presentato a carico di un lavoratore denunzia di un fatto penalmente rilevante connesso con la prestazione di lavoro non consente al datore di attendere gli esiti del processo penale sino alla sentenza irrevocabile prima di procedere alla contestazione dell'addebito, dovendosi valutare la tempestività di tale contestazione in relazione al momento in cui i fatti a carico del lavoratore appaiano ragionevolmente sussistenti. (Cass. 18/1/2007 n. 1101, Pres. De Luca Est. Curcuruto, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di L. Calcaterra, "Immediatezza della contestazione disciplinare e attesa della sentenza penale", 687)
  • Il principio dell'immediatezza della contestazione, nell'ambito di un licenziamento per motivi disciplinari, pur dovendo essere inteso in senso relativo, comporta che il datore di lavoro deve procedere alla formale contestazione dei fatti addebitabili al lavoratore dipendente non appena ne venga a conoscenza e appaiano ragionevolmente sussistenti, ragion per cui, alla stregua del suddetto principio di immediatezza, non può consentirsi al datore di lavoro di procrastinare ingiustificatamente la contestazione stessa, in modo da rendere impossibile o eccessivamente difficile la difesa da parte del lavoratore, con la conseguenza che, qualora la contestazione medesima intervenga tardivamente, il recesso datoriale deve qualificarsi come illegittimo. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso incidentale proposto dal datore di lavoro e confermato l'impugnata sentenza di merito con la quale era stata rilevata l'illegittimità del licenziamento intimato dal datore di lavoro, in base alla riscontrata tardività della contestazione mossa al dipendente del cui comportamento - rilevante disciplinarmente e consistente nello svolgimento di altra attività lavorativa presso altra azienda - lo stesso datore era già a conoscenza da apprezzabile tempo). (Rigetta Trib. Roma 23 dicembre 2002). (Cass. 13/6/2006 n. 13621, Pres. Mercurio Est. Lamorgese, in Dir. e prat. lav. 2007, 81)
  • L'art. 7 SL subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla contestazione degli addebiti, al fine di consentire al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento ascrittogli, e comporta per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l'audizione orale ove quest'ultimo abbia manifestato tempestivamente (entro il quinto giorno dalla contestazione) la volontà di essere sentito di persona. Pertanto ove l'audizione sia di fatto impedita - e quindi rinviata - per lo stato di malattia del dipendente incolpato che l'abbia espressamente richiesta, il conseguente ritardo dell'intimazione del licenziamento disciplinare non inficia quest'ultimo come carente del requisito della tempestività. (Cass. 4/4/2006 n. 7848, Pres. Sciarelli Est. Amoroso, in D&L 2006, con nota di Matteo Paulli, "Sul principio di effettività dell'audizione a difesa ex art. 7 SL", 932)
  • In caso di licenziamento disciplinare per fatto connesso a procedimento penale, costituisce violazione del principio di immediatezza ex art. 7 SL il contestare l’episodio, pur avendone conoscenza, solo all’esito del giudizio penale, senza sospendere cautelativamente il dipendente, e comunque provvedendo alla trasmissione della lettera di contestazione dopo oltre 4 mesi dalla sentenza di patteggiamento. (Cass. 11/1/2006 n. 241, Pres. Mileo Est. Curcuruto, in D&L 2006, con n. Stefano Muggia, “Il difficile rapporto tra fatti penalmente rilevanti e giudizio di legittimità del licenziamento”, 606)
  • Ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito della tempestività del licenziamento, l’intervallo temporale tra l’intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore, non essendo necessario attendere l’esito del procedimento penale, assume rilievo solo in quanto rivelatore di una mancanza di interesse del datore di lavoro all’esercizio della facoltà di recesso; con la conseguenza che, nonostante il differimento di questo, l’incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto può essere desunta da misure cautelari (come la sospensione) adottate in detto intervallo dal datore di lavoro, giacchè tali misure dimostrano la permanente volontà del datore di lavoro di irrogare, eventualmente, la sanzione del licenziamento. (Cass. 6/12/2005 n. 26670, Pres. E Rel. Lupi, in Lav. Nella giur. 2006, 601)
  • Nel licenziamento per motivi disciplinari e con riferimento al principio della tempestività della contestazione posto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, qualora il lavoratore non deduca alcun concreto pregiudizio all’esercizio del proprio diritto di difesa, deve escludersi la violazione della garanzia prevista dal suddetto articolo. (Cass. 21/4/2005 n. 8305, Pres. Ravagnani Rel. Miani Canevari, in Dir. e prat. lav. 2005, 2109)
  • In tema di licenziamento disciplinare, il principio della immediatezza della contestazione dell'addebito e quello della tempestività del recesso datoriale, la cui ratio riflette l'esigenza di osservanza della regola di buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo, potendo essere compatibili con un intervallo necessario, in relazione al caso concreto ed alla complessità dell'organizzazione del datore di lavoro, per un'adeguata valutazione della gravità dell'addebito mosso al dipendente e della validità o meno delle giustificazioni da lui fornite. L'accertamento relativo, che spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, deve tenere conto dell'illecito disciplinare oggetto di contestazione, non rilevando, ai fini della tempestività, la circostanza che il giudice di merito ritenga sussistente un illecito disciplinare diverso da quello contestato. (Cass. 4/3/2004 n. 4435, Pres. Mattone Relo. Amoroso, in Dir. e prat. lav. 2004, 1978 e in Lav.nella giur. 2004, 993)
  • L'immediatezza della contestazione è condizione di legittimità del recesso per giusta causa, questa non potendosi ravvisare in quel fatto che, in concreto, non abbia determinato una reazione (relativamente) immediata del datore di lavoro. Tuttavia, se il contratto di lavoro collettivo consente o impone-di fronte ad un certo fatto-di procedere non alla risoluzione immediata ma alla sospensione cautelare in funzione di accertamento inequivoco della veridicità del fatto/giusta causa-l'immediatezza non va più riferita alla reazione espulsiva ma alla reazione cautelare che dimostra-nel sistema e secondo il sistema contratto-che il datore non vuole affatto soprassedere al licenziamento ma intende solo accertarne la fondatezza sia in termini di reale esistenza del fatto, sia in termini di gravità dello stesso. (Corte d'appello Milano 3/10/2002, Pres. e Rel. Mannacio, in Lav. nella giur. 2003, 490)
  • Nel licenziamento per giusta causa l'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto al momento della mancanza addotta a sua giustificazione, ovvero rispetto a quella della sua contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore, né la malattia del dipendente preclude al datore di lavoro l'intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragione d'essere la conservazione del posto di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto di lavoro. (Cass. 28/9/2002, n. 14074, Pres. Senese, Est. D'Agostino, in Riv. it. dir. lav. 2003, 394, con nota di Fabrizia Santini, Licenziamento per giusta causa: immediatezza del recesso ed efficacia durante il periodo di comporto).
  • Il c.d. principio di immediatezza della contestazione ha carattere relativo e-soprattutto in pendenza di un processo penale-deve essere coordinato con la fondamentale esigenza di accertare l'effettivo accadimento dei fatti (compito a cui il processo penale è naturalmente preordinato). (Trib. Parma 9/1/2001, Est. Stefano Brusati, in Lav. nella giur. 2003, 87)
  • Il principio della necessaria immediatezza della contestazione - che ha lo scopo di garantire la possibilità di un'utile difesa da parte del lavoratore e , quindi, l'effettività del contraddittorio, nonché la certezza dei rapporti giuridici nel contesto dell'esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede - deve trovare applicazione anche nel procedimento disciplinare instaurato nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo (Cass. 9/11/00, n. 14551, pres. Santojanni, in Lavoro giur. 2001, pag. 133, con nota di Miscione, Il diritto del lavoro e il licenziamento)
  • La tempestività del licenziamento, quale requisito di validità dello stesso, ben può, nei casi concreti, essere compatibile con un intervallo di tempo necessario per l'accertamento e la valutazione dei fatti, sia quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di atti convergenti in un'unica condotta, ed implichi pertanto una valutazione globale ed unitaria, sia quando il medesimo comportamento è sottoposto a verifiche in sede penale, il che rende opportuno - anche per una maggiore garanzia a difesa dell'incolpato - attenderne l'esito per una più obiettiva valutazione, ovvero quando la complessità dell'organizzazione aziendale e della relativa scala gerarchica comportino la mancanza di un diretto contatto del dipendente con la persona abilitata ad esprimere la volontà imprenditoriale di recedere, sicché risultano ritardati i tempi di percezione e di accertamento di tutte quelle circostanze che, unitamente al comportamento del lavoratore, costituiscono i necessari presupposti dell'esercizio del diritto di recesso (Cass. 12/10/00, n. 13615, pres. de Musis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1085, con nota di Manganaro, Brevi note sulla tempestività del licenziamento disciplinare)
  • Anche il licenziamento per giustificato motivo - oltre a quello per giusta causa - per la sua validità richiede il rispetto del principio dell'immediatezza, atteso che anche esso è idoneo a determinare l'estinzione del rapporto, seppure non con effetto immediato, bensì con preavviso, tale principio risponde all'esigenza di garantire la possibilità per il lavoratore di una utile difesa (pregiudicata, all'opposto, dalla tardività, anche sotto il profilo della difficoltà del ricordo a fini di ricostruzione difensiva dei fatti) e, quindi, una effettività del principio del contraddittorio tra le parti del rapporto di lavoro; ciò che rileva ai fini del rispetto del principio in questione è la distanza temporale tra la data in cui furono commessi i fatti addebitati e quella in cui fu disposto il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo (nella specie l'inizio dell'assenza non giustificata da certificazione medica risaliva ad oltre due anni prima del comminato licenziamento) (Cass. 23/8/00, n. 11038, pres. Santojanni, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2089 e in Orient. giur. lav. 2000, pag. 782)
  • Il requisito della tempestività nella contestazione di fatti disciplinarmente rilevanti va inteso in senso relativo, ma è possibile garantire efficacia all'uso del potere disciplinare solo se vi sia una sufficiente immediatezza tra infrazione e contestazione. Pertanto, la sanzione del licenziamento, irrogata con grave e ingiustificato ritardo, tradisce del tutto la propria natura e funzione e fa sorgere il legittimo sospetto di un abuso di quella posizione di supremazia che il legislatore ha sì inteso riconoscere al datore di lavoro, ma nel rispetto dei rigorosissimi limiti fissati dall'art. 7 SL (Pret. Milano 30/6/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 1045)