Danno esistenziale
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Con riferimento al risarcimento del danno esistenziale per perdita del rapporto parentale e del danno morale e biologico iure successionis in favore degli eredi di un lavoro deceduto dopo alcuni giorni dall’infortunio, non è risarcibile il danno esistenziale (in quanto duplicazione del danno morale iure proprio già riconosciuto) e il danno morale iure successionis (in quanto duplicazione del danno biologico richiesto allo stesso titolo), mentre deve essere riconosciuto nella misura del 100% il danno biologico terminale iure successionis, considerando, più che il lasso temporale tra l’infortunio e la morte, l’intensità della sofferenza provata dalla vittima dell’illecito per la presenza di una sofferenza e di una disperazione esistenziale di intensità tale da determinare nella percezione dell’infortunato un danno catastrofico, in una situazione di attesa lucida e disperata dell’estinzione della vita. (Cass. 18/1/2011 n. 1072, Pres. Vidiri Est. Zappia, in Orient. Giur. Lav. 2011, 114)
- Il danno c.d. esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato. Il diritto al risarcimento del danno morale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio. (Cass. S.U. 16/2/2009 n. 3677, Pres. Prestipino Est. La Terza, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Alessia Muratorio, 576)
- Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento a una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, sia pure attraverso l'individuazione della apparente tipica figura del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né necessaita dell'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo la Costituzione. (S.U. 11/11/2008 n. 26972, Pres. Carbone Est. Preden, in Orient. della giur. del lav. 2009, 1, e in Riv. it. dir. lav. 2009, con commento di Renato Scognamiglio, "Il danno non patrimoniale innanzi alle Sezioni Unite", e di Riccardo del Punta, "Il nuovo regime del danno patrimoniale: indicazioni di sistema e riflessi lavoristici", 465))
- Nessun danno esistenziale può essere ravvisato nel divieto di svolgimento di lavoro straordinario, in quanto il lavoratore non ha un diritto allo svolgimento del lavoro straordinario e non può pertanto lamentare alcun danno nell’ipotesi in cui il datore di lavoro decida unilateralmente di vietargli la prestazione di attività straordinaria. Nessun danno esistenziale può essere ricollegato alla privazione totale dell’attività lavorativa, allorquando la situazione di inattività si protragga per un periodo breve (nella specie, circa tre mesi), per un lavoratore ormai prossimo alla pensione. (Corte App. Torino, in Orient. Giur. Lav. 2005, 548)
- In ipotesi di infortunio sul lavoro in relazione al quale sia stata accertata la responsabilità datoriale, compete al lavoratore, per le lesioni dell'integrità psicofisica subite, sia il risarcimento del danno biologico, sia il risarcimento del danno morale, sia il risarcimento del danno esistenziale, inteso quale modificazione peggiorativa della qualità della vita, patita dalla vittima a conseguenza dell'infortunio, in relazione alla menomazione delle possibilità di esplicazione della propria individualità e personalità.
In ipotesi di infortunio sul lavoro da cui siano derivate lesioni dell'integrità psicofisica del lavoratore, il risarcimento del danno esistenziale in aggiunta al risarcimento del danno morale e biologico non costituisce ingiustificata duplicazione delle voci di danno, in quanto il danno esistenziale differisce sia dal danno morale che dal danno biologico. Dal danno morale, in quanto il danno esistenziale si traduce nell'impossibilità di svolgere precedenti attività quotidiane realizzatrici della propria personalità, mentre il danno morale attiene alle sofferenze fisiche e morali patite a cagione dell'altrui comportamento; dal danno biologico, in quanto tale voce di danno concerne le sole lesioni dell'integrità psicofisica suscettibili di accertamento medico legale, mentre il danno esistenziale riguarda le limitazioni subite dall'attività realizzatrice della propria personalità a conseguenza della condotta illecita altrui. (Trib. Parma 17/4/2003, Est. Brusati, in D&L 2003, 668, con nota di Giampaolo Tagliagambe, "Risarcibilità cumulativa del danno biologico e del danno esistenziale in ipotesi di lesioni dell'integrità psicofisica") - L'utilizzazione da parte del datore di lavoro dell'immagine del proprio dipendente che a tal fine non lo abbia espressamente autorizzato costituisce condotta illegittima per violazione degli artt. 10 e 2043 c.c. e fonda il diritto del dipendente ad ottenere il risarcimento del danno extracontrattuale non patrimoniale; tale danno rientra nella categoria del danno esistenziale da intendersi come danno riferibile ad ogni lesione di diritti fondamentali della persona e deve essere liquidato in via equitativa (nella specie l'Amministrazione comunale datrice di lavoro aveva predisposto una riproduzione a grandezza naturale di un dipendente vigile urbano e l'aveva esposta in alcuni punti della città, con finalità di prevenzione delle infrazioni nelle ore notturne). L'utilizzazione da parte del datore di lavoro dell'immagine del proprio dipendente nell'atto di svolgere le sue ordinarie mansioni costituisce violazione dell'art. 2087 c.c. in quanto lede la dignità professionale dello stesso e ne fonda il diritto ad ottenere il risarcimento del danno contrattuale non patrimoniale; tale danno rientra nella categoria del danno esistenziale e deve essere liquidato in via equitativa utilizzando come parametro la retribuzione mensile che il datore di lavoro avrebbe erogato ove avesse utilizzato, in luogo dell'immagine, la persona fisica del dipendente. La competenza funzionale del Giudice del lavoro sussiste in ordine all'accertamento della sola responsabilità contrattuale del datore di lavoro nei confronti del dipendente e non anche di quella extracontrattuale; ma qualora concorrano entrambi i titoli di responsabilità detta competenza sussiste per tutta la materia in forza del principio di specialità. (Trib. Forlì 9/10/2002, Est. Sorgi, in D&L 2002, 915)
- La lesione della personalità morale del dipendente costituisce violazione dell'art. 2087 c.c. e dà luogo ad un danno esistenziale, la cui nozione è distinta da quella del danno biologico, che presuppone un pregiudizio alla salute fisica o psichica, e da quella del danno morale, che consegue quando il fatto lesivo costituisce ipotesi di reato; l'ammontare del danno esistenziale è quantificabile in via equitativa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2056 e 1226 (nella fattispecie, affermata la lesione della personalità morale della dipendente che aveva subito molestie sessuali, il datore di lavoro ed il molestatore sono stati condannati in solido al risarcimento del danno esistenziale, quantificato in via equitativa in L. 30 milioni, utilizzando il parametro delle quindici mensilità previsto in caso di licenziamento; il solo molestatore è stato inoltre condannato al risarcimento del danno morale, quantificato in L. 15 milioni). (Trib. Pisa 6/10/2001, Est. Nisticò, in D&L 2002, 126)