Ricorso per cassazione

  • Ancora sull’autosufficienza del ricorso per cassazione nell’indicazione di un atto processuale a sostegno.
    La Corte ribadisce il principio, desunto in maniera rigida dal combinato disposto degli artt. 366, primo comma n. 6) e 369, secondo comma n. 4) c.p.c., secondo cui l’indicazione, nel ricorso per cassazione, di un atto del processo (documento, testimonianza etc.) a sostegno di una censura di violazione di legge, di vizio di motivazione o di error in procedendum comporta l’onere, a pena di inammissibilità, di specificarne il contenuto, riproducendone altresì le parti rilevanti e di indicare specificatamente l’esatta collocazione dell’atto all’interno del fascicolo di cassazione (fascicoli di parte o verbali di udienza del giudizio di merito). (Cass. 9/6/2020, ord., n. 10992, Pres. Napoletano Rel. Marotta, in Wikilabour, Newsletter n. 12/2020)
  • Il controllo previsto dalla nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo perché, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, seppure questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti. (Cass. 23/8/2016 n. 17251, Pres. Nobile Rel. Lorito, in Lav. nella giur. 2016, 1117)
  • Il potere del giudice di applicare alla fattispecie ricostruita la esatta regola di diritto, e quindi anche la normativa sul sindacato giurisdizionale sui licenziamenti, deve misurarsi con le preclusioni che derivano, per l’appello, dagli artt. 329 e 346 c.p.c. e, per il ricorso per cassazione, dalla natura del giudizio di legittimità, con oggetto delimitato dalle censure sollevate con i singoli motivi. (Cass. 9/6/2016 n. 11868, Pres. Macioce Est. Di Paoloantonio, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2017, II, con nota di A. Allamprese, “Il licenziamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni davanti alla Corte di Cassazione”, 78)
  • Nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.; né, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti. (Cass. 4/3/2015 n. 4350, Pres. Lamorgese Rel. Lorito, in Lav. nella giur. 2015, 632)
  • Non costituisce violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. un’autonoma ricostruzione dei fatti rispetto a quelli allegati dalle parti, né una diversa qualificazione dei medesimi da parte del giudice. (Cass. 6/11/2014 n. 23669, Pres. Macione Est. Arienzo, in Lav. nella giur. 2015, con commento di M. Laviania Buconi, 152)
  • La natura giuridica non confessoria dell’interrogatorio libero della parte non rileva ai fini della sua libera valutazione da parte del giudice, che può legittimamente trarre dall’interrogatorio stesso una valutazione contraria all’interesse della parte che lo ha reso. Tale valutazione, se congruamente e logicamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità. (Cass. 1/10/2014 n. 20736, Pres. Roselli Rel. Maisano, in Lav. nella giur. 2015, 86)
  • Il principio di strumentalità degli atti processuali, da leggersi alla luce del combinato disposto degli artt. 111, comma 2, della Costituzione e 6 della CEDU, impone che, ai fini dell’adempimento dell’onere di cui all’art. 369, comma 2, n. 4 del c.p.c. (ovvero il deposito, a pena di improcedibilità, degli accordi o contratti collettivi su cui si fonda il ricorso), sia sufficiente riportare nel corpo del ricorso per cassazione la sola norma contrattuale collettiva sulla quale si fondano le doglianze principali, purché il testo integrale del contratto collettivo stesso sia stato depositato nei precedenti gradi di giudizio e, dall’elenco dei documenti depositati con il ricorso per cassazione, risulti che la parte ha formulato la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio che lo contiene alla Cancelleria del giudice a quo. (Cass. 7/7/2014 n. 15437, Pres. Lamorgese Est. Tria, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Manuel Carvello, 1077)
  • In ordine al rito del lavoro, il giudizio di opportunità riguardante l’esercizio di poteri istruttori di ufficio, rimesso ad un apprezzamento meramente discrezionale del giudice del merito, da effettuare nell’ambito del contemperamento del principio dispositivo con quella della ricerca della verità, può essere sottoposto al sindacato di legittimità soltanto come vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, commi 1, n. 5, c.p.c., allorché la sentenza di merito non adduca un’adeguata spiegazione per disattendere la richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto della controversia che, se esaurientemente istruito, avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione (Cass. 15/5/2014 n. 10662, Pres. Roselli Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2014, 813)
  • Il ricorso per saltum di cui all’art. 360, secondo comma, c.p.c., è proponibile, e solo se vi sia accordo tra le parti, esclusivamente in relazione ad una sentenza di primo grado appellabile, e pertanto non può avere ad oggetto l’ordinanza resa ai sensi dell’art. 1, comma 49, della legge n. 92 del 2012, nei cui confronti è previsto come unico, specifico, rimedio l’opposizione innanzi allo stesso giudice. (Cass. 9/5/2014 n. 10133, Pres. Lamorgese Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2014, 814)
  • In ogni grado del processo il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo impone al giudice (anche ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione “prima facie” inammissibile, o infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che ciò si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (Cass. 6/3/2014 n. 5294, Pres. Vidiri Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2014, 605)
  • L’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., nella parte in cui onera il ricorrente (principale o incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che tale deposito deve avere a oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive indicate nel ricorso, bensì l’integrale testo del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni. Tale onere sussiste sia in caso di ricorso ordinario, proposto per violazione o falsa applicazione di contratti o accordi collettivi nazionali, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sia in caso di ricorso immediato per cassazione, ai sensi dell’art. 420 bis, comma, c.p.c. (Cass. 1/10/2013 n. 22398, Pres. Stile Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2014, 81)
  • In applicazione del comma 3 dell’art. 360 c.p.c., come modificato dall’art. 2 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, non è immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione la sentenza d’appello che abbia affermato la giurisdizione del giudice ordinario, negata dal giudice di primo grado, e rimesso la causa a quest’ultimo, trattandosi di pronuncia che, decidendo sulla questione pregiudiziale insorta, non è idonea a definire, neppure parzialmente, il giudizio. (Cass. Sez. Un. 2/9/2013 n. 20073, Pres. Adamo Rel. Massera, in Lav. nella giur. 2014, 1123)
  • È inammissibile il ricorso per cassazione proposto sulla base della procura rilasciata dal ricorrente nell’atto di appello, in quanto inidoena allo scopo perché conferita con atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità e, dunque, in contrasto con l’obbligo di rilasciare la procura successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato e con specifico riferimento al giudizio di legittimità. (Cass. 4/6/2013 n. 14016, Pres. Vidiri Rel. Napoletano, in Lav. nella giur. 2013, 841)
  • Nel caso in cui sia certo il diritto alla prestazione spettante al lavoratore, ma non sia possibile determinare la somma dovuta, sicché il giudice la liquida equitativamente ai sensi dell’art. 432 c.p.c., l’esercizio di tale potere discrezionale non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, purché la motivazione della decisione dia adeguatamente conto del processo logico attraverso il quale si è pervenuti alla liquidazione, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo. (Nella specie, la S.C., in applicazione del su esposto principio, ha confermato la sentenza impugnata che, nella liquidazione equitativa dei compensi percentuali spettanti per gli anni 2001, 2002 e 2003 agli ufficiali giudiziari sui crediti recuperati dall’Erario sul campione, aveva fatto riferimento agli importi percepiti dagli stessi in un anno precedente, richiamati peraltro dal legislatore per la determinazione forfetaria dei compensi negli anni 1998 e 1999). (Cass. 19/2/2013 n. 4047, Pres. Stile Rel. Venuti, in Lav. nella giur. 2013, 516)
  • Il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attiente a vizi del processo logico formale traducemdosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (respinto il ricorso proposto dai parenti di un macchinista delle FS, deceduto per un tumore, relativamente all’esclusione della causa di servizio, atteso che gli stessi avevano opposto alle considerazioni del C.T.U. un mero dissenso sulla valutazione delle patologie). (Cass. 15/2/2013 n. 3816, Pres. Stile Rel. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2013, 517)
  • L’art. 366 n. 6 c.p.c., oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369 comma 2 n. 4 c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. (Nella specie, la Corte ha respinto il ricorso di una lavoratrice che lamentava di essere stata costretta a rassegnare le dimissioni a seguito di una molestia subita dal proprio responsabile. Nello specifico, la ricorrente non aveva adempiuto agli oneri di produzione documentale, poiché non aveva fornito nel ricorso la specifica indicazione dei dati necessari al reperimento della documentazione sanitaria su cui si fondava il motivo e della quale, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, neppure era stato ivi riprodotto il contenuto). (Cass. 15/1/2013 n. 822, Pres. Miani Canevari Rel. Mancino, in Lav. nella giur. 2013, 305)
  • È inammissibile, perché privo di autosufficienza, il motivo di ricorso volto a chiedere l’applicazione di un Ccnl al posto di un altro, qualora entrambi i contratti non siano stati allegati al ricorso per cassazione. (Cass. 12/12/2012 n. 22797, Pres. Vidiri Rel. Fernandes, in Lav. nella giur. 2013, 191)
  • La domanda di condanna al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., può, in linea di principio, essere proposta anche in sede di legittimità, per i danni che si assumono derivanti dal giudizio di cassazione. In particolare, se tale domanda si riferisce ai danni conseguenti alla proposizione del ricorso, deve essere formulata, a pena di inammissibilità, con il controricorso. Tuttavia, l’accoglimento della domanda, per avere la controparte processuale agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave, presuppone l’accertamento sia dell’elemento soggettivo dell’illecito (mala fede o colpa grave), sia dell’elemento oggettivo (entità del danno sofferto), con la conseguenza che, ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi. (Cass. 11/12/2012 n. 22659, Pres. Roselli Rel. Arienzo, in Lav. nella giur. 2013, 193)
  • Il vizio di omessa pronuncia su alcuni motivi di appello deve essere fatto valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo, la quale soltanto consente alla parte di chiedere al Giudice di legittimità di effettuare l’esame degli atti del giudizio di merito e di conseguenza anche dell’atto di appello. (Cass. 25/6/2012 n. 10508, Pres. De Renzis Est. Mancino, in Orient. Giur. Lav. 2012, 494)
  • Lo ius superveniens (nel caso di specie, la norma prevedente l’indennità onnicomprensiva ex art. 32, co. 5, l. n. 183/2010) che abbia introdotto con efficacia retroattiva una nuova disciplina del rapporto controverso si applica nel giudizio di legittimità a condizione che esso sia pertinente alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione del controllo di legittimità il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso, e che sia ammissibile secondo la disciplina sua propria. (Cass. 29/2/2012 n. 3056, Pres. Roselli Est. Nobile, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di William Chiaromonte, “Due questioni in tema di contratto a termine: la prova della sussistenza del mutuo consenso nella risoluzione del negozio e gli effetti retroattivi del nuovo regime di tutela risarcitorio”, 796)
  • Non vi è spazio per la decisione delle sezioni unite e gli atti devono essere restituiti alla sezione lavoro laddove la questione sia tale da potersi presentare solo davanti a quest’ultima. [Fattispecie in tema di applicabilità della lettera a) (“omissione contributiva”) oppure della lettera b) (“evasione contributiva”) dell’art. 16, comma 18, l. n. 388/2000, in caso di omessa o infedele denuncia mensile all’Inps di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri obbligatori]. (Cass. 27/12/2011 n. 28966, Pres. Roselli Est. Bandini, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Michele Fornaciari, “C’era una volta la nomofilachia: niente sezioni unite per le questioni specificatamente lavoristiche (o tributarie)”, 890)
  • Se la notifica a mezzo posta del ricorso in cassazione non si perfeziona, perché la parte lo invia al vecchio domicilio del procuratore della controparte, non può essere ammessa alcuna rimessione in termini e il ricorso è pertanto inammissibile. Gli indirizzi aggiornati dagli avvocati sono infatti di facile reperibilità, perché gli ordini li pubblicano anche online, e ciò preclude la possibilità di sanare l’omessa notifica, non essendo qui configurabile alcuna condizione di causa di forza maggiore o di caso fortuito. (Cass. 26/11/2011 n. 22329, Pres. Rovelli Canevari Rel. Campanile, in Lav. nella giur. 2012, 88)
  • La censura contenuta nel ricorso per Cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente non provvede a trascrivere i capitoli di prova e a indicare i testi e le ragioni per le quali gli stessi dovrebbero essere qualificati a testimoniare, trattandosi di elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto; e ciò in quanto, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di cassazione deve essere posta in grado di compiere tale valutazione in base alle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (nella specie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso atteso che il ricorrente, pur avendo trascritto il contenuto dei capitoli di prova articolati nel giudizio di merito, aveva omesso di indicare i nominativi dei testi da escutere, non ponendo, quindi, la Corte nelle condizioni di valutare la decisività o meno delle prove non ammesse). (Cass. 9/11/2011 n. 23348, Pres. Schettino Rel Matera, in Lav. nella giur. 2012, 87)
  • Ai sensi del comma 3 dell’art. 360 c.p. è inammissibile il ricorso immediato in cassazione proposto contro la sentenza della Corte d’appello di conferma della sentenza non definitiva di primo grado, con la quale il Tribunale aveva riconosciuto la propria giurisdizione. (Cass. Sez. Un. 21/7/2011 n. 15975, Pres. Vittoria Rel. Spirito, in Lav. nella giur. 2011, 1053)
  • Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito. (Cass. 16/3/2011 n. 6252, Pres. ed est. Lamorgese, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di M. Cattani, “Nullità del termine apposto al contratto e risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro”, 163)
  • In tema di legittimazione attiva, incombe alla parte che ricorre per cassazione, nella qualità di erede della persona che fece parte del giudizio di merito, l’onere di dimostrare, per mezzo delle produzioni documentali consentite dall’art. 372 c.p.c., il decesso della parte originaria e la propria qualità di erede; in difetto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione a impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione a opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto sussistente la legittimazione del ricorrente che aveva prodotto atti notarili della Repubblica Croata, con traduzione giurata, attestanti il decesso del “de cuius”, l’apertura della successione e la delazione dell’eredità a suo favore). (Cass. 27/1/2011 n. 1943, Pres. Lamorgese Est. Tricomi, in Orient. Giur. Lav. 2011, 250)
  • L'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., nella parte in cui onera il ricorrente (principale o incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che, ove il ricorrente impugni, con ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'art. 420 bis, comma 2, c.p.c., la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo sostituito dall'art. 2 del D.lg. n. 40 del 2006), il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l'estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l'integrale testo del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione nell'esercizio del sindacato di legittimità sull'interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale. Ove, poi, la Corte ritenga di porre a fondamento della sua decisione una disposizione dell'accordo o contratto collettivo nazionale depositato dal ricorrente diversa da quelle indicate dalla parte, procedendo d'ufficio a un'interpretazione complessiva ex art. 1363 c.c. non riconducibile a quanto già dibattuto, trova applicazione, a garanzia dell'effettività del contraddittorio, l'art. 384, comma 3, c.p.c. (nel testo sostituito dall'art. 12 del D.lg. n. 40 del 2006), per cui la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al P.M. e alle parti un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a sessanta dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla questione. (Cass. Sez. Un. 23/9/2010 n. 20075, Pres. Carbone Est. Amoroso, in Orient. giur. lav. 2011, 7, e  in Lav. nella giur. 2011, con commento di Francesco Barracca, 378)
  • In base alla regola dell'autosufficienza del ricorso, qualora si tratti di prova testimoniale, costituisce onere della parte ricorrente indicare specificatamente le circostanze che formavano oggetto della stessa e quale ne fosse la rilevanza sul piano del giudizio. Ne consegue che la mancata allegazione di un verbale impedisce al ricorrente di dimostrare il collegamento funzionale trab le sue dimensioni e l'assunzione di suo genero. (Cass. 2/7/2010 n. 15794, Pres. Vidiri Rel. De Ianniello, in Lav. nella giur. 2010, 941) 
  • Spetta in via esclusiva al giudice del merito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute idonee a dimostrare la veridicità dei fatti sottesi dandone liberamente una prevalenza. (Cass. 15/6/2010 n. 14348, Pres. Sciarelli Rel. Napoletano, in Lav. nella giur. 2010, 942)
  • Ove con il ricorso per cassazione venga dedotta l’incongruità o illogicità della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o non sufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, di deliberare la decisività della risultanza stessa. (SU 13/4/2010 n. 8737, Pres. Vidiri Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Daniele Iarussi, 688)
  • L’inosservanza del termine stabilito dall’art. 369 c.p.c. per il deposito in cancelleria del ricorso per cassazione ne comporta l’improcedibilità, non assumendo alcun rilievo la causa del mancato tempestivo adempimento di tale onere, in quanto nel giudizio di cassazione non trova applicazione l’istituto della rimessione in termini (nell’enunciare tale principio, la Suprema Corte ha peraltro escluso che nella specie potesse configurare una causa di non imputabilità del ritardo l’avvenuta sottrazione del plico contenente il ricorso al vettore incaricato del recapito al collega del difensore in Roma, che ne avrebbe dovuto curare il deposito, dipendendo l’impossibilità di tale adempimento dal mezzo a tal fine prescelto dal difensore, in luogo dell’invio per posta direttamente al cancelliere della corte di cassazione). (Cass. 23/2/2010 n. 4356, ord., Pres. Battimiello Rel. Lamorgese, in Orient. Giur. Lav. 2010, 553)

  • Il disposto dell'art. 366 bis c.p.c. - che richiede, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, la formulazione dei quesiti di diritto e, nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - non è applicabile al ricorso ex art. 420 bis c.p.c. per l'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi; e infatti, in tale speciale procedura, la formulazione dei quesiti da parte del ricorrente non risulta supportata dalla ratio a essa sottesa, non essendo il giudice di legittimità, in sede di risoluzione della pregiudiziale, vincolato all'opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, pur se congruamente e logicamente motivata e potendo autonomamente pervenire - anche tramite la libera ricerca all'interno del contratto collettivo di qualunque clausola ritenuta utile - a una statuizione diversa da quella del primo giudice. (Cass. 25/6/2009 n. 14919, Pres. Mattone Est. Vidiri, in D&L 2009, 693)
  • Nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex art. 421 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull'onere della prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori. (Cass. 12/3/2009 n. 6023, Pres. Ianniruberto Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2009, 831)
  • Qualora, in sede di giudizio di legittimità, vengano denunciati vizi della sentenza impugnata per mancata considerazione della portata di clausole di contratto collettivo, il ricorrente ha l'onere - in forza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e a pena di inammissibilità dello stesso - di riprodurre le clausole del contratto collettivo solo ove le parti controvertano sul testo letterale delle clausole medesime, laddove, ove la controversia riguardi unicamente le conseguenze di diritto che da esse derivano e che il giudice di merito ne ha tratto, la lro riproduzione non è necessaria sempreché le censure delle parti sulle conseguenze delle clausole siano per altro verso autosufficienti. (Cass. 3/2/2009 n. 2602, Pres. Mercurio Est. Roselli, in Orient. giur. lav. 2009, 44)
  • Il difetto di integrità del contraddittorio per omessa citazione di litisconsorti necessari può essere rilevato d'ufficio, per la prima volta, anche dal giudice di legittimità, alla duplice condizione che gli elementi che rivelano la necessità del contraddittorio emergano, con ogni evidenza, dagli atti già ritualmente acquisiti nel giudizio di merito e che sulla questione non si sia formato il giudicato. (La S.C. ha affermato il principio - in un giudizio avente a oggetto la richiesta del lavoratore a essere riassunto alle dipendenze della AD.IM. Spa, originaria datrice di lavoro, in forza dell'accordo con il quale la società si era impegnata a ricollocare il medesimo, direttamente ovvero alle dipendenze di altra impresa del gruppo avente sede nel Comune di Ascoli Piceno o in comuni limitrofi, entro ventiquattro mesi dal collocamento in mobilità - in relazione all'integrazione del contraddittorio rispetto alle altre imprese del gruppo, che pure avevano aderito direttamente all'impegno, atteso che la pronuncia sulla fondatezza e accoglibilità della domanda formulata con l'atto introduttivo presupponeva che solamente la AD.IM. avesse sedi di lavoro in Ascoli Piceno o comuni limitrofi). (Cass. 3/11/2008 n. 26388, Pres. De Luca Est. Celentano, in Lav. nella giur. 2009, 295) 
  • Ove il giudice del merito abbia posto alla base della decisione un fatto qualificandolo come notorio, tale fatto e la sua qualificazione sono denunciabili in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell'art. 115, comma 2, c.p.c. e la Corte di cassazione eserciterà il proprio controllo ripercorrendo il medesimo processo cognitivo dello stato di conoscenza collettiva operato dal giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata secondo cui rientrava nella comune esperienza, senza bisogno di prove, il fatto che per l'attività di chirurgo fosse essenziale un'adeguata manualità, e che la relativa professionalità decadesse in mancanza di esercizio. (Cass. 9/9/2008 n. 22880, Pres. Senese Est. De Matteis, in Lav. nella giur. 2009, 77) 
  • In tema di denuncia del vizio di violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi del settore pubblico, posto che lo scopo precipuo dell'impianto normativo di cui agli art. 63 e 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 è quello di giungere, nel minor tempo possibile, a una interpretazione unificata delle disposizioni contrattuali accentrando l'attività ermeneutica presso la Corte di legittimità, che diviene l'unica interprete del contratto, rafforzandone la funzione nomofilattica, in tutti i casi in cui la controversia si esaurisca nell'interpretazione resa dal giudice di legittimità e non sussista un residuo ambito di intervento da affidare al giudice del rinvio, è consentito alla stessa Corte di Cassazione, in base all'art. 384 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, di decidere nel merito allorquando, ai sensi dell'art. 63, comma 5, del citato D.Lgs. 165, la sentenza impugnata venga cassata per violazione e falsa applicazione delle norme dei contratti collettivi e non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto. (Cass. 8/9/2008 n. 22586, Pres. Mercurio Rel. La Terza, in Lav. nella giur. 2009, 78) 
  • La procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. 365 c.p.c., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare il particolare giudizio di legittimità sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare, per cui tale procura è valida solo se rilasciata in data successiva alla sentenza impugnata; né può ritenersi sufficiente, con riguardo alle controversie soggette al rito del lavoro, la mera lettura in udienza, in epoca anteriore al rilascio della procura, del dispositivo della sentenza, dovendosi ritenere la previsione di cui all'art. 433 c.p.c. - in base al quale può essere proposto l'appello contro le sentenze di primo grado ove l'esecuzione sia iniziata prima della notificazione della sentenza - norma eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica. (Nella specie, la S.C. nel dichiarare inammissibile il ricorso incidentale in applicazione del principio su enunciato, ha ulteriormente rilevato che il testo della procura - la cui validità era temporalmente circoscritta - era assolutamente generico in quanto riferito a ogni possibile controversia). (Cass. 24/6/2008 n. 17145, Pres. Mattone Rel. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2008, 1270, e in Dir. e prat. lav. 2009, 392) 
  • Nel processo civile l'invalidità della costituzione di una delle parti non integra una nullità rilevabile d'ufficio, senza alcun limite, in ogni stato e grado del giudizio. E' da ritenersi, pertanto, preclusa, in sede di giudizio di cassazione, la questione dell'irregolarità della costituzione di una delle parti in primo grado che non sia stata già correttamente sollevata dinanzi al giudice di secondo grado. (Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza che aveva ritenuto l'inammissibilità dell'eccezione relativa alla regolarità del mandato difensivo, conferito da una Usl senza la necessaria delibera del comitato di gestione avente a oggetto la ratifica dell'operato del presidente, eccezione prospettata senza la precisazione del quadro normativo di riferimento a suo sostegno). (Cass. 4/4/2008 n. 8806, Pres. Sciarelli Est. Toffoli, in Dir. & prat. lav. 2008, 2949)
  • Ai sensi del primo comma dell'art. 366 bis c.p.c. il quesito di diritto (e il discorso vale simmetricamente per la 'chiara indicazione del fatto controverso' di cui al secondo comma della stessa norma) non può desumersi implicitamente da una formulazione generica, perché una siffatta interpretazione si risolve nell'abrogazione tacita della norma, che ha preteso, a pena d'inammissibilità del ricorso, il rispetto di un requisito formale, che si deve esprimere nella formulazione di un esplicito idoneo a giustificare il correlato principio di diritto. (Cass. 20/3/2008 n. 7527, Pres. Ravagnani Est. Cellerino, in Lav. nella giur. 2008, 840)
  • Nel ricorso per cassazione il contratto collettivo nazionale deve essere depositato nel suo testo integrale e non nella sola parte su cui si è svolto il contraddittorio o che viene invocaa nel ricorso per cassazione. La mancata produzione comporta l'improcedibilità del ricorso. (Cass. 11/3/2008 n. 6432, Pres. Ianniruberto Rel. Di Cerbo, in D&L 2008, con nota di Marco Maffuccini, 699)
  • Lo speciale procedimento ex art. 420 bis c.p.c. di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi, è finalizzato ad assicurare l'uniforme applicazione delle relative clausole e presuppone perciò un'idonea istruttoria al fine della soluzione della questione pregiudiziale con portata generale ed esaustiva, capace cioè di definire in termini chiari e univoci ogni possibile questione in materia; ove la necessaria istruttoria da parte del giudice di merito sia mancata, non essendo tale lacuna rimediabile in sede di legittimità, ne deriva l'accoglimento del ricorso per cassazione proposto ai sensi del 3° comma della norma, con cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione degli atti al giudice di merito (fattispecie in tema di disciplina delle sostituzioni per assenza nel periodo feriale contenuta nel c.c.n.l. del personale dipendente di società concessionarie di autostrade e trafori). (Cass. 24/1/2008 n. 1578, Pres. Ciciretti Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Passanante, "Un precedente in cerca di identità? Nuovi arrêts della Cassazione sull'art. 420 bis c.p.c.", 135)

  • In tema di giudizio di cassazione e di procedimento per la decisione in camera di consiglio, il difetto di coordinamento tra la disposizione dell'art. 390, primo comma, c.p.c., secondo cui la parte può rinunciare al ricorso per cassazione "finché non sia cominciata la relazione all'udienza o sia notificata la richiesta del pubblico ministero" e il nuovo procedimento per la decisione in camera di consiglio di cui agli artt. 375, 380 bis e, nella specie, 380 ter c.p.c., va risolto nel senso che la rinunzia risulterà consentita solo se proposta prima della notifica ai difensori delle parti della relazione del consigliere relatore, non potendo la rinunzia al ricorso interrompere il procedimento decisorio attivato con il deposito della relazione, al pari di quanto avviene nella pubblica udienza, ove l'obbligo della decisione non può essere frustrato dopo l'inizio della relazione (principio affermato in procedimento per regolamento di competenza rimesso all'adunanza della S.C. in camera di consiglio, in cui il ricorrente aveva notificato alla controparte l'atto di rinunzia all'istanza di regolamento di competenza successivamente alla notifica della relazione del consigliere relatore). (Cass. 19/10/2007, n. 21876, Pres. Ravagnani Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2008, 304, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1643)
  • Nella interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali prevista dagli artt. 360 n. 3 e 420 bis c.p.c. la cassazione fornisce la propria interpretazione del testo contrattuale, decidendo sul necessario quesito di diritto e senza possibilità di qualsiasi istruttoria, neppure documentale, rispetto a quella svolta dal giudice di merito. (Cass. 25/9/2007 n. 19710, Pres. Mattone Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Passanante, "Un precedente in cerca di identità? Nuovi arrets della Cassazione sull'art. 420 bis c.p.c.", 133)
  • Il procedimento per la nomofilachia accelerata dalla cassazione previsto dall'art. 420 bis c.p.c. richiede unicamente la necessità di risolvere una questione pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione di un contratto o accordo collettivo nazionale suscettibile di sfociare in una generale soluzione della questione idonea a rimuovere una situazione di incertezza, restando irrilevante l'esistenza o no di altre questioni pregiudiziali o preliminari. (Cass. 25/9/2007 n. 19710, Pres. Mattone Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Passanante, "Un precedente in cerca di identità? Nuovi arrets della Cassazione sull'art. 420 bis c.p.c.", 133)
  • Il procedimento per la nomofilachia accelerata dalla cassazione previsto dall'art. 420 bis c.p.c. non è impedito dalla esistenza di precedenti della cassazione sulla medesima questione, stante l'autorità rafforzata che, in termini di vincolatività per gli altri giudici, spiega la sentenza pronunciata all'esito del procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (Cass. 25/9/2007 n. 19710, Pres. Mattone Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Passanante, "Un precedente in cerca di identità? Nuovi arrets della Cassazione sull'art. 420 bis c.p.c.", 133)
  • Nel procedimento logico giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto dei risultati di tali due indagini; l'individuazione dei criteri generali e astratti caratteristici delle singole categorie alla stregua della disciplina collettiva del rapporto non è censurabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione e per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale nell'interpretazione della disciplina collettiva (nel regime antecedente alla riforma processuale del giudizio di cassazione introdotta con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40). (Cass. 22/8/2007 n. 17896, Pres. Mattone Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2008, 186) 
  • La mancanza di conferenza del quesito di diritto rispetto al deciso - che si verifica allorché, da una parte, la risposta allo stesso pur positiva per il richiedente, è priva di rilevanza nella fattispecie, in quanto il deciso attiene a diversa questione, sicché il ricorrente non ha interesse a proporre quel quesito dal quale non può trarre alcuna conseguenza concreta utile ai fini della causa - è assimilabile all'ipotesi di mancanza del quesito, a norma dell'art. 366 bis c.p.c., con conseguente inammissibilità del motivo, in applicazione del principio in tema di motivi non attinenti al decisum, nel senso che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall'art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d'ufficio. (Cass. Sez. Un. 21/6/2007 n. 14385, Pres. carbone Est. Segreto, in Lav. nella giur. 2008, 81)
  • Ai sensi dell'art. 366 bis  c.p.c. è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione che si concluda con la formulazione di un quesito di diritto in alcun modo riferibile alla fattispecie o che sia comunque assolutamente generico. (Cass. 5/1/2007 n.m 36, Pres. Prestipino Est. Finocchiaro, in Lav. nella giur. 2007, 829)
  • L'interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l'interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il predetto ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, rilevando la correttezza dell'interpretazione del giudicato riconducibile a una precedente sentenza che, nel definire un procedimento di impugnazione del licenziamento, non aveva confermato integralmente il provvedimento cautelare con il quale era stata ordinata la reintegrazione e condannata la società datrice di lavoro alla corresponsione della normale retribuzione mensile, limitandosi a disporre la reintegra e accordare un risarcimento nella misura di cinque mensilità, con la conseguente caducazione dello stesso provvedimento cautelare per la parte non confermata, il quale, perciò, non avrebbe potuto fondare la successiva richiesta del decreto ingiuntivo da parte del lavoratore per le retribuzioni relative al periodo successivo all'emissione del menzionato provvedimento cautelare). (Cass. 13/12/2006 n. 26627, Pres. Sciarelli Est. Celentano, in Dir. e prat. lav. 2007, 1936)
  • La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllare l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti a esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo dell'omissione, insufficienza, contradditorietà della medesima, può legittimamente ritenersi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. (Cass. 13/9/2006 n. 19554, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in D&L 2007, con nota di Roberto Murgia, "Licenziamento per giusta causala difficile ricerca di una nozione unitaria", 197)
  • Nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all'art. 378 c.p.c. possono essere sollevate questioni nuove rilevabili d'ufficio a condizione che il rilievo ex officio sia già possibile sulla base degli atti interni del processo, quali la sentenza o le specifiche autosufficienti deduzioni contenute nel ricorso o controricorso (sulla base del suddetto principio, nella specie, la S.C. ha ritenuto non ammissibile la deduzione, con memoria, del giudicato esterno in ordine alla sussistenza di un trasferimento d'azeinda ex art. 2112 c.c.). (Cass. 26/6/2006 n. 14710, Pres. senese Rel. Di Cerbo, in Lav. nella giur. 2007, 91 e in Dir. e prat. lav. 2007, 492)
  • Quando sia denunciato un vizio di motivazione, consistente nell'omessa utilizzazione di elementi da porre a base del giudizio, il ricorso per cassazione deve dimostrare la decisività di queste circostanze, nel senso che il vizio, una volta riconosciuto esistente, deve essere tale che, in sua assenza, si avrebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. (Cass. 21/6/2006 n. 14305, Pres. Mercurio Est. Miani Canevari, in D&L 2007, con nota di Robarto Muggia, "Licenziamento per giusta causa: la difficile ricerca di una nozione unitaria", 195)
  • Il vizio di omessa o errata motivazione deducibile in sede di legittimità sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulti dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte perché l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’analisi e la valutazione fatte dal giudice di merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, in proposito, valutare le risultanze processuali, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee per la decisione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito impugnata, con la quale – avuto riguardo a una controversia inerente un contratto di collaborazione giornalistica – era stato correttamente deciso in merito alle concrete modalità di svolgimento del rapporto lavorativo con riferimento non solo al criterio della subordinazione ma anche a quelli sussidiari della quotidianità, dell’orario e dell’inserimento nell’organizzazione aziendale). (Cass. 6/3/2006 n. 4770, Pres. Mileo Rel. Balletti, in Lav. Nella giur. 2006, 821)
  • Nel giudizio di Cassazione, dominato dall’impulso di ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 ss. C.p.c., onde, una volta instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte dell’intimato non produce l’interruzione del processo neppure nel caso in cui sia intervenuta prima della notifica del ricorso presso il difensore costituito nel giudizio di merito e dalla cui relata non emerga il decesso del patrocinato. Conseguentemente, l’intervento processuale del difensore che depositi gli atti del giudizio il certificato di morte della patrocinata in data antecedente alla notifica del ricorso, va considerato del tutto anomalo e irritale, e giudicato tamquam non esset, non avendo alcun titolo per partecipare al giudizio di cassazione. (Cass. 23/1/2006 n. 1257, Pres. Mercurio Rel. Celerino, in Lav. Nella giur. 2006, 705)
  • Nel procedimento davanti alla Corte di Cassazione il dispositivo deliberato in camera di consiglio – anche nelle controversie in materia di lavoro – non assume rilevanza esterna, ma è un atto avente valore meramente interno; conseguentemente, atteso che le sentenze hanno valore di atto giurisdizionale solo con la pubblicazione, alla Corte è consentito modificare l’originale dispositivo sino a quel momento. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima la rinnovazione della notificazione nulla del ricorso incidentale, disposta con dispositivo diverso rispetto a uno precedente che aveva dichiarato l’inammissibilità dello stesso ricorso incidentale. (Cass. 11/5/2005 n. 9892, Pres. Mileo Est. Vigolo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 492)
  • È inammissibile nel giudizio di cassazione l’intervento di terzi che non hanno partecipato alle pregresse fasi di merito. (Nella specie la Corte Cass. ha dichiarato inammissibile l’intervento della società incorporante quella intimata, effettuato mediante deposito dell’atto di costituzione all’udienza). (Cass. 18/4/2005 n. 7930, Pres. Miani Canevari Rel. Miani Canevari, in Dir. e prat. lav. 2005, 2059)
  • Anche per gli errores in procedendo, pur potendo i giudici di legittimità prendere cognizione degli atti di causa, è necessario per il principio di autosufficienza che nel ricorso siano indicati tutti gli elementi di fatto che consentano alla Corte di controllare l’esistenza dei vizi dedotti, senza che si debba procedere ad un esame dei fascicoli ove tali atti siano contenuti. (Cass. 23/3/2005 n. 6225, Pres. Mercurio Rel. Guglielmucci, in Giur. It. 2005, con nota di Silvia Rusciano, “In tema di autosufficienza del ricorso per cassazione”, 1670)
  • La mancata riunione di case in materia di lavoro e previdenza non è prevista dalla legge come causa di nullità processuale estesa agli atti successivi, fino alla sentenza, e pertanto non può essere dedotta come motivo di ricorso per Cassazione; la relativa facoltà figura comunque un potere discrezionale del giudice di merito, il cui mancato uso, implicante una valutazione di fatto circa la gravosità della riunione, o l’eccessivo ritardo del processo che ne conseguirebbe, non è censurabile in sede di legittimità. (Cass. 11/2/2004 n. 2649, Pres. Sciarelli Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2004, 802)
  • Nel procedimento per cassazione, che non consente alcuna forma di istruzione probatoria, è preclusa la produzione di documenti ovvero di altre cose materiali che servano come mezzi di prova di fatti posti a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti miranti ad introdurre nuove circostanze che non siano quelle riguardanti la nullità della sentenza o l'inammissibilità del ricorso o del controricorso. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha ritenuto inammissibile la produzione delle sentenze di assoluzione dei ricorrenti da reati connessi all'illegittima assunzione di lavoratori, prodotte al fine di dimostrare la fondatezza della proposta opposizione a sanzione amministrativa). (Cass. 5/12/2003 n. 18595, Pres. Senese Rel. Maiorano, in Dir. e prat. lav. 2004, 976)
  • Deve essere sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il giudizio per la restituzione della prestazione effettuata dalla parte condannata in primo grado, quando la sentenza di riforma emessa in appello sia impugnata con ricorso per cassazione. Nel caso di specie, essendo stata esperita l’azione di risarcimento del danno da fatto illecito dalla parte civile costituitasi nel processo penale (ex artt. 74, 76 c.p.p.), l’istanza di restituzione si riferisce alla somma pagata a titolo di risarcimento dall’imputato, condannato in primo grado ed assolto in appello. (Trib. Bergamo 22/10/2003, ord., Giud. Gnani, in Giur. It. 2004, 252)
  • Non deve essere sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il giudizio per la restituzione della prestazione effettuata dalla parte condannata in primo grado, quando la sentenza di riforma emessa in appello sia impugnata con ricorso per cassazione. (Cass. 23/7/2003 n. 10766, Pres. Genghini Est. Vidiri, in Giur. It. 2004, 252)
  • La domanda formulata nei gradi di merito in linea subordinata, rimasta assorbita per l'accoglimento della domanda principale, riproposta con controricorso, non può formare oggetto di ricorso incidentale e non può essere presa in considerazione nel caso di accoglimento del ricorso principale, restando salva la facoltà di riproporla nel giudizio di rinvio. (Cass. 30/10/2002, n. 15344, Pres. Trezza, Rel. D'Agostino, in Lav. nella giur. 2003, 280)
  • Quando sia denunciato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza sotto il profili della mancata ammissione di un mezzo istruttorio, è necessario che il ricorrente non si limiti a censure apodittiche d'erroneità e/o di inadeguatezza della motivazione, ma precisi e specifichi, svolgendo critiche concrete e puntuali seppure sintetiche, le risultanze e gli elementi di giudizio dei quali lamenta la mancata acquisizione, evidenziando, in particolare, in cosa consistessero e con quali finalità ed in quali termini la richiesta fosse stata formulata. Più in particolare, ove trattisi di una prova per testi, è onere del ricorrente, in virtù del principio d'autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, quale ne fosse la rilevanza, ed a qual titolo i soggetti chiamati a rispondere su di esse potessero esserne a conoscenza. (Cass. 8/3/01, n. 3380, pres. Ghenghini, est. Lamorgese, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 313)
  • Le memorie illustrative consentite dall'art. 378 c.p.c. non hanno altra funzione che quella di chiarire le ragioni a sostegno dei motivi enunciati in ricorso. Conseguentemente non è consentito proporre in esse motivi nuovi o nuovi profili di diritto che richiedano accertamenti di fatto non consentiti in sede di legittimità, né specificare censure che nel ricorso siano state accennate in maniera vaga ed indeterminata. (Cass. 8/3/01, n. 3380, pres. Ghenghini, est. Lamorgese, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 313)
  • Il ricorso “per saltum“ in cassazione, sull’accordo delle parti per omettere l’appello, ai sensi dell’art. 360, 2° comma c.p.c., è ammissibile anche avverso sentenza appellabile emessa dal pretore, ancorché la suddetta norma si riferisca letteralmente alle sole sentenze del tribunale. Ed infatti l’esclusione dei provvedimenti pretorili dal novero delle sentenze ricorribili “per saltum”, che nel codice di rito del 1942 assolveva alla funzione di garantire che il merito della controversia venisse deciso - almeno in sede di gravame - da un organo collegiale, non trova più giustificazione nel mutato assetto ordinamentale e processuale, dacché, da un lato, ex art. 88 della legge n. 353 del 1990, il tribunale decide normalmente in veste monocratica e, dall’altro, il pretore (ancor prima della riforme del giudice unico, che lo ha ribattezzato come “ tribunale”), non soltanto per il processo del lavoro, ha finito con l’identificarsi con il giudice di primo grado (Cass. 22/11/99, n. 12935, pres. Santojanni, in Dir. Lav. 2000, pag. 346, con nota di Bozzi, La Corte di Cassazione anticipa la riforma del giudice unico in materia di ricorso “ per saltum”: il problema è definitivamente superato?)
  • E' inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso i provvedimenti posti in essere dai due rami del parlamento per la risoluzione di controversie di impiego con i propri dipendenti, stante l'esistenza di una specifica norma primaria istitutiva dell' autodichia non suscettibile di disapplicazione da parte del giudice ordinario e sottratta altresì al sindacato di legittimità costituzionale, e la necessità di configurarli come atti di esercizio di detta prerogativa, strettamente inerenti all'organizzazione ed al funzionamento delle camere e con uguali connotati di insindacabilità esterna ( Cass. 27/5/99, n. 317/SU, pres. Vessia, in Foro it. 2000, I, pag. 2673)