Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato

  • Il giudice è sì tenuto a esaminare tutte le domande sostanziali proposte ma non è tenuto necessariamente a motivare su tutte le argomentazioni proposte dalle parti a loro sostengo, potendole disattendere implicitamente quando le consideri non rilevanti o assorbite da altri punti della motivazione. (Cass. 28/5/2010 n. 13164, Pres. Vidiri Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2010, 837)
  • La sentenza di accertamento pregiudiziale sull'interpretazione di un contratto collettivo, resa in grado di appello, non essendo riconducibile nel paradigma dell'art. 420 bis c.p.c., non incorre in un vizio che inficia la pronuncia, bensì nel rimedio impugnatorio proprio, risultante dal combinato disposto dell'art. 360, terzo comma, e 361, primo comma, c.p.c.; laddove, tuttavia, il giudice di appello abbia frazionato la domanda unica in due o più domande e abbia deciso una di esse con sentenza non definitiva, si verifica una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, che vizia la sentenza non definitiva, immediatamente ricorribile per cassazione (Nella specie la S.C. ha rilevato che le parti non si erano dolute di tale vizio, accettando il frazionamento dell'originaria domanda, sia pure irritualmente, operato dalla sentenza di appello). (Cass. 24/9/2007 n. 19695, Pres. Mattone Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2008, 185) 
  • Incorre in violazione dell’art. 112 c.p.c. la decisione di merito che addivenga all’accoglimento della domanda di annullamento del licenziamento, rilevando d’ufficio l’irrituale esperimento della procedura di licenziamento collettivo, per nulla invocato dall’originario ricorrente. (Nella specie il lavoratore aveva impugnato il licenziamento per carenza di giustificato motivo oggettivo e il datore di lavoro aveva sostenuto che si trattava di licenziamento collettivo. La Corte d’appello, aderendo alla tesi del licenziamento collettivo, lo aveva, tuttavia, dichiarato inefficace per violazione degli obblighi di comunicazione di cui all’art. 4 della legge n. 223 del 1991, emettendo, in tal modo, una statuizione basata su elementi fattuali non allegati). (Cass. 20/12/2004 n. 23611, Pres. Ciciretti Rel. La terza, in Dir. e prat. lav. 2005, 1249)
  • Il vizio di ultrapetizione ricorre anche quando una sentenza trovi fondamento in elementi di fatto emersi nel corso del giudizio, quali specificazioni di altri fatti dedotti solo genericamente nel ricorso introduttivo (Corte di Appello di Bologna 21 luglio 2000, pres. Castiglione, est. Benassi, in D&L 2000, 1040, n. Scorbatti)
  • Al giudice non è consentito di rilevare d'ufficio una questione di nullità non prospettata dalla parte, e in particolare di esaminare d'ufficio la questione della violazione dell'art. 7 St. Lav., per il principio dispositivo del processo e per quello della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e perché in sede processuale non trova applicazione l'art. 1421 c.c. (nel caso di specie il lavoratore aveva dedotto la nullità del licenziamento per difetto di riferibilità alla società datrice di lavoro, essendo stato il direttore a manifestare il recesso, mentre il giudice d'appello, d'ufficio, aveva ritenuto la nullità per incompletezza della contestazione, in quanto esplicitata senza la previa indicazione delle sanzioni applicabili) (Cass. 26/6/00, n. 8702, pres. Amirante, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 292, con nota di Conte, Licenziamento disciplinare e obblighi risarcitori: poteri del giudice e oneri delle parti)