Condanna alle spese

  • Le “gravi ed eccezionali ragioni” previste dall’art. 92 co. 2 c.p.c. secondo la formulazione introdotta dalla l. n. 69 del 2009 riguardano specifiche circostanze e aspetti della questione decisa e tali non possono ritenersi né la posizione di debolezza della lavoratrice – che è condizione interna alla maggior parte dei rapporti di lavoro, derivante da una disparità normalmente esistente sul piano economico-sociale e, in quanto tale, indipendente dal conflitto proprio della singola controversia –, né la buona fede nell’agire in giudizio, trattandosi di stato soggettivo che naturalmente assiste la determinazione di adire la via giudiziale, come è dato desumere dalla previsione di responsabilità aggravata (art. 96 c.p.c.) per il soggetto che, invece, agisca o resista in giudizio, con mala fede o colpa grave. (Cass. 5/7/2017 n. 16581, Pres. Nobile Rel. Negri della Torre, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di R. Metafora, “La nozione delle gravi ed eccezionali ragioni nel provvedimento di compensazione delle spese nelle controversie di lavoro”, 188)
  • In tema di esenzione dal pagamento delle spese nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dall’art. 42, comma 11, D.L. n. 269 del 2033, conv. Con modif. nella L. n. 326 del 2003, laddove onera la parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero, a rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nella conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che il legislatore non ha inteso imporre l’adozione di una rigida formula ma ha subordinato l’esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della suindicata dichiarazione, senza richiedere che, nell’ambito di essa, debba anche essere contenuto l’impegno a comunicare variazioni reddituali rilevanti. (Cass. 3/8/2016 n. 16132, Pres. Curzio Rel. Pagetta, in Lav. nella giur. 2016, 1120)
  • La compensazione delle spese costituisce espressione d’un potere sempre e soltanto discrezionale, il cui eventuale esercizio è agganciato o alla reciproca soccombenza o a gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi espressamente. L’unico vincolo che il giudice incontra nel decidere del governo delle spese risiede nel divieto di porle interamente a carico della parte vittoriosa. Pertanto, mentre deve motivare la compensazione, non altrettanto è tenuto a fare quando non si avvale di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’ipotesi di una compensazione, non può essere censurata neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione. (Cass. 16/1/2013 n. 894, Pres. Miani Canevari Rel. Manna, in Lav. nella giur. 2013, 305)
  • L'esonero delle spese processuali nei giudizi aventi ad oggetto prestazioni previdenziali - dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, D.L. n. 384/1992, convertito in L. n. 438/1992 - conserva validità generale, non potendosi ritenere ripristinato solo in favore dei lavoratori non abbienti, poiché la dichiarazione di illegittimità costituzionale non è limitata in alcun modo. (Cass. 29/5/2003 n. 8668, Pres. Sciarelli Rel. De Matteis, in Lav. nella giur. 2003, 1159)
  • L'esonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese processuali-previsto dall'art. 152 disp. att. c.p.c. per i giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali-non si applica nei casi in cui sia accertata l'inesistenza di qualsiasi rapporto previdenziale, atteso che l'assoluta mancanza del rapporto assicurativo esclude la sussistenza dell'esigenza, ravvisata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 134/1994, di evitare quella situazione di disparità sostanziale nel processo, rispetto all'istituto assicuratore, che limita di fatto all'assicurato la possibilità di agire a tutela dei propri diritti. (Cass. 9/1/2003, n. 124, Pres. Trezza, Rel. La Terza , in Lav. nella giur. 2003, 475)
  • Il beneficio dell'esonero dalle spese per soccombenza, previsto dall'art. 152 disp. att. c.p.c. in favore del lavoratore soccombente nei giudizi prossimi per ottenere prestazioni previdenziali, è applicabile in favore di qualunque ricorrente e non solo in favore di chi possa vantare l'effettiva esistenza del rapporto assicurativo o abbia comunque diritto all'assistenza pubblica, atteso che la ratio della norma, desumibile anche dalle sentenze n. 85/1979 e n. 207/1994 della Corte Costituzionale, è quella di evitare che il timore della soccombenza sulle spese impedisca l'esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà della lite. (Cass. 14/1/2002, n. 440, Pres. Mileo, Rel. Lupi, in Lav. nella giur. 2003, 474)