Licenziamento del Rsa

  • Nel caso in cui il licenziamento di un dirigente sindacale venga dichiarato illegittimo, con conseguente diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, dal comportamento del datore di lavoro che – pur erogando la retribuzione e permettendo al lavoratore di entrare in azienda per svolgere attività sindacale – non gli consenta tuttavia di riprendere l’attività lavorativa vera e propria, deriva l’obbligo di versare all’Inps la sanzione amministrativa prevista dall’art. 18, ultimo comma, della l. 20 maggio 1970, n. 300. (Cass. 30/7/2014 n. 17372, Pres. Stile Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2014, 1127)
  • Non costituisce comportamento antisindacale il licenziamento di un rappresentante sindacale aziendale che abbia trasferito presso la sede dell'organizzazione sindacale di appartenenza l'indirizzario di posta elettronica completo afferente al dominio del datore di lavoro e abbia inviato a tutti i nominativi alcune e-mail a nome dell'organizzazione sindacale; la gravità dei fatti commessi dal lavoratore non consente infatti di ritenere che il licenziamento sia riconducibile a motivi di discriminazione basati sull'appartenenza alla organizzazione sindacale. (Corte app. Venezia 18/5/2007, Pres. Santoro Est. Menegazzo, in D&L 2007, con nota di Roberto Muller, "Condotta antisindacale e licenziamento di Rsa: un eccessivo self-restraint dell'indagine giudiziale", 1061) 
  • L'esercizio da parte del lavoratore, anche se investito della carica di rappresentante sindacale, del diritto di critica delle decisioni aziendali (manifestata, nella specie, attraverso la diffusione di alcuni volantini all'esterno dell'azienda), sebbene sia garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall'esigenza, anch'essa costituzionalmente garantita (art. 2 Cost.), di tutela della persona umana, anche quando la critica venga espressa nella forma della satira; ne consegue che, ove tali limiti siano superati, con l'attribuzione all'impresa datoriale o ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione. (Cass. 24/5/01, n. 7091, pres. Ianniruberto, est. La Terza , in Dir. informazione e informatica 2002, pag. 381)
  • Il diritto di critica del lavoratore sindacalista nei confronti di un proprio superiore trova un limite insuperabile nel carattere denigratorio delle accuse rivolte, rispetto alle quali è legittima l'irrogazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro e tali sanzioni non possono essere considerate alla stregua di una condotta antisindacale (nella specie, la Corte d'appello ha ritenuto gravemente denigratoria l'accusa formulata da un sindacalista nei confronti di un dirigente, di avere deliberatamente tenuto un comportamento volto a boicottare la società datrice di lavoro a favore di altre imprese concorrenti). (Corte d'Appello Milano 4/5/01, pres. Mannaccio, est. De Angelis, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 246)
  • La garanzia procedimentale (nulla osta dell'organizzazione sindacale di appartenenza) prevista dall'art. 14 dell'accordo interconfederale 18/4/66 per il licenziamento dei membri delle commissioni interne può operare in favore dei rappresentanti sindacali aziendali - previa verifica dell'esistenza di una r.s.a. validamente costituita - solo nel caso in cui una specifica norma contrattuale estenda anche ad essi la disciplina garantista ovvero nell'ipotesi in cui la r.s.a. abbia di fatto assorbito la commissione interna - la quale costituisce un diverso organismo sindacale di origine contrattuale - ovvero ne abbia comunque assunto le funzioni (Cass. 16/6/00, n. 8207, pres. Trezza, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 907)
  • E’ illegittimo il licenziamento in tronco di un rappresentante sindacale aziendale che abbia esercitato il proprio diritto di critica sulle scelte datoriali e sull’organizzazione aziendale senza violare il limite posto al legittimo esercizio di tale diritto, limite consistente nella falsità delle dichiarazioni e nella volgarità delle espressioni usate. (La fattispecie riguarda un Rsa, dipendente delle Poste, che aveva tenuto una conferenza stampa nel corso della quale aveva consegnato una lettera – non riservata e a lui inviata in qualità di Rsa dal dirigente – con cui venivano ammessi alcuni disservizi consistenti, tra l’altro, nel mandare al macero anziché al mittente qualche lettera o mazzetto di lettere) (Pret. Milano 9/1/99 (ord.), est. Atanasio, in D&L 1999, 384)